mercoledì 29 agosto 2012




RINCARI BENZINA E ACCISE, BLITZ DE LA DESTRA IN 50 DISTRIBUTORI



La Destra ha deciso di mettere in scena un blitz simbolico per protestare contro i rincari della benzina. Sono stati presi d’assalto 50 distributori “incappucciati”. “Benzina alle stelle e italiani sempre più sul lastrico. Nonostante il prezzo del petrolio al barile continui a scendere, il Governo Monti continua ad aumentare le tasse sui carburanti. Per scongiurare ulteriori aumenti e per dimostrare che la misura è colma, un nutrito gruppo di giovani de La Destra ha ‘incappucciato’ nella notte una cinquantina di pompe di benzina nella Capitale”, spiega in una nota il dirigente nazionale de La Destra di Storace e segretario romano di Gioventù Italiana Gianluigi Limido.
“Una protesta che vuole bucare il muro di silenzio che i media nazionali hanno innalzato dinanzi agli scempi di questo Governo tecnico che sa solo aumentare tasse e balzelli ignorando le esigenze basilari dei cittadini. Chiediamo un intervento serio sulle tasse di scopo che incidono praticamente per metà del prezzo del carburante – continua Limido –  Paghiamo ancora accise su eventi relativi al secolo scorso, una situazione intollerabile. Con questo prezzo record dei carburanti, che ormai supera i due euro, sarà impossibile contenere i costi degli spostamenti per motivi di lavoro e di piacere delle famiglie italiane. I consumi, anche quelli alimentari, sono ormai ridotti al minimo e la gente è stufa di non riuscire più a vivere degnamente. Bisogna fermare al più presto questo Governo di banchieri e riportare alle urne il Paese che ha bisogno di una solida rappresentanza politica. Ormai dopo dieci mesi di Governo tecnico – conclude Limido – possiamo dirlo con certezza: Monti è l’esattore della BCE e gli italiani sono soltanto l’agnello sacrificale”.






Ci fu una regia occulta degli Usa dietro Mani pulite? Le rivelazioni dell'ex ambasciatore americano

L'ex ambasciatore americano in Italia, Reginald Bartholomew, prima di morire ha raccontato che intervenne per spezzare i legami tra il Consolato Usa a Milano e il pool di Mani pulite. Aveva ragione, dunque, chi parlava di una regia occulta dietro alle inchieste che spazzarono via la Prima Repubblica?
Domenica scorso è morto Reginald Bartholomew, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia dal 1993 al 1997. Aveva 76 anni e servì il suo Paese sotto la presidenza di Bill Clinton.

Di Pietro, Colombo e Borrelli
Prima di morire ha voluto togliersi alcuni sassolini dalle scarpe, raccontano dettagli inediti sulla sua esperienza nel Belpaese in quelli che furono anni molto caldi, in piena "Mani pulite", con la crisi finale (e poi la scomparsa) della Prima Repubblica e la nascita della Seconda. Bartholomew ha raccontato tutto a Maurizio Molinari, corrispondente de La Stampa dagli Usa.
"Quella era la stagione di Mani Pulite - racconta l'ex ambasciatore - un pool di magistrati di Milano che nell’intento di combattere la corruzione politica dilagante era andato ben oltre, violando sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l’Italia". Sembra di risentire le parole di Bettino Craxi. Invece no. A puntare il dito contro certi metodi è un uomo non coinvolto direttamente nello scontro politico italiano. Un personaggio che potremmo definire super partes. "La classe politica si stava sgretolando - ha ricordato Bartholomew - ponendo rischi per la stabilità di un alleato strategico nel bel mezzo del Mediterraneo".
Qualcosa, aggiunge, nel consolato a Milano "non quadrava". L’ex ambasciatore quel punto "rivendica il merito di aver rimesso sui binari della politica il rapporto fra Washington e l’Italia". In che modo? Pose fine a quello strano legame diretto che si era creato tra il Consolato e il pool di Mani pulite - tollerato dal suo predecessere Peter Secchia - e riportò la gestione dei rapporti a Roma, all'ambasciata. Potrebbe essere la conferma, sia pure indiretta, dell'esistenza di un rapporto tra gli Usa e l'inchiesta che spazzò via la classe politica che aveva governato l'Italia per oltre 40 anni. Una "manina" oltreoceano aveva schiacciato il bottone per far saltare tutti i vecchi equilibri (ormai superati vista la caduta del Muro) e ridisegnare la politica nel nostro Paese? L'ex ministro socialista Rino Formica alcuni mesi fa parlò del ruolo che, a suo dire, avrebbe giocato l'Fbi.
Bartholomew racconta a Molinari anche di un'importante iniziativa che prese. Quella di far venire a Villa Taverna (sede dell'ambasciata Usa a Roma) il giudice della Corte Suprema americana Antonino Scalia, approfittando di una sua visita in Italia. Gli fece incontrare "sette importanti giudici italiani" e li spinse a confrontarsi sui metodi usati dalla Procura di Milano. "Nessuno obiettò quando Scalia disse che il comportamento di Mani pulite con la detenzione preventiva violava i diritti basilari degli imputati", andando contro i "principi cardine del diritto anglosassone".
Il racconto poi vira sui nuovi interlocutori politici degli Usa dopo il disfacimento della vecchia classe politica: D'Alema, Fini e, inevitabilmente, Berlusconi. Il Cavaliere si presentò accompagnato da Letta e "voleva il mio imprimatur per la sua entrata in politica". C'è anche un curioso aneddoto su Prodi, che si offese a morte per non essere stato ricevuto alla Casa Bianca dopo il suo ingresso a Palazzo Chigi nel 1996.
Bartholomew si sofferma anche sull’avviso di garanzia a Berlusconi del 1994, che fu anticipato dai giornali quando Berlusconi presiedeva, a Napoli, i lavori per la Conferenza mondiale sulla criminalità organizzata, sotto l'egida dell'Onu. L'ex ambasciatore rivela che fu "un’offesa al presidente degli Stati Uniti, perché era al vertice e il pool di Mani Pulite aveva deciso di sfruttarlo per aumentare l’impatto della sua iniziativa giudiziaria contro Berlusconi". C'è un po' di confusione sulle date: l'avviso, infatti, arrivò il 21 novembre 1994 e non nel luglio precedente durante i lavori del G7. La sostanza però non cambia di molto.
Alcuni osservano che Bartholomew fu ambasciatore in Italia proprio negli anni in cui prese corpo il grande piano di privatizzazioni (o svendita?) del patrimonio pubblico del nostro Paese, pianificato a bordo del panfilo reale Britannia nel giugno 1992. Ma questo è un altro mistero su cui presto, forse, bisognerebbe provare a fare piena luce.
Parlando a Radio 24 Antonio Di Pietro ha commentato la ricostruzione dell'ex ambasciatore: "Queste cose dette da una persona che non c’è mi spingono a dire 'pace all’anima sua'. Altrimenti l’avremmo chiamato immediatamente a rispondere delle sue affermazioni per dirci 'chi, come, dove e quando'. Io non ho mai incontrato questo Bartholemew, invece so che gli Stati Uniti all’epoca furono molto collaborativi per quanto riguarda le rogatorie che noi effettuammo. Vent’anni dopo una persona fa delle affermazioni in relazione a comportamenti che lo stesso suo Paese ha fatto in modo totalmente diverso, mi sembra una cosa che non ha né capo né piedi. Bartholemew è una persona che vuole sconfessare se stesso e il suo Paese e quindi non fa onore al suo Paese, ma ripeto non c’è più quindi pace all’anima sua".
http://www.ilgiornale.it/news/interni/ci-fu-regia-occulta-degli-usa-dietro-mani-pulite-rivelazioni-833119.html?utm_source=Facebook&utm_medium=Link&utm_content=Ci+fu+una+regia+occulta+degli+Usa+dietro+Mani+pulite%3F+Le+rivelazioni+dell%27ex+ambasciatore+americano+-+IlGiornale.it&utm_campaign=Facebook+Page

martedì 28 agosto 2012

Milanese «prigioniera» in Arabia: il «Giornale» mi aiuti a rimpatriare

Un matrimonio si trasforma in sequestro. Un memoriale agghiacciante inviato da Jedda: l’ex marito saudita la picchia duramente e trattiene i passaporti suo e del padre 72enne
 
 
«Prigioniera» in Arabia Saudita non è il titolo di un film, ma la storia di Chiara Invernizzi, milanese di 40 anni, che si è sposata il rampollo di un'agiata famiglia del posto.

