sabato 19 novembre 2011

E CI VOLEVA TANTO?
IMMIGRAZIONE: MIGRANTI IN LIBIA. MARONI: GIORNATA STORICA
abc857728d8ec33f74ec74f0632437d7PALERMO  - Sono arrivate nel porto di Tripoli le tre motovedette italiane, due della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza, con i 227 migranti, tra cui 40 donne, soccorsi ieri su tre barconi nel Canale di Sicilia. L'autorizzazione è giunta in nottata, dopo una trattativa tra le autorità italiane e quelle libiche sul rimpatrio immediato degli extracomunitari.
Gli immigrati, a bordo di tre distinti barconi, avevano lanciato ieri l'Sos mentre si trovavano a Sud di Lampedusa, in acque internazionali di competenza maltese per quanto riguarda le operazioni di ricerca e soccorso. Dopo un nuovo scontro diplomatico con Malta sulle competenze relative agli interventi di soccorso, da Lampedusa erano salpate le tre motovedette che hanno poi raccolto i 227 extracomunitari. Le trattative tra l'Italia e la Libia hanno poi portato in serata alla decisione di rimpatriare immediatamente i migranti che erano partiti dalle coste nordafricane. Una decisione che ha incontrato il plauso anche del governo maltese. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha definito l'accordo con le autorità di Tripoli "una svolta nel contrasto all'immigrazione clandestina", ricordando che il 15 maggio partirà anche il pattugliamento congiunto Italia-Libia.

MARONI, OGGI CON LIBIA GIORNATA STORICA
ROMA - Quello che sta succedendo in queste ore, con la Libia che ha accettato di prendersi carico degli immigrati presenti su tre barconi che erano stati avvistati ieri a largo di Lampedusa "può rappresentare una svolta nel contrasto all'immigrazione clandestina". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, parlando al programma 'Panorama del giorno' su Canale 5. "In questi momenti - ha spiegato Maroni - le nostre motovedette stanno restituendo alla Libia migranti partiti da quelle coste. E' un risultato storico a cui abbiamo lavorato per un anno e nei prossimi giorni partirà anche il pattugliamento congiunto tra Italia e Libia". Se l'operazione fatta oggi, ha aggiunto, "continuerà, il problema del contrasto tra Italia e Malta sull'accoglimento dei clandestini sarà risolto perché in qualunque acqua si trovino i barconi saranno rispediti in Libia da dove sono partiti". Quanto a Malta, ha concluso, "noi siamo andati oltre 600 volte a recuperare migranti in acque maltesi. Ho deciso che da ora in avanti ciò che è compito nostro lo faremo e ciò che non lo è non lo faremo".  
E ORA VEDREMOSE MANTERRANNO UNA POLITICA DI FERMEZZA  E SE SAPRANNO RESISTERE ALLE PRESSIONI DEI BRIGANTI DELL U.E.  GENOCIDI DELLA POPOLAZIONE EUROPEA
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ALMENO QUESTO OLTRAGGIO E STATO EVITATO
Vu’ cumprà in ritirata, niente corteo
DD643_veneziaL’annunciata manifestazione dei venditori itineranti africani è saltata. Lo hanno deciso ieri gli stessi organizzatori che lo hanno subito comunicato all’ufficio di Gabinetto della Questura. Il motivo di questo differimento a data da destinarsi pare stia nell’indisponibilità del sindaco a ricevere oggi una loro delegazione, a causa di preesistenti impegni. Se e quando la manifestazione avrà luogo non è dato sapere poiché gli organizzatori avrebbero subordinato un eventuale nuovo appuntamento alla disponibilità dei sindaco a riceverli.
      Cosa che in questo momento appare tutt’altro che scontata. Ieri in Comune hanno fatto sapere che non ci sarebbe stato nessun ricevimento e la cosa sembra abbastanza plausibile, dal momento che da più di un anno ormai l’amministrazione comunale ha dato un vigoroso giro di vite nei confronti del fenomeno dei venditori di strada.
