venerdì 21 giugno 2013

Gawronski: stampare denaro, o l’Italia sarà rasa al suolo



gavron



20 giu – Il rapporto Istat appena uscito prefigura un crollo di civiltà: la percentuale di concittadini in stato di «grave deprivazione» vola al 14,7. In soli sei anni il Pil pro capite è sceso dell’11,5%; nella graduatoria internazionale l’Italia passa dal 31˚al 45˚posto. Anche il futuro è stato ipotecato: calano infatti la ricchezza (-12%), gli investimenti pubblici (dal 4 al 2,9% del Pil), la capacità produttiva (-16% nell’industria), gli studenti universitari (-17%); crescono il debito pubblico, il debito estero netto (28% del Pil, sul quale l’Italia paga 12 miliardi di interessi l’anno), i giovani senza lavoro (57% fra disoccupati e scoraggiati). Perciò è essenziale a questo punto dire la verità. La crisi non dipende dai nostri vizi storici, bensì – lo dicono i dati – da uno straordinario, diffuso timore di spendere i soldi.
Per uscirne non è perciò necessario «cambiare gli italiani» o la struttura economica: la depressione della domanda, notoriamente, si cura sostenendo la domanda. Terapia tutt’altro che difficile: basta spendere soldi; e i soldi… si stampano. Ma noi abbiamo consegnato le leve macroeconomiche all’Europa. E i trattati europei – concepiti per combattere l’inflazione (l’eccesso di domanda) – offrono ai liberisti europei un inopinato potere di veto su tutto ciò che di significativo si potrebbe e si dovrebbe fare. Perciò resta il problema di fondo, «noto e così riassumibile: l’Italia deve rimanere credibile sul terreno dei conti pubblici, ma deve dare prova concreta di discontinuità in chiave pro crescita» (Guido Gentili). Cioè: deve alimentare la spesa, ma non ha i soldi per farlo.
Per uscire dall’impasse ci sono tre strade. La prima è cambiare consensualmente le politiche economiche dell’Eurozona. Non basta diluire l’austerità: occorre rovesciare le politiche economiche nel cuore dell’Europa. Ma né i partiti né il governo, a parte lamentarsi, hanno ripreso e avanzato nelle sedi europee le proposte degli economisti in questo senso: la liquidità immessa nel sistema finanziario non passa all’economia reale? La Bce distribuisca base monetaria ai governi, che la usino per aiutare i poveri e finanziare lavori pubblici nelle zone ad alta disoccupazione. La Bce alzi il target di inflazione e favorisca una rapida crescita dei salari tedeschi: gli squilibri di competitività rientreranno, senza dolore per nessuno. I paesi con più margini di manovra fiscale rilancino la domanda interna con il deficit spending: la depressione finirà. In ogni caso, la Germania ha sempre risposto picche; e continuerà a farlo. Per indurla a trattare seriamente non Gawronskibasta il crollo dei fondamenti teorici dell’austerità, o l’evidenza empirica: bisogna cambiare i suoi incentivi politici.
La seconda possibile via d’uscita è lasciare l’euro, e/o ristrutturare il debito. Bisognerà cominciare a parlarne: essa offre sicuri benefici (la fine della depressione), non è vero che il Pil cadrebbe del 30%; ma comporta anche rischi e costi elevati.
Ci sarebbe una terza via, percorribile su base nazionale, che è sfuggita all’attenzione mediatica, e che consentirebbe di uscire dalla crisi “a velocità giapponese”. Bisogna però essere disposti ad approfittare di un clamoroso vuoto della normativa europea. E violare lo spirito, non la lettera, dei trattati. Come ha fatto finora la Germania, scambiando la “cultura della stabilità” con la “cultura della depressione”. Eludere le regole senza lasciare l’euro riaprirebbe anche il negoziato sull’Eurozona. Per realizzare una simile strategia ci vuole però un quadro politico assai più propenso all’innovazione, desideroso di sfidare l’ortodossia liberista. Capace di alzare la qualità della proposta, e offrire all’Europa un nuovo paradigma, nel dimostrabile interesse anche del popolo tedesco. Si può fare. Perciò si deve fare.
(Piergiorgio Gawronski, “Stampare denaro per uscire subito dalla crisi”, lettera indirizzata al direttore del “Corriere della Sera” il 25 maggio 2013, libreidee
http://www.imolaoggi.it/?p=53771