«In Europa, quando l'ho conosciuto era amabile, un'altra persona - racconta l'italiana bloccata a Jedda -. In Arabia Saudita, però, la donna è sottomessa in nome dell'Islam. La vita assieme alla fine è diventata un incubo. Quando voleva insultarmi mi chiamava in maniera dispregiativa "cristiana". Mi ha ripudiata, secondo la tradizione islamica, ma non mi lascia partire per tornare a casa».
Nel regno saudita il tutore legale della consorte, anche se occidentale, è il marito, che trattiene il passaporto della moglie e deve dare il benestare per il visto di uscita dal paese. Chiara è «prigioniera» nel Paese arabo da marzo assieme al padre. Il marito rivendica la restituzione di una grossa somma che aveva depositato alla moglie. Chiara Invernizzi vive da 5 anni in Arabia Saudita e da tre era sposata con il vicepresidente della grande società di una famiglia importante a Jedda, che distribuisce anche prodotti occidentali.
«Mia figlia non era più se stessa. Tutta questa vicenda ruota attorno alle loro usanze e all'interpretazione dell'Islam. Una si sposa e deve cancellare gli amici maschi da Facebook, pure quello conosciuto alle medie quando aveva 13 anni» racconta Giovanna Lani. La madre è riuscita a tornare ad Alessandria grazie all'intervento del consolato italiano di Jedda. Il papà, di 72 anni, fa da autista a Chiara perchè una donna non può guidare. Il velo sul capo, se non la tunica nera, che copre tutto il corpo, è d'obbligo per le strade di Jedda, anche se sei italiana.
La sposa milanese bloccata in Arabia Saudita ha inviato al Giornale un memoriale per raccontare la sua storia di sottomissione e violenza. «Non mi sono mai sentita a casa mia, in quella grande casa dove non potevo neanche disporre i mobili secondo il mio gusto» scrive Chiara, che forse avrebbe dovuto pensarci bene prima di sposare un saudita. Il rapporto scoppia e lo scorso ottobre il marito la ripudia. In marzo Chiara e il padre vogliono tornare in Italia. «Come al solito abbiamo dato i nostri passaporti al mio ex-marito per l'obbligatorio visto d'uscita - scrive la milanese -. Ogni straniero dipende da uno sponsor, che può essere solo saudita e ha il diritto di impedirti di lasciare il Paese».Il console italiano a Jedda interviene, ma nonostante il rilascio di nuovi passaporti a Chiara e al padre, non c'è verso di farli partire. Fino ad oggi le sollecitazioni formali alle autorità saudite non hanno ottenuto risposta.
La situazione precipita il 7 aprile, quando Chiara accetta un invito a cena del marito per appianare la faccenda. Lui ha uno scatto d'ira da gelosia. «Nel giardino ha iniziato a picchiarmi, tirarmi per i capelli e quindi mi ha stretto al collo il velo, che le donne devono portare in testa, trascinandomi come un cane verso casa. Mi è salito sul petto con entrambe le ginocchia prendendomi a sberle fino a farmi venire un occhio nero e sempre stringendomi al collo quel maledetto velo» scrive Chiara.
Al telefono da Jedda racconta: «Ha minacciato di raparmi a zero e di chiudermi in una stanza nel seminterrato, dove sono stata trascinata per i capelli per quattro rampe di scale. Secondo il Corano, una moglie disubbidiente dev'essere punita». Con le foto dei lividi l'italiana va alla polizia «e così inizia l'odissea nella burocrazia saudita». A fine maggio arriva davanti ad un giudice che applica la sharia, la legge islamica. Chiara è difesa dall'avvocato indicato dal consolato, Ahmad Faisal Yamani, nipote dell'ex potente ministro del petrolio saudita.
«“Donna! Dove vai?”. Mi giro spaventata e mi trovo davanti un poliziotto che urlando e agitando le braccia mi indica una porticina. Guardo il mio avvocato e lui annuisce. Per la segregazione dei sessi non posso rimanere con lui e mio padre, ma devo attendere nella sala d'aspetto femminile» scrive Chiara. «Apro la porticina e mi trovo in un corridoio con tre stanze. Nella seconda due giudici stavano interrogando una donna eritrea o somala. Gli uomini urlavano e la poveretta bisbigliava qualche parola. Non so perché mi sono venute in mente gli interrogatori dell'Inquisizione!» si legge nel memoriale.
Dopo la denuncia il marito sembra disponibile ad un accordo. Si arriva a un compromesso anche sulla grossa somma versata alla moglie, che è il nodo del contendere secondo il saudita. Da Roma promette di intervenire l'ambasciatore del regno. Prima del Ramadan il marito fa saltare tutto. Non solo: minaccia di denunciare la moglie per appropriazione indebita e adulterio, che in Arabia Saudita è punita con la pena di morte.
In Italia, alla procura di Alessandria, l'avvocato di Chiara presenta un esposto. La sposa italiana e suo padre rimangono «prigionieri» in Arabia Saudita. «Ho fiducia nel re che è uomo illuminato e giusto - scrive nel suo appello Chiara -. Spero che la pubblicazione della mia storia serva a smuovere i livelli alti della diplomazia, perchè dopo cinque mesi di trattative e false speranze, inizio a vacillare».
www.faustobiloslavo.eu

domenica 26 agosto 2012

ONORE



NELL'ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE, OGGI, IO LO RICORDO COSI'...GRAZIE COMANDANTE PER QUELLO CHE HAI DATO

sabato 25 agosto 2012

Grazie a dieci anni di euro la vita costa
il 25% in più: e la colpa è dello Stato






L'allarme della Cgia di Mestre: dal 2002 inflazione galoppante. Al Sud i maggiori aumenti, ma al Nord carovita più pesante. Gli aumenti maggiori non dai negozianti ma da bollette, trasporti e affitti

In dieci anni di euro il costo della vita per gli italiani è crecuto del 25 per cento e l’impennata non ha riguardato gli alimentari, l’abbigliamento/calzature o la ristorazione, ma soprattutto le bevande alcoliche e i tabacchi, le ristrutturazioni/manutenzioni edilizie, gli affitti delle abitazioni e i combustibili/bollette domestiche, nonchè i trasporti. A confermarlo sono i dati statistici elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, che sottolineano come i più colpiti dall'inflazione galoppante siano state le regioni del Sud.

Caro Mezzogiorno - In Calabria si è registrato l'incremento regionale più elevato: +31,6 per cento. Seguono la Campania, con il +28,9%, la Sicilia, con il +27,6%, e la Basilicata, con il +26,9%. Le meno interessate dal 'caro prezzi', invece, sono state la Lombardia, con un’inflazione regionale del +23%, la Toscana, con il +22,4%, il Veneto, con il +22,3% e, ultimo della graduatoria, il Molise, dove l’inflazione è lievitata "solo" del 21,7 per cento. "E' opportuno sottolineare che il maggior aumento dei prezzi registrato nel Sud non deve essere confuso con il caro vita. Vivere al Nord - spiega Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre - è molto più gravoso che nel Mezzogiorno. Altra cosa, invece, è analizzare, come abbiamo fatto noi, la dinamica inflattiva registrata in questi ultimi dieci anni. La maggior crescita dell’inflazione avvenuta nel Sud si spiega con il fatto che la base di partenza dei prezzi nel 2002 era molto più bassa rispetto a quella registrata nel resto d’Italia. Inoltre - prosegue Bortolussi - a far schizzare i prezzi in questa parte del Paese hanno concorso anche il drammatico deficit infrastrutturale, la presenza delle organizzazioni criminali che condizionano molti settori economici, la poca concorrenza nel campo dei servizi e soprattutto un sistema distributivo delle merci molto arretrato e poco efficiente".