      La versione di questi ultimi è però differente: «È stata la Questura - spiega Demba, il portavoce - a bloccare la manifestazione perché ci è stato detto che ci sono già troppi impegni tra cui il Giro d’Italia. La manifestazione sarà rinviata forse alla prossima settimana. Benissimo, ma se non ci sarà la manifestazione siamo disponibili a mandare una delegazione in Comune o fare dei presidi in strada per spiegare la nostra richiesta, che essenzialmente è l’essere riconsiderati regolari, almeno quelli che hanno la licenza del Comune».
      Quanto al rifiuto di avere come interlocutore il vicesindaco Michele Vianello, negano che sia una questione di principio.
      «Noi - conclude - non vogliamo parlare con Vianello perché in precedenza non ha rispettato gli accordi, ma saremmo disposti a farlo se il sindaco lo delegasse espressamente a questo compito».
      È da ricordare che a partire dal 25 aprile 2008 i vigili - per volontà di Vianello - hanno sostenuto uno sforzo enorme per bloccare il proliferare del commercio abusivo. Nonostante questo, qualche giorno fa il Pdl ha deciso di appoggiare tutti quei commercianti che faranno causa al Comune per non aver fatto abbastanza per reprimere quel commercio che non è consentito nonostante la stessa amministrazione abbia rilasciato centinaia di licenze di vendita itinerante un decennio fa. Ora, però, è la legge a proibire questa forma di vendita a Venezia, a prescindere dall’esistenza di reati come la contraffazione.
      L’atmosfera, con i primi arrivi in massa di turisti, si è arroventata e l’impressione che si ha è quella di un "tutti contro tutti". La Lega Nord, ad esempio, attacca duramente il Comune e anche l’Ascom.
      «La denuncia servirà a poco - attacca il segretario provinciale del Carroccio Corrado Callegari - quello che serve davvero è che sia ripristinata la legalità per i commercianti onesti e regolari. Cosa che il Comune non è in grado di fare. Sono in tanti - conclude il parlamentare leghista - non abbiano timore di affrontare Ca’ Farsetti. Stupisce il cadere nel tranello del gioco politico da parte di chi dovrebbe esclusivamente pensare agli interessi della categoria che rappresenta invece di difendere un sindaco che si guarda bene dall’entrare nel merito della questione».
      M.F.
     
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mercoledì, 06 maggio 2009

LA VERGOGNOSA PREPOTENZA DELL ILLEGALITA
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«Saremo centinaia
e ci sarà anche
la tv senegalese»
«Sarà una manifestazione pacifica e autorizzata. Non vogliamo creare disagio. Nulla che possa andare contro la legge. Saremo tanti, fra i 200 e i 400. E ci sarà anche la televisione senegalese». Demba è il portavoce dei venditori abusivi che hanno deciso di marciare su Ca’ Farsetti, per incontrare il sindaco Massimo Cacciari. E nell’annunciare la manifestazione che si terrà domani alle 9.30 a Venezia, con partenza da piazzale Roma, ha spiegato quali sono le intenzioni del popolo nero dei senza-licenze. «Esiste un problema e va risolto. Noi venditori ambulanti siamo disponibili al dialogo. Il Comune alcuni anni fa ci aveva dato le licenze. Non è giusto che poi ce le abbia tolte. Cosa succederebbe se facessero altrettanto nei confronti dei titolari dei banchetti in riva? Perché noi sì e loro no?» Per replicare alle ovvie obiezioni, Demba aggiunge: «Si dice che noi siamo clandestini o che vendiamo merce contraffatta. È vero solo in parte. I senegalesi che a suo tempo hanno ricevuto la licenza del Comune non trattano merce contraffatta. Nessuno di loro è abusivo. È vero però che una parte dei venditori che ogni giorno si recano in riva è clandestino. Ed è vero che qualcuno vende merce contraffatta».
     
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Vu’ cumprà, caos permanente a Venezia
DD643_venezia Non sarà contraffatta, ma la vendita è abusiva.
