giovedì 14 febbraio 2013

La Grecia è quasi fallita, ma nessuno ne parla

Cinquanta economisti tedeschi, tra cui il consigliere personale di Angela Merkel,consigliano l’uscita temporanea di Atene dall’eurozona






Le politiche dell’Ue sulla ricapitalizzazione bancaria hanno mancato l’obiettivo e qualcuno parla di “tragedia umanitaria”.  Gli unici a trarne profitto sono le grandi multinazionali. L'Europa tace
Un camion si ferma in una delle tante strade della capitale. Apre i portelloni. Le persone a bordo cominciano a tirare fuori frutta e verdura. La distribuiscono gratuitamente alle decine di persone che si sono raccolte attorno all’autotreno. Tra loro ci sono persone anziane, donne con bambini in braccio, ma anche giovani, ragazzi dal viso pulito non più grandi di 30 anni. Insomma, tutta gente che fa difficoltà ad arrivare a fine giornata. Dopo pochi minuti la calca comincia a farsi sempre più pressante. Volano spintoni, qualche insulto, poi parte la scazzottata per chi arriva primo a prendere il cibo. Il giornalista della Bbc, che sta riprendendo la scena, viene colpito nella ressa. Non siamo in Uganda o nel Darfur. Siamo in Grecia, più precisamente nella capitale, Atene, e una scena così, forse, non si vedeva dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. A distribuire frutta e verdura sono alcuni agricoltori che, in segno di protesta, hanno deciso di aiutare concretamente i propri concittadini, che ormai vivono di stenti. Una persona su quattro in Grecia è disoccupata. Molti di quelli che riescono a mantenere il proprio posto di lavoro non riescono comunque ad arrivare a fine mese. I lavoratori hanno assistito impotenti ad una riduzione del salario del 22% solo nell’ultimo anno. Il salario minimo ora arriva a 586 al mese. Da Bruxelles continuano ad arrivare i cosiddetti “aiuti europei”, ma ogni volta che viene sbloccata una nuova tranche le cose vanno peggio di prima. Adesso, i signori dell’Ue non possono più mentire. La Grecia è praticamente fallita. La penisola ellenica è a un passo dal crollo definitivo, a causa del peso dei debiti contratti con la “salvifica” troika. E se ne sono accorti al Consiglio d’Europa e alla Bce, che addirittura consigliano una temporanea uscita dall’euro, con una conseguente svalutazione della dracma del 20-30%. Qualcuno, invece, parla ancora di “cauto ottimismo”, come Jeroen Dijsselbloem, nuovo presidente dell’eurogruppo, che  una recente intervista ha dichiarato di essere favorevole all’austerity e ai “conti in pareggio. Dijesselbloem si compiace della stretta collaborazione tra il Governo ellenico e la troika. Conclude dicendo di aver individuato “alcuni segnali tali da giustificare un certo ottimismo”. Ma le parole del neo-presidente dell’eurogruppo rimangono isolate. La teoria della svalutazione della moneta greca proviene dall’economista tedesco, il prof. Hans Werner Sinn, nonchè consigliere personale di Angela Merkel, che insieme ad altri 50 nomi del mondo dell’economia e sostenuto da Moorald Choudry, vice-presidente della Royal Bank of Scotland (la quarta banca del mondo). L’equipe di professori ha presentato un rapporto urgente al Consiglio d’Europa  e alla Bce sostenendo la tesi della fuoriuscita temporanea. Non solo, ma nel rapporto si legge che “l’economia (greca) è arrivata ad un punto di tale degrado da poter essere considerata come tragedia umanitaria e quindi si può cominciare a ventilare l’ipotesi di chiedere l’intervento dell’Onu”.
Intanto, è iniziato il diciassettesimo giorno di protesta per gli agricoltori che, oltre a distribuire cibo al popolo, chiedono la riduzione del prezzo del gasolio per i mezzi agricoli, un abbassamento dell’Iva e, soprattutto, chiedono che le banche rilascino credito. Ma non sono solo gli agricoltori che regalano i propri prodotti. Giungono voci di alcune aziende che distribuiscono gratis in piazza quello che non sono riusciti a vendere. In teoria, la cosa sarebbe illegale perché, come vorrebbe la normativa europea, quanto rimane dalla vendita dovrebbe essere distrutto per calmierare i prezzi. Ma arrivati a questo punto sono in molti ad operare una distinzione tra ciò che è legale e ciò che è