I prodotti più colpiti - L’euro ha fatto esplodere i prezzi delle bevande alcoliche e dei tabacchi (+63,7%), quello delle manutenzioni/ristrutturazioni edilizie, gli affitti, i combustibili e le bollette di luce, acqua e gas e asporto rifiuti (+45,8%), nonchè dei trasporti (treni, bus, metro +40,9%). Pressochè in linea, se non addirittura al di sotto del dato medio nazionale, gli incrementi dei servizi alberghieri e della ristorazione (+27,4%), dei prodotti alimentari (+24,1%), del mobilio e degli articoli per la casa (+21,5%), dell’abbigliamento/calzature (+19,2%). "A differenza di quanto è stato denunciato sino ad ora - conclude Bortolussi - con l’avvento dell’euro non sono stati i commercianti a far esplodere i prezzi, bensì i proprietari di abitazioni, le attività legate alla manutenzione della casa, le aziende pubbliche dei trasporti, i gestori delle utenze domestiche ed, infine, lo Stato con gli aumenti apportati agli alcolici e alle sigarette. Ricordo che sul totale della spesa media famigliare, che nel 2011 è stata pari a quasi 30.000 euro, i trasporti, le bollette e le spese legate alla casa hanno inciso per quasi il 50% del totale, mentre la spesa alimentare solo per il 19 per cento".
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1068983/Grazie-a-dieci-anni-di-euro-la-vita-costa-il-25--in-piu--e-la-colpa-e-dello-Stato.html

venerdì 24 agosto 2012

Benzina a 2€ al litro: governo ladro!

Benzina a 2 € al litro: un furto ed una vergogna! Governo ladro! Ci volevano i geni tecnici per aumentare ancora tasse ed accise!
http://destrapermilano.blogspot.it/2012/08/benzina-2-al-litro-governo-ladro.html
 

giovedì 23 agosto 2012

ETTORE MUTI






QUESTO ERA IL PIU' PEL PETTO DECORATO D'ITALIA PILOTA MILITARE UOMO DI PARTITO E EROE UCCISO VIGLIACCAMENTE NELLA PINETA DI FREGENE CON UN COLPO SPARATO A TRADIMENTO ALLA NUCA DAI CARABINIERI CHE LO PRELEVARONO DA CASA SUA CON UNA BANALE SCUSA NELLA NOTTE DELL' 24 AGOSTO DEL 1943

mercoledì 22 agosto 2012

Stupro a Torpignattara, la vittima:
«Quella bestia deve pagare»

di Nino Cirillo

ROMA - «Sono stata fortunata». Sono le tre del mattino, è appena uscita dall’ospedale Vannini di via dell’Acqua Bullicante, dove l’hanno medicata per la violenza subita e le botte ricevute, ma non ha perso un grammo di lucidità e determinazione. Il dottor Mauro Fabozzi, che dirige il commissariato Prenestino, è incredulo: mai vista una donna così, così presente a se stessa, così preziosa per le indagini nonostante lo shock di uno stupro. La deposizione può cominciare.

«Sono stata fortunata perché siete arrivati subito. Il 113 mi ha risposto al primo squillo -racconta lei tutto d’un fiato, ripercorrendo un incubo di cui non vede l’ora di liberarsi- E così l’avete preso, è vero che l’avete preso?». Adesso si capisce: la guida una rabbia sorda, una voglia di giustizia che neanche le manette già ai polsi del suo carnefice riescono a placare.

Le chiedono di non tralasciare proprio nulla, di affondare con coraggio nei brutti ricordi e lei non si fa pregare. «Ero su una panchina, pensavo a me, al lavoro appena perso, quando l’ho visto arrivare». E lo descrive e ridescrive così: «Una maglietta chiara, pantaloni bianchi, alto circa un metro e ottanta. Un mingherlino direi...Io non volevo seguirlo, ho resistito con tutte le mie forze. Invece è riuscito a trascinarmi sotto gli archi con tutta la forza delle sue braccia. Una bestia, una bestia che adesso deve pagare».

Le chiedono di tutto e su tutto lei risponde. La sua vita sballata, le sue difficoltà economiche, la storia del litigio improvviso che l’ha portata fuori di casa in una rovente notte di fine estate, e anche dello zainetto. La donna snocciola esattamente uno a uno tutti gli oggetti che erano nel suo zainetto, quello che sarebbe costato anche l’accusa di rapina al suo stupratore.

Una breve pausa per riordinare le idee e poi cala l’asso, che un giorno al processo si vedrà quanto pesa. «Se non mi credete - ma come non crederle? - andate a controllare nella tasca destra dei suoi pantaloni. Troverete un mucchietto di banconote ripiegate. Sono i soldi che mi ha offerto all’inizio quando io ho rifiutato, quando ancora credevo che tutto potesse finire lì».

I poliziotti si guardano negli occhi: quel controllo l’hanno già fatto, in quella tasca destra hanno trovato proprio quelle banconote ripiegate di cui sta parlando, il particolare che la donna rivela ha un valore quasi fondamentale per le indagini.

E’ quasi l’alba, potrebbe finire qui, ma lei insiste: «Mi ha fatto veramente del male...». E mostra le braccia piene di segni, che almeno quelli si vedono. Le fanno controfirmare il verbale: «Signora grazie, adesso può andare». Già, può andare, ma dove andrà?

martedì 21 agosto 2012

Ma i tecnici in che Paese vivono?

Pioggia di dichirazione dei tecnici per rassicurare gli italiani che il peggio è alle spalle e la crisi è passata. Ma è davvero così? Purtroppo i dati dicono tutt'altro...
 
Ma in che Paese vivono questi tecnici? Ostentano ottimismo, giurano che senza di loro sarebbe stato molto peggio (anzi: assicurano che la crisi economica è ormai alle spalle) e vogliono far credere agli italiani di aver salvato il Paese dal baratro.

Il premier Mario Monti e i ministri Elsa Fornero e Corrado Passera
Ma è davvero così? Purtroppo basta scorrere gli ultimi dati forniti dall'Eurostat o dalle associazioni di categoria che non è affatto così: la disoccupazione è quasi al 10% (dati Ocse), i consumi sono ai livelli del Dopoguerra (dati Confcommercio) e il pil è pericolosamente in recessione (-0,8% nei primi sei mesi del 2012), mentre la pressione fiscale è arrivata al 55%. Insomma, lontani dal voler fare dell'allarmismo inutile, stando ai dati la crisi economica sembrerebbe tutt'altro che alle spalle.
È da un po' di tempo che il disco rotto del governo stona musichette di finto ottimismo. "Il peggio è passato", "Si vede la fine del tunnel", "La crisi economica è alle spalle" e via discorrendo. La "fase due" di rilancio economico non è nemmeno partita, le tasse e i nuovi balzelli non hanno fatto altro che strozzare i risparmi dei contribuenti italiani, il mercato del lavoro ha continuato a bruciare posti. Il miracolo non c'è stato. Eppure il governo vorrebbe far credere agli italiani (elettori) che il sistema Italia è stato salvato, che adesso sono tutte rose e fiori, che l'economia è solida. Domenica pomeriggio, al Meeting di Comunione e Liberazione, il presidente del Consiglio Mario Monti si è detto convinto che oggi il Paese si trova in una situazione migliore di quella in cui versava lo scorso anno. E individua un "miracolo quotidiano" nella coesione dimostrata dai partiti che sostengono il suo governo. Non è il solo. Il ministro del Welfare Elsa Fornero, in una lunga intervista alla Stampa, rivendica per il proprio esecutivo il merito di aver salvato il Paese dal baratro e invita le imprese a fare il prossimo passo e investire maggiormente nel sistema Italia. Oggi, il titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera - sempre dal Meeting di Rimini - ha rilanciato assicurando che si intravede già la fine del tunnel. Una ventata di ottimismo per convincere i mercati oppure anche i tecnici sentino odore di elezioni?
I dati economici dipingono, infatti, un'Italia diversa da quella che il governo Monti vorrebbe farci credere. La crisi gobale che dura ormai da cinque anni ha profondamente mutato il mercato del lavoro nel Belpaese. Secondo l'Eurostat, infatti, lavora soltanto un italiano su tre: su 60,8 milioni di persone solo 22,3 sono regolarmente impiegate. Entro l'anno prossimo, infatti, la disoccupazione arriverà quasi a quota 10%, mentre quella giovanile (già da tempo) si aggira intorno al 30%. Percentuali da capogiro se vengono messe vicine alla crisi dell'industria e, in particolar modo, del comparto dell'auto. Da tempo, infatti, il pil italiano è in zona recessione. E ancora: a giugno il debito pubblico ha sfiorato la soglia psicologica di 2mila miliardi di euro (1.972,9 secondo i dati della Banca d'Italia). Intanto i contribuenti mettono mano ai portafogli e pagano il conto allo Stato: una pioggia di tasse, imposte e balzelli sono stati introdotti dal governo dei tecnici. Dall'Imu ai rincari sulle bollete, dalle accise sulla benzina alle addizionali (regionali e comunali) sull'Irpef. Il risultato? I consumi sono ai livelli del Dopoguerra.

