giovedì 28 giugno 2012

Uccide donna a coltellate, tunisino arrestato a Merano





(ANSA) - MERANO(BOLZANO), 19 GIU - Una donna meranese di 66 anni e' stata accoltellata la notte scorsa a Merano ed e' morta poco dopo il ricovero all'ospedale. I carabinieri hanno tratto in arrestato un tunisino di 32 anni accusato dell'omicidio. L'aggressione sarebbe avvenuta al termine di una lite, forse per motivi di gelosia, con lo straniero ubriaco che avrebbe inferto alla donna una serie di coltellate, alcune delle quali nella regione cardiaca. (ANSA).

OVVIAMENTE I MEDIA NE PARLANO POCO SE INVECE ERA UN ITALIANO CHE UCCIDEVA UN IMMIGRATO SI SCATENEREBBE LA FINE DEL MONDO

martedì 26 giugno 2012

Rifugiati per motivi umanitari gestivano
un traffico di droga con l'Olanda

Ogni mese piazzavano un chilo di cocaina ed eroina, traditi
dal tenore di vita elevato e dagli abiti firmati: 14 arresti

Sequestro di cocaina ed eroina (archivio)PADOVA - Blitz antidroga della guardia di finanza di Padova con l'operazione denominata "One dollar" che ha portato complessivamente al sequestro di oltre due chili di stupefacenti, tra cocaina ed eroina, destinati alla piazza padovana. Le fiamme gialle hanno arrestato negli ultimi giorni 14 persone, altre 4 sono state denunciate per possesso di droga a fini di spaccio.

A capo dell'organizzazione smantellata c'era un sodalizio tra nigeriani e nordafricani che avevano deciso di "mettersi in proprio" avviando contatti con alcuni fornitori direttamente in Olanda. In questo modo riuscivano a far arrivare a Padova fino a un chilo di cocaina purissima ogni mese attraverso insospettabili corrieri tutti provenienti dall'Est Europa.

Fatale per gli spacciatori è stato uno stile di vita ostentatamente ricco, che strideva con il loro status di rifugiati in Italia per motivi umanitari. Insospettiti da un progressivo arricchimento di persone in teoria senza reddito, i finanzieri hanno avviato le indagini accertando tra l'altro l'investimento di ingenti somme, di provenienza illecita, in oggetti preziosi e gioielli, tramite dei "Compro-oro" o barattando lo stupefacente con i gioielli appartenenti alle famiglie dei clienti. Per l'abbigliamento firmato i componenti della banda facevano riferimento a note boutique.

Nel corso dell'intera operazione i militari hanno sequestrato, oltre allo stupefacente, denaro in contante e diverse armi con relative munizioni utilizzate come mezzo di persuasione per ottenere i pagamenti dagli acquirenti.

lunedì 25 giugno 2012





ONORE PER IL CADUTO SOLIDARIETA ALLA FAMIGLIA

Photo: VICINI NEL DOLORE ALLA FAMIGLIA DEL CARABINIERE SCELTO MANUELE BRAJ.

---
Afghanistan: Razzo lanciato su base, muore un carabiniere.
La vittima è Manuele Braj, 30enne di Galatina, Lecce. Altri due militari feriti, un quarto illeso.

Un carabiniere è morto ed altri due sono rimasti feriti in seguito ad una esplosione avvenuta stamani in un campo addestrativo della polizia afghana, ad Adraskan. L'esplosione, causata da un razzo lanciato sulla base dall'esterno, è avvenuta alle 8.50 locali (le 6.20 in Italia) in prossimità di una garitta di osservazione installata a ridosso della linea di tiro del poligono. L'esplosione ha coinvolto 4 militari dell'Arma appartenenti al PSTT (Police Speciality Training Team) uno speciale nucleo addestrativo della polizia afghana. I familiari sono stati informati.

LA VITTIMA - Il militare dell'Arma morto in seguito all'esplosione ad Adraskan è il carabiniere scelto Manuele Braj, 30enne di Galatina (Lecce), effettivo al 13/o Reggimento 'Friuli-Venezia Giulia'. Lascia la moglie, 28enne, e il figlio di 8 mesi.

Manuele Braj era alla sua quinta missione di 'Peacekeeping' all'estero. Era in Afghanistan dal 7 maggio scorso. In precedenza il militare salentino era stato in Albania, per due volte in Bosnia-Erzegovina e una volta in Iraq. Sia i genitori di Braj - padre operaio in un caseificio del paese, madre casalinga - sia i famigliari della moglie del militare morto risiedono a Collepasso, piccolo centro di poco più di 6.000 abitanti a 30 chilometri da Lecce.

I FERITI - Sono il maresciallo capo Dario Cristinelli, 37 anni, di Lovere (Bergamo) e il carabiniere scelto Emilano Asta, 29, di Alcamo (Trapani), effettivi alla seconda Brigata mobile di Livorno e al 7/o Reggimento 'Trentino Alto Adige', i due militari rimasti feriti nell'esplosione che é costata la vita al carabiniere scelto Manuele Braj. Sono entrambi ricoverati all'ospedale da campo americano di Shindand per lesioni alle gambe.

Le lesioni alle gambe riportate dai due militari dell'Arma sono gravi, anche se - viene ribadito - non sono in pericolo di vita: entrambi sono stati subito soccorsi e trasportati in elicottero all'ospedale Usa 'Role 2' di Shindand. Appeana possibile saranno trasferiti. Nella base di Adraskan, la zona dell'esplosione è stata isolata per permettere i rilievi da parte degli artificieri e ricostruire la dinamica.

RAZZO PROVENIENTE DA ESTERNO - L'esplosione che ha ucciso oggi un carabiniere in Afghanistan e ne ha feriti altri due è stata provocata, secondo i primi accertamenti, da un proiettile proveniente dall'esterno, presumibilmente un razzo Rpg. (ANSA)

Fonte e foto
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2012/06/25/AFGHANISTAN-ESPLOSIONE-MORTO-CARABINIERE-2-FERITI-_7090199.html

---
www.sostenitori.info


MA BASTA VERSARE SANGUE ITALIANO PER LE GUERRE AMERICANE


25 giu 2012
 

CASO LUSI: LA DESTRA E LA FIAMMA PARTE CIVILE

 
 
Noi non ci stiamo a farci imbrogliare sul caso Lusi. I capoccioni della Margherita defunta dopo una vita non certo di stenti, vogliono accreditare la tesi che i soldi ricevuti da quel tesoruccio del loro tesoriere non erano per arricchimenti personali, ma per finanziare attività politiche. Perbacco! Che galantuomini! Allora diteci di grazia per quali attività politiche….
Rutelli, ad esempio, ce lo siamo trovati di fronte nel 2008 alle politiche e alle comunali di Roma. Con la Fiamma tricolore facemmo liste insieme. Vogliamo sapere se siamo stati danneggiati con la disponibilita’ di fondi a rimborso, utilizzati invece per una nuova campagna elettorale. Dopo aver ricevuto l’assenso di Luca Romagnoli, ieri ne ho parlato col nostro amministratore, l’avv. Livio Proietti.
Secondo quanto riferisce la stampa, Lusi avrebbe confermato che i bilanci della Margherita sarebbero stati alterati a partire dal 2008. Si tratta di un flusso di denaro imponente in quanto comprendente due rate delle elezioni regionali 2005, una rata delle elezioni europee 2004 e tre rate delle elezioni politiche 2006. Tutti questi rimborsi, essendo stati ottenuti con la pubblicazione di un bilancio alterato, dovrebbero essere restituiti alla Camera dei Deputati ed al Senato (enti erogatori) e, in definitiva, al Tesoro che fornisce la provvista. L’azione di restituzione dovrebbe essere iniziata dai Presidenti Fini e Schifani che sono rimasti sinora inerti. Perché?
E ancora: Lusi avrebbe dichiarato di aver foraggiato vari esponenti della ex Margherita e le due correnti dei Popolari e dei Rutelliani ed avrebbe fornito la documentazione dei meccanismi di erogazione che avvenivano per il tramite di fatturazioni per prestazioni inesistenti. Poiche’ molti degli esponenti di quelle correnti hanno partecipato alle elezioni 2008 come candidati nel partito democratico, potrebbero essersi verificati due effetti: i candidati potrebbero aver taciuto finanziamenti alla loro campagna elettorale, violando quindi la normativa in materia, la qualcosa comporta la decadenza dall’elezione; la violazione delle norme sul finanziamento dei candidati ha inoltre il riflesso di danneggiare le altre formazioni partecipanti alla competizione elettorale che hanno invece correttamente osservato la normativa in materia.
Siccome nessuno chiarisce che cosa e’ successo e tutti parlano solo di querele per intimidire, noi pretendiamo chiarezza. Proietti, che e’ del foro di Tivoli, presenterà una formale denuncia presso quel tribunale e vedremo chi oserà ostacolare la nostra richiesta di verita’. Pagheranno a rate, ma pagheranno tutto.