      Per questo i commercianti sono in rivolta, si rischia ogni giorno lo scontro e domani i venditori non regolari andranno in corteo da Cacciari. Fiero come se stesse per mostrare il trofeo della vita, il nostro uomo per un attimo si distrae dal controllo visivo che gli salva la mercanzia. Tira fuori un ritaglio di giornale del 2000 dove, con la stessa faccia rotonda e sorridente, mostrava pomposamente la licenza. Il titolo annuncia che finalmente, dopo anni di attese, ce l’aveva fatta. Era il primo a essere entrato in possesso del foglietto che gli consentiva di vendere, da ambulante, nelle calli veneziane. Estrae l’originale da un’altra tasca, dove lo conserva come una reliquia. «Tutto inutile, non vale niente, ma me lo porto addoss...».
      Non finisce la frase che già ha capito. Uno scatto felino e in tre secondi agguanta i quattro lembi del lenzuolo, li serra in una mano, alza la roba sopra le spalle e si dà alla fuga. «Scusa...», ha appena il tempo di dire. Scomparso. Il pericolo si è materializzato sotto forma di due ragazze in borghese. Potrebbero essere due studentesse, due turiste. Sono due poliziotte municipali incaricate di far piazza pulita di vucumprà a Cannaregio. Una ha in mano tre fantasmini appena sequestrati a un cingalese che li vendeva a un euro ciascuno.
      In questo momento comincia un lentissimo gioco dell’oca nelle calli. Un inseguimento felpato, una ricerca discreta, senza affanno, senza attirare l’attenzione. È una specie di caccia al vucumprà, in cui lui più che scappare si nasconde, gira l’angolo, allunga il passo per distanziarle e il collo per capire se deve temere di essere acciuffato, il che significherebbe la perdita del tesoro che si porta appresso. Un rituale inutile, perchè la marea non si arresta con un dito. Eppure necessario, perchè il malumore dei commercianti cresce, le proteste impazzano, la campagna elettorale è lanciata.
      Le due donne percorrono Salizada del Pistor, Rio Terà dei Franceschi, svolta a sinistra, poi Calle Verdi. Tornano in Strada Nova, arrivano in campo Santa Sofia e buttano i pupazzetti colorati tra le immondizie. I sogni in un cestino. Poi il senegalese riappare da calle de l’Oca con un saccone blu. Sporge la testa e subito si ritrae. Non lo hanno visto. Il gioco delle guardie e dei ladri (con il giornalista a pedinare entrambi) prosegue per un’altra manciata di minuti. L’abusivo ha ripiegato verso le Fondamenta Nuove. Il passaparola è corso veloce. Altri se ne stanno guardinghi, dietro il cinema Giorgione.
      Non hanno fretta le due vigilesse. Finalmente, in Rio Terà Barba, eccole parlare con un ragazzo. Ha il borsone. «Ma io vado là...» si giustifica. Un attimo dopo è scomparso. Lo hanno lasciato andare. Finalmente i segugi in gonnella si accorgono di essere diventate a loro volta preda di curiosità. «Scusi signore, lo sa che rischia una multa a contrattare merce contraffatta?». Il tono vorrebbe suonare minaccioso. Situazione subito chiarita, comunque utile per capire le finalità di questo girare a vuoto, con un’indulgenza sorprendente. «Siamo solo noi due, per questo abbiamo l’ordine di tenere sgombera la zona. Non li intercettiamo, anche se qualche verbale lo stendiamo. Ma ormai ci conoscono... Così li facciamo andare da altre parti. Agli interventi ci pensano le squadre».
      La frase resta come sospesa sul far del mezzogiorno, in questo percorso nei luoghi dove la vendita illegale è attività quotidiana. Troverà spiegazione un paio d’ore dopo. Piazzale Roma e Santa Lucia sono gli accessi alla città. In Lista di Spagna sta il primo, impudente centro commerciale a cielo aperto, con tanto di esattori giornalieri (c’è una rete criminale che controlla tutto). «Oggi non si fanno vedere, sono tutti buoni, in vista del corteo» spiegano i venditori dei negozi o delle edicole. E raccontano storie di quotidiana violenza. Due ciechi che camminavano rasente il muro e sono stati buttati in centro calle quando si sono imbattuti nei lenzuoli. Il disturbo, l’intimidazione, la concorrenza sleale. «Bei tempi quando la Finanza era fissa, ma adesso...». Se si vedono divise, gli abusivi scappano. Tornano subito dopo. Come un lavoro fisso, con il territorio marcato, diviso, lottizzato.
