lunedì 13 maggio 2013



La violenta giornata sporca di sangue italiano del clandestino pregiudicato Kabobo.



kabobo



Milano – Il bilancio finale di due ore di follia è quasi da attentato terroristico: un morto, due in fin di vita, altri due feriti e una sesta persona sfuggita per miracolo alla morte. Un striscia di furore iniziata alle 4.30 e conclusa alle 6.35 quando finalmente i militari, allertati purtroppo con grande ritardo, sono riusciti a bloccare l’omicida, un africano di 31 anni che ha detto solo: «Ho fame».
Quartiere Niguarda, periferia nord di Milano, una tranquilla zona residenziale sviluppatasi attorno al grande ospedale edificato a fine degli anni Trenta. Sono le 4.30, il quartiere dorme ancora mentre per le strade si aggira un «mostro» armato di spranga. Incrocia Andrea Carfora, 23 anni, sta rientrando dopo una serata trascorsa con un amico. Gli si para davanti gli fa cenno con la mano di avvicinarsi. Poi appena a tiro gli sferra un colpo. Il ragazzo lo para con il braccio sinistro poi scappa. Fa il giro dell’isolato, vede che l’aggressore è sparito, si infila in casa e va a letto. Si sveglierà tre ore dopo dolorante e andrà in ospedale dove scoprirà di aver aperto una lunga lista di feriti.
Alle 5.15 tocca a Francesco Niro, 50 anni, operaio di rientro dal turno di notte, non sa chi e cosa l’abbia aggredito alle spalle, una botta in testa, cade a terra svenuto. Quando riprende conoscenza, torna a casa sanguinate, la moglie Antonella chiama il 118 che lo porta in ospedale. Poco dopo le 6 Antonio Marisco, 56 anni, esce per portare fuori il cane. Vede l’ africano, che nel frattempo ha cambiato arma, venirgli incontro con un piccone in mano, si insospettisce e quando nota che, appena superato, questi si gira. Lui si infila a razzo nel portone. Salvo per caso. Come è salvo per caso quel signore che ieri in piazza raccontava come lui a quell’ora sia solito farsi un giro in bicicletta: ieri ha forato ed è rimasto a casa. Alle 6.22 portava a spasso il cane anche Ermanno Masini, 64 anni, pensionato. Non fa in tempo ad accorgersi di nulla e viene colpito alla testa. Raccolto in coma, viene ricoverato in prognosi riservata.
Non aveva sonno Alessandro Carole, 40 anni, forse anche perché è disoccupato e non riesce a trovare lavoro. Saluta la mamma, appena rimasta vedova, «Vado a prendere un caffè» e appena in strada incontra la morte. Su di lui l’africano si accanisce con particolare ferocia, dopo il primo colpo che lo fa stramazzare a terra, ne sferra altri 4, alla testa e all’addome. Portato d’urgenza in ospedale, verrà dichiarato morto alle 8.32. Stessa sorte appena cinque minuti dopo per Daniele Carella, 21 anni. A differenza degli altri, tutti colpiti sotto casa, lui viene da Quarto Oggiaro, qualche chilometro più a ovest. Ha accompagnato il padre che distribuisce giornali alle edicole. Anche per lui una gragnuola di colpi a tradimento, sferrati con tanto foga da spezzare il manico del piccone. È più grave di Masini, le sue condizioni sono disperate.
Solo a quel punto arriva finalmente una chiamata al 112, un passante segnale «Un giovane dalle pelle nera con un’ascia in mano». Alle 6.28 viene diramato l’allarme agli equipaggi, alle 6.35 l’uomo viene individuato. Vendendosi braccato, scaglia il piccone contro i militari poi tenta una fuga disperata. Viene raggiunto e immobilizzato, nonostante si dibatta come un forsennato. Portato al comando provinciale di via Moscova, ha lo sguardo allucinato, ma non sembrerebbe in preda ad alcol o droghe. Non parla italiano, provano con l’inglese, ottenendo qualche risposta confusa. Si riesce solo a capire «dormo per strada» e «ho fame».
Inutile chiedergli perché lo abbia fatto. Dalle impronte digitali si risale ad Adam Mada Kabobo, nato in Ghana nel 1982, sbarcato in Italia, Puglia per la precisione, nell’estate 2011, dove chiede asilo. Rinchiuso al Centro accoglienza richiedenti asilo di Bari, il 1° agosto partecipa a una rivolta e finisce in carcere. Ottenuta la libertà ricompare a Foggia dove viene nuovamente arrestato per una rapina. In galera distrugge un televisore, non è tipo tranquillo, poi però viene scarcerato il 17 febbraio 2012. Nel frattempo la sua richiesta d’asilo viene respinta, lui fa ricorso e per questo non può essere espulso. Ricompare a Milano dove viene fermato e controllato il 15 aprile di quest’anno. Poi più nulla, fino a ieri mattina.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/prende-picconate-i-passanti-milano-due-ore-follia-916421.html