http://www.storace.it/

giovedì 21 giugno 2012




La trattativa Stato-Mafia "Da Scalfaro a Conso Ecco chi si piegò ai boss"

L'ex direttore del Dap Amato accusa gli uomini ai vertici dello Stato: "Io cacciato per la mia strategia sul carcere duro". E tira in ballo Gifuni

Ecco la prova della «trattativa» fra Stato (il centrosinistra dell’epoca) e Antistato (quello mafioso delle bombe del ’92 e del ’93). Il memoriale consegnato alla commissione Antimafia dall’ex direttore delle carceri, Nicolò Amato, inchioda i massimi vertici istituzionali che ammorbidirono il carcere duro ai boss per evitare nuove stragi.
Dieci pagine che «fanno luce sulla vera, mai rivelata e inconfessabile ragione della mia improvvisa destituzione il 4 giugno 1993». Amato è pronto a consegnare nuove prove. Nel frattempo fa parlare i «fatti» per dimostrare come nel ’93, «Cosa nostra abbia esercitato sullo Stato una illecita pressione, basata sulla commissione di stragi e sulla implicita minaccia di commetterne altre».





LE SETTE PROVE
I «fatti» li elenca di seguito.
Spiega che dopo Capaci fu lui a riaprire le carceri di Pianosa e Asinara per metterci i boss. Che fu ancora lui a disporre il trasferimento nelle isole di tutti i mafiosi, eccezion fatta per una cinquantina costretti a cambiare cella per volontà di Martelli intenzionato a dare un segnale dopo la morte di Borsellino («la decisione venne però sempre presa da me insieme al direttore dell’Ucciardone»). Fu sempre lui, Amato, a insistere con Martelli per non risparmiare il carcere duro a 532 mafiosi, e poi per altri 567, per allargarlo a 121 carceri e sezioni dove voleva far trasferire 5mila detenuti di mafia. «Ma egli ha rifiutato di firmare, seguendo due pareri contrari al mio (...). Con ciò confermandosi, documentalmente, che sulla via della più intransigente risposta del carcere alla criminalità organizzata io ero più avanti del ministero e dello stesso ministro». Al successore di Martelli, Giovanni Conso, Amato chiese un inasprimento ulteriore del 41bis per bloccare ogni comunicazione dei detenuti e depotenziarne il prestigio: collegamenti audiovisivi al posto dei trasferimenti in aula (come poi avverrà otto anni dopo) e controlli audio-video nei colloqui (come stabilito sedici anni dopo).

MORTI SULLA COSCIENZA

«Ho, quindi, il diritto di chiedere quante comunicazioni illecite e quanti delitti sarebbero stati evitati se la mia proposta del marzo 1993 non avesse dovuto attendere tanti anni prima di diventare legge dello Stato; e di chiedere se la disattenzione o l’intenzionale disinteresse che hanno, purtroppo, accompagnato tale proposta comportino una responsabilità soltanto politica e morale o anche di rilevanza giuridica». Amato ribadisce di essere stato l’unico a non aver mai ceduto ai boss. «Fino al 4 giugno del 1993 nessun detenuto di mafia di un certo livello si è sottratto al regime del 41bis e nessuno dei decreti 41bis emanati è stato revocato o lasciato decadere». Altro «fatto» è la lettera contro il carcere duro inviata dai familiari dei mafiosi al presidente Scalfaro con la quale chiedevano di cacciare Amato e i suoi «aguzzini».

LA LETTERA DEI MAFIOSI

Di questa lettera «nessuno mi ha mai informato», così come solo recentemente Amato è venuto a sapere che Scalfaro, ricevuta la missiva, convocò monsignor Curioni, capo dei cappellani carcerari, e monsignor Fabbri, suo segretario, «per comunicare che la mia permanenza al Dap doveva aver termine, invitandoli ad aiutare Conso a scegliere il mio successore». Perché, si chiede Amato, Scalfaro e non il Consiglio dei ministri decise il cambio? Perché anziché le naturali sedi istituzionali vennero informati, della «sostituzione», i due cappellani inseriti nel circuito penitenziario fin da quando trattarono coi brigatisti detenuti per liberare Moro? «È un fatto - l’ennesimo - che dopo solo tre mesi dall’arrivo del papello di Cosa nostra, e pochi giorni dopo la richiesta di intervento dei due cappellani, io sono stato sostituito con Capriotti» al quale venne imposto come vice Francesco Di Maggio «senza grado e senza esperienza in materia penitenziaria», grande amico del capo della polizia, Vincenzo Parisi e «vicino ai servizi segreti». L’ultimo «fatto» raccontato si riferisce alla «nuova politica» penitenziaria, molto più soft dopo il suo defenestramento, che ha ridotto da 1.300 a 400 i detenuti in 41bis. Amato denuncia l’occultamento di «cinque appunti del Dap» da giugno a dicembre ’93 con le nuove linee guida.

IL BIGLIETTO: «OK DAL MINISTRO»

In quello del 26 giugno si puntava a non rinnovare i decreti di 41bis emanati dal Dap, a procrastinare solo quelli per «detenuti di particolare pericolosità» per evitare di «inasprire inutilmente il clima negli istituti di pena» così da lanciare «un segnale positivo di distensione». A chi era diretto il segnale, si domanda Amato, posto che vi era un biglietto con su scritto «l’onorevole ministro è d’accordo»? C’entrano niente le riserve del capo della polizia (come riferito da Capriotti nella sua audizione in Antimafia) e del Viminale sul 41bis? Di fronte a tante evidenze, insiste Amato, come fa l’ex ministro Conso a sostenere d’aver fatto da solo all’insaputa del Dap? «Quali altre iniziative o responsabilità il ministro ha inteso coprire con la sua generosa, ma inesatta assunzione di una “piena responsabilità” diretta e personale?».

IMBARAZZO E BUGIE DI CONSO

Chiosa l’ex direttore del Dap.
«Mi ero sempre chiesto perché mai Conso sviasse il discorso e non volesse pronunciarsi sul mio appunto del 6 marzo 1993 (dove chiedeva spiegazioni sulle riserva di Parisi e il Viminale, ndr) nonostante glielo avessi consegnato personalmente (...). Solo ora capisco il drammatico imbarazzo che ho cagionato, proponendo, pochi giorni dopo la lettera di Cosa nostra, addirittura un inasprimento del trattamento penitenziario per i suoi detenuti. Giacché Conso non poteva certo dire di no a una richiesta di maggiore severità nei confronti della criminalità organizzata. Ma non poteva neppure dire di sì, stante la preoccupazione – a me ignota – di non accentuare ulteriormente lo scontro aperto con la lettera appena arrivata». E così, per togliersi dall’imbarazzo, «Conso ha scelto il silenzio, lasciando l’appunto nel cassetto». La scelta era già stata fatta. Ma Amato non lo sapeva. Il suo tempo al Dap era finito con la lettera dei mafiosi della quale nessuno gli parlò.