giusto. La situazione si fa sempre più disperata. La Grecia, mai come ora, rischia la guerra civile. E i numeri confermano l’inarrestabile crescita del disagio sociale ed economico. Le rapine, negli ultimi mesi, sono aumentate del 600%. Molte di queste sono dovute a gruppi anarchici che ormai imperversano impuniti per le strade delle maggiori città. Altri invece preferiscono darsi al saccheggio di metallo, da rivendere per qualche spicciolo. Dalla penisola giungono numerose voci (non confermate dalle fonti ufficiali) di assalti ai supermercati. In questo caso non si tratterebbe di efferati banditi che, armi in pugno, si danno al saccheggio, ma di persone che, ridotte alla fame, prendono ciò che possono per mettere in tavola qualcosa di caldo da mangiare. Ammesso che si abbia ancora una tavola o un tetto sotto il quale stare. Perché anche il numero dei senzatetto è aumentato in maniera spropositata. Le ultime stime parlano di 40mila persone costrette a vivere nei cartoni agli angoli delle strade. Una delle immagini più significative ritrae un antico anfiteatro greco, sulle cui scalinate dormono decine di senzatetto, avvolti da scatoloni di cartone. Anche Amnesty International ha stilato il suo rapporto, in cui denuncia le condizioni di estrema povertà della gente e degli abusi di una polizia male attrezzata e che tenta di mantenere il controllo in una nazione ormai alla deriva e sull’orlo della guerra civile. Insomma, nè le strabilianti cifre di denaro elargite del trio Fmi-Bce-Ue, né le varie direttive della dirigenza europea sono riuscite a ristabilire le sorti del popolo greco, né tantomeno dello Stato. Ovviamente, i soldi sono finiti nelle mani delle banche e da lì non sembra si siano mossi. La scusa è sempre la stessa ed è quella che usano anche da noi. Salvare le banche per salvare il popolo. I risultati dell’ideologia della ricapitalizzazione bancaria sono innegabilmente deludenti. Ma oltre ai soliti istituti di credito ci sono anche altri che sono riusciti a trarre un profitto da questa situazione. La crisi ha portato infatti ad una netta riduzione dei costi del lavoro, nonché ad un conseguente disinteresse verso i diritti del lavoratore. A quanto pare, tra i vari tagli operati dal governo, rientrano quelli per l’indennità dei lavoratori, la malattia e gli straordinari. E il “Fatto Quotidiano” dichiara che tutto questo ha creato terreno fertile per alcune grandi multinazionali, che cominciano a vedere la Grecia come una piccola Cina, ma senza il pesante controllo dello Stato. Insomma, società multinazionali come la tedesca Henkel o la Johnson&Johnson, investono nella penisola ellenica, riuscendo a dare lavoro a qualche centinaio di persone. Ma questi lavoratori vengono poi pagati una miseria, senza che siano assicurati i loro diritti fondamentali. Come se non bastasse, il 95% dei prodotti di queste società finiscono all’estero. In pratica, la penisola diventa semplicemente una base da cui far partire le proprie merci. Con lo stipendio minimo a 500 euro e con i diritti falciati, la maggior parte dei guadagni entrerebbero nelle tasche delle multinazionali.
Su internet è esplosa la contesa sulla veridicità di alcune notizie (come quella degli assalti ai supermercati) e sul fatto che i media ufficiali in Europa stiano tacendo sulla drammatica situazione ellenica. C’è chi grida ad una manovra studiata ad hoc. In effetti, in Italia siamo in campagna elettorale e non farebbe comodo a nessuno dei grandi partiti il fatto che le misure europee abbiano condotto un paese allo sfacelo. E non farebbe comodo nemmeno ad Hollande principale fautore delle politiche comunitarie. Senza parlare di Frau Merkel, dato che in Germania il principale motivo di protesta riguarda la questione dei soldi dei “paesi ricchi” che finiscono nelle banche di “quelli poveri”. Insomma, effettivamente la questione greca non farebbe comodo a nessuno. Certo è che il resto delle notizie (agricoltori, multinazionali, crimini, senzatetto…) sono tutte provate e confermate, anche da qualche rinomata testata giornalistica, ma sempre senza alcun entusiasmo.
Federico Campoli

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