venerdì 30 novembre 2012

Storace: "Monti è un criminale, ha asservito la nazione alle banche

Il leader de La Destra, ospite a La Zanzara, spara a zero contro il premier: "Andrebbe arrestato per tradimento alla nazione"
 
 
"Bella Ciao è una canzone diseducativa, non mi piace per niente. Non sono obbligato a farmela piacere", il leader de La Destra, Francesco Storace non è nuovo a esternazioni virulente.

E lo ha dimostrato ancora una volta a La Zanzara su Radio24.
Sotto la doccia canticchia Faccetta Nera, "come molti italiani". Tra Bersani e Renzi sceglierebbe il primo, perché "in fondo è uno dei nostri perché ormai è diventato antimontiano pure lui, è un uomo di partito e non andrebbe alle cene dei banchieri del Bilderberg come Renzi. Che però farebbe il cameriere, anzi è già lì che apparecchia la tavola".
"Ho la tentazione di andare a votare, anche se non mi sono iscritto. Però il Pd si illude di scegliere il candidato premier, ma in realtà hanno già deciso per Monti", afferma Storace.
Che poi spara a zero sul presidente del Consiglio: "È un criminale, anzi molto peggio di un criminale, andrebbe arrestato per tradimento alla nazione, ha asservito questo paese alle banche. Dovrebbero andarlo a prendere i carabinieri. Ha consegnato l'Italia a una potenza straniera, la Germania, che di questi tempi non mi sta più simpatica".
Finita qui? Macché. Storace tuona pure contro Giorgio Napolitano: "Delegittima ogni giorno il Parlamento che lo ha eletto. Anzi, è stato eletto col Porcellum che adesso odia. Però non posso dire quello che penso fino in fondo, ho già avuto problemi con Napolitano".
http://www.ilgiornale.it/news/interni/storace-monti-criminale-ha-asservito-nazione-alle-banche-860521.html

mercoledì 28 novembre 2012

L'Ilva chiude gli stabilimenti A casa tutti gli operai






Dopo gli arresti di sette politici e funzionari diposto dalla magistratura, l'Ilva ha deciso di chiudere gli stabilimenti e di lasciare a casa cinquemila operai, i cui badge sono già stati disattivati. Il provvedimento di sequestro emesso oggi dal gip di Taranto, si legge in una nota della'azienda, "comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto". La Società, si legge ancora, "proporrà impugnazione avverso il provvedimento di sequestro e, nell’attesa della definizione del giudizio di impugnazione, ottempererà all’ordine impartito dal gip di Taranto". 
La questione ambientale -  "Per chiunque fosse interessato - prosegue la nota aziendale - Ilva mette a disposizione sul proprio sito le consulenze, redatte da i maggiori esponenti della comunità scientifica nazionale e internazionale, le quali attestano la piena conformità delle emissioni dello stabilimento di Taranto ai limiti e alle prescrizioni di legge, ai regolamenti e alle autorizzazioni ministeriali, nonchè l’assenza di un pericolo per la salute pubblica. Ilva ribadisce con forza l’assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile alla propria attività industriale, così come le consulenze epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano".

Le colpe del governo - La decisione della proprietà, già annunciata la scorsa settimana, non è un fulmine a ciel sereno ma arriva al termine di mesi caldissimi, passati attraverso decisioni del Tribunale, perizie, minacce, contro-perizie. Se pm e giudici hanno usato il pugno di ferro, spicca però anche l'assenza totale del governo. Ad agosto, nel pieno della bufera, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà aveva annunciato l'intenzione dell'esecutivo di fare ricorso alla Consulta sollevando il conflitto d'attribuzione per contestare i provvedimenti della magistratura che aveva bloccato gli impianti tarantini. Una minaccia, appunto, e niente più, perché sotto sotto nessuno a Palazzo Chigi e dintorni era convinto che il Tribunale di Taranto avrebbe mantenuto salda la sua linea dura. Il dialogo, alla fine, non c'è stato e chi doveva favorirlo è rimasto muto. 

Le reazioni - Via Twitter, il governo ha convocato a Palazzo Chigi una riunione con le parti sociali e le istituzioni. E mentre la Fiom aveva annunciato uno sciopero in caso di mancata convocazione, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha tuonato tardivamente contro la decisione della magistratura: "Dobbiamo verificare se è in conflitto con il risanamento che sta procedendo attraverso l'Aia". "La seconda parte dell'Aia è stata avviata oggi e il provvedimento non prevede fermate se non per il processo di risanamento e non pone problemi ambientali". "La speranza - ha auspicato Clini - è che non ci siano ostacoli al processo di risanamento". Grave l'allarme lanciato da Confindustria: "La chiusura dell'Ilva sarebbe un evento gravissimo per tutto il sistema industriale italiano, conseguente ad un vero e proprio accanimento giudiziario nei confronti dell’azienda". "C'è una contraddizione evidente tra il percorso delineato dall'Aia, sul quale l'Ilva stava lavorando seriamente con ingenti investimenti - continua la nota -, e le decisioni della magistratura. Una cosa sono le responsabilità penali, su cui è importante che la giustizia segua il suo corso, altra è la continuità produttiva e aziendale, che non può e non deve essere messa in discussione, così come - prosegue la nota - la riqualificazione ambientale del territorio tarantino, che nessuno più porterebbe avanti in caso di abbandono dello stabilimento". In ogni caso, concludono gli industriali, la chiusura dell'impianto tarantino "avrà un costo  per la collettività, tra cig e oneri sociali, pari a quasi un miliardo di euro l'anno, mentre la perdita di potere di acquisto sul territorio di Taranto e provincia è stimabile in circa 250 milioni l'anno".

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1130769/L-Ilva-chiude-gli-stabilimenti--A-casa-tutti-gli-operai.html

lunedì 26 novembre 2012

CasaPound Italia, Iannone: 'manifestazione bellissima e riuscita, ora ci chiedano scusa', 10mila in piazza e 30mila sul web