IL SEGRETARIO GENERALE SAPEVA

Anche perché, come «fa chiaramente intendere Gaetano Gifuni» segretario generale sotto Scalfaro e Ciampi «tutti sapevano che ciò sarebbe equivalso a buttare la lettera là dove meritava di finire», e cioè «nella pattumiera». Interrogato a Palermo, Gifuni ha affermato di non sapere perché Amato venne sostituito anche se ha confessato che era notorio il fatto che «caratterialmente veniva considerato spigoloso e non particolarmente collaborativo». Dunque, non utile alla causa? Amato ne è convinto. «Difficile che Gifuni, così vicino a Scalfaro e Ciampi, non conosca la vera ragione della mia destituzione (...). Si è trattato di una motivazione inconfessabile, che nessuno, pur conoscendola, rivelerebbe, per pudore o vergogna, preferendo, come qualcuno ha già fatto, di portarla con sé nella tomba». Il riferimento a Scalfaro non è casuale. E così «per un meccanismo dell’inconscio che avrebbe reso felici Freud e Reik, Gifuni, mentre dice di ignorarla, in realtà, rivela, sia pure in una forma allusiva destinata a smorzarne l’impatto dirompente, la vera ragione della mia destituzione, identificandola nella mia indisponibilità a collaborare con chi mi avesse chiesto cedimenti, rinunce o compromessi. Occorreva solo mandarmi via, subito, in silenzio». Così è stato.
http://www.ilgiornale.it/interni/il_memoriale/21-06-2012/articolo-id=593426-page=0-comments=1?utm_source=Facebook&utm_medium=Link&utm_content=La+trattativa+Stato-Mafia+%22Da+Scalfaro+a+Conso+Ecco+chi+si+pieg%F2+ai+boss%22+-+Interni+-+ilGiornale.it&utm_campaign=Facebook+Page


l' arresto fu. Dopo tanta incertezza, il Senato ha votato per l’autorizzazione a procedere nei confronti di Luigi Lusi, l’ex tesoriere de La Margherita accusato di essersi approvato di 23 milioni di euro provenienti dai rimborsi elettorali.
Era giusto così. Chi ruba i soldi dei contribuenti, dei cittadini italiani non può essere seduto nei luoghi deputati a rappresentarli.
Con tanti militanti e dirigenti, ieri, eravamo in piazza delle Cinque Lune, alle spalle di Palazzo Madama, per chiedere al Senato di votare come avrebbe fatto il popolo. Peraltro, in un’azione dimostrativa per nulla violenta che ha visto l’on. Roberto Buonasorte e Giuliano Castellino, i nostri rappresentanti sono stati addirittura fermati dalle forze dell’ordine che hanno trovato anche il tempo per identificarli, e magari ci sarà pure un processo per questo. E’ una vergogna, e a loro la mia assoluta solidarietà.
Alla lettura dell’esito della votazione che ha determinato poi l’arresto di Lusi, sono stati due gli stati d’animo. Da una parte l’amarezza perché c’era un lestofante in parlamento, la soddisfazione perché si è posta fine a un’opera di malversazione continua.
Come si leggeva ieri in uno degli striscioni che campeggiavano alla nostra manifestazione, ora è il momento di conoscere i complici di Lusi, i “lusingati”.
Vigileremo anche su di loro, perché si renda giustizia agli italiani.

http://www.storace.it/

martedì 19 giugno 2012

Con Marion Le Pen, il Front National torna nel parlamento francese.

Dopo decenni di isolamento, il Fronte Nazionale francese, solo contro tutti, è riuscito, finalmente, a riportare una pattuglia di tre rappresentanti nel parlamento francese. Fra questi la più giovane deputata francese, la bella MARION LE PEN, 22 anni, nipote di Jean Marie (nonno) e Marine Le Pen (zia). La famiglia Le Pen: tre generazioni di militanti politici di destra, al servizio della Tradizione e del Popolo, della Francia e della nostra Europa! Una evidente dimostrazione della solidità e della validità del concetto spirituale di aristocrazia ereditaria.


lunedì 18 giugno 2012

Decima Marinai: Decima Comandante!

Milano, 60° Anniversario di Fondazione della Associazione Nazionale Combattenti della Decima Flottiglia Mas. Nella foto, davanti al glorioso Medagliere della X MAS, da sx: Ufficiale di Marina, Sergio Pogliani (vice Presidente Nazionale), Avv. Fabio Masciadri (Marò Btg. Barbarigo, Croce al V.M. sul Fronte di Nettuno, Presidente Nazionale), Franco Stefanizzi e Roberto Jonghi Lavarini. Milano, 60° Anniversario di Fondazione della Associazione Nazionale Combattenti della Decima Flottiglia Mas. Nella foto, intorno alla originale "Bandiera da Guerra" del Comandante M.O. Principe Junio Valerio Borghese, da sx: Iwan Bianchini (Marò Btg. Nuotatori Paracadutisti, Encomio Solenne Battaglia di Tarnova), Sergio Pogliani (vice Presidente Nazionale della gloriosa associazione), Franco Stefanizzi, Roberto Jonghi Lavarini ed Attilio Carelli (Dirigente Nazionale della Fiamma Tricolore).
http://destrapermilano.blogspot.it/

domenica 17 giugno 2012

Mazzola e Giralucci:PRESENTI!


Per non dimenticare.

Padova, 17 giugno 1974, sono le 9,30 quando un gruppetto di cinque persone, tra cui una donna, raggiunge la sede del MSI, in via Zabarella. Due uomini aspettano in strada, la donna si ferma sulle scale, gli altri entrano nei locali della Federazione dove si trovano Graziano Giralucci, 29 anni, sposato e padre di una bimba di 3 anni, ex giocatore e allenatore di rugby, fondatore della squadra del CUS Padova e Giuseppe Mazzola, 60 anni, carabiniere in congedo, sposato e padre di quattro figli. I due uomini, armati di una P38 e di una 7,65 con silenziatore, puntano le armi contro i missini: vogliono farli inginocchiare e legarli con delle catene. Ma l'anziano ex-carabiniere non può piegarsi a causa del busto ortopedico che porta in conseguenza ad un'antica lesione alla colonna vertebrale. Forse reagisce, forse solo si rifiuta di inginocchiarsi, fatto sta che dalla 7,65 parte un colpo che lo ferisce all'addome. Allora reagisce anche Giralucci, ma un colpo di P38 lo ferisce alla spalla, poi, subito dopo, la stessa arma lo finisce con un colpo alla nuca. Mazzola è a terra supino: è inerme, ferito, eppure uno degli aggressori gli poggia l'arma sulla fronte e fa fuoco... Poche ore dopo un volantino, fatto ritrovare a Padova e a Milano, rivendica il duplice omicidio con queste parole: "Lunedì 17 giugno 1974, un nucleo armato delle Brigate Rosse ha occupato la sede provinciale del MSI in via Zabarella. I due fascisti presenti, avendo violentemente reagito, sono stati giustiziati".Nonostante questa rivendicazione, ecco cosa scrissero alcuni giornali del tempo, riportati da Raffaele Zanon e Roberto Merlo nel loro libro "Noi accusiamo Renato Curcio" (Edizioni del CIS, Padova, 1995): "Il quotidiano "Il Manifesto" accredita questa tesi: "Padova, due fascisti trovati uccisi nella sede del MSI. C'è il sospetto che si siano ammazzati tra loro". "L'Unità", a propria volta, parla di "sedicenti Brigate Rosse", mentre "l'Avanti" e "Il Giorno" si spingono oltre, fino ad affermare che "le fantomatiche Brigate Rosse altro non sono che la copertura delle Brigate Nere, un'etichetta in cui il contenuto umano viene fornito anche da gente iscritta al MSI"; "i mandanti del duplice omicidio alla sede della federazione missina - scrive "Il Giorno" - sono iscritti al partito di Almirante"..."!