http://www.ilgiornale.it/news/interni/i-tecnici-che-paese-vivono-830813.html

lunedì 20 agosto 2012

In Italia è dramma occupazione: uno
lavora, due stanno a casa

Su 60,8 milioni di residenti occupati solo 22,3 milioni di persone: il 36,8% della popolazione



L'immagine dell'economia in Italia è quella di una piramide rovesciata con la base, formata da chi produce, sempre più piccola. I dati di Eurostat sul lavoro in Europa e quelli del Fondo monetario internazionale sulla crescita pubblicati dal Corriere della Sera parlano chiaro: da noi lavora un italiano su tre. In cifre: su 60,8 milioni di residenti risultano occupati solo 22,3 milioni di persone, il 36,8% della popolazione (di poco superiore alla Grecia).
Uno dei motivi, secondo l'analisi di Federico Fubino, è l'età media: ci sono molti pensionati che si sono ritirati in anticipo e soprattutto ci sono molti anziani. L'italiano "di mezzo", quello più giovane di metà della popolazione e più vecchio dell'altra metà, oggi ha 43,8 anni. È uno dei livelli più alti al mondo con il Giappone (45,4 anni) e la Germania (45,3). Nel frattempo però, per effetto delle riforme di Hartz, nell'economia tedesca lavora il 47,3% della popolazione totale a dispetto della quota di capelli bianchi più elevata che in Italia.  Poi c'è la questione "donne": la loro partecipazione al mondo del lavoro, causa la crisi e la mancanza di posti dove lasciare i figli nell'orario di lavoro, è tra le più basse dei Paesi avanzati.
Di buono, però, c'è che chi ha un impiego lavora di più. Almeno in termini di ore lavorate: è per questo che l'export italiano, nella prima metà di quest'anno, è cresciuto. Quasi tanto il made in Germany. Ma non basta a far crescere il Pil. Che quest'anno ha toccato il record negativo di un -3,6%. Se fosse cresciuto anche solo come la Spagna (+0,6%), fa notare il Corriere, l'economia nazionale sarebbe di circa 45 miliardi più ricca; se l'Italia fosse cresciuta come la Germania, oggi sarebbe più ricca di 150 miliardi.
http://www.liberoquotidiano.it/news/Economia/1068680/Ma-chi-fatica-in-Italia---Uno-lavora--due-si-fanno-mantenere.html

domenica 19 agosto 2012

La verità su una"famosa" foto
Negli anni 50 quando la campagna denigratoria contro la Xmas,il suo Comandante i suoi uomini si fece piu intensa e accanita fu pubblicata dai giornali diffusa in televisione e propagandata nelle sale cinematografiche la fotografia di un partigiano impicato al cui collo era appeso un cartello con la scritta:"aveva tentato di colpire la Decima".ci corre lobbligo di precisare sulla base di testimonianze dirette i particolari dell'episodio.Un battaglione stava recandosi a un campo di tiro presso Ivrea quando da un colle sovrastante venne lanciata una bomba a mano che colpiva la testa della formazione uccidendo alcuni uomini e ferendone altri.l'autore dell'attentato tale Ferruccio Nazionale venne immediatamente inseguito e catturato dai superstiti i quali esasperati dell morte dei commilitoni e per i feriti lo impiccarono con al collo quel cartello.
Il Comandante Borghese,messo a conoscenza del fatto prese severissimi provvedimenti disciplinari nei confronti di chi aveva compiuto quella immediata rappresaglia.

Tratto dal libro Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS,a cura di M.Bordogna

sabato 18 agosto 2012



CRISI: TRA IMU, MUTUI E SPESE STANGATA
DA 2.300 EURO A FAMIGLIA -TUTTI GLI AUMENTI




ROMA -  Tra l'aumento delle tariffe, l'Imu, i treni, i carburanti, beni alimentari e libri scolastici, le famiglie italiane si troveranno quest'anno a fare i conti con una stangata da 2.333 euro in più rispetto al 2011. È il calcolo di Adusbef e Federconsumatori che parlano di «aumenti insostenibili» che peseranno sui consumi e quindi sull'andamento dell'economia.

RINCARO DEI MUTUI Mutui sempre più cari: a maggio 2012 il tasso d'interesse sui prestiti alle famiglie si attesta al 4,12% (+103% su un anno). Una situazione difficile: gli italiani per pagare devono sborsare il 30,9% del reddito. Crollo per le compravendite (-17,8%) e crisi profonda per l'edilizia (-97.800 posti). Lo annuncia Confartigianato. Le cifre parlano chiaro: tra giugno 2011 e giugno 2012 - spiega Confartigianato - le imprese del settore costruzioni, pari a 899.602, sono diminuite dell'1,36%. In calo dell'1,17% anche le imprese artigiane, che sono la fetta più consistente del settore edile: 577.588, vale a dire il 64,2% del totale. Negative le conseguenze sull'occupazione: tra giugno 2011 e marzo 2012 è diminuita del 5,1%, pari a 97.800 posti di lavoro in meno. Per quanto riguarda i tassi Confartigianato mette in luce che quello sui mutui alle famiglie per l'acquisto di abitazioni è sensibilmente sceso fino al minimo di 2,51% in giugno 2010: successivamente è tornato a crescere, ma a maggio 2012 si attesta sul 4,12%. Il tasso medio sui mutui a maggio 2012 è così di 103 punti base superiore rispetto ad un anno fa e di 161 punti base superiore rispetto al precedente punto di minimo di giugno 2010.

TUTTI GLI AUMENTI Un salasso da 405 euro solo dall'Imu per la prima casa, a cui si aggiungono oltre 390 euro di alimenti, più di 270 per fare il pieno alla propria auto e quasi 200 per riscaldare l'abitazione. Queste e altre voci vanno a comporre la stangata da 2.300 euro che peserà sui bilanci delle famiglie italiane nel 2012. Ecco le previsioni di Adusbef e Federconsumatori su tutti gli aumenti attesi per il 2012, rapportati all'universo delle famiglie come calcolato dall'Istat.
-SETTORE /AUMENTO
 ALIMENTAZIONE (+7%) 392 euro
TRENI (ANCHE PENDOLARI) 81 euro
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE (+28-30%) 48 euro
SERVIZI BANCARI + MUTUI + BOLLI 93 euro
CARBURANTI (COMPRESE ACCISE REGIONALI) 276 euro
DERIVATI PETROLIO (detersivi e prodotti casa) 123 euro
ASSICURAZIONE AUTO (+6%) 78 euro
TARIFFE AUTOSTRADALI (+3%) 53 euro
TARIFFE GAS (+11%) 113 euro
TARIFFE ELETTRICITÀ (+21%) 110 euro
TARIFFE ACQUA (+5-6%) 22 euro
TARIFFE RIFIUTI (+9-11%) 63 euro
RISCALDAMENTO (+12%) 195 euro
ADDIZIONALI TERRITORIALI 150 euro
IMU PRIMA CASA 405 euro
CORREDO SCOLASTICO +LIBRI (4%) 53 euro
TARIFFE PROFESSIONALI-ARTIGIANALI 78 euro
TOTALE 2.333 euro


 

venerdì 17 agosto 2012




ILVA


Photo: I lavoratori dell'Ilva di fronte al dilemma: morire di fame o morire di cancro?
Intanto il governo ha già stanziato 336 milioni di nostri soldi per iniziare a bonificare l'area produttiva. L'anno scorso il gruppo Riva, proprietario dell'Ilva, ha guadagnato 327 milioni di euro, puliti, che ovviamente gonfiano le tasche degli imprenditori all'italiota, pronti a privatizzare gli utili e prontissimi a socializzare le perdite. Con governi, di csx e cdx, complici di queste operazioni fatte con i soldi di noi cittadini.
Ma gli Italiani vedranno mai il giorno della ribellione?



I lavoratori dell'Ilva di fronte al dilemma: morire di fame o morire di cancro?
Intanto il governo ha già stanziato 336 milioni di nostri soldi per iniziare a bonificare l'area produttiva. L'anno scorso il gruppo Riva, proprietario dell'Ilva, ha guadagnato 327 milioni di euro, puliti, che ovviamente gonfiano le tasche degli imprenditori all'italiota, pronti a privatizzare gli utili e prontissimi a socializzare le perdite. Con governi, di csx e cdx, complici di queste operazioni fatte con i soldi di noi cittadini.
Ma gli Italiani vedranno mai il giorno della ribellione?