CasaPound Italia, Iannone: 'manifestazione bellissima e riuscita, ora ci chiedano scusa', 10mila in piazza e 30mila sul web
Roma, 26 novembre - ''Una manifestazione bellissima e riuscita. Abbiamo dimostrato ancora una volta, come già a Bolzano e a Napoli, la nostra forza tranquilla, e credo che mote persone ci dovrebbero delle scuse adesso. Diecimila in piazza con i tanti che si sono uniti al corteo man mano che procedeva, trentamila persone che ci hanno seguito dal web, con la diretta di Radio Bandiera Nera dalla pagina facebook di Cpi: è una vittoria che mette a tacere tutti quelli che avrebbero voluto vietarci di sfilare per Roma e che nemmeno una parola hanno speso contro chi sabato per le strade della Capitale urlava slogan macabri già sentiti in tempi bui, evocando il cimitero per i 'fasci'''. Così il leader di CasaPound Italia, Gianluca Iannone, fa il bilancio della manifestazione di CasaPound Italia che sabato ha sfilato da piazza Mazzini a Ponte Milvio.
''Certo - aggiunge Iannone - c'è da aver paura di un movimento che riesce a realizzare tutto questo con la sola forza di volontà degli uomini e delle donne che lo compongono, senza finanziamenti pubblici e stipendi da migliaia di euro. Un movimento libero, che se ne frega delle 'coccole' dei media e che porta in piazza e dà voce a tutti quelli che la voce non ce l'hanno, come i nostri soldati ancora detenuti in India, dimenticati da tutti e solo da noi ricordati, ancora una volta, sabato, quando abbiamo gridato 'marò liberi' sotto la Farnesina, o come i disabili, considerati 'un costo' dal ministro Fornero, che erano in piazza Mazzini con noi e con Impavidi Destini. C'è da aver paura di un movimento che non ha bisogno di bruciare le macchine dei padri di famiglia o di spaccare le vetrine per dire 'no' al governo Monti. CasaPound Italia - ricorda il presidente di Cpi - è stata la prima forza politica a manifestare dopo l'insediamento dell'esecutivo tecnico, un anno fa a Napoli, e oggi - sottolinea - è l'unico soggetto politico libero, non a busta paga, in grado di dire agli italiani che non vogliono più essere schiavi degli umori dei mercati che non hanno ragione di esistere né fondi sovrani né debiti sovrani, perché sovrana è soltato la Nazione''.
info: 3478057510
www.facebook.com/votacasapound www.casapounditalia.org www.radiobandieranera.org

http://www.casapounditalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2979:casapound-italia-iannone-manifestazione-bellissima-e-riuscita-ora-ci-chiedano-scusa-10mila-in-piazza-e-30mila-sul-web&catid=1:ultime&Itemid=169

venerdì 23 novembre 2012


Taglia l'orecchio al nipote perché non va in moschea

Un ragazzino africano residente con la famiglia nel vicentino si sfoga con gli insegnanti: la Procura ha messo sotto inchiesta lo zio musulmano




di Alessandro Gonzato
Lo zio paterno gli ha tagliato con la forbice una parte del lobo dell’orecchio sinistro come punizione per non essersi presentato in moschea il giorno prima in occasione della funzione religiosa. Un barbaro atto di violenza che, secondo il malcapitato, un ragazzino africano di quattordici anni trasferitosi da poco coi genitori ed il fratello più grande ad Arzignano - in provincia di Vicenza - sarebbe stato soltanto l’ultimo di una lunga serie. Stando all’agghiacciante racconto del giovane musulmano, infatti, per lo stesso motivo, lo zio - un assiduo frequentatore della comunità islamica locale - in passato lo aveva già colpito altre volte con un lucchetto di metallo. 
Il tutto è venuto alla luce dopo che il ragazzino, spaventato per una escalation di violenza che non accennava ad arrestarsi, ha deciso di sfogarsi con i propri insegnanti e con i compagni della scuola media che, in classe, di fronte a quell’orecchio ancora sanguinante gli avevano chiesto spiegazioni. Il giovane non ha mai rinnegato il suo Credo musulmano ma capitava che a volte, complici i compiti da svolgere a casa e gli impegni con gli amici, decidesse di scansare le funzioni in moschea, un po’ come fanno tutti i suoi coetanei di qualsivoglia religione.
I professori - che già sospettavano che il minore fosse stato vittima di maltrattamenti nei mesi precedenti - dopo averlo rincuorato, hanno allertato l’azienda sanitaria di Montecchio Maggiore. Ed il direttore medico dell’ospedale di Arzignano dopo aver visitato il ragazzino, a probabile conferma delle vessazioni subite, ha riscontrato sul suo corpo la presenza di due cicatrici: una sulla spalla destra e l’altra sul torace. Il distretto per la tutela dei minori dell’azienda sanitaria ha segnalato immediatamente il caso alla Procura, che subito ha aperto un’inchiesta per maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione a carico dello zio paterno, un trentunenne anche lui residente ad Arzignano e per questo spesso a casa del fratello in occasione del pranzo e della cena. 
Il magistrato ha affidato le indagini ai carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria ed al comando di Polizia locale. Al momento nei confronti dello zio del ragazzino non è stato preso alcun provvedimento, anche se non è da escludere che nelle prossime ore possa venire adottata qualche misura restrittiva a tutela del minore. Così come la Procura potrebbe decidere di aprire un fascicolo anche sul comportamento tenuto dal padre dell’adolescente che, stando al racconto del figlio, in alcune occasioni - pare però non legate a motivi religiosi - sarebbe stato pesantemente schiaffeggiato. Saranno comunque da chiarire i motivi per il quale il genitore, durante le violenze subite dal figlio, non sia mai intervenuto. 
Ferma la condanna dell’imam di Vicenza, Riad Krika, che, pur premettendo che «ogni episodio va analizzato col beneficio del dubbio» e che non conosce personalmente le persone coinvolte nella vicenda, parla di atti «che nessuna religione può giustificare», di un atteggiamento «squilibrato» più che «fanatico», e si chiede dove fosse il padre durante i presunti pestaggi subiti dal figlio con forbici e lucchetti di metallo. «Uno schiaffo può starci» aggiunge «una sculacciata pure. Io ho tre figli, a volte non so come prenderli, ma non mi sognerei di tagliare il lobo ad uno di loro. Questa» conclude «se accertata è un’aggressione vera e propria. Non ci si può comportare in questa maniera, soprattutto con i nostri ragazzi nati in Italia».

giovedì 22 novembre 2012

FOLLIE MONDIALISTE

La scuola vieta la festa di Natale: "Per rispetto delle altre religioni"

A Caorso per non offendere i bambini stranieri, la direttrice elimina il presepe e altri riferimenti religiosi. In rivolta i genitori di 120 alunni
 
 
Togliere il presepe a 120 bim­bi p­er far vincere il multicultura­lismo?
In provincia di Piacenza
si può. Nella citta­dina di Caor­so, finora cele­bre solo per il tira e molla sulla centrale nucleare, il diktat di una preside sta scatenando un polverone che, addirittu­ra, finisce sul­la scrivania del ministro dell’Istruzio­ne Francesco Profumo.