      Venezia è da sempre così, in vendita. Vendono i cinesi nei bazar, vendono i veneziani nei negozi. Si vendono le cartoline e le grandi firme. Si vendono i panini e il pesce surgelato. Si vendono i vetri di Murano-Shanghai e gli acquerelli dei pittori di piazza. Si potrebbe pensare che gli abusivi sono solo una realtà marginale, folkloristica, in questo grande zoo imprenditorial-turistico. Ma basta il colpo d’occhio in Riva degli Schiavoni, accanto agli attracchi delle gite organizzate, per capire che la grande Kasba sta qui. Un’umanità in perenne movimento, inafferrabile. Una marea inarrestabile di borse, portafogli, cinture. Un’acqua alta che nessun Mose può fermare.
      Il bello è che tutto avviene alla luce del sole. Davanti ai cartelli del Comune che minacciano sfracelli per chi vende e compera merce abusiva. Di fronte ai tazebao dei commercianti che denunciano: «Attività legali in crisi / Abusivismo fiorente». Al Ponte del Sepolcro, dopo il Metropole, la sfacciataggine è assoluta. Una decina di lenzuoli stesi a terra. Fiumi di turisti che passano. Un neretto, il primo della fila, è bravissimo. A una veneziana vende una falsa Vuitton. «Di meno...» tratta la donna. Lui intasca 50 euro e ne dà 10 o 20 di resto. Un minuto dopo è una coppia di stranieri ad abboccare, lei se ne va con una borse a tracolla, pagata 30 euro. Un posto d’oro, se va avanti così in un’ora guadagna duecento euro.
      Ma questo non è l’Eldorado, è una giungla. Strano che le vedette non se ne siano accorte. I ragazzi neri non hanno il tempo di salvare se non poche borse. Ma i lenzuoli restano a terra. La mercanzia rotola sui masegni, quando quattro uomini e una donna si catapultano, causando il fuggi fuggi improvviso. Sono stati bravissimi, non hanno toccato nessuno, salvo un paio di Vuitton strappate di mani ai fuggitivi. I senegalesi si sono lasciati dietro il guadagno mancato di un giorno e il costo che dovranno ripagare continuando a fare gli abusivi.
      È un vortice, una spirale, un moto perpetuo. La squadra speciale della polizia municipale ha agito con tempistica da commando. È già sul motoscafo dove ha caricato il bottino di cinque enormi sacchi. Un venditore di maschere, rassegnato: «È una presa in giro, in due minuti tornano, con altre borse». Dopo un po’ compaiono due staffette. Ma due carabinieri si sono piazzati in un punto strategico. Meglio starsene alla larga, meglio evitare risse prima di parlare al professor Cacciari.
     
Giuseppe Pietrobelli
     
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LA LEGA SI ARRENDE FINE DEL CELODURISMO!!
Accolti i rilievi sollevati da Fini a San Donà di Piave. Maroni: trovato un compromesso. Governo pronto a porre la fiducia
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Roma
      NOSTRA REDAZIONE
      Salta la norma sui cosiddetti «presidi-spia», giudicata incostituzionale dal presidente della Camera Fini, e sull’antiracket si torna al testo del Senato, «con la possibilità di escludere la punibilità» degli imprenditori che non denunciano i tentativi di estorsione «se sussiste lo stato di necessità». Questi i capisaldi dell’accordo raggiunto ieri sul disegno di legge sicurezza nel summit di maggioranza con cinque ministri - Alfano, Vito, La Russa (Pdl), Maroni e Calderoli (Lega) - e i capigruppo. Nonostante l’ottimismo sui lavori parlamentari ostentato dai vertici, in serata è stato convocato per questa mattina il consiglio dei ministri che potrà autorizzare la richiesta della questione di fiducia, forse su due testi distinti e omogenei comprendenti comunque la nuova disciplina dell’immigrazione (introduzione del reato di clandestinità e provvedimenti conseguenti).