http://www.milano.forzanuova.info/blog/

venerdì 10 maggio 2013

Imu, slitta l'abolizione della tassa








Né cancellata, né sospesa, forse rinviata. Tradotto: un flop, una presa in giro. L'Imu viene se tutto va bene rinvita a settembre. In pratica invece di pagarla a giugno, la verseremo tre mesi più tardi, Per quanto riguarda la cassa integrazione i fondi verranno recuperati dalle risorse già stanziate nell'ambito delle politiche del lavoro.  Il consiglio dei ministri di giovedì nove maggio non ha portato ad alcun risultato, se non la decisione di rinviare l'approvazione del decreto nei prossim giorni. Ufficialmente per definire le modalità tecniche e garantire che i Comuni non si trovino in deficit di cassa".  Immediato l'intervento di Silvio Berlusconi che all'abolizione dell'Imu ha legato la fiducia del centrodestra al governo Letta: "E' una bella vittoria ma non basta", ha detto al Tg5. "C'è l’impegno politico a sospendere la rata di giugno e ridefinire la materia riguardante la tassazione sulle proprietà immobiliari entro 100 giorni dalla data di scadenza della prima rata", ha precisato il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. 
Problemi tecnici - Lo slittamento dell’approvazione delle misure annunciate dunque  sarebbe da attribuire esclusivamente a problemi tecnici di copertura o  di ragioneria che hanno indotto il governo a rinviare di qualche  giorno. Nessun dissidio di natura politica, ma solo un supplemento di  istruttorià contabile. In realtà è chiaro che qualcosa non ha funzionato. Pare che durante il prevertice il Pdl abbia espresso delle perplessità intendendo estendere la sospensione dell'Imu anche ai capannoni industriali. In realtà serve il via libera dell'Europa per liberare le risorse necessarie alle coperture delle misure annunciate, ma l'Europa vuole valutare le coperture prima di dare il via libera. La sospensione della prima rata dell'Imu vale due miliardi, trasformandola in un rinvio viene meno il bisogno di una copertura contabile. I mancati incassi verrebbero coperti con anticipi di Tesoreria e della Cassa dei depositi. Il timore è che alla fine pagheremo ugualmente una tassa sulla casa anche se non si chiamerà più Imu. Lo ha anticipato Libero nei giorni scorsi, e la conferma arriva dalle parole del ministro Saccomanni: "Qualche forma di tassazione sulla proprietà immobiliare dovrà rimanere. In alcuni paesi è strutturata in maniera diversa da come è fatta in Italia e ci muoveremo in questa direzione"

Fregatura in arrivo - L'ipotesi di cui Libero ha dato conto è che venga rivisto tutto  il sistema della tassazione sulla casa e sui servizi sostituendola con una imposta nuova di zecca: la service tax alla francese. La nuova tassa incorporerebbe infatti anche la Tares e non sarebbe più destinata ai soli proprietari di casa, ma a tutti coloro che detengono o occupano a qualsiasi titolo un immobile o una superficie operativa. L’Ics (Imposta case e servizi) a cui sta lavorando Saccomani, infatti, si porterebbe in dote anche il miliardo aggiuntivo previsto dalla Tares più il gettito attuale di Tarsu e Tia. Complessivamente si tratta di 8 miliardi, che si andranno ad aggiungere ai 4 dell’Imu. Poi, come è successo per quest’ultima, può capitare che il gettito reale (23,7 miliardi) risulti più alto di quello stimato dal governo (21 miliardi). 

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1238996/Imu--slitta-l-abolizione-della-tassa--.html

lunedì 6 maggio 2013

Istat: disoccupazione in crescita, Pil in calo

I dati dell'Istituto parlano di un futuro di depressione: in contrazione anche la spesa delle famiglie. Vegas: "Il risanamento sia più graduale