Bimbi fanno il preesepe vivente
La protago­nista di que­sta storia si chiama Ma­nuela Bruschi­ni e dirige l’istituto scola­stico com­prensivo di Monticelli d’Ongina e San Nazzaro (materne e medie). Alcu­ne settimane fa, Bruschini ha deciso di vietare ogni riferimen­to ai temi religiosi tra le iniziati­ve scolastiche per il prossimo Natale. E, così, anche un classi­co come il presepe è finito nel gi­rone dei simboli proibiti.
Ha tentato di metterci una pezza il sindaco (Pdl) di Caor­so, Fabio Callori, promettendo che stamattina porterà alla scuola materna del suo paese quattro presepi alle quattro se­zioni dell’asilo. Ma la frittata è fatta:il ministro Profumo e l’as­se­ssore regionale Patrizio Bian­chi, infatti, sono già stati infor­mati della vicenda.
Bruschini giura di non aver fatto tutto da sola: «Anzi- sostie­ne la preside- è stato proprio il collegio a suggerire iniziative sulla multiculturalità. Ho dato indicazione di evitare riferi­menti religiosi per concentrar­si su temi universali come l’ami­cizia e la fratellanza».
Tutti amici e tutti fratelli, in­somma, ma allora perché aboli­re i re magi, le stelle comete o la stalla di Betlemme? Per ora non lo capiscono nemmeno le fami­glie degli oltre 100 bimbi coin­volti o, tanto per buttarla in poli­tica, il capogruppo bersaniano in Provincia, Marco Bergonzi, ha già chiarito che «toccare il Natale ai più piccoli è una vergo­gna », ma sono soprattutto le mamme dei bambini a mostrar­si allibite. Tra le signore inter­pellate in questi giorni, spicca­no quelle che ammettono che «mi spiace, ma non capisco», oppure chi ricorda che «già i bambini il Natale non lo sento­no più, ora se eliminiamo an­che il presepe… » o ancora colo­ro che si permettono di dire che «le tradizioni non fanno male a nessuno ed è meglio tenerse­le ». Macché.
La preside multiculturale non ha ceduto di un centimetro e, dopo essersi preoccupata di chiarire che il suo niet al prese­pe è «pedagogico e non politi­co », punta a minimizzare: «Al­cuni genitori si sono detti per­plessi ma non tutti, sono sem­pre pronta al dialogo e alla spie­gazione ».
Intanto, la storia del presepe negato agita le acque della poli­tica non solo locale. Il sindaco, oltre a recapitare i presepi al­l’asilo, annuncia che chiederà di trasferire Caorso in un altro distretto scolastico. Il deputato piacentino Tommaso Foti (Pdl) bolla la sortita della presi­de come «una scelta scellerata» degna «degli eredi di Lenin, Sta­lin, Ceausescu» e ha già presen­tato l’interrogazione al mini­stro.
Il collega della Lega Massimo Polledri dice che Bruschini gli «ricorda il Grinch, quello stra­no personaggio di fantascienza che odiava il Natale e il clima di festa e andava in giro a rubare tutti i doni, alberi di Natale com­presi ». Mentre il consigliere re­gionale Stefano Cavalli ( di nuo­vo Lega) ha informato la Regio­ne Emilia- Romagna, pure il pre­sidente della Coldiretti Piacen­za, Luigi Bisi, assicura che «can­cellare il presepe significhereb­be cancellare la nostra identi­tà ». Solo Rifondazione ritiene «allucinante il coro di dichiara­zioni a senso unico da parte di fascisti, leghisti ed esponenti del Pd». La preside prova di resi­stere a oltranza: «Non devo ri­spondere degli sviluppi politici della vicenda». Troppo tardi, a quanto pare.

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/scuola-vieta-festa-natale-rispetto-delle-altre-religioni-858305.html?utm_source=Facebook&utm_medium=Link&utm_content=La+scuola+vieta+la+festa+di+Natale%3A+%22Per+rispetto+delle+altre+religioni%22+-+IlGiornale.it&utm_campaign=Facebook+Page

mercoledì 21 novembre 2012

I malati di Sla: "Siamo disposti a morire!"



Protestano senza il respiratore di riserva, come aveva annunciato il presidente del "Comitato 16 Novembre", Salvatore Usala. Una battaglia per la vita, contro i grossi tagli del Governo Monti alle non autosufficienze

''Non molleremo''. Questo il messaggio di Salvatore Usala, malato di Sla e segretario del comitato 16 novembre. Usala, che e' costretto a usare un respiratore automatico e comunica attraverso una lavagna con delle lettere ha dichiarato di essere pronto a lasciarsi morire se i malati non otterranno risposte certe: ''Sono nove mesi che chiediamo risposte - ha sottolineato Mariangela Lamanna, vicesegretaria dell'associazione - Salvatore sale al ministero senza le batterie di riserva del respiratore. Chiediamo solo il rispetto della Costituzione, che garantisce il diritto alle cure''. E' in corso davanti alla sede del ministero dell'Economia a Roma la manifestazione di protesta dei malati di Sla e di altre patologie gravi contro i tagli ai fondi per l'assistenza. ''Sono in arrivo malati da tutta Italia - ha affermato Raffaele Pennacchio, del Consiglio direttivo del Comitato 16 Novembre che organizza la protesta - alcuni di loro hanno un respiratore la cui batteria durera' 5-6 ore e chiederanno che non vengano attaccate quelle di riserva. Sono pronti a lasciarsi morire''. I malati chiedono piu' fondi sopratutto per l'assistenza domiciliare: ''Se si finanzia l'assistenza in casa - sottolinea Pennacchio - lo Stato risparmia rispetto a quella nelle strutture. Vogliamo proposte concrete, ci hanno offerto un fondo di 200 milioni ma ne servono almeno il doppio''. Un comitato dei malati dovrebbe essere ricevuto dai rappresentanti del ministero dell'Economia e di quello della Salute.
 
 
E' in corso da stamattina alle 10.30, il presidio del Comitato 16 ovembre davanti al Ministero dell'Economia e delle Finanze. Non solo malati di Sla ma anche disabili sulla sedia a rotelle. Combattono contro i tagli del Governo alle assistenze per i non autosufficienti. Il presidente, Salvatore Usala, malato di Sla, ha dichiarato, indicando con lo sguardo le lettere dell'alfabeto su un tabellone: "Non molleremo". 

''Sono in arrivo malati da tutta Italia - ha affermato Raffaele Pennacchio, del Consiglio direttivo del Comitato 16 Novembre che organizza la protesta - alcuni di loro hanno un respiratore la cui batteria durera' 5-6 ore e chiederanno che non vengano attaccate quelle di riserva. Sono pronti a lasciarsi morire''. I malati chiedono piu' fondi sopratutto per l'assistenza domiciliare: ''Se si finanzia l'assistenza in casa - sottolinea Pennacchio - lo Stato risparmia rispetto a quella nelle strutture. Vogliamo proposte concrete, ci hanno offerto un fondo di 200 milioni ma ne servono almeno il doppio''. Un comitato dei malati dovrebbe essere ricevuto dai rappresentanti del ministero dell'Economia e di quello della Salute.
E'cominciato, intanto, l'incontro tra una delegazione di malati e il sottosegretario Gianfranco Polillo. Tra gli applausi delle decine di manifestanti sono stati ricevuti: Salvatore Usala, la vicepresidente Mariangela Lamanna, Luca Pulino, malato della provincia di Viterbo costretto a muoversi in barella e i loro familiari. All'incontro partecipa anche il senatore Ignazio Marino, presidente della commissione parlamentare sull'efficienza del Ssn.
''Sono nove mesi che chiediamo risposte - ha sottolineato Mariangela Lamanna, vicesegretaria dell'associazione - Salvatore sale al ministero senza le batterie di riserva del respiratore. Chiediamo solo il rispetto della Costituzione, che garantisce il diritto alle cure''. 
Carola Parisi