      Nella riunione di maggioranza, conclusa - assicurano i presenti - con «un pieno accordo», si sono attentamente vagliati gli ostacoli sulla strada del provvedimento. E due tra i principali sono stati rimossi. Innanzitutto è stato «accolto» il rilievo di Fini: un apposito emendamento specificherà che non sarà necessario presentare il permesso di soggiorno per iscrivere i figli alla scuola dell’obbligo. «Pertanto - chiosa La Russa - i presidi non potranno sapere se la famiglia dello studente è clandestina e non potranno fare la spia...». Si ribadisce tuttavia il principio contenuto nell’articolo 45, secondo il quale «la carta ed il permesso di soggiorno devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero». Già la legge Bossi-Fini, sottolinea Maroni, salvaguarda l’obbligo scolastico, quindi «prevale il diritto a partecipare alle lezioni» rispetto all’obbligo di segnalare la clandestinità. «Per noi - aggiunge il capogruppo leghista Cota, riferendosi alla lettera di Fini - questo era già chiaro dal combinato disposto delle norme, ma ben venga un emendamento interpretativo». Per quanto riguarda la norma sugli appalti, modificata a sorpresa dalle commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera, si tornerà al testo del Senato: nessun imprenditore che abbia subito un tentativo di estorsione senza denunciarlo potrà partecipare a gare d'appalto pubbliche. «Con la precisazione - dice Maroni - che vi sarà la possibilità di escludere la punibilità per lo stato di necessità». Resteranno intatti i poteri del capo della Procura nazionale antimafia, che potrà continuare ad intervenire nei procedimenti già durante la fase preliminare. Nel disegno di legge cambierà anche la norma che vincola l'iscrizione all'anagrafe al fatto che l'alloggio del richiedente superi la valutazione igienico-sanitaria da parte dei competenti uffici comunali. Si è infatti deciso di accettare il parere della commissione Affari Sociali di Montecitorio, secondo il quale gli accertamenti non devono avere carattere di obbligatorietà. In aula c’è stato appena il tempo di respingere le pregiudiziali di costituzionalità avanzate da Pd e e Idv. Poi il presidente Fini, su richiesta del presidente della commissione Affari costituzionali Bruno, ha sospeso la seduta e rinviato a questa mattina. In Transatlantico già tirava aria di fiducia. D’altra parte, secondo valutazioni della maggioranza, sarebbero una cinquantina le votazioni a scrutinio segreto da affrontare: troppe per un provvedimento tanto tormentato. «Non voglio imboscate», dice Maroni che tiene soprattutto al prolungamento dei tempi di trattenimento nei Cie, già affondato due volte. E sui presidi-spia, commenta il ministro dell’Interno, «esagera chi dice che ha vinto la linea Fini».
      Andrea BiANCHI
DOPO L ENNESIMA BATOSTA PERCHE LA LEGA NON FA CADERE IL GOVERNO?
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martedì, 05 maggio 2009

il comune snobba l isola di s.erasmo
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Benito Vignotto: presidente dei Regatanti, ma anche e soprattutto “personalità” dell'isola di Sant'Erasmo, dove vive e lavora. Con lo stesso cipiglio di regata, Benito ha ieri radunato altri isolani per protestare vivacemente contro quella che definisce “disattenzione” da parte della pubblica amministrazione. «Per prima cosa - si lamenta Vignotto - noi che qui viviamo, lavoriamo e ci muoviamo, non riusciamo a capire perché stiano stringendo la carreggiata di via delle Motte, che confluisce in via Forni. La strozzatura, poco prima della chiesa del Cristo Re, porta due svantaggi: non vedere chi proviene dalla curva sul lungomare e costringere coloro che transitano da sinistra ad una impegnativa curva ad U. Insomma, il tratto è stato reso più difficile da percorrere, ed anche più pericoloso».
