mercoledì 27 marzo 2013

Terzi lascia, ira Napolitano: dopo la figuraccia di governo "rigiocarsi" Monti è difficile





di Marco Gorra
La decisione di rassegnare le dimissioni da ministro degli Esteri, raccontano, Giulio Terzi l’ha maturata in solitaria o quasi a cavallo del week end. Così, per la seconda volta nella storia repubblicana (la prima era avvenuta nel 2002 col passo indietro di Renato Ruggiero, guarda caso diplomatico anch’esso) un ministro degli Esteri si dimette in polemica col governo di cui fa parte. 
Il clamoroso strappo arriva all’apice di una frattura, quella fra Terzi ed il premier Mario Monti, apertasi già da tempo ed ormai divenuta insanabile. L’escalation si era avviata con la decisione, fortemente caldeggiata dal ministro, di non restituire i due militari agli indiani. Da lì era partito un braccio di ferro nell’esecutivo con da una parte il duo Terzi-Di Paola a spingere per la linea dura e dall’altra il resto della compagine governativa (i nomi più ricorrenti nelle ricostruzioni sono quelli di Corrado Passera e Paola Severino, preoccupati per le ricadute rispettivamente economico-commerciali e giudiziarie della vicenda) a cercare di evitare che si arrivasse allo scontro. La data clou è quella del 21 marzo scorso, quando nel corso del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica l’orientamento del governo - decisivo l’idem sentire del Quirinale - diventa quello di restituire Latorre e Girone agli indiani.
Questo il retroterra, il precipitare della situazione andato in scena ieri alla Camera modifica più di uno scenario attualmente in essere. Per prima cosa, riavvicina potentemente Giorgio Napolitano e Mario Monti: entrambi hanno vissuto la mossa di Terzi come un atto oltre l’ostile, da cui la necessità di coordinare gli sforzi. La salita al Colle del premier di ieri sera, infatti, è servita sì a ratificare le dimissioni dell’ormai ex ministro e ad avviare l’interim di Monti, ma anche a mettere a punto la linea che il Professore dovrà tenere oggi quando si tratterà di riferire in Parlamento. Stando a quel che trapela, la versione del premier dovrebbe insistere, oltre che sul fatto che delle dimissioni del ministro nessuno sapesse nulla fino all’annuncio in aula, su come l’origine del pasticcio risieda nell’annuncio terziano di non volere restituire i marò e di come pertanto il peccato originale della vicenda sia da attribuire a lui.
L’irritazione di Napolitano, tuttavia, origina anche da un altro elemento. E cioè dal fatto che, a partire da ieri, nel mosaico della crisi di governo ha a disposizione una carta in meno in caso di fallimento dell’operazione Bersani: il congelamento del governo Monti (che l’inquilino del Colle voleva tenersi come mossa di riserva, al punto di arrivare a stoppare l’autocandidatura del Professore alla presidenza del Senato pur di preservarla) diventa infatti difficilissimo. In una situazione normale, eventi come quelli di ieri avrebbero innescato una crisi di governo devastante. E, anche se la situazione attuale tutto è fuorché normale, pensare di poter tenere in carica un esecutivo messo così si fa impervio.
Anche perché il ricasco politico della vicenda è notevole. Al fianco di Terzi, infatti, si è schierato un Pdl compatto come non mai. Avendone ben donde: in un colpo solo ottiene la certificazione della fondatezza delle ripetute denunce di inadeguatezza nella gestione governativa del caso marò (punti bonus per il gioco facilissimo nel ricordare la collegialità ed il coinvolgimento parlamentare operati dal governo Berlusconi nell’affrontare altre crisi tipo la guerra in Libia), vede farsi più concreta la prospettiva di un esecutivo di larghe intese (con pochissimo spazio per eventuali componenti tecniche, peraltro) qualora il tentativo di Bersani naufragasse e e vede comprimersi ulteriormente gli spazi di manovra politica presente e futura per Mario Monti.

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1212415/Terzi-lascia--ira-Napolitano---dopo-la-figuraccia-di-governo---rigiocarsi--Monti-e-difficile.html

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