sabato 16 giugno 2012

Quella notte a piazza Vescovio. Cecchin, 33 anni senza giustizia

Roma, quartiere Trieste Salario, notte tra il 28 e il 29 maggio 1979. Piazza Vescovio è immersa nel buio e per strada non c’è più nessuno. Solo due persone si attardano in una rapida passeggiata. Sono lo studente del Fronte della Gioventù Francesco Cecchin e la sorella Maria Carla. A un certo punto una Fiat 850 bianca con quattro persone a bordo s’accosta al marciapiede. Poi la macchina si blocca e una voce dall’interno dell’abitacolo grida: «È lui, è lui, prendetelo!». Immediatamente due uomini scesi dall’auto si mettono a correre in direzione dei due giovani. Francesco intuisce il pericolo e rivolto alla sorella grida: «Va via, scappa, corri a chiamare aiuto!». E inizia a correre a perdifiato anche lui, con i due sconosciuti alle calcagna. Maria Carla sta anch’essa per lanciarsi, ma Francesco e gli inseguitori la superano in un baleno, scomparendo dietro l’angolo. S’ode uno schianto, un rumore sordo, e poi più nulla. La ragazza, terrorizzata, ha solo il fiato di gridare: «Francesco, Francesco… Aiuto!». Ma non c’è niente da fare. Francesco viene ritrovato esanime nel terrazzino sottostante via Montebuono, ben quattro metri e mezzo più in basso del marciapiede. Il diciassettenne è ancora vivo, ma privo di conoscenza. Nella mano destra stringe un pacchetto di sigarette, nella sinistra un mazzo di chiavi. Quella che sporge tra le nocche è piegata. Inoltre perde sangue dalla tempia e ha un’emorragia al naso.
 Dopo diciassette giorni di coma profondo di Francesco rimane solo l’ennesimo necrologio pubblicato sul “Secolo d’Italia”. Per i giornali allineati l’episodio fu “spiegato” prima ancora che qualcuno si prendesse la briga di fare uno straccio d’indagine. Il militante di destra era “inavvertitamente” caduto di sotto. Ma, obiettò qualcuno, se fosse precipitato da solo non avrebbe avuto l’occhio sinistro tumefatto, le labbra e il naso gonfi, un profondo taglio sul collo, uno squarcio sulla tempia, la milza spappolata e lividi dappertutto. E poi perché impugnava ancora il mazzo di chiavi e il pacchetto di sigarette? Come mai un ragazzo di diciassette anni che fa un salto di cinque metri non tenta neppure di attutire la caduta cercando di atterrare con le proprie gambe? Non è che è stato tramortito e gettato a peso morto nel vuoto? Allora è sicuramente rimasto vittima di una faida interna al mondo neofascista, rilanciarono i velinari di regime.
La storia era sempre la stessa. Per Francesco, studente all’istituto tecnico Mattei, entrare in classe era sempre stato un po’ come entrare nella gabbia dei leoni. Erano più le volte in cui restava fuori dall’aula, bloccato da qualche picchetto organizzato dai soliti farabutti con gli stracci rossi, che quelle in cui riusciva ad accedervi. Il tutto nell’indifferenza delle autorità scolastiche e delle forze dell’ordine. Una vita impossibile. Respinto due volte, decise di trasferirsi al liceo artistico di via Ripetta assecondando la sua innata passione per il disegno. Ma qui, se possibile, le cose peggiorarono ulteriormente. L’artistico infatti rigurgitava di ultras di estrema sinistra, tanto che senza menare le mani non poteva nemmeno avvicinarcisi. La tragedia, insomma, era nell’aria e si verificò puntualmente. Ma qualcuno s’è forse degnato d’indagare su questo ennesimo assassinio? Ma certo, le indagini ci furono, come no. Tuttavia, tanto per rendere l’idea di che aria tirasse, basta dire che l’allibita Maria Carla in questura si sentì apostrofare dai poliziotti: «Tuo fratello se l’è cercata». E che secondo i giudici le disattenzioni degli inquirenti sfiorarono il dolo. Tuttavia, gira che ti rigira, qualche nome venne fuori. Quello del proprietario dell’850 bianca, ad esempio, un noto comunista della zona. E quello di un suo compagno – comunista anch’egli, naturalmente – un personaggio che dopo l’ennesima zuffa per un manifesto stracciato se ne andò profferendo fior di minacce. Qualcosa del tipo: «Tu stai attento perché se poi m’incazzo ti potresti fare male. Vi abbiamo fatto chiudere la sezione di via Migiurtina, vi faremo chiudere anche quella di via Somalia». Sì. A quei tempi i compagni erano onnipotenti, e spadroneggiavano per il quartiere, vezzeggiati e coccolati da mass media, forze dell’ordine, giornalisti e intellettuali éngage. Tanto che ancora oggi, dopo trentatré anni suonati, per lo Stato Francesco Cecchin è stato vittima d’ignoti e della criminalità comune. Eh sì, perché, per chi non lo sapesse, nessuno ha pagato per la sua morte.

Angelo Spaziano

venerdì 15 giugno 2012

STOP EURO: STORACE INTERVISTATO DAL MESSAGGERO

11 giu 2012
Oggi, nell’intervista de Il Messaggero a firma Claudia Terracina, parlo del futuro del centrodestra e della nostra nazione, dopo la grande manifestazione di Napoli che ci ha visti in duemila a sostenere quel progetto per la sovranità che abbiamo racchiuso nel manuale presentato proprio nel capoluogo campano.
Un referendum sul fiscal compact, mandare a casa il governo Monti, critica all’Europa delle banche e non dei popoli: sono alcuni dei punti che abbiamo lanciato per uscire da questa crisi che sta mettendo in ginocchio l’Italia, ingannata quando si è trattato di entrare nella moneta unica, ma oggi consapevole che si stava molto meglio prima. D’altronde anche Berlusconi sogna di uscire dall’euro e far battere moneta dal nostro Paese. Sarebbe ora che la Guardia di Finanza andasse a caccia dei banchieri ladri, e che si rivedesse la legge costitutiva di Equitalia, impedendo per legge che si possa pignorare la prima casa.
La nostra volontà è di ricostruire una grande destra, che non ritengo essere finita con le giravolte di Fini, a patto che sia rispettato il nostro programma.
Cliccando sul link successivo sarà possibile leggere l’intervista a Il MessaggeroIntervista Il Messaggero

martedì 12 giugno 2012

Caos esodati, vendetta Fornero: vuole
silurare i vertici Inps

Il ministro: "Se non fosse un ente pubblico cambierei i vertici". Vuole licenziare Mastropasqua perché l'ha sbugiardata con le cifre






Elsa Fornero medita la vendetta: la voce, l'indiscrezione circolava già nella mattinata. Poi è deflagrata con le parole pronunciate proprio dal ministro del Lavoro. "E' grave l'episodio riguardante l'uscita dei numeri sull'entità degli esodati. Se l'Inps facesse parte di un settore privato, questo sarebbe un motivo per riconsiderare i vertici". La Fornero, sconfessata dall'Inps sui prepensionati dalle aziende che per la riforma della previdenza da lei firmata rimangono con un pugno di mosche, non maschera nemmeno il suo desiderio: vuole silurare il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua. Il punto è che l'istuto nazionale di previdenza ha spiegato che gli esodati "sono quasi 400 mila". Una cifra iperbolica, mostruosamente più alta da quella snocciolata con colpevole incuria e sottostima de Elsa, che nel decreto di copertura ha scritto che i prepensionati sono 65 mila.
Poi la 'frenatina' - Dopo lo sfogo rabbioso, dopo le parole piccate di un ministro messo alle corde (come tutto il governo) per i suoi stessi errori, la Fornero cerca di mitigare le sue dichiarazioni: "Tuttavia siamo in un settore pubblico, ci sono le leggi, c'è il Parlamento, e tutte queste procedure vanno rispettate". Ma a chi gli rinfacciava il caos creato sugli esodati con l'insostenibile balletto delle cifre, il ministro delle Lacrime ha replicato: "Sono usciti dei documenti che contengono numeri parziali e non spiegati, e questa non è mai una bella cosa. Il ministero non ha mai voluto dire che i numeri non debbano essere dati: io dico soltanto che quelli sono parziali e non interpretati. E allora - ha proseguito -dare dei numeri così, su questioni che interessano molti italiani è molto improprio e deresponsabilizzante. Quindi questo è un episodio grave".
Pdl: "Elsa disarmante" - La replica del presidente dell'Inps Mastropasqua, l'uomo nel mirino di Elsa, il dirigente pubblico che il ministro non ha fatto mistero di voler silurare, è arrivata a stretto giro: "Non voglio commentare le parole del ministro", ha tagliato corto rispondendo a una domanda dell'agenzia di stampa AdnKronos. Parole più piccate sono arrivare dal Pdl, dove il vicepresidente dei deputati, Maurizio Bianconi, ci è andato già duro: "La disinvoltura, l'opacità e l'incapacità del ministro Fornero nell'affrontare la quetione degli esodati è disarmante. Come si fa - ha proseguito - a tacere la realtà dei numeri occultando la relazione dell'Inps, nelle sue mani già prima della firma del decreto che fissa a soli 65mila i lavoratori salvaguardati. Ma soprattutto - ha continuato Bianconi - con che coraggio la Fornero condanna a vivere senza un reddito da lavoro o da pensione centinaia di migliaia di persone, la cui unica colpa + stata quella di fidarsi di uno Stato che la Fornero vorrebbe tedesco quando c'è da chiedere molto 'levantino' quando deve asolvere ai suoi doveri? Ministro Fornero - se vuole pianga pure, ma smetta di far piangere gli italiani".
Di Pietro: "Fornero deprecabile" - Un duro commento è arrivato anche da Antonio Di Pietro. "E' deprecabile - ha tuonato il leader dell'Italia dei Valori - che un ministro in carica dia dei numeri diversi da quelli forniti dall'Inps, che è l'ente di riferimento, ed è inammissibile che Fornero continui a giocare allo scaricabarile senza rendersi conto delle conseguenze e dei drammi sociali provocati dalle sue scelte. Quella sugli esodati - ha proseguito Tonino - non può essere considerata solo l'ennesima incomprensione. Per questo l'Idv ha chiesto al ministro del Lavoro di venire a riferire in Parlmento. In ogni caso - ha concluso Di Pietro -, sarebbe meglio fare a meno di un ministro dal comportamente irresponsabile e ignorante, poiché ignora come stanno realmente le cose. E' lei che dà i numeri e che deve essere essere sfiduciata".
http://www.liberoquotidiano.it/news/home/1036860/Caos-esodati--vendetta-Fornero---vuole-silurare-i-vertici-Inps.html