I dati Istat fotografano un quadro di ulteriore depressione economica. Secondo l'Istituto di statistica la spesa delle famiglie italiane è prevista in contrazione dell’1,6% nel 2013 per effetto della diminuzione del reddito disponibile, con un moderato aumento dello 0,4% nel 2014. Altre cattive nuove dal fronte dell'occupazione: nell'anno in corso il mercato del lavoro dovrebbe continuare a "manifestare segnali di debolezza con un rilevante incremento del tasso di disoccupazione all’11,9% (+1,2 punti percentuali rispetto al 2012)". Nel 2014 la disoccupazione dovrebbe crescere ancora fino a raggiungere il 12,3% a causa del ritardo con il quale il mercato del lavoro "è previsto rispondere alla lenta ripresa dell'economia". In considerazione dell'andamento stentato del mercato del lavoro le retribuzioni dei dipendenti vengono previste in moderato aumento, in crescita dell'1% nel 2013 e dell'1,3% nel 2014. 
Il Pil - Infine i dati sul Pil, ancor più preoccupanti. Nel 2013 l'Istat prevede una diminuzione del prodotto interno lordo italiano pari all'1,4% in termini reali. Per il 2014 il recupero dell'attività economica, che dovrebbe essere prevalentemente spinto dalla domanda interna, dovrebbe determinare una crescita moderata, pari a 0,7 punti percentuali. L'istituto spiega che nel 2013 "l’attività economica sarà contrassegnata da una flessione dell’1,4% in media d’anno, a causa di un contributo marcatamente negativo della domanda interna (-2,0 punti percentuali, al netto delle scorte), solo in parte compensato dalla domanda estera netta (1,1 punti percentuali). A causa dell’incertezza sulle aspettative di ripresa l’apporto delle scorte risulterebbe negativo (-0,5 punti percentuali)". L'Istat aggiunge che nel 2014 "il Pil aumenterebbe dello 0,7%. La domanda interna al netto delle scorte tornerebbe a fornire un contributo positivo (0,7 punti percentuali) che si accompagnerebbe a un aumento marginale della domanda estera netta (0,1 punti percentuali)".
Consob: "Basta austerità" - Ed è in questo contesto che fa rumore l'appello di Giuseppe Vegas, presidente della Consob, l'organismo di controllo sulla Borsa. Nella sua relazione ai mercati finanziari Vegas spiega che "un'austerità senza speranza può diventare il detonatore di una crisi generalizzata". Il presidente ha sottolineato i rischi di un eccessivo ricorso a misure di austerità sui conti pubblici a scapito della crescita economica: "Se la parsimonia nella spesa pubblica e il rispetto delle ragioni dei contribuenti debbono costituire la stella polare dell'azione di ogni governo, il necessario risanamento dei conti pubblici nei paesi più indebitati dell'Eurozona non può che realizzarsi in un quadro di crescita economica". Vegas ha rimarcato che "un rilancio della crescita del Pil costituisce la condizione indispensabile per migliorare i parametri di finanza pubblica sui quali vengono costruite le manvovre", e che "il risanamento non può che avvenire attraverso un approccio più graduale rispetto a quanto ad oggi previsto dal fiscal compact".

http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/1236352/Ista--disoccupazione-in-crescita--Pil-in-calo.html

venerdì 3 maggio 2013

Un omicidio su tre opera di stranieri E il 25% degli italiani ora ha paura

Il rapporto sulla sicurezza pubblicato dal Viminale. Altissima incidenza criminale degli immigrati, soprattutto degli irregolari. Gli omicidi in calo. Preoccupazione per i dati sulla violenza sulle donne: oltre un milione ha subito abuso, la maggior parte delle volte in famiglia

Roma - Un italiano su quattro ha paura. La paura delle criminalità, di subire aggressioni, di essere a rischio, "è fortemente cresciuta" negli ultimi anni nel nord est d’Italia. Mentre negli anni novanta solo il 17,3% degli abitanti di queste zone del Paese considerava a rischio di criminalità la zona in cui viveva, nel 2005 la percentuale è salita al 28,1%.