Lo scandalo del latte "avvelenato": il
prodotto tossico distribuito in 86 caseifici

In cella il leader Cospalat Renato Zampa, indagati 17
allevatori. Analisi falsificate: le partite erano cancerogene


di Cristina Antonutti
UDINE - Il vulcanico leader del Cospalat Fvg è in carcere. Renato Zampa, 52 anni, di Pagnacco, è accusato di aver pilotato le analisi sulla qualità del latte conferito dai soci, di aver distrutto quelle non conformi e di aver commercializzato il prodotto nonostante fosse contaminato dall'aflatossina M1, un fungo che si sviluppa nel mais, molto pericoloso per la salute perché cancerogeno per il fegato e con effetti negativi sulla crescita dei bambini.

È accusato anche di aver consegnato ai caseifici, molti dei quali in Veneto e Friuli, latte per produrre formaggio Montasio o Omega 3, latte che in realtà non proveniva da allevamenti selezionati e viaggiava con bolle false. Il suo Cospalat, a conclusione di un'inchiesta del Nas di Udine durata dal giugno al novembre 2012, viene dipinto come un "Consorzio per delinquere". Ed è sul reato associativo - ipotizzato dal pm Marco Panzeri e dal procuratore Antonio Biancardi - e sull'adulterazione di sostanze alimentari che si fonda l'ordinanza di misura cautelare firmata dal gip Roberto Venditti ed eseguita ieri dagli uomini del capitano Antonio Pisapia con l'ausilio di oltre 300 carabinieri dei Comandi territoriali.

All’alba sono cominciate le perquisizioni in 86 aziende e caseifici delle province di Udine, Pordenone, Gorizia, Treviso, Padova, Vicenza, Arezzo, Perugia, Napoli, Bari e Brindisi. Sette sono le ordinanze di misura cautelare. Agli arresti domiciliari ci sono i principali collaboratori di Zampa. La storica segretaria, Stefania Botto, 45 anni, di Tavagnacco, è accusata di aver predisposto la falsa documentazione. Dragan Stepanovic, 31 anni, serbo di Udine, capo degli autisti, impartiva istruzioni su come comportarsi con le bolle di consegna e la miscelazione nelle cisterne del latte genuino con quello contaminato per abbassare la carica di aflatossine. L'eliminazione delle analisi scomode era possibile grazie alla complicità di Paola Binutti, 45 anni, di Attimis, principale consulente di Zampa e socio accomandatario de "Il Laboratorio Sas" di via Stiria a Udine; la biologa Gabriella Mainardis, 54 anni, di Tolmezzo e il tecnico di laboratorio Cinzia Bulfon, 30, di Amaro, che operavano attraverso il Microlab di Amaro, dove venivano controllati i livelli delle aflatossine.

Obbligo di dimora ad Arezzo, dove vive, per Roberto Alaimo, 52 anni, accusato di furto aggravato in concorso con Stepanovic: giocando sulla tara dei camion, caricavano meno latte, lo mescolavano con l'acqua fino a riempire la cisterna e vendevano l'eccedenza dividendosi poche decine di euro. Zampa, Botto e l'autista serbo sono accusati anche di frode in commercio per aver venduto latte, prodotto nelle stalle dei soci Cospalat, non idoneo alla produzione di Montasio. Al caseificio Toniolo Casearia, di Selva del Montello, nel Trevigiano, di falso "latte fresco alimentare Dop Montasio" ne sono stati consegnati 149.329 chili. Alla latteria di Cavolano, a Sacile, 10.750 chili. Con lo stesso sistema, latte di qualità comune è stato conferito anche al caseificio Latte Vivo di Feletto Umberto, dove si confeziona latte fresco "Alta qualità" e "Omega 3" scatenando reazioni furibonde da parte dei caseifici che autonomamente sottoponevano il prodotto a rigorosi controlli e scoprivano irregolarità. In un caso è stata riscontrata anche la presenza di antibiotici.

