giovedì 3 gennaio 2013

Come Monti ha ammazzato l’Italia, anziché salvarla come avrebbe potuto


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Sul dizionario di italiano alla voce sacrificio, tra le varie definizioni si può leggere anche questa:  ”Rinuncia, privazione per assecondare una  politica di austerità necessaria a risanare l’economia”. Ok, ma che cos’è l’economia? Questa è una parola composta da due parole che derivano dal greco : “oikos” (casa) e “nomos” ’(legge) ed altro non è che la scienza che studia la gestione di risorse quando sono scarse (se non sono scarse son capaci tutti a gestire un Paese, un’azienda od una famiglia) per soddisfare i bisogni individuali e collettivi di una società organizzata, contenendo al minimo la spesa per produrre i beni ed i servizi necessari al raggiungimento degli obbiettivi posti, improntati a principi di equità e giustizia, cioè senza privilegi per nessuno o prevaricazioni da parte di alcuno. Come dice l’etimologia della parola, si tratta in ultima analisi di promuovere e gestire il benessere di una comunità con il giudizio del buon padre di famiglia, un’attitudine riconosciuta anche dal Diritto, che cerca di assicurare a tutti i componenti della propria comunità il meglio possibile in relazione ad un tenore di vita congruo con i mezzi disponibili.
I principali soggetti economici sono le famiglie, le imprese e lo Stato e l’interazione tra questi tre soggetti determina i fenomeni economici. Che significa, allora, essere chiamati a fare dei sacrifici  per procedere a “Risanare l’economia” italiana? Significa che tutti accettano di rinunciare a qualcosa, od anche a molto, per metter in condizione i responsabili del governo della nazione di rastrellare quelle risorse da dirottare su iniziative virtuose e produttive per far sì che i parametri ”fondamentali dell’economia”, cioè gli indicatori caratterizzanti il corretto andamento delle attività promosse ed attuate per soddisfare bisogni primari e non degli individui e della collettività, rientrino entro prefissate finestre di tolleranza, assumendo quei valori che esperienze storicamente accumulate fanno ritenere capaci, quando raggiunti, di creare, mantenere od a ulteriormente promuovere uno sviluppo sano ed armonico dell’intera società. con il coinvolgimento di tutti i suoi componenti. Facciamo un esempio banale. Per mantenere i livelli occupazionali in un paese già industrializzato l’esperienza insegna che occorre che il Pil cresca mediamente in ragione del 2% l’anno almeno; se cresce del 3% la disoccupazione diminuisce sino a raggiungere livelli fisiologici. Se il Pil diminuisce del 3 % come è successo con Monti nonostante che l’export continui a tirare, perchè ha fatto crollare i consumi interni, ecco che la disoccupazione passa dall’8,3 al 12 %. Un fatto del tutto normale, annunciato dal deterioramento generalizzato di tutti i fondamentali dell’economia italiana dal Pil ai consumi, dalla produzione industriale all’indebitamento, tutti fattori di cui Monti non s’è preoccupato neanche un po’ per dedicarsi all’inutile inseguimento allo spread che non dipende nè da lui, nè da noi. Per cui tutto previsto con matematica certezza e nessuna sorpresa. Lo avevamo detto e scritto: se la politica era quella, i risultati non potevano essere che questi. Ciò premesso, secondo voi, dopo che ci ha chiesto pesanti sacrifici ed addirittura di rifarci a modelli più spartani di stile di vita, poi Monti ha