Lo rileva il rapporto sulla sicurezza 2006 del Viminale che sottolinea come in generale nel Paese la paura di subire un reato non è cresciuta nell’arco degli ultimi 14 anni anche se è un sentimento di "dimensioni non trascurabili". In Italia, infatti, una persona su quattro si sente poco o per niente sicura quando cammina sola al buio la sera nel proprio quartiere, e questa insicurezza cresce in Sicilia, nel Lazio e in Lombardia ma raggiunge il massimo in Campania dove supera un terzo della popolazione.
Omicidi in calo Nel 2006 sono stati 621, poco più del minimo storico di 601 toccato nel 2005. Un dato che conferma il trend di netta diminuzione per questo reato, che ha raggiunto il picco nel 1991, con ben 1.901 omicidi, per poi scendere negli anni successivi. In sostanza, nel 2005 e 2006 si è registrato un tasso di omicidi di poco superiore a 1 ogni 100mila abitanti. Per trovare un tasso più basso bisogna risalire ai primi anni ’70. Sono aumentati gli omicidi originati in ambito familiare o per passioni amorose: 192 nel 2006. Al Sud e nelle isole il tasso di omicidi nel 2006 è risultato quasi doppio rispetto al Centro-Nord.
Un omicidio su tre commesso da stranieri Su tre persone denunciate per omicidio, una è straniera. E, quasi sempre, è irregolare. La fotografia scattata dal rapporto è abbastanza nitida: la quota degli stranieri sul totale dei denunciati e degli arrestati per la gran parte dei reati, è decisamente più altra rispetto all’incidenza della popolazione straniera nel nostro paese: su 442 denunciati per omicidio, il 32% sono stranieri, mentre la popolazione immigrata non supera il 5% del totale. Ma, afferma il Viminale, "è importante sottolineare che la netta maggioranza dei reati viene commessa da stranieri irregolari, mentre quelli regolari hanno una delittuosità non molto dissimile alla popolazione italiana". Lo dicono i numeri: il 74% degli stranieri denunciati per omicidio è irregolare; così come il 72% dei denunciati per tentato omicidio; il 62% per violenza carnale, il 63% per sfruttamento della prostituzione. Nel complesso, gli stranieri regolari denunciati nel 2006 sono stati quasi il 6% del totale dei denunciati, un numero che si avvicina di molto alla percentuale di immigrati rispetto alla popolazione residente (5%). Quanto alle nazionalità degli stranieri che commettono reati, anche in questo caso i paesi sono gli stessi che forniscono il maggior numero di irregolari: Albania, Marocco e Romania. I romeni sono i primi per gli omicidi, le violenze sessuali, le estorsioni, le rapine nelle abitazioni e i furti con destrezza. Gli albanesi primeggiano per i furti in abitazione mentre i marocchini per i tentati omicidi, le lesioni dolose e gli scippi.
Espulsioni degli irregolari Sono venti i provvedimenti di espulsione che il Viminale ha adottato nel 2006 nei confronti di altrettanti stranieri ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale. E le indagini condotte dalle forze di polizia per contrastare il terrorismo internazionale di matrice islamica, hanno consentito l’arresto di 23 persone. Dei 20 espulsi, 8 sono algerini, 8 tunisini, 2 marocchini, un egiziano e un siriano. 14 erano state nel 2005 le espulsioni mirate (6 marocchini, 5 tunisini, 2 algerini, 1 egiziano), 8 nel 2003 (6 marocchini, 1 senegalese, 1 algerino) e nel 2002 una soltanto (un algerino). Fondamentale, per contrastare la minaccia del terrorismo islamico, è stata secondo il rapporto anche la strategia "via libere mirate", che ha consentito nel 2006 il controllo di 11.870 obiettivi; l’identificazione di 39.204 persone; 386 arresti non per fatti di terrorismo; 1.088 procedure di espulsione avviate; 927 persone denunciate per reati vari; 883 sanzioni amministrative contestate nei confronti di altrettanti gestori di call center, internet point e money transfert.
Violenza su oltre un milione di donne Sono un milione 150 mila le donne che nel 2006 hanno subito violenza, il 5,4% di quelle tra i 16 e i 70 anni. Di queste, ha subito violenza sessuale il 3,5%, mentre lo 0,3% ha subito stupri o tentati stupri. Gli autori delle violenze sono per la maggior parte i partner, responsabili nel 62,4% dei casi di violenza sessuale nel 2006, di molestie nel 68,3% dei casi e di stupri nel 69,7% dei casi. Più in generale il rapporto sicurezza rileva come il 31,9% (6 milioni e 743 mila) del totale delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni ha subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. In particolare sul totale delle donne circa un milione (4,8%) ha subito stupri o tentati stupri. Un milione 400 mila donne ha subito violenza sessuale e fisica prima dei 16 anni in famiglia: complessivamente i parenti sono responsabili del 23,8% delle violenze subite prima dei 16 anni. Infine, il 18,8% del totale delle donne (due milioni 77 mila) ha avuto un compagno che al momento della separazione o dopo le ha perseguitate.
Terrorismo rosso e nero Nonostante il gruppo delle Br responsabile degli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi "sia stato pressoché disarticolato", gli investigatori tengono "alta l’attenzione" verso altre formazioni che "vedono nella lotta armata l’approdo della propria strategia politica o nel ricorso alla violenza uno strumento per fare politica". L’attività investigativa nei confronti delle Br è stata "corroborata da importanti conferme sul piano processuale". Quanto all’area anarchica, il rapporto indica nel 2006 un "intenso dinamismo" sia della Fai (Federazione anarchica informale), che ha rivendicato una serie di attentati in Piemonte, sia di altre componenti anarchiche che hanno agito prevalentemente in Toscana. L’estremismo di destra, invece, è caratterizzato secondo il Viminale da una "galassia di gruppi, per lo più di limitate dimensioni" che manifestano uno "spiccato profilo aggressivo con il compimento di atti di intimidazione violenta sia nei confronti degli avversari politici che all’indirizzo delle forze di polizia". Complessivamente, nel 2006 si sono registrati 1.433 attentati e danneggiamenti di varia natura a persone o cose e 873 atti intimidatori. Al primo posto le sedi di partito (429, di cui 27 attentati, 352 danneggiamenti e 50 episodi di altra natura) seguite dagli enti locali (116). Per quanto riguarda le persone, infine, le categorie più colpite sono i pubblici amministratori (79 attentati e 77 danneggiamenti), i rappresentanti politici (37) e le forze di polizia (12).
Mafia ed economia La criminalità organizzata continua a mantenere "un’elevata capacità di infiltrazione nel tessuto economico e finanziario" grazie anche alla presenza di affiliati "dotati di un adeguato profilo culturale (operatori economici e finanziari)". Tra le associazioni mafiose ci sono "modelli in persistente evoluzione" che oltre a persistere nell’azione di controllo del territorio di origine, "condizionano segmenti dell’economia imprenditoriale nazionale con ingerenze negli appalti pubblici". Il Viminale lancia l’allarme anche sull’alleanza tra la criminalità organizzata italiana e quella di matrice straniera per la gestione del traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, tratta degli esseri umani e sfruttamento della prostituzione. In particolare Cosa nostra si è evoluta ed è in grado di condizionare settori dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione, in particolare nel comparto delle opere pubbliche e dell’assegnazione dei servizi. Altamente competitiva e orientata alle attività criminali che investono ambiti territoriali, nazionali e esteri è la ’ndrangheta dedita soprattutto al traffico di stupefacenti, in particolare di cocaina. In campo internazionale la ’ndrangheta può contare su una struttura molto solida improntata su veri e propri ’network’. La camorra è invece caratterizzata da una tendenziale frammentazione tra realtà criminali fluide che determinano una particolare instabilità e danno luogo a un rilevante fenomeno di gangsterismo metropolitano.