Per commercio di sostanze alimentari nocive superiori a 50 ppt (in alcuni casi il valori superavano i 100) sono indagati 17 soci del Cospalat, oltre a Zampa e ai suoi fidati. Il gip, nel rimarcare la spregiudicatezza e la disinvoltura dell'attività illecita, continuata anche dopo le ispezioni del Nas, sottolinea il "palese disinteresse verso il bene della salute pubblica, ancor più riprovevole laddove si pensi che il latte costituisce il principale alimento per l'infanzia".

http://www.gazzettino.it/nordest/primopiano/lo_scandalo_del_latte_avvelenato_il_prodotto_tossico_distribuito_in_86_caseifici/notizie/294808.shtml

martedì 18 giugno 2013

In 13 anni di euro la Germania ci ha fregato duemila miliardi

Grazie al cambio favorevole i tedeschi hanno rovesciato il tavolo dell’import-export: dal 1998 a oggi hanno incassato un bottino pari al nostro debito pubblico






Il conto, un po’ brutale, fa impressione e sfiora i 2mila miliardi di euro. Stiamo parlando dell’avanzo della bilancia commerciale tedesca, calcolato nel periodo che va dal 1999 al 2012: in 14 anni di euro la Germania ha portato a casa un bottino incredibile. La differenza tra le esportazioni  e le importazioni - indicatore che fino all’arrivo della moneta unica  era in profondo rosso dalle parti di Berlino - ha assicurato all’economia tedesca un avanzo pari a 1.873,3 miliardi di euro. Facendo un raffronto tra la bilancia commerciale tedesca e  quella italiana,  salta fuori la  «sconfitta» secca per il nostro Paese. Che con l’euro, nonostante l’export abbia tenuto botta (pure sotto i colpi della profonda recessione), ha invertito la rotta positiva assicurata dalla lira e ora segna un deficit. Ora l’Italia deve fare i conti con un disavanzo, calcolato nel periodo 1999-2012, di 351,5 miliardi di euro.
L’errore è all’origine. È il 1998. Si deve decidere il tasso di cambio delle valute europee: Berlino impone il valore del marco a tutto il Vecchio continente  e - proprio grazie al cambio favorevole, insieme coi restrittivi parametri di Maastricht sui conti pubblici tarati su misura per la Germania -   riesce  in pochissimo tempo a rovesciare il tavolo dell’import-export.

http://www.liberoquotidiano.it/dossier/esteri/1255822/In-13-anni-di-euro-la-Germania--ci-ha-fregato-duemila-miliardi-.html#.Ub8eld2C9ds.facebook

sabato 15 giugno 2013

Germania, i tedeschi hanno l'economia sommersa più grande d'Europa

Lo studio che mette nel mirino i tedeschi: lavoro irregolare ed elusione del fisco. Crucchi allergici ai pagamenti elettronici: vogliono lo stipendio in contanti









La Germania di Angela Merkel è il paese che ha l'economia sommersa più grande d'Europa in termini assoluti. L'economia in nero teutonica vale 350 miliardi di euro. Sono circa otto milioni i cittadini tedeschi che vivono lavorando in nero. Secondo gli esperti il dato è figlio dell'ostilità dei tedeschi ai metodi di pagamento elettronici. I crucchi preferiscono i contanti. La grandezza dell'economia in nero della Germania è stata stimata e calcolata dal colosso delle carte di credito e dei circuiti di pagamento Visa in collaborazione con l'università di Linz. In relazione al Pil tedesco il nero sarebbe al 13 per cento, pari a un sesto della ricchezza nazionale. Quindi in termini relativi il peso del sommerso è minore, ma per volume e in termini assoluti resta la più grande d'Europa. Chi lavora in nero in Germania di solito opera nel commercio e soprattutto nell'edilizia. Il livello del nero in Germania comunque si è stabilizzato.Il picco è arrivato dieci anni fa. Nel 2003 la Germania ha attraversato la peggiore stagnazione economica degli ultimi vent'anni e all'epoca il nero valeva 370 miliardi. Ora con l'economia in ripresa che fa da locomotiva per l'Europa, il nero è fermo al 13 per cento del Pil. 
Germania maglia "nera" d'Europa - Le transazioni in contanti comunque fanno la parte del leone. Il 60 per cento dei pagamenti in Germania avviene per mezzo di banconote. Il nero tedesco comunque è fortemente concentrato nell'edilizia, poi c'è il commercio al dettaglio e infine la gastronomia. Il conronto con l'Europa non regge. In paesi come Svizzera, Austria, Paesi Bassi, e Gran Bretagna il sommerso è minore. Se però si guarda ad est in termini relativi, cioè in rapporto al Pil, la Bulgaria batte anche la Germania con un sommerso che è pari al 30 per cento del Pil. L'Italia invece insieme a Portogallo, Spagna e Grecia registra un'economia sommersa pari al 20 per cento del Pil. Ma a quanto pare il nero non è proprio una sciagura per l'economia tedesca. Sempre secondo l'Università di Linz l'economia sommersa toglie meno entrate di quanto si pensi allo stato. A sistemare le cose ci penserebbe l'Iva che col consumo porta nelle casse dello stato quelle risorse che vengono evase con i contratti o i pagamenti in nero. Infine in Germania si discute ancora sull'eleiminazione del contante. Un tema molto caldo anche in Italia. Ma per una volta, almeno non siamo primi in classifica e ne andiamo fieri. La Merkel può tenersi il primato. (I.S.)