domenica 18 novembre 2012




Lo spettacolo che piace al Governo



Appare sempre più evidente che da parte di chi regge i fili dei nostri destini occorre necessariamente spostare l’attenzione verso situazioni lontane dalle scelte di politica socio-economica intraprese dall'attuale esecutivo per potere liberamente agire, senza intoppi di sorta. Si susseguono in queste ore le immagini, i dibattiti e le polemiche sulle proteste di ieri in varie parti d’Italia, messe in atto soprattutto da studenti e lavoratori.
Questo induce ad una serie di riflessioni che delineano un probabile scenario di “guerra tra poveri”. I politici si sono tenuti alla larga dalle proteste delle piazze dove si concentravano le manifestazioni; stessa cosa dicasi per i sindacalisti irregimentati.
Non mi addentro più di tanto nel tema delle violenze, perché la protesta pacifica può essere tale solamente in determinati contesti, ma non quando si parla di sopraffazione finanziaria, furto legalizzato, denegazione di tutele sociali e sperequazioni economico-salariali.
Repressione di polizia da una parte e guerriglia urbana dall’altra non aiuteranno certo a risolvere i problemi, che toccano sia chi protesta sia, tra l’altro, chi deve gestire l’ordine pubblico. I piani di austerità tagliano “democraticamente” senza distinzione alla base mentre ai piani alti ci si gode lo spettacolo: a farne le spese è sempre il popolo, ammesso che così si possa ancora chiamare, sempre più disorientato, confuso, scollato, atomizzato ed in parte complice. La stampa si limita al cronico distinguo tra gli artefici delle violenze, diversamente catalogate a seconda della collocazione politica, guai andare al nocciolo della questione!
Studenti e lavoratori hanno sicuramente lanciato un forte messaggio, ma non credo sia sufficiente per smuovere l’insensibilità della banda Monti, a cui andrebbe chiesto conto, sotto il profilo istituzionale e costituzionale, di cosa s’è discusso nella sessione dell’influentissimo ed internazionalista Gruppo Bilderberg tenutasi proprio in questi giorni a Roma.
Anche in questo ambito è altissima e gravissima la responsabilità del Parlamento, unico organo che può sfiduciare la nomenclatura bancaria del Consiglio dei Ministri, “dettaglio” questo, che non sembra essere stato colto dalla massa, dirottata nella “riservata indiana” dell’indignazione anti-casta.
Ancora una volta chi governa le nostre esistenze sta riuscendo nel solito sporco gioco.

Piero Puschiavo
http://www.pieropuschiavo.it/

Picchiata e rapinata in casa davanti alle
figliolette: una reagisce a morsi ai banditi

I due malviventi minacciano anche le bambine, di 5 e 8 anni,
con la pistola poi spaccano il naso alla donna: subito arrestati


VERONA - Una mamma di 43 anni è stata vittima di un'aggressione nel peggior stile Arancia meccanica. I banditi l'hanno infatti aggredita, malmenata e rapinata lasciandola poi ferita e rubandole la borsa con i risparmi per una fondazione che si occupa di volontariato. Pare volessero addirittura sequestrare una delle bambine che peraltro ha reagito morsicando uno dei banditi.


L'assalto è stato compiuto questa mattina alle 8 da due stranieri che si sono introdotti nella sua abitazione di Montorio a Verona. I due rapinatori, uno di 20 e l'altro di 22 anni di nazionalità romena, dopo essere entrati nella villa, hanno minacciato con una pistola la 43enne e le sue due bambine di soli 5 e 8 anni, hanno picchiato la madre fratturandole il naso e ferendole l'orecchio destro e poi si sono allontanati dalla casa. I carabinieri oltre ad arrestarli hanno recuperato la borsa rubata nel corso della rapina nella quale c'erano anche i soldi - pare meno di 150 euro - destinati a una fondazione che si occupa di ricerca sulla fibrosi cistica.

I malviventi sono stati rinchiusi nel carcere di Montorio in attesa della convalida dell'arresto, già richiesta dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Verona. Sono in corso ulteriori indagini per verificare l'eventuale presenza di basisti e di altri complici.

L'aggressione sarebbe avvenuta mentre la donna stava uscendo dal cancello di casa con le figlie: è stata affrontata dai banditi che le hanno puntato una pistola alla tempia, minacciando di ucciderla. Poi uno dei malviventi ha cercato di prendere la figlia più grande, che a sua volta ha reagito mordendo la mano del suo aggressore. La madre non ha ceduto nemmeno quando l'altro bandito le ha sferrato un pugno sul volto fratturandole il naso, si è ribellata e le sue urla hanno attirato l'attenzione di una vicina che ha chiamato i carabinieri. I militari hanno intercettato i rapinatori mentre cercavano di salire su un'auto, rubata pochi giorni prima; l'inseguimento è continuato lungo i vigneti della zona dove i due banditi sono stati bloccati e arrestati.

http://www.gazzettino.it/nordest/verona/picchiata_e_rapinata_in_casa_davanti_alle_figliolette_una_reagisce_a_morsi_ai_banditi/notizie/232167.shtml
 

ROVIGO, BABY SITTER 16ENNE RESTA INCINTA.
"VIOLENTATA DAL VICINO DI CASA NIGERIANO"

 
 
Giovedì 15 Novembre 2012 - 10:19
ROVIGO - Stuprata e messa incinta dal vicino di casa dove si recava a fare la baby sitter e poi costretta ad abortire. L’aguzzino, un nigeriano 46enne, è stato rinviato a giudizio per violenza sessuale e sarà processato il 23 febbraio. Il nigeriano, difeso d’ufficio dall’avvocato Dania Pellegrinelli, è stato rinviato a giudizio dal giudice Carlo Negri; la vittima è una 16enne assistita dall’avvocato Paola Malasoma. Il giudice ha accolto la richiesta del pm Stefano Longhi.
Tutto si è svolto nel marzo scorso in un’abitazione di un centro nei dintorni del capoluogo e la ricostruzione si basa su quanto denunciato dalla vittima ai carabinieri: l’imputato anche ieri mattina non si è presentato. Ogni mattina la 16enne si reca nella casa dei vicini nigeriani per accudire le due figliolette della coppia. La madre esce di casa prestissimo per recarsi al lavoro, così la 16enne alza, pulisce, veste, prepara la colazione alle due bambine che poi sono portate all’asilo del padre. Il tutto in cambio di circa 200 euro al mese. Ma un giorno l’uomo, quando la 16enne entra nella stanza delle figliolette per prendere un calzino, le balza alle spalle, chiude la porta, la getta sul letto e la violenta. Un rapporto completo, tanto che la giovane rimane incinta.