http://www.ilgiornale.it/news/omicidio-su-tre-opera-stranieri-e-25-degli-italiani-ora-ha.html

giovedì 2 maggio 2013

Concerto Primo Maggio 2013 a piazza San Giovanni: 61 arresti e 25 denunce dei carabinieri

Concertone del Primo Maggio: 61 arresti e 25 denunce dei carabinieri







I fermi quasi tutti legati alla detenzione e allo spaccio di droga. Sequestrati oltre due chili di sostanza stupefacente tra hashis, marjiuana, cocaina, eroina, chetamina e anfetamina


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Concerto Primo Maggio 2013 a piazza San Giovanni: 61 arresti e 25 denunce dei carabinieri

Sessantuno arresti, 25 denunce e oltre due chili di droga sequestrata. Questi i numeri dei controlli dei carabinieri in occasione del tradizionale Concertone del Primo Maggio. Militari delle delle Stazioni e dei Nuclei Operativi del Gruppo di Roma impiegati, oltre in piazza San Giovanni e nelle vie limitrofe, anche nei luoghi di transito dei frequentatori della manifestazione musicale, in modo da assicurare un divertimento sano e sereno alle tante persone giunte da tutta Italia per assistere all’atteso evento.
PATTUGLIE IN BORGHESE - Sono stati potenziati i servizi dinamici per rafforzare la presenza e l’azione di controllo; in tale quadro sono state dispiegate anche pattuglie in borghese tra la folla per vigilare e reprimere eventuali forme di illegalità. Particolare attenzione è stata rivolta dai militari al contrasto dello spaccio di stupefacenti, fenomeno che trova terreno fertile in occasione di questi grandi eventi caratterizzati da una considerevole affluenza di giovani. Cinquantadue sono state infatti le persone arrestate per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti con il sequestro di circa 2 chili di droga suddivisa in dosi del tipo hashish, marjiuana, cocaina, eroina, chetamina e anfetamina.
GIOVANI DA TUTTA ITALIA - Tra gli arrestati per droga ci sono cittadini stranieri e giovani e meno giovani provenienti da varie regioni italiane quali il Lazio, la Puglia, la Campania, la Calabria, l’Umbria, le Marche, l’Abruzzo e la Sicilia. Sempre in materia di droga sono state denunciate altre 25 persone. Ventisette sono stati, invece, i ragazzi segnalati al Prefetto perché scoperti ad assumere droghe. Altre 7 persone sono state arrestate per aver borseggiato alcuni spettatori, altri 2 per resistenza ai Carabinieri che li stavano controllando.