TRATTO DALLA PAGINA FB DI BRUNO CESARO.

giovedì 16 agosto 2012

ILVA: LA SALUTE NON VIENE DOPO

16 ago 2012

E’ ovvio che tutti siano preoccupati per le sorti dell’Ilva di Taranto. Meno ovvio e’ l’indecente attacco alla magistratura perpetrato da chi per anni non ha fatto nulla per impedire che la fabbrica del tumore non facesse più danni alla salute.
Considero incivile che si pretenda di far passare sotto silenzio la questione sanitaria, che in una società che voglia definirsi minimamente civile dovrebbe essere centrale nelle scelte politiche. E invece il governo dei tecnici e del cinismo pensa addirittura al ricorso alla Corte costituzionale contro una giudice che ha fatto quello che doveva fare. A questa gente, ai politici che sostengono Monti, dovremmo affidare il futuro nostro e dei nostri figli?
E’ grave l’attacco alla magistratura portato avanti da alcuni esponenti di spicco del Pd e del Pdl. Soprattutto quando si legge di finanziamenti del patron dell’Ilva, Riva, proprio a quei partiti.
Il diritto alla salute e’ stato negato, la perizia della Procura ha accertato a Taranto un eccesso di mortalità per inquinamento industriale.
E’ stato scritto che “questi esponenti politici, anteponendo gli interessi della produzione a quelli della salute e della vita, stanno compiendo un’invasione di campo delle competenze della giustizia”: lo condivido in pieno, perche’ non sopporto le lacrime del giorno dopo.
Vendola spieghi perche’ intratteneva conversazioni telefoniche gravi con i vertici Ilva; Bersani spieghi la ragione dei finanziamenti resi noti dalla stampa; lo stesso facciano i dirigenti di forza Italia che siano coinvolti nello stesso giro di aiuti economici.
Quando muoiono le persone, la politica non deve coprire le responsabilita’.


http://www.storace.it/

sabato 11 agosto 2012

   FIRENZE  11 AGOSTO 1944 I FRANCHI TIRATORI
 
 
 
L'11 agosto 1944 Firenze venne occupata dall'invasore angloamericano perché era stata sguarnita dai nostri soldati che si stavano attestando su di una linea di fronte più a settentrione. Ma vi si resistette con caparbietà, con audacia e con onore. I franchi tiratori, immortalati anche grazie a La pelle di Curzio Malaparte, dimostrarono che la città di Pavolini, il capoluogo di quel Granducato di Toscana, come sarebbe stata definita la RSI per la grande partecipazione che la regione di Dante diede alla Repubblica, non sarebbe caduta senza colpo ferire. Centinaia di fiorentini di ambo i sessi e di tutte le età spararono dalle finestre, dai tetti, dagli angoli delle strade, inchiodando al suolo
il nemico e le bande partigiane al suo seguito. Non avevano alcuna speranza di sopravvivenza perché, una volta presi, sarebbero stati fucilati. Gli ultimi soldati ad abbandonare il capoluogo toscano provarono a convincere i franchi tiratori più vicini a mettersi in salvo con loro. “La consegna – risposero – è quella di morire sul posto”. E così fecero.
Apprendiamo con gioia che Casaggi e CasaPound Firenze hanno reso onore a questi eroi e che oggi stesso sarannno deposti fiori sulle loro tombe.
I figli e i nipoti della vergogna sono invece insorti perché non vorrebbero affatto che quel fulgido esempio venisse ricordato: la grandezza è mal sopportata, e con astio, dai piccoli e dai mediocri.
Il generale Alexander già a suo tempo aveva risposto in modo più che esauriente a questi infelici. “La città italiana che preferisco? Firenze. Perché lì gli italiani ci hanno accolti sparandoci addosso”.


I FUCILATI DI FIRENZE (da LA PELLE di Curzio Malaparte)

I ragazzi seduti sui gradini di S. Maria Novella, la piccola folla di curiosi raccolta intorno all’obelisco, l’ufficiale partigiano a cavalcioni dello sgabello ai piedi della scalinata della chiesa, coi gomiti appoggiati sul tavolino di ferro preso a qualche caffè della piazza,la squadra di giovani partigiani della divisione comunista “ Potente “, armati di mitra e allineati sul sagrato davanti ai cadaveri distesi alla rinfusa l’uno sull’altro, parevano dipinti da Masaccio nell’intonaco dell’aria grigia. Illuminati a picco dalla luce di gesso sporco che cadeva dal cielo nuvoloso, tutti tacevano, immoti, il viso rivolto tutti dalla stessa parte. Un filo di sangue colava giù per gli scalini di marmo.
I fascisti seduti sulla gradinata della chiesa erano ragazzi di quindici o sedici anni, dai capelli liberi sulla fronte alta, gli occhi neri e vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una maglia nera e di un paio di calzoni corti, che gli lasciavano nude le gambe dagli stinchi magri, era quasi un bambino.
C’era anche una ragazza fra loro: giovanissima, nera d’occhi, e dai capelli, sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che s’incontra spesso in Toscana fra le donne del popolo, sedeva col viso riverso, mirando le nuvole d’estate sui tetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo pesante e gessoso, e qua e là screpolato, simile ai cieli del Masaccio negli affreschi del Carmine.
Quando avemmo udito gli spari, eravamo a metà via della Scala, presso gli Orti Oricellari. Sboccati sulla piazza, eravamo andati a fermarci ai piedi della gradinata di Santa Maria Novella, alle spalle dell’ufficiale partigiano seduto davanti al tavolino di ferro.
Al cigolio dei freni delle due jeep, l’ufficiale non si mosse, non si voltò. Ma dopo un istante tese il dito verso uno di quei ragazzi, e disse:
- Tocca a te. Come ti chiami?
- Oggi tocca a me - disse il ragazzo alzandosi - ma un giorno o laltro toccherà a lei.
- Come ti chiami ?
- Mi chiamo come mi pare...
- O che gli rispondi a fare a quel muso di bischero, gli disse un suo compagno seduto accanto a lui.
- Gli rispondo per insegnargli l'educazione, a quel coso - rispose il ragazzo, asciugandosi col dorso della mano la fronte madida di sudore. Era pallido, e gli tremavano le labbra. Ma rideva, con aria spavalda guardando fisso l'ufficiale partigiano.
A un tratto i ragazzi presero a parlar fra loro ridendo.
Parlavano con l'accento popolano di San Frediano, di Santa Croce, di Palazzolo.
L’ufficiale partigiano alzò la testa e disse:
- Fa presto. Non mi far perdere tempo. Tocca a te.
- Se gli è per non farle perdere tempo - disse il ragazzo con voce di scherno - mi sbrigo subito -
E scavalcati i compagni andò a mettersi davanti ai partigiani armati di mitra, accanto al mucchio di cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di sangue che si allargava sul pavimento di marmo del sagrato.
- Bada di non sporcarti le scarpe ! - gli gridò uno dei suoi compagni, e tutti si misero a ridere.
- Jack e io saltammo giù dalla jeep.
- Stop! - urlò Jack.
Ma in quell’istante il ragazzo gridò: - Viva Mussolini ! - e cadde crivellato di colpi .




http://ifranchitiratoridifirenze.blogspot.it/

venerdì 10 agosto 2012




Sommergibile Scirè ,Onore





Il 10 agosto di 70 anni fa a venti miglia da Haifa il Sommergibile Scirè viene affondato dalla da la Corvetta HMS Islay e da batterie costiere alle ore 16,15 circa comincio il combattimento, dove lo Scirè e i suoi 60 uomini di equipaggio ebbero la peggio, tra i membri dell’equipaggio vi si trovavano ( undici uomini della Decima Flottiglia Mas ).
Solo due salme degli Incursori vennero trovate sulla spiaggia, dove furono sepolte con i Massimi Onori nel cimitero cristiano di Haifa.
In questo modo agghiacciante si compì fine del Regio Smg. Scirè,e di altri 114 battelli Italiani di varie classi.
Onore a tutti i Marinai caduti Italiani,
SEMPRE DECIMA COMANDANTE…..


tratto dal camerata B.Buti.
Ecco il frutto della primavera araba La
Tunisia cancella la parità dei sessi