'NON DIRE NIENTE A NESSUNO' Una violenza interrotta solo dal pianto di una delle bambine. L’uomo si riveste, raccoglie le figlie, dice alla giovane «bevi un bicchiere di acqua e sale per evitare un’eventuale gravidanza», ed esce minacciandola: «Non dire niente a qualcuno, taci». La 16enne ritorna a casa e non racconta nulla dello stupro.
Ma dopo poche settimane scopre di essere incinta e racconta tutto alla madre, la donna si rivolge subito ai carabinieri ai quali la ragazzina denuncia lo stupro subito nell’abitazione del vicino di casa. I militari informano il sostituto procuratore Sabrina Duò e scatta l’inchiesta che giunge all’udienza preliminare di ieri mattina, con la particolareggiata ricostruzione fornita dalla 16enne che viene ritenuta molto attendibile in ogni fase della vicenda giudiziaria. Oltre a rivolgersi ai carabinieri, la madre chiede l’intervento degli assistenti sociali e la figlia viene seguita nel delicato percorso che giunge sino all’interruzione di gravidanza effettuata all’ospedale civile cittadino.
Il 23 febbraio la vicenda verrà sviscerata davanti ai giudici del Tribunale, una storia delicata e con con alcuni aspetti da chiarire; compreso il fatto che, nonostante quanto avvenuto, vittima e stupratore siano ancora vicini di casa e l’uomo sembra che spesso importuni la 16enne.

venerdì 16 novembre 2012

La bimba è gravemente malata, ma l'Inps
revoca l'indennità di 570 euro ai familiari

di Massimo Rossignati
VERONA - Se l’Inps taglia sulla pelle di una bambina di 10 anni. Accade a Verona, dove questa mattina la madre della piccola, accompagnata dai responsabili veronese e nazionale di Federcontribuenti, protesterà davanti agli uffici dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. È la storia di una bambina veronese, adottata dai genitori in Sudamerica alcuni anni fa: se mangia carne o legumi rischia di avvelenarsi. E per questo la sua crescita muscolare è deficitaria e lei ha bisogno di assistenza.

«Ma l’Inps di Verona ha deciso nei giorni scorsi di revocarle l’indennità di frequenza – fanno sapere dalla Federcontribuenti di Padova a cui si è rivolta la famiglia veronese -, destinata ad assisterla a scuola, e quella di accompagnamento». In totale, si parla di una somma di 570 euro al mese, vale a dire neanche 7 mila euro l’anno. Una cifra inferiore allo stipendio mensile di qualche dirigente statale.

È la legge della spending review, che taglia ai deboli e non ai forti: la Corte Costituzionale ha stabilito con sentenza 223 dell’11 ottobre scorso che il taglio agli stipendi dei magistrati e alle retribuzioni dei dirigenti pubblici che superano i 90 mila euro è “incostituzionale”. Non è “incostituzionale”, invece, tagliare 7.000 euro all’anno ad una famiglia alle prese con questi problemi.

«Soldi che per l’Inps rappresentano una briciola insignificante, mentre per quei genitori sono l’àncora di salvezza, la possibilità per garantire alla figlia un’insegnate di appoggio od un fisioterapista – sottolinea Marco Paccagnella, presidente nazionale di Federcontribuenti -. La bambina è affetta da una sindrome rarissima, una patologia che ne compromette lo sviluppo cognitivo a causa di una intolleranza alle proteine animali: se ingerisce carne o legumi rischia di avvelenarsi il sangue fino a morire. La piccola - a causa della malattia genetica, che in letteratura medica è descritta in appena 5 altri casi nel mondo - ha una crescita muscolare insufficiente. La madre è costretta ad acquistare il cibo per la piccola in farmacia, dove gode del sostegno dell’Ulss, ma nonostante questa delicata situazione l’Inps di Verona non trasmette più l’assegno di indennità di frequenza scolastica. Perché i medici non conoscono la patologia per cui la piccola paziente è in cura al centro delle malattie metaboliche infantili presso la pediatria di Padova. È inaccettabile che la spending review colpisca le persone più deboli».

Una vicenda che arriva, tra l’altro, dopo i casi delle bambine affette da malattie metaboliche delle provincie di Padova e Vicenza portate alla luce da Federcontribuenti il mese scorso. «Sono storie che fanno male – conclude il presidente Paccagnella – perché colpiscono i più indifesi. Fortunatamente, proprio ieri è arrivata la raccomandata alla famiglia di una bambina di Vicenza, anche lei gravamnente, con la quale l’Inps ha comunicato la riapertura del caso e la riassegnazione dell’indennità. Speriamo che presto facciano altrettanto gli uffici dell’istituto di Verona e Padova. È inaudito e inaccettabile che questi tagli di bilancio colpisca le persone più deboli».

http://www.gazzettino.it/nordest/verona/la_bimba_gravemente_malata_ma_inps_revoca_indennit_di_570_euro_ai_familiari/notizie/232050.shtml

mercoledì 14 novembre 2012

MONTI MINA L'INDIPENDENZA NAZIONALE



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Questi signori giocano con l'indipendenza nazionale, con la sovranità del nostro popolo e lo fanno usurpando cariche costituzionalmente rilevanti. Per tutta la giornata di ieri abbiamo chiesto al presidente del Consiglio, Mario Monti, di prendere le distanze dalla strombazzata riunione di una consorteria solitamente riservata come il gruppo Bilderberg, di cui si e' fatto sapere che avrebbe dovuto discutere a Roma in queste 48 ore del commissariamento di Italia, Grecia e Spagna, gli anelli deboli della catena europea.
Il capo del governo, al momento in cui scriviamo, si e' ben guardato dallo smentire alcunché; del resto, e' universalmente riconosciuta la sua appartenenza a quel mondo di finanzieri, banchieri, speculatori che decide sui destini del mondo all'interno delle loro riunioni oscure.
Ma dal presidente del Consiglio della Repubblica italiana pretendiamo trasparenza e garanzia di spirito nazionale. Cospirare contro il proprio popolo e' tradimento ed e' l'accusa che andrebbe mossa se davvero risultasse ancora la sua partecipazione a quelle trame mentre e' incaricato di un servizio pubblico quale e' la guida del governo.
Assieme a lui, fanno da membri di quel tristissimo e importantissimo consesso altri ministri del governo tecnico, si parla del solito Passera, della Fornero, della Severino, di Profumo. Se tutto questo e' vero - e auspichiamo che non lo sia per amor di Patria - e' peggio della P2, così come ci venne dipinta per tanti anni. Qui ci sarebbero le manovre per distruggere una Nazione già allo stremo sotto i colpi inferti dall'Europa a velocità tedesca.
Il gruppo Bilderberg pretende di decidere il destino e le ricette da ingoiare per milioni di cittadini ed interi sistemi economico-produttivi già vessati oltre ogni limite. Minacciano ulteriori riforme strutturali da imporre a strati sociali già abbondantemente martoriati. Sono le tecnocrazie che pretendono di decidere in luogo delle democrazie. Tocca ai popoli reagire ai soprusi della finanza globale. Noi non ci stiamo a vendere la dignità nazionale.

MARIO MONTI SEI UN CRIMINALE!! E ADESSO DENUNCIAMI, COSI' TI INCHIODO IN TRIBUNALE!