lunedì 11 giugno 2012

IL DISCORSO DI STORACE A NAPOLIgiu 2012

La nostra traversata vede finalmente la terra all’orizzonte. E verso la meta è doveroso dire grazie a questo nostro popolo che non ha mancato di darci affetto, incoraggiamento, entusiasmo.
Qui a Napoli rinnoviamo il giuramento: la destra italiana non tradisce la sua gente!
Ci ritroviamo dopo lo splendido corteo del 3 marzo a Roma, quando abbiamo portato ventimila persone a sfilare contro Monti e tutti quelli che ancora stanno lì a sostenere un governo infame.
Abbiamo sfilato ordinatamente: c’erano uomini e donne, giovani e anziani, tante bandiere e nessuna banderuola! Con noi non ci sono i teppisti dei centri sociali e nemmeno i demagoghi che con la lingua dicono ora di non pagare l’odiosa tassa sulla casa che con la mano hanno approvato in Parlamento!
C’è con noi la gente di Destra, che ha amato Almirante, il popolo che non si scandalizza se sente parlare con rispetto del Ventennio, le persone che chiedono alla politica di non scannarsi su chi ha fatto più danni ieri o l’altro ieri, ma di farci sapere che cosa hanno intenzione di fare domani.
Con noi c’è il popolo che teniamo unito nel nome della sovranità, del diritto a decidere da soli, con la nostra testa e non eterodiretti da un computer a Wall Street.
Questo popolo ha sofferto per cinque lunghi anni, pagando l’ansia di vendette di un traditore che avevamo seguito ovunque.
Del resto, nascemmo nel 2007, proprio contro il tradimento, rifiutammo di definire il fascismo come il male assoluto. E combattemmo da soli alle politiche del 2008, ma l’Italia non ci ascoltò mentre gridavamo a Berlusconi che Gianfranco Fini avrebbe tradito pure lui.
L’Italia fu sorda al nostro richiamo anche alle europee del 2009, quando la mettemmo in guardia dal Trattato di Lisbona e dalle smanie antinazionali di Bruxelles.
Ci ritrovammo nel 2010, alle regionali, quando con i nostri lesionati accampamenti di fortuna determinammo la vittoria del centrodestra alle regionali. Ma troppa presunzione, arroganza, delirio di onnipotenza, sbranarono una coalizione che si autodistrusse nel novembre dello scorso anno mentre noi celebravamo uniti il secondo congresso nazionale della nostra giovane storia.
Oggi, giugno 2012, crolla tutto e loro stanno ancora lì, in Parlamento, senza rendersi conto di quello che bolle fuori dal Palazzo.
Signore, Ti ringrazio per averci dato la tempra morale, nel 2008, di rifiutare il posto facile e sicuro al Governo e in Parlamento!
Ti ringraziamo perché ora tocca a noi. A noi che da destra non ci rassegniamo al bipolarismo tra Bersani e Beppe Grillo, al dominio della BCE e di Equitalia, alla fine delle nostre speranze.
Parliamo a un’Italia disperata che i tecnici di Monti stanno facendo sprofondare nella miseria più cupa, massacrandoci di tasse senza fine. Tassassini, dovremmo gridare a questi ministri senza anima.
Non c’è uno solo, tra mille parlamentari, che si preoccupi di come campano e male milioni di italiani, le loro famiglie, i figli che mettono al mondo.
Quando facciamo il pieno di benzina, quanti deputati e senatori sanno quanti e quali accise paghiamo.? Sono quelle tasse speciali che fanno lievitare il costo del carburante alla pompa in occasione di un’emergenza, finita la quale non vengono però mai tolte.
Stanno torturando il nostro popolo, prova ne sia lo stesso atteggiamento di Equitalia non contro chi non vuole pagare le tasse ma contro chi non le può pagare.
Hanno fatto bene i militanti di Gioventù Italiana ad appendere manichini nelle città e ad inscenare il “cimiteuro” davanti alla sede del Parlamento Europeo: troppa gente preferisce morire piuttosto che combattere con lo strozzinaggio di stato. Diritto al futuro è quello che reclamiamo e passa anche attraverso proposte e atteggiamenti che non vedano lo Stato nei panni dell’estorsore: la rateizzazione dei debiti fiscali deve essere un diritto; i crediti dello Stato vanno controllati con rigore; la prima casa non può essere pignorata; azzerare gli interessi di mora e compensare i crediti vantati dal contribuente con lo Stato; chiudere la stagione della centrale rischi.
E chiudete anche questa stagione grigia, preoccupatevi piuttosto di riaprire i cuori alla speranza!
Per farlo bisogna avere coraggio: l’Europa che ci vuole strangolare deve essere allontanata dal nostro cammino di cittadini italiani. Le loro diavolerie messe al bando.
Da Bruxelles e Francoforte pretendono di trattare i popoli come schiavi: hanno inventato meccanismi diabolici che solo l’infamia di governanti inetti può pensare di far passare impunemente: dal meccanismo di stabilità europea al fiscal compact ci stanno per mettere le mani sul collo come delinquenti in una strada buia per rapinarci, razziarci, violentarci nelle tasche e nell’anima. E tutto questo lo dovrebbe ratificare un Parlamento popolato da mille anime morte che non sanno reagire e che non conoscono il significato della parola sovranità. Dobbiamo scatenare nelle piazze e poi nelle urne il movimento della dignità nazionale, pretendiamo un referendum sui trattati, il Parlamento approvi almeno una legge per autorizzare il popolo a decidere come stare in Europa. Se non ci fate votare adesso, allora sarà il prossimo anno il momento in cui alle politiche chiederemo al popolo italiano di dire addio assieme a noi a quest’Europa usuraia.
Bella ciao la canteremo noi, ma all’indirizzo della banca centrale europea…
Se non ci fanno votare è perché in Italia manca una classe dirigente degna di questo nome.
Persino un guru della finanza speculativa come George Soros è arrivato a denunciare che “la crisi dell’Euro è la tragedia di una serie di errori.
E’ ciò che accade quando, di fronte ad una decisione da prendere, si sceglie sempre di seguire la linea di minore resistenza”.
Eppure c’è bisogno di chi dica basta. Craxi mandò i carabinieri a Sigonella contro gli americani, noi dovremmo sguinzagliare la guardia di finanza a caccia di quei banchieri ladri che da tutto il mondo pretendono di affamare l’Italia.
Abbiamo 1946 miliardi di euro di debito pubblico. Improvvisamente, ci hanno ordinato di rientrare. Pretendiamo che si reagisca. Noi dobbiamo riconoscere il credito di poco più di 1000 miliardi maturati dai risparmiatori italiani che hanno dato fiducia al loro Paese.
Ma quasi 900 miliardi pretesi dalle banche mondiali devono restare a casa nostra: la BCE non può pretendere di dettare le leggi finanziarie dell’Italia nei prossimi 20 anni per arricchire Barclays Bank e J.P. Morgan; Deutsche Bank e BnP Paribas; Citigroup e Goldman Sachs; Merrill Lynch e Morgan Stanley; la finanza mondiale aspetti il suo turno, il popolo italiano viene prima di chiunque altro nel mondo, vi censiamo, vi individuiamo e non vi paghiamo più!
Per uscire dalla buca, devi smettere di scavare. Noi non siamo obbligati a pagare alcun debito, come sostengono fior di economisti tutt’altro che disponibili a inseguire il pensiero unico della finanza globale. Con due milioni di lire al mese campavamo, con mille euro si fa la fame: la realtà è che l’Euro ci ha reso schiavi dei poteri forti e incontrollati.
Se manca la classe dirigente è anche perché manca la destra della sovranità nazionale. La sovranità è un valore che difetta ad una sinistra a vocazione internazionalista; che è lontana dai principi di un centrodestra più attento a soddisfare bisogni di potere che sfuma che a realizzare i grandi sogni per cui s’era formato; è patrimonio esclusivo di una destra che ora spetta a noi far individuare. Si è sovrani perché si decide da sé e non si rinnega nulla di quel che si è scelto di essere. Anche perché siamo orgogliosi di essere quel che siamo.
E che cosa dovremmo rinnegare?
Rinnega facilmente chi non ha identità. Noi invece ne siamo orgogliosi custodi, a partire dalle nostre radici culturali. Penso all’urbanistica fascista e chiedo a tutti perché vengono a studiarla da ogni parte del mondo; guardo i codici del diritto e ammiro la preparazione di milioni di giovani che si sono formati sui testi sfornati con cura dai nostri padri; osservo le nostre terre e leggo ammirato le leggi a tutela dell’ambiente degli anni quaranta; la modernizzazione dell’Italia fra le due guerre non è un’invenzione apologetica, ma una realtà studiata da migliaia di testi di ogni orientamento politico e culturale.
Chi da questa parte del campo ha rinunciato a guardarla con rispetto, ha tradito quel che diceva di essere. E se tradisci il tuo essere, conta solo quello che hai. E se non sei più nulla e non hai più niente, è ovvio che poi ti resta solo Beppe Grillo!
Pensate che a Roma la frenesia di dismettere se stesso ha portato il Sindaco Alemanno a promettere ai partigiani una strada per Rosario Bentivegna e una al finanziere Barbarisi , che da Bentivegna fu ammazzato a pistolettate. Ovvero, nella più lugubre delle par condicio, la solennità dell’intitolazione di due strade ricorderà la vittima e il suo assassino. La storia diventa farsa e ridicolizza gli uomini che non credono!
Per noi la cultura viene prima della moneta. Se hai soldi, lasci a tuo figlio l’eredità; se non ne hai, almeno trasmettigli valori in cui credere!
E oggi c’è bisogno di cultura della sovranità, di affermare il potere di decidere nel lavoro, nel sapere, nella democrazia. Lo scriviamo nei dieci punti che da oggi rappresentano il nostro manuale della sovranità. Chi vorrà stare con noi dovrà leggerlo, apprezzarlo, condividerlo. E chi vorrà allearsi con noi, dovrà dirci i suoi sì e i suoi no che peseremo uno ad uno.
Politiche sociali per far acquistare casa anche al figlio di un precario e per consentire agli italiani poveri di usufruire dei servizi sociali prima degli stranieri; rifiuto dell’immigrazione clandestina come destino ineluttabile delle Nazioni; lavoro come grande questione etica e primato della partecipazione come alternativa al precariato e che lanceremo a Milano il prossimo 16 luglio nell’anniversario della scomparsa di Ivo Laghi, grande leader della Cisnal; presidenzialismo e senato del territorio; Italia sovrana con la propria moneta e la propria banca finalmente pubblica in attesa della realizzazione di una vera Europa dei popoli; lotta a tutte le caste.
Qui, sui contenuti, si gioca la partita della destra che manca: grazie a Marcello Veneziani per aver gettato il sasso nello stagno. A te, a Buttafuoco, a Sangiuliano e a tanti uomini di cultura di area chiedo di aiutarci a ricostruire. Ma una cosa nuova e non grigia. Noi non vogliamo mettere assieme cocci vecchi.
Questo paese ha bisogno di una destra che metta da parte vecchi rancori ma non nel nome del volemose bene. Il prossimo tempo della destra italiana non dovrà riguardare noi che siamo stati i protagonisti, ma leaders giovani ai quali dobbiamo lasciare spazio.
Noi li affiancheremo con un glorioso antico quotidiano che abbiamo rilevato da qualche settimana: con Roberto Buonasorte abbiamo acquistato la testata del Giornale d’Italia!
Anche da quel foglio dimostreremo che noi non dobbiamo inseguire formule politiche, a quelle si perde in queste ore e incredibilmente un PDL che pensa a Liste civiche. Noi non pensiamo a liste, ma a idee e a giovani che possano degnamente rappresentare la domanda di destra a cui dare risposta. Noi ci accontenteremo di dire ai nostri figli che non abbiamo accettato di veder morire la destra italiana, che il disegno omicida di Gianfranco Fini non è passato.
Ai nostri ragazzi chiediamo di restare meravigliosi come sono, di non imitare tanti loro coetanei carrieristi. Non dismettete mai la capacità di rappresentare l’indignazione.
Perché una famiglia non si distrugge.
Perché una vita non si elimina.
Perché il lavoro non si compra.
Perché la Nazione non si vende.
Perché l’Italia non si invade.
Perché, con La Destra, il futuro non si allontana.
A tanti fratelli separati non chiediamo l’argento del potere, ma solo ferro e fuoco per combattere!

