giovedì 20 settembre 2012




Fiorito dai pm, accuse agli altri consiglieri
Spunta la casa in via Margutta


L’ex capogruppo consegna due casse di carte e accusa otto consiglieri: «Era un sistema». Spunta la casa in via Margutta




ROMA - «NON ho rubato un centesimo. Pensavo fosse tutto regolare. Anzi, mi sono opposto a un sistema, ho stoppato l’abitudine ai rimborsi facili». Si difende e attacca Francone, parla per sei ore e mezza. Econsegna valanghe di documenti per dimostrare come funzionasse il meccanismo, che adesso rischia di stritolarlo. Ma la procura tira fuori anche qualche asso dalla manica: come una casa in via Margutta, 200 metri quadri assegnati a Fiorito da un ex Ipab.
Un alloggio che Francone dice di pagare 4 mila euro al mese.

Quando entra nel piccolo bunker del nucleo valutario della Guardia di Finanza sul raccordo Anulare, Franco Fiorito, indagato per peculato, ostenta una tranquillità sorprendente. Probabilmente perché con sé porta un memoriale e soprattutto voluminosi e pesanti allegati: scatoloni pieni di fatture che raccontano in cifre a sei zeri festini, servizi, fotografici, acquisti di champagne e cene indimenticabili dei consiglieri del Pdl alla Regione. Ce n’è per tutti. Al presidente, Renata Polverini, Fiorito contesta la gestione politica. Ma poi presenta carte su otto consiglieri del suo gruppo. Accusa da Franco Battistoni a Giancarlo Miele, da Carlo De Romanis a Veronica Cappellaro, da Andrea Bernaudo a Chiara Colosimo e Lidia Nobili. Tira tutti dentro. Ha così tanto da raccontare che non vede l’ora. C’è ancora luce quando, insieme all’avvocato Carlo Taormina, si siede di fronte al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al pm Alberto Pioletti. Sono le 16. L’entusiasmo si smorza. Fiorito ne avrà per sei ore e mezza.

L’ex consigliere fa una premessa, spiega che la regola, stabilita dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale, è quella dei contributi senza controlli reali. Fino a 211mila euro. L’atto di accusa nei confronti di Mario Abbruzzese è diretto. Punta il dito contro Letizia Cecinelli, coordinatrice della segreteria. «Se ho fatto degli errori - dice - sono pronto ad assumermi le mie responsabilità. Ma voglio sottolineare che a metà luglio ho inviato a tutti i consiglieri una lettera per interrompere i rimborsi e stoppare il sistema. Mi sono opposto a un’abitudine, quella ai rimborsi facili. Per questo mi hanno fatto fuori. Ognuno faceva quello che voleva. Il gruppo pagava spese di ogni tipo. Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede».

Ma i pm non vogliono parlare del gruppo ma del caso Fiorito. Si comincia dai bonifici, 109 dal conto del Pdl ai suoi. Per 419mila euro è sempre la stessa cifra, quella che servirebbe per segretari e portaborse moltiplicata troppe volte. Fiorito sostiene che tanto gli spettasse. Ribadisce: erano soldi che previsti dal regolamento e alle cariche che svolgevo: capogruppo, presidente di commissione, tesoriere. Indennità alte, lo so. Certo non l’ho deciso io». Quando è buio si parla ancora di conti, dei sette italiani e cinque spagnoli. L’ex capogruppo del Pdl spiega che è stato costretto ad aprire i depositi in Spagna dopo avere ereditato la casa a Tenerife dal padre. E che i conti all’estero li aveva insieme al fratello Andrea.

I pm gli chiedono di quella pioggia di assegni, delle carte di credito ricaricabili distribuite in giro, costate 180mila euro, dei soldi girati a consulenti, veri o presunti, che hanno incassato. E poi dei 235mila euro di prelievi, 32mila euro di pagamenti bancomat. Lui parla e a ogni risposta punta il dito, va all’attacco per difendersi. Perché quei 32 consulenti non li aveva scelti lui. Non basta. Sul conto di Fiorito ci sono le vacanze in Sardegna, 28 mila euro nel resort a cinque stelle. Conto saldato dal gruppo del Pdl. «Avevo smarrito la carta di credito», ripete.

Dopo i conti si passa alle case: la casa in via Margutta dell’Ipab. Fiorito risponde che ha vinto un’asta e l’ha ottenuta in affitto, ma paga 4mila euro al mese. Poi c’è la villa al Circeo. «Ho fatto un mutuo da 500 mila euro a trent’anni», spiega l’ex capogruppo. E ancora, gli immobili e i terreni ad Anagni «ereditati». Quindi il punto cruciale. Perché le case nella sua disponibilità nella capitale non risultano intestate a lui? E si apre il capitolo dei prestanome. Dopo cinque ore di domande, Fiorito tira fuori l’archivio segreto. La contabilità che gli uomini del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza avevano cercato dappertutto. Ed eccoli i conti del gruppo del Pdl alla Pisana. Squadernati foglio per foglio, fattura per fattura sulla scrivania dei magistrati. Le feste di Carlo De Romanis, i conti di Veronica Cappellari. «Abbiamo spiegato tutto. Forse ci sono stati degli errori, ma il problema era il regolamento», commenta alla fine Taormina.
http://www.ilmessaggero.it/roma/campidoglio/fiorito_pm_accuse_altri_consiglieri_casa_via_margutta/notizie/220451.shtml

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