GRANDISSIMO PAOLO BARNARD

martedì 13 novembre 2012

Lazio: arrestato l'ex capogruppo Idv Maruccio




 
Antonio Di Pietro ha dovuto digerire gli scandali legati ai suoi uomini di punta nelle regioni Lazio, Emilia, Liguria. Ha dovuto fare i conti con gli avvisi di garanzia arrivati ai suoi partenti: il figlio Cristiano finì nei guai nell’inchiesta Romeo a Napoli e il cognato in una a Bologna. Ha dovuto prendere atto che il suo partito, l'Idv, ormai è morto con il capogruppo a Montecitorio Donadi e Formisano che se ne sono andati sbattendo la porta dopo la puntata di Report. Ha dovuto difendersi dall'accusa di presunti abusi sui rimborsi elettorali e sull’acquisto di immobili. Oggi Tonino, ex Pm della manetta facile, deve prendere atto che il suo "pupillo" Vincenzo Maruccio, è stato arrestato perchè avrebbe potuto inquinare le prove a suo carico. 
L’ex capogruppo dell’Idv alla Pisana, è stato portato in carcere dai militari del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, guidati dal colonnello De Luca. Il provvedimento restrittivo, sollecitato dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal pm Stefano Pesci, è stato emesso dal gip Flavia Costantini. Maruccio è accusato di peculato per l’illecita appropriazione di fondi destinati al partito.  Un reato che secondo l’accusa Salvatore Vincenzo Maruccio, già capogruppo dell’Idv alla Pisana, avrebbe compiuto   sottraendo tra l’aprile del 2011 e il giugno del 2012 700mila euro.  Denaro prelevato da due conti correnti aperti dall’Idv sulle banche   Cariparma e Credito Artigiano. I 700mila euro sono stati poi trasferiti, secondo l’accusa, da   aruccio su dieci conti correnti di cui risulta titolare presso alcune  banche. Sette di questi conti sono personali mentre altri tre in codelega. Interrogato nelle scorse settimane dai magistrati, l’ex capogruppo dell’Idv si è difeso spiegando di essere stato costretto ad anticipare soldi per sostenere le spese della politica, quando il partito era in crisi di liquidità, per i ritardi dell’amministrazione negli accrediti, e gli eventi incalzavano. Una spiegazione che non ha mai convinto la procura e la Guardia di Finanza. Secondo i finanzieri l'ex capogruppo era "schiavo del videopoker". per questo aveva un  bisogno spasmodico di contanti. Gli uomini del Nucleo di Polizia valutaria hanno trovato u assegni i cui beneficiari sono i gestori di sale gioco e bar con le slot-machine.
"L'analisi dei flussi finanziari relativi ai conti intestati al Gruppo Italia dei Valori-Lista Di Pietro incrociata con quelli intestati Maruccio Vincenzo ha permesso di rilevare uno sproporzionato ed ingiustificato utilizzo di denaro contante". E’ quanto scrive il gip Flavia Costantini nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dell’ex capogruppo del partito alla Pisana. In particolare, "si rilevano prelevamenti in contanti dai conti del Gruppo Idv per un importo complessivo pari a 456.670 euro". Il dato - si legge ancora nell’ordinanza - sintomatico di un utilizzo poco trasparente dei conti del Gruppo Idv, è già di per sè significativo ma lo diventa ancora di più se si incrociano ulteriormente i prelievi in denaro contante dai conti correnti del Gruppo Idv con i versamenti in denaro contante sui conti correnti personali del Maruccio, avvenuti contestualmente (lo stesso giorno)". Dati che "consentono di affermare come numerosi e ripetuti nel tempo siano stati i prelievi di denaro contante effettuati da Maruccio dai conti correnti del Gruppo Idv con contestuale riversamento del contante sui propri conti correnti personali: l’importo complessivo così ottenuto ammonta, infatti, ad euro 47.800". Intanto su Vincenzo Maruccio emergono altri particolari dall'ordinanza di custodia cautelare. Soprattutto sulla sua persona. "Pur percependo cospicui introiti come consigliere regionale ed essendo, al contempo, l'amministratore esecutivo di una piccola fortuna - 2 milioni e mezzo nell’arco di due anni e due mesi - era perennemente pressato dalla necessità di reperire denaro dalle più svariate fonti (sale giochi, tabaccherie, parenti, quali la madre che dalla Calabria, a suo dire, gli inviava con l’autobus i risparmi della nonna, amici vari)".. Maruccio quindi aspettava una "corriera" con i soldi della nonna. Magari per giocarseli da qualche parte. Il rappresentatnte legale di un locale di gichi dove in via Flaminia, a Roma, Maruccio andva a giocare, parla di un uomo in preda al vizio del gioco. "Era solito venire a giocare con una certa frequenza (3-4 volte a settimana) e indistintamente a qualsiasi ora della giornata. Personalmente ho avuto modo di vederlo giocare a qualsiasi ora esclusa la notte". "Si consideri - osserva il gip - che è lo stesso Maruccio a dichiarare che i propri redditi annuali ammontano a circa 150mala euro netti mentre le sue spese fisse si aggirano sui 70mila euro: con la duplice conseguenza che residuano circa 70mila euro e che non vi sono margini per perdere alle slot-machines somme ammontanti a 100-120mila euro a meno di non ricorrere, come verosimilmente può essere avvenuto, a continui prelievi dai conti del Gruppo non per finanziare l’attività politica ma anche per finanziare le perdite del gioco".   In sostanza, "lo spaccato che si apre per effetto di dichiarazioni dei gestori di una sala giochi, indicati dallo stesso indagato come suoi finanziatori, mostra che il vero meccanismo posto in essere dal Maruccio non è quello invocato di 'anticipazioni-rimborsì per dare impulso all’attivita politica ma quello di 'appropriazione-dissipazionè di risorse del gruppo a fini puramente personali
 

venerdì 9 novembre 2012

 

Niente fondi ai terremotatiLa Merkel dice "nein" Che ci facciamo nell'Ue?

Cinque paesi, Berlino in testa, si oppongono al trasferimento di 670 milioni in favore dell'Emilia. L'Europa di noi se ne frega



