mercoledì 6 febbraio 2013


5 febbraio 1928 / 5 febbraio 2013 -

accadeva proprio 85 anni fa …..

la “Riforma della scuola” nel “Ventennio italiano” -



Foto: 5 febbraio 1928  /   5 febbraio 2013   -  

accadeva proprio  85 anni fa ….. 

la “Riforma della scuola” nel “Ventennio italiano” -   


Il 5 febbraio del 1928, con Regio Decreto n° 577 viene approvato il Testo Unico relativo alla istruzione elementare e post-elementare.
Il Provvedimento legislativo si pone quale fisiologica prosecuzione di quella rivoluzione scolastica e socio-culturale iniziata nel 1923 - con il R.D. n° 3126 - dal filosofo Giovanni Gentile, già Ministro della Pubblica Istruzione dall’ottobre del 1922 al 1924.   
Esaminando il Provvedimento emergono subito tre principi di grande respiro:
1) a fondamento dell’istruzione in ogni suo grado è posto l’insegnamento della Dottrina Cristiana, secondo la forma ricevuta nella Tradizione Cattolica: art. 27: art. 25  T.U. n° 432/25 .
2)   l’istruzione elementare deve essere gratuita: art. 50;
3)  è obbligatoria l’istruzione dei fanciulli dal 6° al 14° anno di età: art. 166 TU.
Con l’emanazione del primo principio, si respira già quella nitida aria che porterà, nell’anno successivo, alla fatidica quanto attesa  Conciliazione tra lo Stato Italiano e la Santa Sede.
Gli altri due principi sono a dir poco innovativi: 
• la frequenza è obbligatoria: la cultura è alla base della conoscenza !  
• la scuola deve essere gratuita: tutti hanno il diritto alla conoscenza ! 
Le precedenti leggi in materia  -  del Casati (1859), del Coppino (1877) e dell’Orlando (1904)  -  si erano rivelate, sulla carta, alquanto volenterose nel cercare di iniziare a risolvere il gravissimo problema dell’analfabetismo (ben l’80% della popolazione italiana!...); nella pratica, però, non avevano condotto a nulla di positivo; anzi, il fenomeno risultava in crescita, tanto che il NITTI, nella Seduta parlamentare dell’8 maggio 1907, doveva ammettere che la popolazione scolastica in Italia era talmente bassa che le leggi in materia d’istruzione obbligatoria potevano dirsi “emanate ma mai realizzate”; “abbiamo - proseguiva testualmente il Nitti - solo 2.700.000 bambini che frequentano le scuole quando invece queste dovrebbero essere seguite da quasi 5.000.000 di fanciulli”;  il successivo Provvedimento (Legge Credaro) del 1911, seppure innovativo (passaggio delle competente dai Comuni allo Stato; stanziamento dei fondi nel Bilancio statale; assistenza ai meno abbienti; aumento degli stipendi al Corpo insegnante), in concreto non riuscì a riformare nulla.    
Vero è che l’imperante filosofia liberale non permetteva nessuna pur minima riforma e la dominante classe borghese non aveva nessun interesse ad un reale cambiamento del tessuto sociale; ciò che era accaduto con le Leggi del 1898 e del 1904 in materia di assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, mai applicate (!), si era verificato in materia scolastica: Provvedimenti legislativi emanati, pubblicati ma mai attuati.  
La Riforma Gentile prima ed il Testo Unico del 1928 capovolgono, invece, tale insostenibile situazione e retrograda impostazione ideologica: da un lato uno Stato -  leggasi: ‘Governo Mussolini’ - davvero sociale, in quanto tende nel concreto a tutelare le classi sociali più deboli e, nel contempo, ad elevare il grado culturale di tutta la società italiana; dall’altro uno Stato che finalmente chiarisce quale debba essere l’unico accettabile impianto da dare all’istruzione di ogni ordine e grado: quella “Cristiano-Cattolica”.
Un’impostazione questa, che manda letteralmente ‘in bestia’ socialisti e comunisti, liberali e massoni, anarchici ed atei di varia natura.
Si dispone altresì che all’istruzione religiosa si provveda tramite Insegnanti reputati idonei a tale scopo e che per tale idoneità occorra il previo parere favorevole delle competenti Autorità ecclesiastiche.