fatto qualcosa per risanare l’economia e rilanciare lo sviluppo socio-economico del Paese? Ed i sacrifici imposti sono serviti o serviranno a qualcosa? Le risposte stanno nei numeri che parlano da soli. L’unico fattore positivo nel bilancio del governo Monti è, forse, un disavanzo primario positivo “strutturale” del 3-4 % nel 2013, ammesso che lo si raggiunga, il che è tutto ancora da verificare. Quando Monti racconta che ha fatto crollare lo spread, dice una cosa inutile, oltre che falsa, perché lo spread è diminuito per tutti, non solo per noi, prima per merito di Draghi che ha annunciato l’irreversibilità dell’euro moneta unica, come se la Bce fosse una banca centrale lender of last resort, poi dai repubblicani d’America che hanno tolto le castagne dal fuoco ad Obama sul fiscal cliff. Quando Monti dice che ha salvato l’Italia intende dire che adesso i conti dello Stato sono in ordine e che dal prossimo esercizio si registrerà addirittura un avanzo primario. Sì, vero, forse, ma a che prezzo? Un disavanzo primario positivo significa che nella fase attuale lo Stato sta spendendo meno di quello che incassa; primario significa che non si considerano gli interessi passivi sul debito, strutturale significa che questa positività è oggettiva e resa permanente, cioè fissata dai meccanismi di spesa e di gettito, e non è quindi occasionale o congiunturale. Sul piano pratico questo dovrebbe comportare un duplice beneficio: inchiodare una volta per tutte il tetto del debito ed invertirne la tendenza alla crescita cominciando anzi a farlo diminuire utilizzando l’avanzo di cassa. Prima che questo fatto susciti facili entusiasmi chiariamo subito che questo presunto avanzo primario strutturale è comunque destinato ad annegare nel mare di interessi che l’Italia è chiamata a pagare sul debito già contratto negli anni passati. Si tratta ogni anno di ripagare 450 miliardi di euro di Btp di varia natura che vanno a scadenza, cui si fa fronte emettendone di nuovi con le cosiddette aste, ai quali da quest’anno, se qualcuno non provvederà a rinegoziare il fiscal compact con la Ue, cioè con la Merkel, se ne aggiungeranno altri 45, portando il totale annuale a sfiorare i 500 miliardi, cioè l’ammontare dell’intero debito pubblico per il quale la Grecia è stata messa in croce.
Posto che per ricondurre il debito che ci strangola entro i parametri di Maastricht, cioè al di sotto del 60 % del Pil, occorrono risorse, soldi fruscianti e non chiacchiere, per raggiungere l’obbiettivo sul disavanzo di bilancio Monti poteva fare due cose tra loro non necessariamente alternative: aumentare il gettito fiscale, cioè imporre più tasse e/o alzare le aliquote di quelle esistenti; rimodulare la spesa pubblica sulle necessità contingenti in modo da privilegiare spese produttive a scapito di sprechi, privilegi e spese inutili. Queste due strategie di intervento non sono tra loro indipendenti, ma anzi spesso risultano intimamente connesse. L’aumento del gettito dello Stato ricorrendo solo alle tasse può essere una misura di immediata efficacia per coprire dei buchi di bilancio in situazioni normali, ma diviene demenziale e delittuosa quando la si impone ad un Paese in profonda crisi economico-sociale. La pressione fiscale ha prodotto l’impoverimento delle famiglie che si sono viste gravare mediamente tra i 1200 ed i 2000 € i già magri bilanci per tasse, imposte, balzelli, rincari di tariffe, servizi e tagli lineari di varia natura.