Un articolo della nuova Carta sostiene che la donna è "associata", non uguale, all'uomo

 
 
 
 
 
Insorgono le donne democratiche tunisine denunciando il tentativo del nuovo governo di abolire i diritti delle donna per via costituzionale
La primavera araba rischia di riportare indietro l'orologio della storia per quanto riguarda i diritti civili. L'assemblea costituente al lavoro per scrivere la nuova Costituzione della Tunisia ha inserito un articolo che di fatto abolisce l'uguaglianza tra uomo e donna. L'articolo stabilisce che "lo Stato assicura la protezione dei diritti della donna, sotto il principio della complementarità (non uguaglianza) con l'uomo in seno alla famiglia, e in qualità  di associata all'uomo nello sviluppo della Patria". 
Tanto basta per far insorgere Amnesty International e l'Associazione tunisina delle donne democratiche che denunciano il tentativo della Tunisia di abolire i diritti delle donna per via costituzionale. La nuova Costituzione, prima di essere promulgata, dovrà però essere approvata dal parlamento in seduta plenaria. E non sarà facile. 

http://www.liberoquotidiano.it/news/Esteri/1068007/Ecco-il-frutto-della-primavera-araba--La-Tunisia-cancella-la-parita-dei-sessi.html

mercoledì 8 agosto 2012

ANNIVERSARIO VOLO SU VIENNA
TENENTE COLONELLO G D'ANNUNZIO  IL 9 AGOSTO 1918 DALLE VICINANZE DI PADOVA EFFETTUO' IL VOLO SU VIENNA! EJA
 
Photo: CONDIVIDETE E METTETE COME IMMAGINE DI PROFILO IN ONORE DEL TENENTE COLONELLO G D'ANNUNZIO CHE IL 9 AGOSTO 1918 DALLE VICINANZE DI PADOVA EFFETTUO' IL VOLO SU VIENNA! EJA
TRATTO DA:CASA POUND  ITALIA,PADOVA











Mario Gramsci, il fratello fascista di Antonio



Pochi sanno che Antonio Gramsci, storico ideologo del Partito Comunista Italiano, osannato e idolatrato dalle sinistre ed entrato (a ragione o a torto) a far parte dell’olimpo culturale italico del ’900, aveva un fratello minore, che lungi dall’essersi tesserato al PCI, fu un fedele fascista della prima ora, e rimase tale fino alla fine, arruolandosi anche nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana.
Come avrete intuito dal titolo, il suo nome era Mario. Mario Gramsci. Diversamente dal fratello, morì in solitudine e dimenticato da tutti, anche per l’opera di cancellazione storica e mistificazione operata dai cosiddetti “vincitori”. Mario venne messo da parte, quasi come fosse una vergogna per la memoria del fratello, seppure il Gramsci di serie “B” non commise mai nella sua vita — almeno secondo i pochi dati storici a disposizione — alcun crimine e alcun reato contro il popolo italico per il quale combatté tre guerre, tranne quello di essere stato fascista convinto fino alla morte.
Come il più famoso fratello, nacque in Sardegna, a Sorgono, nel 1893, dove vi visse fino alla Prima Guerra Mondiale. Si arruolò e combatté per l’Italia con il grado di sottotenente. Quando il conflitto terminò, divenne un convinto sostenitore del Fascismo al quale aderì, partecipando alla marcia su Roma e diventando poi segretario federale del PNF di Varese.
L’adesione al Partito Fascista gli procurò diversi problemi con il più noto fratello. Antonio infatti tentò vanamente di convincerlo a convertirsi al Comunismo, o quantomeno tentò di fargli rinunciare all’ideale fascista. Ma Mario era una persona tutta d’un pezzo. Un forte idealista come lo stesso Antonio, e diversamente dal fratello, era un convinto sostenitore del Fascismo. Perciò non cambiò (mai) idea, nonostante venne pure picchiato e ridotto in fin di vita per questo.
Questa diversità di vedute politiche causò una frattura fra i due, che non verrà mai sanata. Ciononostante, Antonio nel 1927 scrisse dalla prigione una lettera alla madre, esprimendo il desiderio di ringraziare Mario per l’interessamento che aveva avuto in relazione alle sue condizioni di salute. La storia però ci dice che Mario fece qualcosa di più: con altri socialisti convertitisi al fascismo, premettero con il regime affinché l’intellettuale comunista potesse avere le migliori cure e potesse ottenere una prigionia meno pesante. E non a caso, così accadde. Ad Antonio Gramsci venne riconosciuta una sorta di libertà condizionata che gli permetteva una maggiore libertà.
Intanto Mario lasciato l’incarico di segretario provinciale del PFN si dedicò al commerciò, almeno fino al 1935, quando decise di partire volontario per la guerra di Etiopia. Avventuriero e convinto sostenitore dell’ideale fascista, combatté anche in Libia fino alla disfatta del 1943. Allora tornò in patria, ma l’Italia stava perdendo la guerra. Mussolini aveva fondato la Repubblica Sociale. Mario Gramsci vi aderì senza alcun tentennamento, combattendo nell’esercito della RSI, finché non venne catturato dagli inglesi che lo trasferirono in un campo di concentramento in Australia, dove venne torturato e seviziato. Vi rimase per due anni, poi fu ricondotto in Italia nel 1945, a guerra finita. Morì fascista e dimenticato da tutti nel 1947, in seguito ai traumi subiti durante la prigionia.

Bibliografia consigliata: Marcello Veneziani, I vinti: i perdenti della globalizzazione e loro elogio finale, 2004.

lunedì 6 agosto 2012




6 AGOSTO 1945 PER NON DIMENTICARE








il 6 agosto 1945 i liberatori americani portarono la democrazia a Hiroshima... accompagnata da una bomba atomica e 180mila morti.

sabato 4 agosto 2012

ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI BRUNO MUSSOLINI,7 AGOSTO1941--7 AGOSTO 2012