Il Regio Decreto n° 577/28 prevede e dispone a tal fine la recita di preghiere, la narrazione dei Vangeli, la conoscenza dei principi della Dottrina Cristiana; letture e studi che, con il passare degli anni scolastici, dovranno essere sempre più approfonditi e meditati: pertanto, dalle semplici recite di preghierine adatte per i fanciulli per la scuola cosiddetta preparatoria, si passa, nelle inferiori, alla conoscenza dei Vangeli, per giungere, nelle superiori, all’analisi del Dogma cattolico e ad approfondite lezioni sulla Morale cattolica.
Nel grado preparatorio, oltre all’insegnamento dei principi basilari della religione cristiana, l’istruzione deve avere un carattere ricreativo e deve tendere a facilitare i primi rapporti interpersonali tra gli scolaretti; sono previste anche ore di canto e di audizione musicale, disegno anche spontaneo, molta ginnastica, esercizi fai da te, quali i lavori manuali, di giardinaggio, di piccole costruzioni in legno ed in altri materiali; ai docenti dell’istruzione primaria viene affidato, inoltre, anche l’arduo compito di correggere e, ove possibile, eliminare quegli atavici pregiudizi e superstizioni popolari, purtroppo molto presenti all’epoca e, in minor misura,  tutt’oggi…
Tale importantissima funzione etico-sociale del Corpo docente era stata già chiaramente esplicitata nel RD n° 2185/23.
Una scuola d’avanguardia, sotto tutti gli aspetti; un insegnamento che, lungi dall’essere puramente nozionistico, insegna - a bambini e bambine indistintamente - anche come affrontare i vari e concreti problemi della vita domestica e sociale.
Ma Mussolini, che tanto ha a cuore l’istruzione delle classi più emarginate e quindi anche di quella  agraria, dispone che per il ceto agricolo il direttore didattico debba preventivamente stabilire appositi calendari, nonché orari scolastici compatibili con il lavoro agricolo e rispondenti alle diverse esigenze di tale tipologia di alunni.
Il RD pone a carico dei Comuni (art. 55) di provvedere al pagamento dei vari contributi; alla messa a disposizione dei locali, idoneamente riscaldati, illuminati, arredati ed attrezzati con palestre; inoltre, ogni classe elementare, tranne ovviamente la prima, deve avere una biblioteca ad uso degli alunni, i quali dovranno a tal fine pagare - con esclusione degli scolari poveri - un piccolo contributo, comunque dimezzato per le scuole ubicate in comuni rurali. 
Al fine di garantire un grado di cultura a tutti i fanciulli indistintamente, il Governo dispone anche la possibilità della frequenza nelle scuole diurne od anche serali
Per quanto concerne l’obbligo scolastico, il RD prevede che rispondono di tale adempimento i genitori (non si dimentichi che in quel periodo non si era propensi a mandare i propri figli a scuola, perché ciò voleva dire sottrarre braccia al lavoro e quindi rinunciare ad una parte del reddito familiare) o chiunque ne faccia le veci; idem per quanto concerne la responsabilità a carico dei datori di lavoro.
Per gli esposti ed i fanciulli senza famiglia, accolti nei vari specifici istituti di cui si è parlato nei precedenti capitoli, rispondono i direttori degli stessi istituti od il capo-famiglia qualora il fanciullo sia stato affidato alle cure di una famiglia privata.
In tutti i casi di inadempienza è prevista un’ammenda, che viene raddoppiata, al fine di scoraggiare speculazioni a danno dei lavoratori, se contravventore risulterà essere un datore di lavoro:  artt. 185 e 186 .
Il Regio Decreto permette che i genitori possano provvedere all’istruzione dei loro fanciulli “a condizione che dimostrino documentalmente” la propria capacità tecnica ed economica a provvedervi. 
In ogni Comune viene creato un Ente morale: il Patronato scolastico (ogni Patronato, per il raggiungimento degli scopi, si serve dei contributi dei soci, dei sussidi dello Stato, delle somme stanziate dai Comuni, dalla Provincia e da altri Enti, nonché delle elargizioni, doni, legati e degli altri proventi) affinché provveda all’assistenza scolastica a favore degli alunni iscritti nelle pubbliche scuole elementari, mediante la creazione dei refettori, la concessione dei sussidi per vestiti e calzature, la distribuzione di libri, quaderni e materiale di cancelleria, l’istituzione di giardini e di asili per l’infanzia; gli interessati vengono portati a conoscenza delle molteplici iniziative a mezzo di ‘idonea propaganda’.   