http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/1262190/Germania--i-tedeschi-hanno-l-economia-sommersa-piu-grande-d-Europa.html

venerdì 14 giugno 2013

Imu e Iva, il governo vuota il sacco: i soldi per evitarle non ci sono






Dopo il collega allo Sviluppo Economico Flavio Zanonato, che ieri era stato fischiato dai delegati di Confcommercio quando aveva balbettato "mi piacerebbe dirvi che l'aumento dell'Iva sarà scongiurato, ma...", oggi è toccato al ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni ammettere ufficialmente in Senato che i soldi per scongiurare l'aumento dell'aliquota dell'Imposta sul valore aggiunto dal 21 al 22% (previsto dal 1 luglio, cioè tra 15 giorni) e per abolire l'Imu non ci sono. Le risorse per eliminare l'uno (aumento Iva) e l'altra (tassa sugli immobili) sono "non rinvenibili" ha detto il titolare del dicastero dell'Economia. Cioè: gli otto miliardi (2 per l'Iva e 2 per l'Imu quest'anno, più altri 4 per il 2014) non ci sono. Punto e basta. La coperta è corta e per allungarla a coprire Iva e Imu bisognerebbe "scoprire" qualche altra tassa. Con esiti tra l'altro incerti sul gettito. E proprio il flop del gettito Iva è una delle concause del "buco" che impedisce ora al governo di mantenere la parola data agli italiani. Da quando, infatti, l'aliquota è passata dal 20 al 21% si è assistito a una contrazione delle entrate derivanti dall'Imposta pari al 7% (unico caso al mondo, forse, di tassa aumentata che "produce" meno incassi).  Ora il governo ha già iscritto a bilancio per l'anno in corso i quattro miliardi di gettito annuo aggiuntivo che (almeno sulla carta) è previsto debbano arrivare dall'aumento dell'aliquota. E, soprattutto, sono una "clausola di salvaguardia" chiesta dall'Europa, uno dei compiti a casa imposti a Roma tramite il governo Monti nel momento peggiore della crisi dello spread. Non possono, quindi, essere semplicemente cancellati.
Il ministro ha balbettato la possibilità che lo scatto al 22% venga posticipato di tre mesi, all'autunno. Cosa che avrebbe un costo di un miliardo (che dovrebbe essere comunque reperito nei prossimi quindici giorni). La verità è che la partita è ormai data per persa, tanto che poco più tardi, nel corso della registrazione della puntata di "Porta a porta" il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha ammesso che "fra 16 giorni, senza che il governo faccia nulla visto che è stato un provvedimento già deciso dal precedente esecutivo, noi avremo l’Iva aumentata di un punto dal 21 al 22%. Lo ho già detto nella mia assemblea più difficile, quella della Confcommercio e lo dico ora. In questo momento soldi per evitare l’aumento dell’Iva nel bilancio dello stato non ce ne sono". 
L'esecutivo pare ormai già teso a evitare che gli italiani, dopo il 31 agosto, si trovino a pagare l'Imu, per giunta in una rata unica. Se anche quell'obiettivo dovesse essere mancato (servono altri quattro miliardi), è chiaro che a settembre il governo andrebbe gambe all'aria, avendo mancato i due principali impegni assunti verso i cittadini. Ma Silvio Berlusconi e il Pdl avevano puntato forte già sul non aumento dell'Iva. E con Letta erano stati categorici: lo slittamento non ci basta,  deve restare ferma dov'è. Cosa decideranno di fare gli (ormai ex) inquilini di via Dell'Umiltà? E' tenendo botta su temi come Iva e Imu che gli azzurri hanno accumulato quel "tesoretto" di voti che li ha trasformati nel primo partito d'Italia in tutti i sondaggi degli ultimi mesi. Aspettare troppo Letta, Saccomanni & Company potrebbe avere effetti devastanti sul consenso (un primo segnale lo si è, forse, avuto già alle ultime amministrative). I falchi premono, ma mandare il governo all'aria potrebbe avere effetti pesanti e imprevedibili sul Popolo della libertà, in un momento in cui già il partito è in ebollizione.