http://www.storace.it/

Piani Ue, l'Italia pagherà almeno 48 miliardi

Il fondo salva Stati e l'intervento per Grecia
e Portogallo. L'impatto di Madrid


(Epa)banche spagnole nella lista degli aiuti europei. È una buona notizia se si guarda all'auspicabile reazione positiva dei mercati al via libera di Bruxelles al sostegno del sistema del credito iberico in difficoltà. Ma è anche un nuovo impegno per tutti i Paesi dell'Eurozona. Non c'è da stupirsi quindi che - in attesa di conoscere i dettagli dell'accordo, che diventerà operativo solo dopo la decisione dell'Ecofin convocato per il 20-21 giugno - al ministero dell'Economia abbiano cominciato a fare i conti su quanto questo nuovo aiuto peserà sul bilancio.

Finora le cifre sono state in salita: nel 2010 il sostegno ai Paesi in difficoltà è costato all'Italia 3,9 miliardi, lo 0,3% del Pil. Nel 2011 la somma degli esborsi è salita a 9,2 miliardi (lo 0,6% del Pil) di cui 3,2 miliardi, 1,6 ciascuno, per gli aiuti a Irlanda e Portogallo erogati tramite il Fondo salva Stati europeo (Efsf-European Financial Stability Facility) ed il resto, 6,1 miliardi di prestiti diretti alla Grecia.
Nel 2012 il governo stima di concedere finanziamenti complessivi in favore di Grecia, Irlanda e Portogallo per 29,5 miliardi che saranno sempre erogati dall'Efsf. In più bisogna conteggiare i versamenti per la sottoscrizione della quota italiana al capitale dell'Esm, (l'European Stability Mechanism), il meccanismo permanente destinato a sostituire il vecchio Fondo salva Stati. Si tratta di circa 5,6 miliardi da versare in due rate. C'è da vedere, a questo punto, se i 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole richiederanno un nuovo intervento, appesantendo il conto dell'Italia. Stando all'ipotesi su cui a Bruxelles e Madrid si sta lavorando, non dovrebbe, perché il finanziamento verrebbe dato a valere sul nuovo Esm che dovrebbe partire in luglio. Diversamente sarebbe se invece a scattare fossero ancora le regole dell'Efsf, perché si richiederebbe all'Italia un contributo aggiuntivo pari al 19,8% dei 100 miliardi.
In ogni caso il calcolo è già salato così, 48,2 miliardi di euro di esborsi entro il 2012 senza contare quindi le altre tre rate di versamenti pro-quota del capitale dell'Esm entro la metà del 2014. Nonché l'impegno per l'esaurimento degli aiuti già programmati dall'Efsf. Tanto per dare una cifra della crisi che l'Europa sta attraversando, secondo la sintesi elaborata dalla Banca d'Italia nella sua relazione all'Assemblea del 31 maggio, nel 2011 sono stati erogati prestiti per 110 miliardi di cui 74,9 da parte di Paesi e istituzioni finanziarie europei e 35,1 da parte del Fmi, di cui 34,5 a favore dell'Irlanda, 34 del Portogallo e 41,5 alla Grecia. Nella prima parte del 2012 sono stati concessi ulteriori prestiti per 102,7 miliardi (91,8 europei e 10,9 del Fmi): 13,8 miliardi per l'Irlanda, 14,3 per il Portogallo e 74,6 per la Grecia. Complessivamente sono stati concessi più di 244 miliardi di prestiti a fronte di piani di sostegno che prevedono finanziamenti fino al 2016 per 391 miliardi. Cifre imponenti che testimoniano le difficoltà nella difesa dell'Eurozona. E che da quando la crisi si è aggravata fanno guardare con apprensione ad ogni riapertura dei mercati, ad inizio settimana. Quella di oggi non fa eccezione. Anche se è proprio puntando ad alleggerire gli umori degli investitori che ieri è stato raggiunto l'accordo sulle banche spagnole.
L'attesa è alta, come i timori, anche se il segnale dato, secondo molti esperti, è forte. Non tanto e non solo perché risponde alle aspettative che hanno condizionato quotazioni e prezzi nelle ultime due settimane. Ma perché spezza il legame tra finanziamenti europei e debito degli Stati. Il meccanismo individuato per Madrid (aiuti che transitano sul fondo iberico di ristrutturazione bancaria, Frob) interviene direttamente sul settore creditizio e non coinvolge lo Stato e il suo debito. Con l'effetto di non portare alla richiesta di misure di austerità al governo ma solo, come finora è emerso, di impegni di risanamento del settore bancario. Le preoccupazioni e le previsioni buie certo non mancano, come quelle che esprime Citigroup su un possibile immediato contagio dell'Italia, ma ci sono anche analisi più positive come quella della Morgan Stanley. Il Tesoro, comunque, è fiducioso su un allentamento delle tensioni sui tassi dei titoli di Stato e sugli spread con i Bund tedeschi. Perlomeno per la parte che riguarda la Spagna, visto che per la definizione di uno scenario più disteso occorre aspettare il voto in Grecia e soprattutto le intese politiche in Europa. Quanto alle banche italiane, le incognite sui debiti sovrani possono coinvolgerle, ma sono nel complesso più solide delle spagnole e Bankitalia afferma che rispetteranno gli impegni di ricapitalizzazione chiesti entro giugno dall'Eba, l'autorità di vigilanza europea, e imposti, con l'inizio del prossimo anno, dall'accordo di Basilea3.
Stefania Tamburello
I ministeri spendono un miliardo al
giorno