Per il 2013 sono annunciate altre stangate che si prevede costeranno almeno 1500 € a famiglia, che vanno ad aggiungersi a quelle già subite nel 2012. Come conseguenza, sono crollati i consumi, per pagare le tasse si è fatto ricorso ai risparmi, la tredicesima è stata assorbita dall’Imu, una tassa odiosa sulla prima casa, devastante e controproducente sull’edilizia in genere, tanto da far dimezzare in un anno le compravendite e ridurre il valore del patrimonio immobiliare nazionale del 20 % almeno. Per effetto domino, le imprese che non traggono dai mercati esteri il loro fatturato sono andate in crisi, molte hanno chiuso, molte altre hanno trovato riparo all’estero delocalizzando le attività produttive e portando con sé gli impianti ed il lavoro. Sono andate in crisi persino imprese in attivo, però risultate in rosso perché lo Stato non le paga mentre nulla concede sulla puntualità di pagamento delle loro cartelle esattoriali. Per questo adesso abbiamo un milione di disoccupati in più rispetto ad un anno fa. Monti pensava che rastrellando tasse avrebbe risanato le finanze. E non si è reso conto che un’impresa soffocata dalle tasse chiude e smette di pagare Iva, Irap,  Irpeg e contributi Inps, che un nuovo disoccupato, oltre che un emarginato con gravi problemi esistenziali perché non può in nessun modo programmare il proprio futuro, è anche uno che non paga tasse, non versa contributi, non contribuisce al mantenimento di un welfare dignitoso, non partecipa alla creazione della ricchezza nazionale, ma grava sul sistema di ammortizzatori sociali contribuendo suo malgrado a creare una nuova categoria di individui che sopravvivono, ma che non studiano e non lavorano, rassegnandosi a spendere inutilmente la loro vita senza far niente, quando va bene. A parte il dramma umano che vivono, spesso sottovalutato, i disoccupati che trovano lavoro diventano importanti risorse per la società, ed era questa dell’occupazione la priorità da perseguire, non lo spread che dipende dall’euro e nulla o poco da quello che si fa a Palazzo Chigi. In un momento come questo Monti avrebbe potuto sanare i conti facendo lievitare il gettito fiscale tramite un rilancio dei consumi e della produzione, piuttosto che con l’aumento delle aliquote e nuove tasse. Mentre metteva imposte sempre più penalizzanti, Monti avrebbe dovuto preoccuparsi per lo meno di mettere le famiglie al riparo dalla recessione introducendo il fiscal splitting, in modo che l’imponibile ai fini Irpef risultasse commisurato al reddito pro-capite della famiglia grazie ad opportuni coefficienti per i membri senza reddito, come figli studenti o disoccupati ed anziani a carico. Può essere misura equa quella di far pagare la stessa Irpef, a parità di reddito lordo, ad un padre di famiglia con 4 persone a carico e ad un single? Poi avrebbe dovuto cominciare a spostare gradualmente le tasse “dalle persone alle cose” in modo che chi consuma di più sia anche chiamato a contribuire di più alla spesa pubblica. Poi avrebbe potuto fare tantissime altre cose, risultate tutte promesse puntualmente disattese. Aveva promesso di creare una società il cui capitale fosse costituito da immobili demaniali di grande valore economico, sino a 300-350 miliardi. La vendita di quote della società avrebbe messo al riparo da speculazioni favorite dalla necessità di vendita diretta degli immobili ed avrebbe altresì consentito di procedere a realizzi immediati tramite l’emissione di obbligazioni per abbattere il debito pubblico. Non se ne è fatto nulla e giù tasse. Si doveva creare un clima favorevole ad attrarre gli investitori nazionali ed esteri attraverso tre riforme: quella della giustizia per accelerare l’iter ed i tempi di risoluzione dei contenziosi del lavoro; poi lo snellimento delle pratiche burocratiche con la costituzione di sportelli unici dove gli imprenditori possano rivolgersi per ottenere tutte le licenze e le necessarie autorizzazioni rapidamente ed in un colpo solo, ma anche qui non s’è fatto niente. Si doveva rendere più flessibile il mondo del lavoro e diminuirne i costi, invece sappiamo bene come è andata dopo che la riforma è stata sottoposta al placet della Cgil. Il precariato s’è incancrenito ed adesso riguarda addirittura l’80 % dei nuovi contratti di lavoro, mentre prima era del 60 %, l’Irap non è stata eliminata, il cuneo fiscale non è stato ridotto, ed anzi i costi del lavoro sono aumentati visto che saranno le imprese a doversi far carico dei nuovi ammortizzatori sociali e che la corruzione dilaga come mai prima di adesso. Chi è quel pazzo che in queste condizioni si azzarderebbe ad investire in Italia, dove caos ed