Bruno Mussolini (Milano, 22 aprile 1918Pisa, 7 agosto 1941) è stato un aviatore italiano. Figlio terzogenito di Benito Mussolini e di Rachele Guidi, fu ufficiale della Regia Aeronautica, Medaglia d'Oro al Valore Aeronautico e due volte Medaglia d'Argento al Valor Militare.Grande appassionato di aerei, a Bologna ebbe come compagno di studi Federico Cozzolino con cui divise passione e lavoro nella Regia Aeronautica. A 17 anni fu il pilota militare più giovane d'Italia. Fu anche uno dei dirigenti della compagnia aerea Ala Littoria e l'ideatore della LATI, Linee Aeree Transcontinentali Italiane, che coprivano la tratta Italia-Brasile.
 I primi anni e la Campagna d'Abissinia
Nel 1936 durante la guerra d'Etiopia venne assegnato, assieme al fratello Vittorio, alla 14ª Squadriglia Quia sum leo, conosciuta anche come Testa di leone. In questa campagna si guadagnò una Medaglia d'Argento al valor militare[1].
Nell'agosto 1937 partecipò insieme ad Attilio Biseo, con uno dei Savoia-Marchetti S.M.79 alla corsa aerea Istres-Damasco-Parigi. Il suo aereo concluse la gara al terzo posto, dopo un atterraggio di fortuna all'aeroporto di Cameri[2]. Sempre con questa squadriglia, nel gennaio 1938 partecipò alla trasvolata Italia-Brasile.
Sempre assieme ad Attilio Biseo nel 1937 migliorò il primato di velocità sui mille chilometri, con carico di due tonnellate, ottenendo i 430 km/h. In questo frangente nacque la squadriglia dei Sorci Verdi, proprio da una battuta di Bruno Mussolini: ai presenti che criticavano gli S79 ribatté, infatti, "Storcete pure il naso. Quando gli S79 cominceranno a volare, vi faremo vedere i sorci verdi
 La guerra di Spagna e il duello aereo con Dickinson
Volontario in Spagna dal settembre 1937 al maggio 1938, Bruno Mussolini lanciò subito una pubblica sfida via radio ai piloti delle formazioni volontarie repubblicane, che venne accolto dal pilota statunitense Derek D. Dickinson, della formazione delle "Ali Rosse" (Alas Rojas).
Il 27 settembre i due piloti partirono rispettivamente da Palma de Maiorca (Bruno Mussolini, su un Fiat G.50[4]) e da Castellòn de la Plana (Derek Dickinson con un Boeing P26[5]). Assieme a loro volavano due ricognitori, a fare da padrini al duello. La quota prescelta erano i 1000 metri.
Inizialmente inquadrato dalle mitragliatrici di Mussolini, Dickinson fu ferito ad una mano e non poté sventolare la sciarpa bianca di resa. Con una disperata manovra riuscì a portarsi sopra l'aereo di Mussolini e ad inquadrarlo a sua volta con le mitragliatrici. A questo punto il pilota italiano agitò la sciarpa, avendo il suo motore una panna.
Al rientro, il caccia di Dickinson aveva ricevuto 326 colpi di mitra e il suo pilota era ferito ad una mano, mentre l'apparecchio di Mussolini dovette atterrare in planata, poiché piantato in asso dal motore.
Durante la Guerra di spagna, Bruno Mussolini fu decorato di una seconda Medaglia d'Argento.
La Seconda guerra mondiale e la morte
Allo scoppio della seconda guerra mondiale fu assegnato al 47° Stormo Bombardamento Terrestre di Grottaglie (TA) e Il 1 giugno 1941 trasferito a Pisa gli fu assegnato il comando della 274ª Squadriglia Bombardamento a Grande Raggio (BGR), inquadrata all'interno del 46° Stormo con sede a Pisa.
A questa squadriglia erano stati assegnati i nuovi bombardieri quadrimotori Piaggio P.108B. Due mesi dopo, il 7 agosto 1941, proprio su uno di questi velivoli, perse la vita. I motori del suo aereo, mentre era in fase di atterraggio, subirono un brusco calo di potenza. Non riuscendo a riprendere quota l'aereo si schiantò poco dopo. Nell'incidente persero la vita anche il tenente pilota Francesco Sacconi e il maresciallo motorista Angelo Trezzini[9]. La salma di Bruno Mussolini fu trasportata da Pisa a Predappio con un treno speciale, tra due ali di folla ininterrotta, che salutava con il braccio teso, e alla presenza di alcuni ufficiali prigionieri della RAF, che vollero rendere omaggio al nemico caduto.
Recita così l'elogio che accompagna la Medaglia d'Oro al Valore Aeronautico conferita a Bruno Mussolini:
« Aviatore di tre guerre, già volontario in Africa ed in Spagna, trasvolatore dei deserti e di oceani, più volte consacrato all'eroismo nella breve parentesi di una giovinezza audace, materiata di fede e di amore, di passione e di battaglie. È caduto al posto di combattimento con negli occhi la gioia dell'ardire, mentre effettuava un volo di prova su di un nuovo apparecchio da bombardamento a grande raggio; una delle più recenti conquiste per le nuove battaglie e per le nuove vittorie, come sanno dare solo i pionieri e gli eroi. Volendo

venerdì 3 agosto 2012

Dal sesso in Burundi alle noci in Polonia L'Ue che ci chiede sacrifici butta via 300 mld

La folle geografia dei finanziamenti europei e le tante falle nei controlli della gestione dei fondi



Benvenuti nel mondo dei contributi europei, un mondo ricco, pieno di sorprese che è diventato un business da oltre trecento miliardi di euro. Per ottenere contributi da mamma Europa, la stessa che da una parte ci chiede sacrifici e dall'altra concede soldi agli Sati-membri per i progetti più astrusi. Come spiega Repubblica, che ricostruisce la ricca geografia del contributo europeo, puoi ottenere fondi per svolgere un sondaggio di opinione sull'economia in Islanda o per promuovere un'attività culturale in Palestina, per aprire un ristorante in Romania o per finanziare progetti di inserimento lavorativo in Cambogia. La facilità nell'ottenere un finanziamento ha dato via a un vero magna magna sia da parte di enti pubblici come Regioni, Province e Comuni ma anche di privati cittadini, associazioni, agenzie o organizzazioni non governative. Ovviamente spesso la gestione dei fondi è finita nel mirino delle Procure. 
Tutti i progetti Ecco alcuni progetti per cui l'Europa concede lauti finanziamenti:  600mila euro per la sensibilizzazione dei diritti sessuali e riproduttivi nel Burundi, 2,6 milioni di euro per finanziare le inziative a favore dei disabili in Turchia. "Nel mare magum delle sovvenzioni ai progetti sui grandi temi - scrive Repubblica - ci sono la lotta all'uso illegale di internet, 9,5 milioni per aggredire la criminalità finanziaria, 5,5 per contrastare l'estremismo violento, 2,6 milioni per iniziative che scuotano le coscienze nei riguardi della pena di morte e della tortura. Sono tutte finalità nobili e apprezzabili, ma ci si chiede se sia il caso di stanziare cifre di questo genere in un momento di grande crisi e, soprattutto, se viene esercitato il giusto controllo su come vengono gestiti i fondi. Per frequentare un corso di russo e cinese puoi ottenere un credito da 1800 euro, in Sicilia sono stati spesi 150mila euro per pagare un consulente chiamato a coordinare un progetto che tuteli la Zerkova, una specie diffusa sui monti Iblei. E' previsto un contributo di 3mila euro per la partecipazione di militari a corsi di formazione in Toscana, 28,4 euro per alveare a chi fa un allevamento di api in Andalusia, fino a 700mila euro per la coltivazione di noci in Polonia, 110mila euro per studiare l'attuazione della direttiva sugli zoo in Europa. A evidenziare tutti i limiti del settore è Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria con delega al mezzogiorno che, a Repubblica, dice: "Uno dei paradossi della spesa l'eccessiva frammentazione: le singole Regioni presispongono interventi di natura locale che vanno ad accavallarsi, in modo irrazionale, con altri che hanno un interesse nazionale, anche nel campo delle infrastrutture. Senza una regia coordinata il rischio è quello della polverizzazione, che è l'esatto contrario della concentrazione che ci chiede la Commissione europea". 

http://www.liberoquotidiano.it/news/1067878/Dal_sesso_in_Burundi_alle_noci_in_Polonia__L_Ue_che_ci_chiede_sacrifici_butta_via_____mld.html

giovedì 2 agosto 2012

Giusva e le colpe della strage: "La verità? Fa troppa paura"

Fioravanti scrive al Giornale: "Non so se la pista palestinese sia giusta. Ma il terrorismo arabo in Italia ha fatto 60 morti. E nessuno li piange"
Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di «Giusva» Fio­ravanti, condannato per la strage alla stazione di Bolo­gna del 2 agosto 1980. Fiora­vanti ha ammesso altri delit­ti, ma ha sempre negato ogni responsabilità per la bomba di Bologna. Oggi, dopo aver scontato la pena, è in libertà.
Caro direttore,
la strage di Bologna è avvenuta 32 anni fa, le indagini si sono concluse 25 anni fa e la nostra condanna è datata 20 anni. Fu una condanna atipica, dove la procura prima, e le corti poi, sostennero che le prove vere erano state nascoste dai servizi segreti e quindi bisognava per forza affidarsi agli indizi.