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1261594/Imu-e-Iva--il-governo-vuota-il-sacco---i-soldi-per-evitarle-non-ci-sono.html

mercoledì 12 giugno 2013

Potere d’acquisto delle famiglie a picco, con l’aumento Iva peggiorerà



recessione



12 giu – Il combinato di disposto di bassa produttività, alta pressione fiscale e inflazione superiore alla media europea ha provocato una compressione cumulata del potere d’acquisto pari a 3.400 euro per ogni famiglia. E’ quanto emerge dalla ricerca ‘L’Italia che arretra’ di Cer e Confcommercio.
E l’economia italiana continua ad arretrare. Il 2013, si ricorda, sarà infatti il secondo anno consecutivo di flessione del Pil; il quarto dal 2007. E le prospettive di ripresa restano più deboli di quelle indicate nei documenti programmatici.
Ci allontaniamo pertanto sempre più dal novero delle maggiori economie. Nella crisi il reddito pro-capite italiano si è ridotto di 11 punti rispetto alla Germania, di 5 punti rispetto alla Francia, di 4 punti rispetto a Giappone e Stati Uniti.
Inoltre, nel 2013 il numero di giorni di lavoro necessari per pagare tasse, imposte e contributi raggiungerà il suo massimo storico: 162 giorni (ne occorrevano 139 nel 1990 e 150 nel 2000); ne occorrono 130 nella media europea (-24% rispetto all’Italia).
Tra le priorità, per il nostro Paese, c’è la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva: “Costituisce una priorità” si legge nel documento. Così come “le ragioni a favore di uno spostamento della tassazione dalle persone alle cose hanno chiari elementi di debolezza”. L’aumento dell’Iva determinerebbe infatti “pronunciati effetti regressivi”. Sostituire una minore Irpef con una maggiore Iva, in particolare, “penalizzerebbe le famiglie comprese nel primo 50% della distribuzione del reddito, con perdite comprese fra 200 e 50 euro per nucleo familiare”.
Se la sterilizzazione dell’Iva fosse stata decisa già in sede di legge di stabilità, “ne avrebbero tratto vantaggio le famiglie del primo 30% della distribuzione del reddito. Per le famiglie meno abbienti e gli incapienti, il vantaggio sarebbe arrivato quasi al 2% del reddito disponibile”.
E ancora, sul fronte delle imprese, ogni azienda italiana dedica l’equivalente di 269 ore di lavoro all’anno ad adempimenti fiscali, il doppio della Francia, il 60% in più della Spagna, il 30% in più della Germania, 85 ore in più della media dei paesi Ue ed Efta. Le Pmi italiane sostengono inoltre per adempimenti fiscali (amministrativi, rapporti con gli uffici, tenuta contabilità, versamenti) un onere annuo di 10 miliardi, quasi il 50% in più della media dei paesi Ue.

http://www.imolaoggi.it/?p=53025

domenica 9 giugno 2013

Una granata nel blindato: il bersagliere ucciso ha cercato di salvare i suoi

Un giovane talebano confuso tra la folla di Farah è riuscito a centrare la botola del Lince. Il ministro della Difesa: "Il capitano La Rosa è un eroe, si è frapposto tra bomba e compagni"


Un colpo incredibile, il «canestro» mortale, con una bomba a mano talebana lanciata dentro un blindato Lince centrando la botola sul tetto. All'interno l'ordigno è esploso uccidendo il capitano dei bersaglieri Giuseppe La Rosa.