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mercoledì 1 maggio 2013

PER NON DIMENTICARE
1 Maggio in ricordo di UGO

Genova 1 Maggio 1970 muore il Camerata UGO VENTURINI, operaio, padre di un bambino, marito esemplare, Sindacalista CISNAL, membro dei volontari nazionali di Genova... muore colpito  da una bottiglia lanciata dai comunisti... muore per proteggere, insieme ad altri camerati, il palco dove Giorgio Almirante teneva un comizio. colpito il 18 Aprile cessa di vivere il 1 maggio a soli 32 anni giornata simbolo per gli operai e i sindacalisti come lui. Il nostro ricordo deve andare a lui che è tra i simboli più forti di coraggio e attaccamento ai valori che contraddistinguono noi di Destra.

martedì 30 aprile 2013

CARLO BORSANI






"....il 27 Aprile viene prelevato, insieme al Magg. Bertoli, e trasferito in una cella del palazzo di giustizia insieme ad altri detenutu politici. La mattina del 29 Aprile alcuni partigiani, rimasti sempre sconosciuti, si presentano con documenti del C.L.N. ed ottengono il permesso di trasferirlo in altro logo.

Il Magg. Bertoli si fa avanti offrendosi di accompagnarlo, ma i partigiani lo respingono, ed alla sua proposta di dargli gli effetti personali rispondono : "Dove va lui non servono".

Condotto presso la scuola di viale Romagna subisce un sommarrio e criminoso processo. Condannato a morte è assassinato, insieme a Don Tullio Cacagno, direttore di "Crociata Italica", in piazzale Susa. 

Prima che l'esecuzione avvenga, Bersani trae dal portafogli la prima scarpetta di lana della figlia Raffaella, la bacia e per l'ultima volta grida "VIVA L'ITALIA"

29 Aprile 1945. Un carretto della spazzatura attraversa le vie di Milano per raggiungere l' obitorio dove scaricherà un corpo senza vita. Unico riconoscimento un cartello: Carlo Borsani ex medaglia d'oro"




Figlio di un operaio, rimase orfano di padre in giovane età e visse per molto tempo in povertà. Con grandi sacrifici della madre riuscì ad iscriversi all 'università, che però abbandonò nel 1940 per andare a combattere da volontario contro la Francia, guadagnandosi al termine della campagna una prima medaglia al valor militare. Poco dopo aver scritto l'inno del suo reggimento fu inviato in Albania in vista dell'attacco alla Grecia.
Seppur gravemente ferito durante un assalto, Borsani continuò la battaglia venendo colpito da un colpo di mortaio che gli scoperchiò letteralmente il cranio. Dichiarato morto nello stesso giorno (9 marzo 1941), riuscì a riprendersi sebbene rimase completamente cieco: a causa di questo episodio fu decorato con una medaglia d'oro al valor militare e fu dichiarato mutilato di guerra e grande invalido.
Dopo l’8 settembre 1943, Carlo Borsani si schierò con la Repubblica Sociale Italiana, divenne presidente dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra, e direttore di un nuovo quotidiano, La Repubblica fascista, una direzione affidatagli direttamente da Mussolini. Rimase sei mesi al posto di direttore, poi i suoi appelli a superare gli odii fratricidi gli valsero l’ostilità del tandem oltranzista Farinacci-Pavolini che ne chiese la testa al Duce.
Il suo ultimo editoriale su La Repubblica fascista, prima di essere licenziato, aveva come titolo "Per incontrarci", un'apertura di dialogo con chi stava dall'altra parte, rivolto agli antifascisti.
Ciò nonostante, al termine della seconda guerra mondiale si rifugiò a Milano, ma venne assassinato a Piazzale Susa da un gruppo partigiano comunista con un colpo alla nuca. Il suo cadavere gettato su un carretto della spazzatura, dopo aver girato per le vie dell'Ortica, Monluè e Città Studi, con il cartello "ex medaglia d'oro" giunse all'obitorio. Da lì fu portato e sepolto al cimitero di Musocco, nel Campo n. 10, fossa 1337 insieme a decine di caduti della Repubblica Sociale Italiana.