Il servizio del bilancio del Senato ha analizzato tutte le voci di spesa dei ministeri in vista della prima fase della spending review. Il totale è pari a 238 miliardi comprensivi degli stipendi sui complessivi 779 spesi dallo Stato. Lo scrive il Corriere della Sera che sottolinea come metà delle risorse, 108 miliardi, servano al semplice funzionamento della macchina rispetto ai 36 miliardi che vanno in conto capitale.  Sui 79 miliardi spesi dal ministero dell'Economia, il servizio bilancio del Senato ha messo in evidenza   i trasferimenti a società pubbliche: 1,8 miliardi a Ferrovie, Anas e Enav; 4,3 miliardi all'Inps a copertura del disavanzo fondo pensioni per il personale Fs. Ci sono poi i versamenti  alle confessioni religiose, pari a 1,1 miliardi. 
Il ministero dello Sviluppo che costa 7 miliardi, ne spende 6,6 in spesa in conto capitale. Il servizio studi segnala alcune spese di funzionamento: 17 milioni di trasferimenti all'Autorità per la concorrenza e i mercati, 122 milioni trasferimenti all'Ice, 158 milioni dotazione capitale Enea. Il ministero del Lavoro che ha una spesa da 100 miliardi ne versa ben 98 in interventi di politica sociale. Sui 7 miliardi spesi dalla Giustizia, 848 milioni sono spesi per intercettazioni. Sul miliardo e sette speso dagli esteri pesa per 579 milioni il funzionamento delle sedi estere e per 461 milioni i contributi a organismi internazionali. Sui 44 miliardi per l'Istruzione il Corriere della Sera segnala  269 milioni per il sostegno alla scuola paritaria e 84 milioni alle università private. Sul conto da 11 miliardi dell'Interno, ci sonmo 54 milioni per la protezione collaboratori di giustizia e 200 milioni per i servizi di accoglienza a stranieri.
http://www.liberoquotidiano.it/news/home/1035741/I-ministeri-spendono-un-miliardo-al-giorno.html

sabato 9 giugno 2012

Azione dimostrativa contro l'usura bancaria







La notte tra martedì 5 e mercoledì 6 giugno, i nostri militanti de "La Destra - Progetto Nazionale" hanno compiuto un'azione dimostrativa contro l'imperante usura bancaria che sta attanagliando l'economia Europea.
Decine di manifestini contro la moneta di proprietà della BCE sono stati affissi sulle porte dei principali istituti di Credito di Pavia, Voghera e Vigevano.
Anche se Silvio Berlusconi per certi versi rappresenta l'eccessiva spettacolarizzazione della politica, la sua boutade sulla stampa della moneta non è una proposta così riprorevole: da anni sosteniamo che debba essere lo Stato a dover emettere moneta, senza doversi affidare all'usura della Banca Centrale che non fa altro che creare debito pubblico stampando carta o, peggio ancora, creando "numeri" sul database di un computer.
La creazione del "Banco Locale Sociale" e il successivo passaggio alla moneta di proprietà del Popolo (che sia quello Europeo o di singole nazioni, poco importa), sono proposte programmatiche de "la Destra" in vista delle prossime elezioni Politiche e sono proposte strategiche per ritornare alla Sovranità Nazionale, ovvero all'estromissione delle grandi Lobby dei potentati economici dalla Vita dei Cittadini.
Luca Battista
Responsabile Organizzativo
La Destra - Fed. Pavia

venerdì 8 giugno 2012




ECCO COME E'STATA RIDOTTA LA CIVILISSIMA GRECIA DALL'EUROPA DELLE BANCHE


GRECIA ALLO STREMO: MEDICINE FINITE
E MALATI IN FILA DAVANTI LE FARMACIE





Venerdì 08 Giugno 2012 - 07:23
di Claudio Fabretti


ROMA - Ora che la crisi è arrivata anche sui banchi delle farmacie, la Grecia ha paura davvero. I medicinali, infatti, iniziano a scarseggiare e i malati gravi sono costretti a lunghe file fuori dai negozi. Sono in pochi a disporre di questi costosi farmaci e al ministero della Sanità è già allarme rosso. Il governo greco dovrà pagare i debiti che l’Ente Nazionale per il Servizio Sanitario (Eopyy), ormai prossimo alla bancarotta, ha accumulato nei confronti delle farmacie. Entro il 17 giugno - ha fatto sapere il ministro della Sanità Christos Kittas - saranno disponibili 600 milioni di euro per pagare i fornitori, mentre Kostas Lourantos, presidente dell’ordine dei farmacisti dell'Attica, ha annunciato che aprirà un conto per ricevere le donazioni necessarie all’acquisto di medicinali costosi, che i farmacisti hanno smesso di fornire a chi è iscritto all’Eopyy. Il centralino dell’associazione dei farmacisti è preso d’assalto ogni giorno da decine di pazienti disperati che non riescono più a trovare le medicine per curare diabete o cancro.
Le lunghe code alle farmacie sono la fotografia di un paese sul lastrico, dove la crisi, ormai, aggredisce i bisogni primari della popolazione. Le casse statali si stanno rapidamente svuotando. E Atene, secondo le fosche previsioni del New York Times, potrebbe essere presto costretta a sospendere i pagamenti di pensioni e salari e le importazioni di carburanti, prodotti alimentari e farmaceutici. Calano anche le entrate dal turismo: nel primo trimestre di quest'anno, sono arrivati in Grecia meno tedeschi, britannici e russi. E questa drastica diminuzione di presenze ha contribuito al calo del 15% delle entrate del settore rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Inevitabile, quindi, che il tasso di disoccupazione raggiunga un nuovo record: a marzo è schizzato al 21.9%, dopo che a febbraio aveva segnato il 21.7%. In pratica, un greco su cinque è disoccupato e addirittura un giovane su due è senza lavoro. Il tasso di disoccupaziome - rileva Elstat - è più elevato nei grandi centri e in particolare ad Atene. E proprio la capitale sembra risentire maggiormente del clima di tensione di questi giorni. Gil Shefler, un giornalista del quotidiano israeliano Jerusalem Post, è stato malmenato da un gruppo di sconosciuti mentre stava realizzando un fotoreportage nel centro della città. Shefler stava riprendendo l’aggressione da parte di un gruppo di sconosciuti con il volto coperto contro alcuni immigrati stranieri e senzatetto sul marciapiedi antistante il Museo archeologico nazionale. Il giornalista ha riportato ferite e contusioni, e ha dovuto ricorrere alle cure in ospedale. Nei giorni scorsi, invece, un gruppo di ignoti aggressori aveva lanciato tre ordigni incendiari contro la sede del quotidiano Kathimerini e della stazione radio-televisiva Skay.
Ed è in questo clima arroventato che prosegue anche la campagna elettorale per il voto del 17 giugno. L’ultima polemica riguarda uno spot di Nea Dimocratia in cui alcuni bimbi greci si interrogano a scuola sul futuro del loro paese, immagini che hanno procurato al partito filo-Ue accuse di «propaganda selvaggia». E sulle urne, aleggia l’ombra della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ammonisce: «Gli aiuti concessi coprono una volta e mezzo il pil del paese. Non è più questione di solidarietà, bisogna capire se la Grecia si identifica con quanto abbiamo proposto».
http://www.leggo.it/news/mondo/grecia_allo_stremo_medicine_finite_e_malati_in_fila_davanti_le_farmacie/notizie/182869.shtml