Gli altri tre soldati italiani a bordo del mezzo sono rimasti feriti, ma non rischiano la vita. E lo devono al coraggioso capitano, che ha cercato di buttare fuori dal mezzo la bomba o diminuire i danni ai suoi uomini.
I talebani sostengono che la granata è stata lanciata da un «ragazzo coraggioso di 11 anni», un bambino.
Le autorità locali puntano il dito su un adulto con una divisa afghana. Fonti militari smentiscono entrambe le versioni. L'attentatore era un giovane sopra i 20 anni in abiti civili.
Ieri mattina alle 10.30 locali, le 7 in Italia, un convoglio di tre mezzi dei Mat, le squadre di consiglieri delle forze di sicurezza afghane stava rientrando nella base di Farah. A quell'ora il traffico della cittadina nell'Afghanistan occidentale sotto responsabilità italiana è caotico. Il capitano La Rosa, 31 anni, era sul primo mezzo. Il piccolo convoglio ha dovuto rallentare, quasi fermarsi, nei pressi di un incrocio. Il momento atteso dall'attentatore mescolato fra i civili. Il rallista, che spunta dalla botola del Lince con la mitragliatrice, ruota a 360 gradi per reagire a qualsiasi minaccia. Il talebano deve aver aspettato di averlo di fianco o di spalle per l'incredibile lancio. Poi è balzato come un fulmine sul predellino all'esterno delle portiera del Lince e ha lanciato l'ordigno nella botola.

Se togli la sicura ad una bomba a mano e tieni premuta la maniglia laterale non succede nulla. Puoi nascondertela in tasca. Una volta lanciata la granata esplode dopo 4-10 secondi a seconda del tipo di ordigno. La bomba è entrata dalla botola e deve aver rimbalzato sulla pedana dove poggia i piedi l'uomo in ralla. Oppure è finita subito fra le gambe del capitano, che stava seduto dietro. Se il rallista ha visto l'ordigno avrà gridato «granata!». I bambini afghani circondano i blindati chiedendo penne biro, gallette o bottigliette d'acqua. Se non le ottengono talvolta tirano dei sassi, che possono centrare la botola. In questo caso era una micidiale bomba a mano.
Una volta dentro la bomba aveva ancora diversi secondi prima di esplodere. Il capitano ha cercato di prenderla per buttarla fuori o di coprire in qualche modo se stesso o gli altri dallo scoppio. Un atto di valore che il ministro della Difesa Mario Mauro ha già definito eroico. Solo La Rosa è stato ucciso. Il rallista è rimasto ferito alle gambe e anche i due militari davanti sono stati colpiti, ma con un impatto minore grazie alla radio ed i sedili e con tutta probabiltà al gesto valoroso del capitano. Non a caso «il conduttore ha portato il mezzo in base», come conferma il colonnello Enrico Mattina, portavoce del contingente a Herat.

Il caduto numero 53 in Afghanistan, il primo di quest'anno, era ufficiale del terzo reggimento bersaglieri di Cagliari. La Rosa, alla sua seconda missione in Afghanistan, era stato impiegato anche in Kosovo. Il suo comandante, il colonnello Corrado Carlini, lo ricorda come «un ufficiale solare, sempre disponibile e preparato».
Il capitano sul suo profilo Facebook si definiva «pigro, pigro, pigro...», ma il 18 marzo si è laureato in Scienze politiche a Torino. In rete aveva postato la sua foto sorridente, in giacca e cravatta, le tesi in mano e il commento «fatto». Un'altra immagine lo ritrae in divisa da bersagliere davanti al mare. La Rosa è originario di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, dove vivono gli anziani genitori che si sono chiusi in un doloroso silenzio.

Una valanga di toccanti messaggi ha invaso Facebook. «Non ci credo, ci siamo sentiti due settimane fa... compagno di banco e amico, capitano te ne sei andato servendo la Patria» scrive un compagno di scuola. Un altro amico si augura ci sia stato un errore: «Chiamami... dimmi che hanno sbagliato...». Tanti i commilitoni come Alice Biondi: «Per darti del tu ci ho messo tanto perché in fondo io ho solo un baffo come grado, ma tu volevi che la confidenza fosse reciproca». In tanti salutano il caduto con toccante semplicità: «Ciao capitano».www.faustobiloslavo.eu

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/granata-nel-blindato-bersagliere-ucciso-ha-cercato-salvare-i-925345.html