L'indizio principale era che le stragi in Italia le fanno per forza i fascisti, nel periodo in questione io e mia moglie eravamo i terroristi fascisti più noti, quindi... «non potevamo non sapere». La sentenza ammetteva che il quadro probatorio non era completo, e sostanzialmente rinviava a una «inchiesta bis» per individuare i tasselli mancanti. Il fatto è che i tasselli mancanti erano molti. La sentenza per la parte che riguardava noi ammetteva che nessun testimone ci aveva mai visti a Bologna, e che quindi non eravamo stati noi a portare la bomba dentro la stazione, ma sicuramente (per il ragionamento di cui dicevamo prima) facevamo parte del gruppo che tale strage aveva organizzato. Veniva rinviato alla «inchiesta bis» l'incarico di individuare gli effettivi esecutori materiali «in loco», individuare l'origine dell'esplosivo, individuare il movente, e individuare i mandanti. Come dicevo, da quella promessa di «inchiesta bis» sono passati 20 anni, e nulla è stato trovato. La cosa, comprensibilmente, crea un certo nervosismo. Chi ama la vecchia sentenza grida alla luna che il processo non riesce ad andare avanti perché io non confesso chi sono i miei mandanti e gli altri della banda. In linea strettamente teorica potrebbe essere una ipotesi. Però poi di ipotesi se ne possono fare altre, ad esempio che l'inchiesta non riesce ad andare avanti perché sin dall'inizio marcia nella direzione sbagliata. Questa cosa iniziò a dirla pubblicamente Cossiga già nel 1998, quando con Francesca andammo a trovarlo sperando potesse darci informazioni utili per ridiscutere il nostro processo. Ci disse che fogli «firmati e bollati» non ne aveva, ma che la vera pista su Bologna era quella palestinese. Sono passati altri 14 anni, e nel silenzio di molti, alcuni storici dilettanti (nel senso positivo del termine, ossia di gente che fa le cose per passione, non per tornaconto) hanno iniziato a studiare una materia difficilissima, il terrorismo arabo in Italia. Non se ne sa niente, non esistono libri esaustivi né niente. Ma il terrorismo arabo in Italia ha fatto più di 60 morti, e più di 300 feriti. Ma non se ne parla mai, non c'è mai una commemorazione, mai un servizio rievocativo in televisione, mai una lapide da nessuna parte, mai una associazione dei parenti delle vittime. Quando il presidente Napolitano ha istituito la giornata a ricordo delle vittime del terrorismo, nell'elenco preparato dagli uffici del Quirinale non c'era nessuna di queste 60 vittime.È su questo silenzio che, assieme ad alcuni di questi «storici dilettanti», stiamo ragionando.
Silenzio sulle vittime, e sempre scarcerazioni in tempi fulminei dei vari palestinesi arrestati. Che è un po' quello che sta succedendo ancora oggi, quando l'Italia, non importa chi in quel momento sia al governo, cede sempre ai ricatti del terrorismo filo-arabo, e paga tutti i riscatti e non arresta mai nessuno. Dopo che si è scoperto che fisicamente presenti a Bologna c'erano due terroristi dell'estrema sinistra tedesca legata al terrorismo palestinese, è ovvio che le persone ragionevoli si pongano il dubbio se c'entrino qualcosa. È ovvio che se si scopre che tra le vittime di Bologna c'era un giovane dell'Autonomia Operaia romana, le persone ragionevoli si ricordano che solo pochi mesi prima, a Ortona, tre capi dell'Autonomia Operaia romana erano stati arrestati mentre trasportavano un potente missile terra aria per conto di un certo Saleh, dirigente del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina che abitava a Bologna. Viene spontaneo, alle persone semplici, domandarsi se per caso, come era successo pochi mesi prima nelle Marche, anche il 2 agosto a Bologna dei giovani romani stessero aiutando i loro amici palestinesi a trasportare un carico di armi. Se poi ci aggiungiamo che dal carcere in Francia il capo dei terroristi filopalestinesi dell'epoca, Carlos lo Sciacallo, in diverse interviste ha ammesso che la sua «Organizzazione» quel giorno era presente alla stazione di Bologna... Carlos dice che un loro trasporto è stato boicottato dagli americani o dagli israeliani per rovinare i buoni rapporti tra i terroristi palestinesi e i nostri servizi segreti (lo ha scritto diverse volte, e questa tesi è stata confermata da almeno due dirigenti palestinesi ormai in pensione, ma nessuno sembra stupirsene). Cossiga prima di morire in diverse interviste aveva parlato anche lui di un «incidente», ma lo riteneva casuale. Un funzionario dei servizi segreti civili italiani fu il primo, mi pare già nel 1981, a dire che si trattava di un incidente, ma venne messo a tacere, e tutto sommato fu facile parlo perché risultava iscritto alla P2. Licio Gelli, senza tutti i ragionamenti e i riscontri che invece aveva fornito Cossiga, parla anche lui da 30 anni di un «incidente», seppure in una maniera un po' grossolana. Io, storico dilettante più scarso degli altri, ancora non ho nessuna convinzione certa su ciò che è accaduto a Bologna. Mi rendo conto però che certi argomenti creano preoccupazione. Mi sembra un buon segno. Però ci vorrà ancora tempo, tanta pazienza e un pizzico di coraggio per avvicinarsi se non alla verità, almeno al contesto della verità.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/giusva-e-colpe-strage-verit-fa-troppa-paura-827256.html?utm_source=Facebook&utm_medium=Link&utm_content=Giusva+e+le+colpe+della+strage%3A+%22La+verit%C3%A0%3F+Fa+troppa+paura%22+-+IlGiornale.it&utm_campaign=Facebook+Page

mercoledì 1 agosto 2012

A Bologna è sempre vergogna



Dopo trentadue anni ancora nessuna verità su Bologna.Tre colpevoli politici scelti con disinvoltura tra chi doveva già scontare tanta galera e una targa bugiarda da esibire come un trofeo. Un soviet comunista a guardiano del sangue comune che, con incommensurabile arroganza, da una parte impedisce che si apra qualunque indagine seria e dall'altra piagnucola puntualmente venendoci a raccontare che “non si conoscono ancora i mandanti”.
Eppure, se si fosse mai interessato a scoprire esecutori e mandanti di quella strage epocale, se non altro avrebbe dovuto provarci. Bastava poco. Iniziare a indagare sui depistatori, tutti dirigenti di vari servizi, e chiedersi cosa unisse quella gente, italiana, francese e americana, in quell'impegno deviante.
Avrebbe dovuto anche chiedersi perché mai i depistatori si accanissero a deviare sempre ed esclusivamente sui fascisti. Cosa che a una persona obiettiva e raziocinante non poteva che suggerire la scoperta dell'acqua calda: perché lì non c'era e non c'è niente da trovare e per questo si dovrebbe indagare altrove.

Qualche anno fa fu proposta una svolta da Pellizzaro, sostenuta da Area, che additava una pista Carlos, Kramm, Fröhlich, palestinesi. L'impianto, così com'era stato presentato, faceva acqua ed era anche pericolosamente avviato a conclusioni non condivisibili. Ma c'era qualcos'altro, come la pista parallela e intersecata intravista da Raisi, che magicamente riporta alla solita Hypérion parigina. Quell'agenzia del terrore controllata al contempo da  servizi francesi, americani, israeliani, tedeschi dell'est e dell'ovest. Quell'agenzia a copertura internazionale e a gestione sovranazionale aveva una costola, dal nome Crise, che operava nel Vicino Oriente appoggiando e armando le fazioni anti-Arafat con il beneplacito e la regia del Mossad.  L'intervento di Crise e d'Hypérion nel quadro lo rende finalmente più comprensibile, facendo dello stesso gruppo Carlos un elemento giocato e inserito  in una sciarada ben congegnata nella quale fu incastrato senza preavviso né consapevolezza. Chiamato lì  per potere, in effetto domino, andare a sbaragliare pezzo a pezzo una struttura oramai giudicata desueta e superata in virtù di un salto in avanti nella strategia di ristrutturazione che proprio in quei mesi prevedeva il compimento della guerra terroristica e la capitalizzazione dei suoi effetti .E non basta: quella strage, come accaduto per altre, ad esempio quella di Londra nel 2007, molto probabilmente avvenne all'insaputa dell'artificiere (verosimilmente un italiano antifascista) ed è plausibile che fu provocata appositamente da coloro che ne trassero il massimo giovamento.

Ma tutto questo non può essere affermato;  perché i padrini di quel massacro  - e di tutti i massacri  - in parte sono ancora vivi e contano parecchio. Non  può essere affermato perché le strutture sovranazionali che quella strage  architettarono o permisero e comunque coprirono, sono le stesse che oggi fanno da supervisione ai “governi tecnici”. Non è possibile perché il partito comunista, essendo supervisore e garante all'epoca dei servizi segreti italiani (che ben sapeva essere pidduisti), fu, nel migliore dei casi, omertoso e complice.  Se non fu qualcosa di molto peggio.
Ed il suo soviet al completo, oggi come da trentadue anni a questa parte, preferisce inscenare la solita cerimonia a celebrazione dell'assoluto nulla, bene attento ad esprimere però sdegno per lo stato delle indagini. E' un comportamento tipico dell'ipocrisia di cui quella cultura è maestra. Ostentando moralismo e senso civico questi signori calpestano cinicamente e spregiudicatamente l'etica e la verità. E s'incoronano puntualmente in commemorazioni da tempo degenerate in sagre, perpetrando la menzogna che più fa comodo al loro apparato. E a quelli che lo sovrastano e che lo dominano, dominando anche tutti noi, per il frutto di tante porcherie tra le quali spicca la strage di Bologna.Trentadue anni di rifiuto della ricerca della verità.

tratto dalla pagina fb di G.ADINOLFI