ONORE ALLA RUSSIA DI PUTIN

Russia: Gay pride vietati per i prossimi 100 anni




(AGI) - Mosca, 7 giu. - Gay pride vietati per i prossimi 100 anni. Lo ha stabilito un tribunale di Mosca, che ha ritenuto legale il bando alle manifestazioni che promuovono la parita' dei diritti per gli omosessuali fino al 2112, deciso dall'amministrazione della capitale. Lo ha reso noto alle agenzie russe il leader del movimento Lgtb, Nikolai Alexeev, il quale ha poi anticipato che fara' ricorso presso il tribunale competente e alla Corte europea per i diritti dell'uomo. L'anno scorso, sfruttando un vuoto legislativo per cui non e' fissato il periodo massimo di tempo per le richieste di autorizzazione a manifestare, gli attivisti avevano fatto al comune domanda per 102 gay-pride, dal 2012 al 2112, tutti da tenere in piazza Balotnaja, ha spiegato Alexeev. Le autorita' non avevano mai risposto, nonostante la legge imponga 15 giorni di tempo per comunicare una decisione.

mercoledì 6 giugno 2012

Corsera e Financial Times a Monti: "Il
tecnico sta sbagliando tutto"




Bordate dal Corriere ("La direzione è sbagliata, al Paese ha bisogno di altro") e del foglio della City londinese: "Italia governata da burocrati che pensano solo all'Europa"

"La direzione è sbagliata". Il governo italiano "è litigioso" e con "un primo ministro focalizzato solo sulla scena internazionale". Ecco la stampa che fu amica: le frasi riportate sono, rispettivamente, del Corriere della Sera e del Financial Times, due quotidiani che hanno sostenuto e portato in palmo di mano Mario Monti ma che ora, di fronte all'evidenza del suo precoce fallimento, lo scaricano. Il titolo dell'editoriale in prima pagina del giornale di via Solferino è eloquente: "La direzione è sbagliata". La firma è quella del duo Alesina-Giavazzi (proprio quel Giavazzi il cui aiuto è stato invocato dai tecnici). Secondo i due, lo sforzo riformatore del governo Monti rischia "il fallimento". Molti osservatori, proseguono, "sono rimasti perplessi" e "si chiedono in che direzione si muoverà il governo Monti. A noi pare si vada in quella sbagliata".
"Sono altre le priorità" - Il Corsera sottolinea come "il provvedimento più importante che il governo si appresta a varare riguarda le infrastrutture fische" ma "non è questa la priorità dell'Italia": "Non è ubriacandoci di asfalto e traverse ferroviarie che il Paese ricomincerà a crescere". Secondo Alesina e Giavazzi, all'Italia "servono infrastrutture di altro tipo: una giustizia veloce, certezza del diritto, regolamenti snelli, un'amministrazione pubblica che faccia il suo dovere e non imponga costi enormi a cittadini e imprese, un'università che produca buon capitale umano e buona ricerca, e una lotta efficace alla criminalità organizzata". L'ultima bordata nella chiusa del commento: "Ciò che il governo oggi sta discutendo ci pare, purtroppo, molto più simile alla vecchia politica che alla ventata innovatrice che respirammo per qualche settimana lo scorso novembre".
"Non pensa ai problemi interni" - Ancor più sorprendenti e inaspettate le bordate che il Financial Times spara su Monti. Il nobile FT, dopo averlo sostenuto a lungo, spiega che quello italiano è "un governo litigioso, con una burocrazia radicata e inestirpabile e un primo ministro focalizzato solo sulla scena internazionale". Secondo il quotidiano della city londinese, "i problemi interni dell'Italia sembrano crescere e andare oltre la capacità del suo governo tecnocrate di risolverli, anche in vista dell'aggravarsi della crisi del debito nell'Eurozona". Guy Dinmore, in un durissimo fondo, cita lo scontro nell'esecutivo tra il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, e i suoi colleghi sulle riforme necessarie per la crescita e lo sviluppo. Quindi il Financial Times cita una fonte governativa che vuole restare anonima: "Oggi è un po' tutti contro tutti, ho paura che si stia entrando nella fase tre della vita dell'esecutivo, quella delle recriminazioni, dopo un'iniziale luna di miele e il successivo ritorno alla vita vera". 
"Italia in mano ai burocrati" - L'attacco frontale che arriva dal cuore del Regno Unito sale poi di intensità: "L'Italia è nelle mani di burocrati che stanno combattendo il cambiamento e di un primo ministro che non si decide a fare i passi decisivi". E ancora: "I mercati si renderanno conto a un certo punto che l'Italia non ha fatto molto", spiega Dinmore riferendosi alle riforme mancate. In chiusura il Ft spiega che "la capacità del governo di spingere importanti, ma impopolari, riforme strutturali in Parlamento si indebolirà".
http://www.liberoquotidiano.it/news/Politica/1032884/Corsera-e-Financial-Times-a-Monti----Il-tecnico-sta-sbagliando-tutto-.html
Grazie alla primavera araba ora i
tagliagole sono a Tunisi

Il video dello sgozzamento di un ragazzo convertito al cristianesimo mostra la vera natura delle rivolte islamiche



La "rivoluzione" non ha portato democrazia, ma soltanto vecchi massacri. E li ha portati alle porte di casa nostra...

"Sgozzano davanti a una telecamera un cristiano in nome di Allah, gli chiedono un’ultima volta di rinunciare all’apostasia, lui dice di no, eroe rassegnato e sereno. Non sono un’esperta, ma se non è questa la santità del martirio.... Ammiratori entusiasti della primavera araba accomodarsi alla visione dell’istruttivo filmato, prego. C’è spazio a destra perché a sinistra potranno sedere gli entusiasti del politically correct più multiculturalism, i costruttori di moschee in Italia, i difensori del relativismo, quelli come Giuliano Pisapia, quelli come il ministro Andrea Riccardi", spiega Maria Giovanna Maglie su Libero in edicola oggi, commentando il mostruoso video di un ragazzo sgozzato da un gruppo di musulmani perché aveva scelto di essere cristiano. A lasciare ancora più perplessi, il fatto che la violenza sia avventua alle porte di casa nostra. Il video dello sgozzamento mostra la vera natura delle rivolte islamiche, che non portano democrazia ma (vecchi) massacri: grazie alla primavera araba ora i tagliagole sono a Tunisi.
http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/1032495/Grazie-alla-primavera-araba--ora-i-tagliagole-sono-a-Tunisi.html

martedì 5 giugno 2012


LA CORDA AL COLLO

4 giu 2012
Non lo vogliono capire. Fingono. Mentono. Scappano.
Gli euromalati non si capacitano che l’Italia non sopporta più i loro deliri, gli inchini permanenti ad un fallimento chiamato Europa. Abbiamo marciato da giovani per l’Europa nazione, da grandi pretendono di farci marcire con l’Europa imbalsamata da una moneta che odiamo.
Peggio ancora saranno i prossimi anni, se oseranno ratificare il fiscal compact senza chiedere il permesso ai popoli. Il fiscal compact e’ il patto fiscale sottoscritto dai governanti europei – a partire dal compiacente herr Mario Monti – che strangolerà le nazioni in difficoltà con leggi finanziarie approvate senza fiatare dai parlamenti, su ordine della Banca centrale europea. La Grecia di oggi sara’ un paradiso per l’Italia di domani se questi signori non si placano.
Un giovane su tre e’ disoccupato; al sud una giovane donna su due non ha lavoro e questi sciagurati pensano solo al debito fregandosene della crescita.
Sabato, a Napoli, La Destra proporrà di dire basta. Togliamoci la corda dal collo, pretendiamo un referendum dal Parlamento perché siano i cittadini a dire si’ o no al trattato chiamato fiscal compact. in Irlanda i si’ hanno prevalso di pochissimo, ma sono stati poco piu’ di novecentocinquantamila su tre milioni di elettori, di cui la meta’ hanno disertato le urne. Ma almeno hanno potuto dire la loro.
In Germania, persino in Germania, e’ obbligatoria una ratifica parlamentare col voto dei due terzi dei deputati, per condividere con l’opposizione le scelte piu’ strategiche. Da noi l’opposizione e’ nella società, nel palazzo e’ striminzita e governa chi ha solo seggi senza voti.
Se non ci fate votare ora per un referendum sarete costretti a farlo fra un anno, alle politiche. Sara’ tardi per un referendum. Voteremo direttamente per mollare gli eurocrati e i loro servi sciocchi che albergano in questo nostro Paese che stanno riducendo alla fame.
http://www.storace.it/