Carlo Borsani nasce a Legnano (MI) il 29 agosto 1917 da famiglia socialista. Ultimo di quattro fratelli, a 13 anni resta orfano del padre Raffaele, operaio della FRANCO TOSI Meccanica fondata nel 1881, per un incidente di lavoro tra le cinghie una puleggia. Entra nel Collegio Vescovile di Lodi e vi compie gli studi liceali, ma non quelli teologici necessari al sacerdozio e nel 1937 si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università Statale di Milano. 
Terminato il Corso Allievi Ufficiali a Salerno il 12 marzo 1939, mentre sta svolgendo a Milano il Servizio di prima nomina di Sottotenente nel 7° Reggimento Fanteria, le due potenze imperialiste europee Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania per aver invaso l'1 settembre la Polonia. Il suo Reggimento da Milano viene subito trasferito a Limone Piemonte (CN), ma dal 10 al 24 Giugno 1940 non spara neppure un colpo contro i francesi. Il conflitto lo allontana dai Corsi universitari e dopo la dichiarazione di guerra alla Grecia del 28 ottobre 1940, con il 7. Reggimento della Divisione CUNEO si imbarca a Brindisi su Nave Sardegna e raggiunge Valona il 22 dicembre. 
Aggregato con il 3. Battaglione alla Divisione ACQUI, il 4 gennaio 1941 al battesimo del fuoco contro i greci, oltre Passo Logora presso il caposaldo Mai Skutarait, viene ferito da alcune schegge. Nel combattimento del 9 marzo sulle pendici del Messimerit (1695 m), uno dei monti innevati paralleli alla costa jonica una mitragliatrice lo ferisce alle gambe e attorno alla barella che lo trasporta scoppia un colpo di mortaio che uccide tre soccorritori e lo colpisce alla testa. Ritenuto morto, viene deposto tra i Caduti. Al seppellimento muove una mano. Operato nell'Ospedale da campo di Krionero, si salva ma resta privo della vista. Viene insignito di Medaglia d'Oro al Valore Militare. 
Nel marzo del 1942 dà alle stampe le prime poesie e nel luglio si laurea in Letteratura Italiana con una Tesi su "Gli aspetti della poesia classica nei confronti di quella moderna". Tra quanti lo aiutano a studiare c'è una sedicenne studentessa presso le Suore Orsoline, Franca Longhitano, che diviene sua moglie il 21 ottobre 1942 nella Cappella del Centro Mutilati dell'Ospedale Militare milanese di Baggio. Nascono due figli: Raffaella il 4 novembre 1943 e Carlo, cinque mesi dopo il funesto aprile, il 26 settembre 1945. . 
Aderisce alla RSI a Milano con un gruppo di giovani e il 28 settembre il Governo Repubblicano gli affida la guida dei Mutilati di guerra. In RSI otterrà l'erogazione della pensione anche per gli invalidi del lavoro. Il 10 novembre 1943 lancia un appello agli italiani dagli studi milanesi EIAR di Corso Sempione, il 20 febbraio 1944 commemora Dante Alighieri con un discorso radiodiffuso da Palazzo Vecchio a Firenze, il 23 marzo esalta a Roma nel Palazzo delle Corporazioni la Fondazione dei Fasci di Combattimento e il 29 aprile celebra al Teatro Odeon di Milano la "Giornata del Mutilato". 
Il 23 gennaio 1944 firma a Milano il primo numero LA REPUBBLICA FASCISTA con redazione nei locali di Via Galilei de LA GAZZETTA DELLO SPORT, non in edicola. Dopo l'editoriale "Per incontrarci" rivolto ai ribelli, il 16 luglio 1944 viene avvicendato nella direzione del quotidiano da Enzo Pezzato. Collabora con i fondatori del "Raggruppamento Nazionale Repubblicano Socialista", Partito autorizzato da Mussolini il 13 febbraio 1945 e il 15 aprile manifesta per le vie di Milano tra le migliaia di Combattenti convocati dalla M.d'O. Bruno Gemelli, Sottosegretario per la Marina Repubblicana. 
Trascorre la sera del 25 aprile 1945 con i Marò della Decima MAS e la notte all'Albergo Nord in Piazza della Repubblica dove, al mattino, rifiuta l'offerta di Borghese di un espatrio. Si rifugia all'Istituto Oftalmico, ma il 27 dopo una spiata è rinchiuso nei sotterranei del Palazzo di Giustizia. Nel pomeriggio del 29 aprile, insieme a don Calcagno, è condotto nelle Scuole di Viale Romagna e da lì in Piazzale Susa dove viene assassinato con un colpo alla nuca.




Discorso di Carlo Delcroix pronunciato al Teatro Adriano di Roma l'1l febbraio 1951, dedicato a Carlo Borsani, un eroe della guerra perduta. 

Il 29 aprile 1945 Carlo Borsani giacque sull'erba del piazzale Susa a Milano. 
A quel condannato non fu necessario imporre la benda, e dell'ombra che lo fasciava avrebbe abusato la morte per non dichiararsi. Al plotone di esecuzione il comando di fuoco si suol dare con un cenno, ed è la misericordia del silenzio, mentre quello fu il silenzio della viltà che non osò guardare chi non poteva vederla. Nel chiaro mattino il cieco sorrideva al sole, e qualcuno gli girò intorno per colpire alla nuca il soldato a cui la gloria aveva schiuso una rosa in fronte. Carlo Borsani apparteneva alla generazione dei nostri figli, e non avrebbero dovuto dimenticarlo quelli che lo fecero uccidere perché, da qualunque parte si fossero trovati, avevano una qualche responsabilità nella guerra di cui sarebbe stato vittima tre volte il giovane a cui fu tolta la vista, la vittoria e la vita. Eppure, il suo nome figurava nella lista dei capi da sopprimere, segno che la sua fine fu deliberata. 
Un giorno sapremo forse chi sia stato a ordinaria e da chi l'ordine fosse eseguito, ma quello che non riusciremo mai a sapere né a capire, è di quale colpa si volle punirlo. 