incertezza del diritto regnano sovrani e chiunque da un pm ad un funzionario dell’agenzia ambientale locale, dall’Asl ad un sindaco possono intervenire a far chiudere un colosso della siderurgia mondiale come l’Ilva? E sono tante le opportunità che ci saremmo aspettati che un celebrato prof, un bocconiano, dall’alto della sua alta e riconosciuta esperienza avrebbe saputo cogliere. Invece di dare miliardi a centinaia alla Ue per ricapitalizzare le banche tedesche e francesi infettate da derivati e titoli fasulli, le quali se avessero maturato delle plusvalenze non sarebbero certo venute a cercarci per dividerle con noi, avrebbe potuto battere i pugni sul tavolo per trasformare la Bce nella banca centrale europea, per far sputare alla Merkel eurobonds e project bonds creando uno strumento operativo, una sorta di cassa di compensazione, dove far confluire tutti i debiti sovrani in eccesso del 60 % del Pil, garantiti da eurobonds e quindi con rendimenti da tripla A, cioè quasi gratis. E se Monti avesse voluto fare qualcosa per sradicare lo spread, non solo in Italia, il che non sarebbe possibile, ma in tutta Europa, avrebbe dovuto invocare la riforma del sistema bancario per creare banche di credito e commerciali, e banche d’affari, in modo che le conseguenze dei giochetti di finanza creativa delle seconde possano coinvolgere solo i propri azionisti-speculatori, non i piccoli risparmiatori che nel loro complesso svolgono il ruolo essenziale di sostegno ai consumi ed al sistema produttivo. Il nostro ineffabile premier, che quando sta zitto sembra un personaggio da museo egizio e quando parla un voice synthesizer, non ha neanche pensato, lui tecnico illuminato, di trasformare in una opportunità il dramma della disoccupazione. Quando, se non in un momento come questo, può risultare più semplice ed agevole chiudere settori improduttivi, si pensi al Sulcis ed all’Alcoa, e dirottare le relative risorse umane verso le nuove professioni, le nuove attività? C’è un territorio da rimettere in ordine, investiamoci sopra. L’ultima alluvione di Genova c’è costata 2 miliardi di danni, 8 vite umane, di cui 6 bambini, e quando cadono due gocce d’acqua i genovesi si terrorizzano perché nulla è stato fatto per risolvere la situazione. Sapete quanto sarebbe costato il canale parallelo di scolo del Fereggiano che avrebbe evitato tutti quei danni, le vittime ed avrebbe risolto il problema una volta per tutte? 200 milioni, un decimo del valore dei danni contati post-alluvione. E lo stesso si può affermare a proposito dei disastri naturali che sempre più di frequente colpiscono il nostro tormentato ed indifeso territorio. Moltiplicate per tutti i posti dove questo succede, dalle Cinque Terre alle Marche, dal Veneto alla Sicilia, ecco che costerebbe molto meno intervenire prima, che rimediare dopo. Senza dire dei posti di lavoro diretti che si potrebbero creare nel settore, l’indotto che si verrebbe a promuovere, la possibilità per i più giovani, futuri imprenditori di domani, di fare esperienza ed impratichirsi in qualche attività. Siamo pieni di volenterosi disoccupati, di No Global, Black Bloc, No Tav, “centristi sociali”, ambientalisti fegato-spappolati: offriamogli una opportunità, diamogli gli strumenti per formare delle piccole cooperative ed investiamo su di loro per riassettare, rimboschire, preservare tutto il territorio nazionale. Questo è giusto un esempio. C’è un paese da ammodernare, da digitalizzare, da rendere più efficiente: chi meglio dei giovani nati e cresciuti nell’era della rete potrebbe assolvere al meglio questo compito? Ma dalle parti di Piazza Colonna nessun fremito, nessun mormorio, nessun segno di vita: solo tasse. Se si fosse impegnato sulla via dello sviluppo, ora staremmo tutti meglio, avremmo delle prospettive e forse saremmo riusciti ad abbassare il debito, perché con l’aumento della ricchezza sarebbe comunque aumentato il gettito fiscale senza dover ricorrere ad un regime impositivo forsennato. Persino la vituperata (da Monti) Grecia, alla quale il prof  ancora qualche mese fa mandava disinteressati consigli per spiegagli cosa fare, è riuscita a mettere in piedi un buyback da 30 miliardi del debito sovrano, che rappresenta un meno 6 % del totale. Per fare qualcosa del genere, Monti avrebbe dovuto far abbassare il nostro debito di 120 miliardi. Invece, imponendo solo tasse e balzelli senza nessun altra valida idea in testa, ci ha buttati in una recessione che pare non abbia fine, oltretutto facendo crescere il debito di una ottantina di miliardi, sino a fargli superare la soglia “psicologica” dei 2000 miliardi. Insomma ha fallito su tutto il fronte.