Si dà mandato a tutti i Comuni di poter iscrivere in bilancio un ‘fondo vincolato’ a favore degli alunni delle famiglie  povere per la distribuzione gratuita di indumenti e libri e per l’uso, anche questo gratuito, del refettorio.  
In applicazione del principio che l’insegnamento deve tendere anche al reale e concreto  superamento degli ancestrali pregiudizi e superstizioni popolari, l’obbligo dell’istruzione viene espressamente esteso (art. 175: art. 170 T.U.) a tutti i ciechi e sordomuti e viene previsto che ai relativi istituti vengano annessi idonei giardini d’infanzia; per tali categorie sono previste anche speciali borse di studio; a tale scopo, con lo stesso RD, viene istituita la Scuola per insegnanti e maestri istitutori dei ciechi.
Ma, poiché la grande riforma scolastica vuole che nessun bambino venga trascurato o ghettizzato, il Regio Decreto prevede un’ulteriore particolarissima assistenza scolastica: quella ai fanciulli/scolari anormali. 
Poiché in ogni Circolo di direzione didattica è istituito un Circolo di mutualità scolastica (RD n° 2185/23) finalizzato all’educazione della reciproca assistenza tra gli scolari, viene disposto che ogni Circolo provveda a dare aiuto ai soci malati e curare i soci ‘gracili e predisposti’ (numerosi in quell’epoca),  promuova l’educazione fisica di questi fanciulli e si occupi dell’iscrizione dei soci alla Cassa Nazionale Assicurazioni Sociali.
Il raggiungimento di tali nobili scopi viene incentivato con l’assegnazione annuale, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, di 30 medaglie al merito dell’assistenza scolastica ai volontari più benemeriti della mutualità scolastica.
Ai vari Istituti, esistenti alla data del 14 ottobre 1925, che provvedono all’educazione ed istruzione degli anormali è prevista la concessione di sussidi da parte del Ministero della Pubblica Istruzione.
Allo scopo di assicurare annualmente il regolare funzionamento dei circoli e dei vari istituti viene disposto un apposito stanziamento non solo nel bilancio dello Stato ma anche nei bilanci di ogni singolo Comune.
Grazie alla Riforma Gentile ed al prestigioso Regio Decreto del 1928, l’Italia, da fanalino di coda in Europa nel campo dell’istruzione scolastica, si pone all’avanguardia nella concezione di un tipo di insegnamento primario che: Oltre al grande boom nelle iscrizioni della scuola dell’obbligo (ecco alcuni emblematici dati: se nel 1926 gli alunni della sola scuola dell’obbligo (elementare) sono 3.635.000 (dato già eclatante), nel 1930 raggiungono quota 4.595.000 unità, di cui ben 2.196.000 sono di sesso femminile, per raggiungere nel 1940 quota 5.213.000, di cui 2.504.000 donne; gli insegnanti passano da 98.674 del 1926, a quota 105.195 nel 1930, per giungere nel 1940 a 126.550 unità) si assiste al forte incremento nel numero degli iscritti nelle scuole medie, che passano da 387.000 (di cui 129.000 donne) del 1926, a 919.000 (350.000 donne) unità nel 1940, per raggiungere quota  982.000 (379.000 donne) nel 1941.
E’ fisiologico come man mano che si vada avanti con il grado d’istruzione, si incontri una contrazione nel numero degli studenti; per esempio, per gli iscritti alle Università (nel Ventennio italiano si assiste anche al cospicuo incremento delle facoltà universitarie, le quali passano da 147 del 1926 a ben 167 del 1942; un enorme sforzo teso a venir incontro alle nuove esigenze e tendenze degli studenti italiani) quel che è significativo è il lento ma costante incremento: nelle iscrizioni: se nel 1926 sono 42.864 (di cui 5.647 donne), nel 1930 sono 46.262 (6.142 donne), divenendo 127.058 (di cui ben 26.006 donne) nel 1940; nel 1942: rispettivamente 168.323 e 38.714.
La continua crescita delle iscrizioni fa capire come l’importanza della funzione scolastica, dell’istruzione e della cultura, sia stata finalmente e capillarmente inculcata in tutti  gli strati sociali dell’Italia.
Questo trend positivo non si riscontrerà più nella storia d’Italia; attualmente (2009/2010) infatti gli analfabeti nel nostro Paese sono ben 782.342; vi sono inoltre più di 5 milioni (5.199.237) di persone che si possono definire ‘approssimativamente alfabete’ ma che sono prive di un qualsiasi ufficiale titolo di studio; ora, se si considera che l’Italia risulta essere tra i Paesi più sviluppati economicamente, i dati forniti dall’Istat non possono che preoccupare….