Uno schiaffo dall'Unione Europea. Cinque paesi, Germania in testa, si oppongono alla proposta di bilancio rettificativo per il 2012 presentata dalla Commissione europea e che rigurada l'esborso di 670 milioni di euro in favore dell'Emilia Romagna, la regione devastata dal terremoto la scorsa primavera. I fondi avrebbero dovuto essere sbloccati dal fondo d'emergenza sulle catastrofi naturali. Ora, come minimo, prima che vengano erogati si dovranno attendere altri cinque mesi. Dopo un anno di sacrifici in nome dell'Europa e dello spread, dal Vecchio Continente del rigore arriva il più amaro dei colpi bassi: niente soldi per i terremotati. Questo l'atteggiamento di diversi paesi europei nei confronti dell'Italia: Germania, Olanda, Finlandia, Gran Bretagna e Svezia non vogliono pagare il conto, hanno spiegato le fonti europee. Viene da chiedersi, ora, dopo anni di tasse, sacrifici e un governo imposto dal Vecchio Continente, che senso abbia restare nell'Unione Europea.
"Resto ottimista" - L’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, che rappresenta l’Italia nella trattativa per il bilancio Ue in corso a Bruxelles, si è comunque detto "ottimista di raggiungere stanotte un accordo sullo stanziamento di 670 milioni di fondi per le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia Romagna". Nelli Feroci lo ha detto mentre proseguono, tesissime le trattative, e ha poi precisato che "nessuna delegazione si è espressa contro i Fondi dovuti all'Italia, ma cinque o sei paesi ritengono che la decisione sulle modalità del finanziamento deve essere contestuale a quella sulla rettifica del bilancio 2012 da 9 miliardi".
Tutti i no della "cinquina" - Nel dettaglio, i rappresentanti dei governi dei cinque paesi hanno espresso la loro contrarietà al trasferimento nel corso della riunione Ecofin speciale sul bilancio dell'Ue, a Bruxelles. Gli stessi stati si sono opposti anche ad un secondo bilancio rettificativo, sempre relativo al 2012, in cui si chiede di finanziare gli 8 miliardi di euro mancanti per pagare le fatture dei programmi dei fondi di coesione, e i 90 miliardi necessari per il programma Erasmus di scambio degli studenti dei paesi membri. Inoltre, sempre la stessa "cinquina" capeggiata dalla rigorista Merkel, ha deciso di bloccare la proposta della Commissione del nuovo bilancio 2013 in cui di chiede un aumento del 7% rispetto all'anno precedente poiché, sostengono, si tratta dell'ultimo anno del periodo di programmazione finanziaria 2007-2013, e come sempre in questi casi vengono a scadenza la maggior parte delle fatture dei programmi attuati negli anni precedenti.
Una riunione tesissima - All'Ecofin lo scontro sul bilancio è durissimo, e viene inquadrato dal commissario Ue al Bilancio, Janusz Lewandowski: "Ora sono arrivate le bollette da pagare. Cosa dovrei farne, ignorarle e buttarle nel cestino della spazzatura?". I negoziati tra Commissione, Consiglio e Parlamento per cercare di arrivare a un'intesa complessiva, si prevede, dureranno tutta la notte.  I negoziati all'Ecofin continuano con grande difficoltà, tanto che lo stesso Lewandoski ha pronosticato che la riunione non terminerà prima delle 3 o le 4 del mattino.

giovedì 8 novembre 2012

Quella ricetta di Mussolini che salvò l'Italia dalla crisi



Nel nuovo libro di Vespa vengono analizzate in chiave attuale le misure che il Duce introdusse per tirare fuori il Paese dal baratro. Molte sarebbero d'esempio anche oggi


Poiché è stata la crisi del 2011-12 a suggerire l’idea di questo libro, e a fronte delle difficoltà incontrate dal go­verno Monti nel taglio della spesa pubblica, può essere interessante vedere come se la cavò Mussolini nell’altra Grande Crisi del secolo scorso. Come ogni regime dittatoriale, il fascismo spendeva grosse cifre per la difesa:all’inizio della crisi es­se rappresentavano il 32 per cento del bilancio statale, contro il 14 de­gli stanziamenti per opere pubbli­che. Ora, negli anni successivi al 1931, il bilancio della Difesa fu ta­gliato del 20 per cento, mentre lo stanziamento per opere pubbli­che fu quasi raddoppiato. («Nei primi dieci anni del mio governo­ - amava puntualizzare il Duce- si è speso in opere pubbliche più di quanto abbiano speso i governi li­berali nei primi sessant’anni dal­l’Unità d’Italia»). Il bilancio della polizia, altra po­sta strategica del regime, fu decur­tato del 30 per cento, come quello della Giustizia, mentre gli stanzia­menti per le Colonie furono ridot­ti quasi del 50 per cento. Colpisce, invece, che non sia stato tagliato di una sola lira il bilancio della Pubblica istruzione. Nonostante la scuola fosse uno dei settori sui quali Mussolini puntava mag­giormente (famoso lo slogan «Libro e moschet­to »), l’istruzione non fu mai veramente «fascistiz­zata », perché tra gli stessi in­segnanti fascisti erano pochi quelli che accettavano di svuotare la scuola della sua funzione culturale appiatten­dosi completamente sulle esi­genze del regime. Furono ridotti del 20 per cento anche i servizi fi­nanziari, malgrado i robusti inter­venti per salvare banche e impre­se. Nella prima metà degli anni Trenta il bilancio dello Stato oscil­lò tra i 19 e i 21 miliardi di lire. Nel­l’esercizio finanziario 1930-31 il disavanzo fu limitato al 2,5 per cento, ma dall’anno successivo passò via via dal 20 al 35, per ridi­scendere al 10 nel biennio 1934-35 .
Per farvi fronte, non volendo ri­nunciare alla parità aurea nono­stante la svalutazione del dollaro e della sterli­na, Mussolini fu costretto in cin­que anni a di­mezzare le ri­serve d’oro della Banca d’Italia. Gli inasprimenti fiscali raggiun­sero il picco nel 1934 con l’aggravio delle imposte sugli scambi e sulle successioni. Fu lì che il Du­ce disse «basta», con una frase che suonerebbe ancor oggi di notevo­le buonsenso: «La pres­sione fiscale è giunta al suo limite estremo e biso­gna la­sciare per un po’ di tempo as­solutamente tranquillo il contri­buente italiano e, se sarà possibi­le, bisognerà alleggerirlo, per­ché non ce lo troviamo schiacciato e defunto sotto il pesante far­dello ». (...) La diffusione delle biciclette e delle tramvie ex­traurbane aveva favorito il pendola­rismo tra campagna e città, cosicché si for­mò una potenziale nuova classe lavoratrice che i sindaca­ti cercarono di arginare, difenden­do gli operai urbani. I sindacati fa­scisti chiesero la riduzione del­l’orario lavorativo settimanale a 40 ore a parità di salario: l’Italia fu il primo paese al mondo a intro­durre tale misura fin dal 1934, una scelta così avanzata che è ancora in vigore quasi ottant’anni dopo. (…)
Nel 1933 il regime modificò radi­calmente il sistema assicurativo pubblico creando l’Istituto nazio­na­le fascista della previdenza so­ciale (Infps), dotato di gestione autonoma. Prima della fine del decennio, furono appron­tati diversi ammortizzatori sociali,come l’assicurazio­ne contro la disoccupazio­ne, gli assegni familiari e le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o a ora­rio ridotto. Per compensare i sacri­fici chiesti ai lavoratori e alle loro famiglie con le riduzioni salariali, il regime predispose «una serie di servizi sociali e di possibilità ricre­ative, sportive, culturali, sanita­rie, individuali e collettive, sino al­lora sconosciute o quasi in Italia e che influenzarono largamente il loro atteggiamento verso il fasci­smo e soprattutto quello dei giova­ni che più ne usufruirono». (...) In un paese ancora povero, in cui pochissimi bambini potevano permettersi le vacanze al mare, fu provvidenziale l’istituzione delle colonie estive, i cui ospiti passaro­no da 150mila nel 1930 a 475mila nel 1934. Nel 1926, un anno dopo la sua costituzione, l’Opera nazio­nale dopolavoro contava 280mila iscritti, che un decennio più tardi erano saliti a 2 milioni 780mila, per raggiungere i 5 milioni alla vigi­lia della seconda guerra mondia­le: quasi il 20 per cento dell’intera popolazione italiana. Gli aderenti godevano di alcune forme di assi­stenza sociale integrativa oltre a quella ordinaria, della possibilità di fruire di sconti e agevolazioni e, soprattutto, di partecipare a una lunga serie di attività sportive, ri­creative e culturali.
Agli adulti la tessera del dopolavoro dava dirit­to a forti sconti su ogni tipo di sva­go: dai cinema ai teatri, dai viaggi alle balere, dagli abbonamenti ai giornali alle partite di calcio. Tut­ti, iscritti e non, avevano diritto ­se bisognosi- alla refezione scola­stica, a libri e quaderni gratuiti,al­l’accesso a colonie marine, ai cam­peggi estivi e invernali, all’assi­stenza nei centri antitubercolari. (...) Rexford Tugwell, l’uomo più di sinistra dell’amministrazione americana, pur collocandosi ideo­logicamente agli antipodi del fa­scismo, riconosceva che il regime stava ricostruendo l’Italia «mate­rialmente e in modo sistematico. Mussolini ha senza dubbio gli stes­si oppositori di Roosevelt, ma con­trolla la stampa e così costoro non possono strillare le loro fandonie tutti i giorni. Governa un paese compatto e disciplinato, anche se con risorse insufficienti. Almeno in superficie, sembra aver com­piuto un enorme progresso. Il fa­scismo è la macchina sociale più scorrevole e netta, la più efficiente che io abbia mai visto. E ne sono in­vidioso».