Noi crediamo che il prof sia un liberista sincero ed un convinto democratico e che si sia prestato a svolgere il ruolo di “utile idiota” della sinistra, al contrario di Prodi, senza rendersene conto, spinto dall’ambizione e dal convincimento di essere tecnicamente il solo capace di trarre al sicuro il Paese. Per approdare a Palazzo Chigi si è anche prestato a stucchevoli pantomime facendo da spalla nelle scenaggiate di Napolitano sull’imbroglio dello spread e sul vuoto di cassa che avrebbe impedito il pagamento di stipendi e pensioni. Due interessate fandonie come lo stesso Monti ha poi ammesso. E questo non glielo possiamo perdonare. Come il fatto che quando si è accorto che la melmosa ed eterogenea maggioranza che lo sosteneva di fatto gli impediva di varare le riforme incisive che avrebbe voluto, ecco allora lì ha sbagliato a non denunciare la situazione ed a prestarsi ad essere funzionale ad una sinistra che ha letteralmente plagiato più che condizionato l’azione del suo governo. Anche se manca la controprova, noi condividiamo l’opinione di Berlusconi che con una costruttiva maggioranza di centro-destra il prof avrebbe dato qualcosa di meglio di quanto abbia prodotto con una maggioranza fatta di veti incrociati che lo ha costretto a legiferare a colpi di fiducia. Però, a stringere, quello che rimane di questa breve stagione politica è l’assoluta mancanza di idee originali, di creatività, della capacità di leggere le situazioni e di interpretare la realtà. Di Monti ci rimarrà impresso il madornale, imperdonabile, assolutamente incredibile per uno come lui, errore strategico di aver puntato tutto sul deficit di bilancio e la recessione, anziché sulla crescita. Ha salassato un Paese che stava conoscendo delle difficoltà, portandolo sull’orlo del baratro per poi finire col gettarcelo dentro con una politica irresponsabile, pressapochista, maldestra e superficiale. Per creare risorse occorre lavorare, non smettere di lavorare destinando gli investimenti alle spese inutili. Se il tuo business è quello del commercio delle uova non è saggio ammazzare la gallina per mangiare solo una volta. E dopo? Se avesse venduto le uova, con qualche sacrificio, col ricavato si sarebbe arrivati a comprare un’altra gallina e quella ce la saremmo potuta mangiare tutti insieme senza lacerare il nostro tessuto sociale e distruggere il nostro raffinato e geniale sistema produttivo. Siamo anche convinti che se si abbandonerà ad un intimo esame di coscienza, il prof sarà il primo a comprendere che a questo punto è assolutamente improponibile un Monti-bis, il cui obiettivo sarebbe solo quello di assicurare delle poltronissime di prima fila a tre personaggi osceni ed improponibili della politica: lui, Casini e Fini.
Per quello che sono stati chiamati a dare gli italiani in termini di sofferenze e sacrifici, tutti rivelatisi inutili e gratuiti, crediamo che adesso meritino qualcosa di più di un Monti-bis. Giusto prof?
di Rosengarten © 2013 Qelsi
 

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