Il 5 febbraio del 1928, con Regio Decreto n° 577 viene approvato il Testo Unico relativo alla istruzione elementare e post-elementare.
Il Provvedimento legislativo si pone quale fisiologica prosecuzione di quella rivoluzione scolastica e socio-culturale iniziata nel 1923 - con il R.D. n° 3126 - dal filosofo Giovanni Gentile, già Ministro della Pubblica Istruzione dall’ottobre del 1922 al 1924.
Esaminando il Provvedimento emergono subito tre principi di grande respiro:
1) a fondamento dell’istruzione in ogni suo grado è posto l’insegnamento della Dottrina Cristiana, secondo la forma ricevuta nella Tradizione Cattolica: art. 27: art. 25 T.U. n° 432/25 .
2) l’istruzione elementare deve essere gratuita: art. 50;
3) è obbligatoria l’istruzione dei fanciulli dal 6° al 14° anno di età: art. 166 TU.
Con l’emanazione del primo principio, si respira già quella nitida aria che porterà, nell’anno successivo, alla fatidica quanto attesa Conciliazione tra lo Stato Italiano e la Santa Sede.
Gli altri due principi sono a dir poco innovativi:
• la frequenza è obbligatoria: la cultura è alla base della conoscenza !
• la scuola deve essere gratuita: tutti hanno il diritto alla conoscenza !
Le precedenti leggi in materia - del Casati (1859), del Coppino (1877) e dell’Orlando (1904) - si erano rivelate, sulla carta, alquanto volenterose nel cercare di iniziare a risolvere il gravissimo problema dell’analfabetismo (ben l’80% della popolazione italiana!...); nella pratica, però, non avevano condotto a nulla di positivo; anzi, il fenomeno risultava in crescita, tanto che il NITTI, nella Seduta parlamentare dell’8 maggio 1907, doveva ammettere che la popolazione scolastica in Italia era talmente bassa che le leggi in materia d’istruzione obbligatoria potevano dirsi “emanate ma mai realizzate”; “abbiamo - proseguiva testualmente il Nitti - solo 2.700.000 bambini che frequentano le scuole quando invece queste dovrebbero essere seguite da quasi 5.000.000 di fanciulli”; il successivo Provvedimento (Legge Credaro) del 1911, seppure innovativo (passaggio delle competente dai Comuni allo Stato; stanziamento dei fondi nel Bilancio statale; assistenza ai meno abbienti; aumento degli stipendi al Corpo insegnante), in concreto non riuscì a riformare nulla.
Vero è che l’imperante filosofia liberale non permetteva nessuna pur minima riforma e la dominante classe borghese non aveva nessun interesse ad un reale cambiamento del tessuto sociale; ciò che era accaduto con le Leggi del 1898 e del 1904 in materia di assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, mai applicate (!), si era verificato in materia scolastica: Provvedimenti legislativi emanati, pubblicati ma mai attuati.
La Riforma Gentile prima ed il Testo Unico del 1928 capovolgono, invece, tale insostenibile situazione e retrograda impostazione ideologica: da un lato uno Stato - leggasi: ‘Governo Mussolini’ - davvero sociale, in quanto tende nel concreto a tutelare le classi sociali più deboli e, nel contempo, ad elevare il grado culturale di tutta la società italiana; dall’altro uno Stato che finalmente chiarisce quale debba essere l’unico accettabile impianto da dare all’istruzione di ogni ordine e grado: quella “Cristiano-Cattolica”.
Un’impostazione questa, che manda letteralmente ‘in bestia’ socialisti e comunisti, liberali e massoni, anarchici ed atei di varia natura.
Si dispone altresì che all’istruzione religiosa si provveda tramite Insegnanti reputati idonei a tale scopo e che per tale idoneità occorra il previo parere favorevole delle competenti Autorità ecclesiastiche.
Il Regio Decreto n° 577/28 prevede e dispone a tal fine la recita di preghiere, la narrazione dei Vangeli, la conoscenza dei principi della Dottrina Cristiana; letture e studi che, con il passare degli anni scolastici, dovranno essere sempre più approfonditi e meditati: pertanto, dalle semplici recite di preghierine adatte per i fanciulli per la scuola cosiddetta preparatoria, si passa, nelle inferiori, alla conoscenza dei Vangeli, per giungere, nelle superiori, all’analisi del Dogma cattolico e ad approfondite lezioni sulla Morale cattolica.