La Grande Democrazia ha votato. Poco, ma ha votato

Rimaniamo semplicemente ai numeri. Si consideri che solamente il 50% degli aventi diritto va a votare e di questa percentuale una metà scarsa sceglie quello che sarà formalmente presidente. In pratica una manciata di milioni di elettori in confronto al resto del mondo che risentirà di questa scelta sul piano della politica estera, della politica, della economica, dell’ambiente…Calcoli alla mano: su 200 milioni, 100 vota e di questi metà per l’uno e metà per l’altro. 50 milioni di elettori che eleggono un predidente che reggerà le sorti del mondo. Per ironia è come se l’Italia, con la sua popolazione, potesse governare il globo…

La Grande Democrazia ha votato. Poco, ma ha votato
Quattro rapidissime riflessioni sulla “più grande democrazia del mondo” e le “elezioni negli Usa”.
Su circa 310 milioni di abitanti, negli Usa – previa “registrazione” negli elenchi elettorali di ognuno dei 50 Stati esprimendo palesemente il sostegno a democratici, repubblicani o indipendenti (sic) – avrebbero diritto di voto circa 210 milioni.

Usiamo l’ “avrebbero” perché è praticamente impossibile contabilizzare, negli States – dove non esiste un’anagrafe elettorale – le liste dei senza diritto, dei sospesi, etc.
Nella realtà a votare materialmente – alle presidenziali – va meno del 55% degli aventi diritto. Oggi sapremo esattamente quanti. (Anche nelle grandi città è tanto se alle “amministrative” e “locali” coloro che si presentano alle urne superano il 10-15% degli aventi diritto al voto. Un sondaggio recente (fine ottobre) della Gallup ha già indicato in almeno 90 milioni gli statunitensi decisi a non votare. Ergo: nella più grande democrazia, i democratici latitano.
http://luniversalesocialismotricolore.wordpress.com/2012/11/07/la-grande-democrazia-ha-votato-poco-ma-ha-votato/

martedì 6 novembre 2012

Esodati, la Camera blocca emendamento che ampliava tutele

Stop all’emendamento alla legge di Stabilità che ampliava le garanzie per gli esodati. La Corte dei Conti all'Inps: "Risanare i conti"
È arrivato lo stop all’emendamento alla legge di stabilità che ampliava le garanzie per i lavoratori esodati e che era stato votato all’unanimità dalla commissione Lavoro.

La commissione Bilancio della Camera ha infatti giudicato inammissibile la proposta. Nel frattempo, nella Relazione sulla gestione finanziaria dell'Inps, la Corte dei Conti ha fatto sapere che le misure di risanamento dei principali fondi dell’istituto e la razionalizzazione di quelli minori sono "indilazionabili".
Alla Camera il vicepresidente della commissione Lavoro Giuliano Cazzola (Pdl) ha spiegato che l’emendamento alla legge di stabilità è stato dichiarato "inammissibile" a causa delle coperture giudicate "inadeguate".
La proposta era stata votata all’unanimità in commissione Lavoro a Montecitorio (con l’unica eccezione proprio del deputato del Pdl che non aveva preso parte al voto) e poi era stata presentata in commissione Bilancio a Montecitorio. Cazzola ha già presentato ricorso: "Confido che i due relatori sappiano indicare ogni possibile misura correttiva degli errori compiuti in proposito negoziando con il governo".
Nella relazione presentata oggi, la Corte dei Conti ha chiesto all'Inps un "monitoraggio assiduo dell’incidenza delle riforme di lavoro e previdenza sulla spesa pensionistica". Secondo la magistratura contabile, sono indilazionabili "le misure di risanamento dei principali Fondi amministrati, nonché di razionalizzazione di quelli 'minori', in consecutiva e più marcata perdita complessiva, contenuta solo in parte dagli attivi della Gestione per le prestazioni temporanee e di quella per i parasubordinati". Secondo la Corte dei Conti, il netto patrimoniale congiunto prevale sui gravosi passivi degli autonomi e del più grande Fondo per il lavoro dipendente, "appesantito dai dissesti strutturali dei dirigenti di azienda e di quelli della elettricità, trasporti e telefonia", i cui saldi negativi tra contributi e prestazioni trovano "insufficiente copertura nel finanziamento statale, ancora non adeguatamente individuato nella componente assistenziale a carico della fiscalità". Nel 2011 conti generali dell’Istituto registrano un'ulteriore contrazione dell’avanzo finanziario e un accentuato deficit economico connessi, a detta della Corte dei Conti, al primo declino degli apporti statali. Proprio per questo, la magistratura contabileha fatto sapere che "restano condizionate le stime di pesanti risultanze negative nel 2012 che incorporano lo squilibrio strutturale, già evidenziato dalla Corte nel recente referto sulla più grande gestione acquisita dell’ex Inpdap, corretto solo in parte dagli ultimi provvedimenti normativi".
http://www.ilgiornale.it/news/interni/esodati-camera-blocca-emendamento-che-ampliava-tutele-853405.html

giovedì 1 novembre 2012




EZRA POUND



Aforismi di Ezra Pound

Oggi il nome "democrazia" è rimasto alle usurocrazie, o alle daneistocrazie, se preferite una parola accademicamente corretta,
ma forse meno comprensibile, che significa: dominio dei prestatori di denaro. (Ezra Pound)