La poesia 
Nato il 29 agosto 1917, nessuna retroattività poteva giungere fino a lui, perché il fascismo era già affermato prima che egli fosse in grado di compitarne il nome sul libro di scuola. Anche quando fu cresciuto e la consegna era di dare il passo ai giovani, egli che aveva tutte le qualità per farsi avanti non figurò fra i precoci gerarchi e, se una qualche precocità egli ebbe, fu per la poesia, non quella cortigiana che aprì la via del successo a molti, oggi passati alla musa progressiva. Non è a dire che lo additasse all'odio il privilegio della nascita perché, figlio di un operaio e rimasto subito orfano, fu allevato dalla povertà e dalla tristezza. Suo padre, un metallurgico vecchio socialista, aveva trovato la morte in un orrendo agguato della macchina e, se egli poté studiare, fu grazie alle fatiche e alle privazioni della madre, che si levò il pane di bocca per evitare al figlio di finire nell'officina, fra gli ingranaggi che le avevano stritolato il marito. 
Così una lavandaia mandò il figlio all'università, e la guerra lo trovò studente di lettere a Milano. Aveva però già fatto il corso per ufficiale di complemento con la sua leva e, quale comandante di plotone, si guadagnò una prima medaglia nei brevi, sanguinosi combattimenti che portarono all'armistizio con la Francia. 

Energia e rigore 
Quando il suo bel reggimento, del quale aveva composto l'inno, passò fra la neve e il fango dell'Albania con i rinforzi inviati a raddrizzare le sorti di quella disgraziata campagna, egli aveva fatto del suo plotone un pugno di arditi. Così pallido e biondo, dall'aspetto delicato e pensoso, l'occhio azzurro sotto una fronte spaziosa e scoperta, accompagnava ad una inaspettata energia un rigore che esercitava sopra sé medesimo, e per questo i fanti lo amavano. 
Il 9 marzo 1941 è con i suoi volontari all’assalto della terribile quota 1252 che egli deve attaccare di rovescio per attirare il fuoco e facilitare l'avanzata dall’altra parte. Ferito una prima volta, prosegue finché una granata di mortaio gli scoperchia il cranio e, creduto morto, stanno per avvolgerlo nel telo da tenda, quando muove una mano, e lo portano indietro, senza speranza. 
Invece sopravviverà, e un giorno sarà udito cantare e nessuno potrà credere che la voce sia uscita da quello strazio. Il canto nasce ogni volta che la notte si sposa al silenzio: così egli tornava alla vita dall'oscurità che lo aveva avvolto, ma la sua sorte era segnata da quel giorno, e non potrà essere divisa da quella della guerra che non si poteva vincere e che fino all'ultimo egli si rifiuterà di credere perduta. 

L'orgoglio 
Non è possibile rinnegare la guerra a chi ne fu straziato, né separasene quando sia entrata nelle carni, e per lui accettare la sconfitta sarebbe stato barattare l'orgoglio con la pietà. Niente può persuaderlo che la guerra, per cui non rivedrà più il sole, sia stata un errore o un inganno, e seguiterà a sperare anche quando la speranza sarà disperazione. Per questo alzerà la voce anche nel fragore del crollo, quando l'incitamento sarebbe stato, non soltanto inutile, ma assurdo. Per questo fu punito, e forse si volle sopprimerlo perché il suo grido, che era già un lamento, non diventasse un rimprovero, come se oggi non fosse più temibile il suo silenzio. «Restituiteci in misura d'amore ciò che abbiamo dato in misura di sangue», aveva detto chiedendo che i soldati fossero amati per quanto avevano sofferto. Gli fu risposto con tre attentati, ma egli si ostinò a credere che non si sarebbe osato ucciderlo, e solo un mese prima della morte fu avvertito in sogno che per l'invidia di Caino il sacrificio è un delitto da non essere perdonato. 

Lo spirito della gioventù 
Sognò di parlare, come infatti aveva parlato, dalla gradinata del monumento ai caduti di Monza, e la folla si precipitava su di lui, minacciosa e urlante. Lungi dal fuggire, le andava incontro gridando: «Perché mi uccidete? Io ho solo amato l'Italia». Proprio per questo doveva essere ucciso, e con lui non si spense soltanto una giovane vita, ma lo spirito della gioventù che oggi, muta e crucciata, si chiede a che valga credere e servire quando tutto l'oro del sole non valse a riscattare chi si era dato in ostaggio alla vittoria.