Nel grado preparatorio, oltre all’insegnamento dei principi basilari della religione cristiana, l’istruzione deve avere un carattere ricreativo e deve tendere a facilitare i primi rapporti interpersonali tra gli scolaretti; sono previste anche ore di canto e di audizione musicale, disegno anche spontaneo, molta ginnastica, esercizi fai da te, quali i lavori manuali, di giardinaggio, di piccole costruzioni in legno ed in altri materiali; ai docenti dell’istruzione primaria viene affidato, inoltre, anche l’arduo compito di correggere e, ove possibile, eliminare quegli atavici pregiudizi e superstizioni popolari, purtroppo molto presenti all’epoca e, in minor misura, tutt’oggi…
Tale importantissima funzione etico-sociale del Corpo docente era stata già chiaramente esplicitata nel RD n° 2185/23.
Una scuola d’avanguardia, sotto tutti gli aspetti; un insegnamento che, lungi dall’essere puramente nozionistico, insegna - a bambini e bambine indistintamente - anche come affrontare i vari e concreti problemi della vita domestica e sociale.
Ma Mussolini, che tanto ha a cuore l’istruzione delle classi più emarginate e quindi anche di quella agraria, dispone che per il ceto agricolo il direttore didattico debba preventivamente stabilire appositi calendari, nonché orari scolastici compatibili con il lavoro agricolo e rispondenti alle diverse esigenze di tale tipologia di alunni.
Il RD pone a carico dei Comuni (art. 55) di provvedere al pagamento dei vari contributi; alla messa a disposizione dei locali, idoneamente riscaldati, illuminati, arredati ed attrezzati con palestre; inoltre, ogni classe elementare, tranne ovviamente la prima, deve avere una biblioteca ad uso degli alunni, i quali dovranno a tal fine pagare - con esclusione degli scolari poveri - un piccolo contributo, comunque dimezzato per le scuole ubicate in comuni rurali.
Al fine di garantire un grado di cultura a tutti i fanciulli indistintamente, il Governo dispone anche la possibilità della frequenza nelle scuole diurne od anche serali
Per quanto concerne l’obbligo scolastico, il RD prevede che rispondono di tale adempimento i genitori (non si dimentichi che in quel periodo non si era propensi a mandare i propri figli a scuola, perché ciò voleva dire sottrarre braccia al lavoro e quindi rinunciare ad una parte del reddito familiare) o chiunque ne faccia le veci; idem per quanto concerne la responsabilità a carico dei datori di lavoro.
Per gli esposti ed i fanciulli senza famiglia, accolti nei vari specifici istituti di cui si è parlato nei precedenti capitoli, rispondono i direttori degli stessi istituti od il capo-famiglia qualora il fanciullo sia stato affidato alle cure di una famiglia privata.
In tutti i casi di inadempienza è prevista un’ammenda, che viene raddoppiata, al fine di scoraggiare speculazioni a danno dei lavoratori, se contravventore risulterà essere un datore di lavoro: artt. 185 e 186 .
Il Regio Decreto permette che i genitori possano provvedere all’istruzione dei loro fanciulli “a condizione che dimostrino documentalmente” la propria capacità tecnica ed economica a provvedervi.
In ogni Comune viene creato un Ente morale: il Patronato scolastico (ogni Patronato, per il raggiungimento degli scopi, si serve dei contributi dei soci, dei sussidi dello Stato, delle somme stanziate dai Comuni, dalla Provincia e da altri Enti, nonché delle elargizioni, doni, legati e degli altri proventi) affinché provveda all’assistenza scolastica a favore degli alunni iscritti nelle pubbliche scuole elementari, mediante la creazione dei refettori, la concessione dei sussidi per vestiti e calzature, la distribuzione di libri, quaderni e materiale di cancelleria, l’istituzione di giardini e di asili per l’infanzia; gli interessati vengono portati a conoscenza delle molteplici iniziative a mezzo di ‘idonea propaganda’.
Si dà mandato a tutti i Comuni di poter iscrivere in bilancio un ‘fondo vincolato’ a favore degli alunni delle famiglie povere per la distribuzione gratuita di indumenti e libri e per l’uso, anche questo gratuito, del refettorio.
In applicazione del principio che l’insegnamento deve tendere anche al reale e concreto superamento degli ancestrali pregiudizi e superstizioni popolari, l’obbligo dell’istruzione viene espressamente esteso (art. 175: art. 170 T.U.) a tutti i ciechi e sordomuti e viene previsto che ai relativi istituti vengano annessi idonei giardini d’infanzia; per tali categorie sono previste anche speciali borse di studio; a tale scopo, con lo stesso RD, viene istituita la Scuola per insegnanti e maestri istitutori dei ciechi.
Ma, poiché la grande riforma scolastica vuole che nessun bambino venga trascurato o ghettizzato, il Regio Decreto prevede un’ulteriore particolarissima assistenza scolastica: quella ai fanciulli/scolari anormali.
Poiché in ogni Circolo di direzione didattica è istituito un Circolo di mutualità scolastica (RD n° 2185/23) finalizzato all’educazione della reciproca assistenza tra gli scolari, viene disposto che ogni Circolo provveda a dare aiuto ai soci malati e curare i soci ‘gracili e predisposti’ (numerosi in quell’epoca), promuova l’educazione fisica di questi fanciulli e si occupi dell’iscrizione dei soci alla Cassa Nazionale Assicurazioni Sociali.
Il raggiungimento di tali nobili scopi viene incentivato con l’assegnazione annuale, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, di 30 medaglie al merito dell’assistenza scolastica ai volontari più benemeriti della mutualità scolastica.
Ai vari Istituti, esistenti alla data del 14 ottobre 1925, che provvedono all’educazione ed istruzione degli anormali è prevista la concessione di sussidi da parte del Ministero della Pubblica Istruzione.
Allo scopo di assicurare annualmente il regolare funzionamento dei circoli e dei vari istituti viene disposto un apposito stanziamento non solo nel bilancio dello Stato ma anche nei bilanci di ogni singolo Comune.
Grazie alla Riforma Gentile ed al prestigioso Regio Decreto del 1928, l’Italia, da fanalino di coda in Europa nel campo dell’istruzione scolastica, si pone all’avanguardia nella concezione di un tipo di insegnamento primario che: Oltre al grande boom nelle iscrizioni della scuola dell’obbligo (ecco alcuni emblematici dati: se nel 1926 gli alunni della sola scuola dell’obbligo (elementare) sono 3.635.000 (dato già eclatante), nel 1930 raggiungono quota 4.595.000 unità, di cui ben 2.196.000 sono di sesso femminile, per raggiungere nel 1940 quota 5.213.000, di cui 2.504.000 donne; gli insegnanti passano da 98.674 del 1926, a quota 105.195 nel 1930, per giungere nel 1940 a 126.550 unità) si assiste al forte incremento nel numero degli iscritti nelle scuole medie, che passano da 387.000 (di cui 129.000 donne) del 1926, a 919.000 (350.000 donne) unità nel 1940, per raggiungere quota 982.000 (379.000 donne) nel 1941.
E’ fisiologico come man mano che si vada avanti con il grado d’istruzione, si incontri una contrazione nel numero degli studenti; per esempio, per gli iscritti alle Università (nel Ventennio italiano si assiste anche al cospicuo incremento delle facoltà universitarie, le quali passano da 147 del 1926 a ben 167 del 1942; un enorme sforzo teso a venir incontro alle nuove esigenze e tendenze degli studenti italiani) quel che è significativo è il lento ma costante incremento: nelle iscrizioni: se nel 1926 sono 42.864 (di cui 5.647 donne), nel 1930 sono 46.262 (6.142 donne), divenendo 127.058 (di cui ben 26.006 donne) nel 1940; nel 1942: rispettivamente 168.323 e 38.714.
La continua crescita delle iscrizioni fa capire come l’importanza della funzione scolastica, dell’istruzione e della cultura, sia stata finalmente e capillarmente inculcata in tutti gli strati sociali dell’Italia.
Questo trend positivo non si riscontrerà più nella storia d’Italia; attualmente (2009/2010) infatti gli analfabeti nel nostro Paese sono ben 782.342; vi sono inoltre più di 5 milioni (5.199.237) di persone che si possono definire ‘approssimativamente alfabete’ ma che sono prive di un qualsiasi ufficiale titolo di studio; ora, se si considera che l’Italia risulta essere tra i Paesi più sviluppati economicamente, i dati forniti dall’Istat non possono che preoccupare.

 
Tratto dalla pagina fb di  M.G.B.

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