      «Inoltre - proseguono Benito e i cittadini - una volta dello sfalcio dell'isola si occupava una ditta locale; ora c'è un nuovo appalto, con il risultato che l'erba non è stata ancora falciata, operazione che si doveva compiere già a marzo. Di vegetazione e vegetali me ne intendo bene, qui mi chiamano “il re del carciofo”. Infine - conclude Benito - c'è la nuova darsena costruita 4 anni fa dal Magistrato alle acque. Tutto bene, anche la fontanella: peccato, però, che non ne esca acqua. Ho cercato di capire il perchè, ma le responsabilità e le competenze vengono rimpallate fra lo stesso Magistrato ed il Comune. Con una raccolta di firme chiederemo più attenzione e soprattutto di essere coinvolti su quanto il Comune mette in opera».
      T.C.
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IL DELIRIO DELLA SOCIETA MULTI ETNICA
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Malmö, il ghetto ribelle degli stranieri
che mette in crisi il modello svedese

MALMÖ — «Io? Sono di Gaza». Rani, 15 an­ni, strizza l’occhio agli amici che gli si fanno intorno a semicerchio, come se volessero pro­teggerlo da una minaccia incombente. Si chia­mano Mohammed, Ali, Hata, Isak. Tutti coeta­nei. Età da medie, al massimo liceo. «A scuola? Ma no, nessuno di noi ci va. Tempo perso». La stessa domanda, provoca identica risposta: so­no di Ramallah, Il Cairo, Sarajevo. Bisogna insi­stere. E allora rispondono con le voci che si so­vrappongono, in una primavera nordica solo annunciata: «Certo che siamo nati a Rosen­gard: ma questa non è mica casa nostra».
Periferia orientale di Malmö. Palazzi gettati come mattoncini a formare isole tanto ordina­te quanto slegate l’una dall’altra, cemento a vi­sta: uno dei tanti progetti che, sulla carta, ne­gli anni Sessanta e Settanta, dovevano risolve­re una volta per tutte il «problema casa» della classe operaia più viziata d’Europa. Oggi i lavo­ratori svedesi sono una minoranza minacciata più dall’incedere dell’immigrazione islamica che dalla crisi economica. «Non c’è più posto per noi», spiega con un sorriso a mezza bocca Anders Püschel, al momento «disoccupato». Non c’è più posto per nessuno, a giudicare da­gli ultimi eventi. A Rosengard, dove Ibrahimo­vic ha imparato prima a fare a botte poi a cal­ciare il pallone, la sera, non si esce di casa. I poliziotti sono diventati il bersaglio preferito di Intifade istantanee: sassaiole sulle auto di pattuglia che tornano in rimessa ammaccate, come se avessero attraversato un campo profu­ghi palestinese con le insegne dell’esercito di Israele bene in vista.
Ogni sera, da mesi, casso­netti, cabine, e qualunque struttura pensata per la città si trasformano in roghi appiccati da molotov lanciate direttamente dal salotto di casa. I vigili del fuoco, stanchi di diventare il bersaglio preferito dopo gli agenti, hanno de­ciso di ritirarsi dal loro Forte Apache, la caser­ma di Rosengard. Henrik Persson, il coman­dante della stazione dei pompieri del quartie­re, si è appena dimesso: «Nessuno mi ascolta, nessuno ci aiuta. Non ha senso continuare co­sì ». Persson ha raccontato che, a una recente riunione operativa, un dirigente della polizia lo ha messo in guardia: «Preparatevi a vedere lanciare le molotov contro di voi». Ma a una richiesta di fondi e rinforzi, spiega ancora Pers­son, «ho ricevuto un netto rifiuto». Dall’oppo­sizione, la consigliera centrista Anja Sonesson chiede «l’imposizione immediata di un copri­fuoco per arginare l’ondata di violenza. I ragaz­zini con meno di 18 anni non dovrebbero usci­re dopo le 9 di sera». Per il momento, i social­democratici, la maggioranza, resistono: «Sa­rebbe la fine della democrazia, del sistema sve­dese ». Il sindaco Ilmar Reepalu è convinto che una misura così drastica accentuerebbe «il ca­rattere di enclave a se stante del quartiere. Al contrario noi dobbiamo cercare di unire Ro­sengard al resto della città, farne un zona resi­denziale come le altre».
Malmö, terza città della Svezia, capoluogo della prospera Scania, porto sull’Öresund con un passato di traffici che non torneranno più, ha 270 mila abitanti, centomila dei quali stra­nieri, per lo più concentrati a Rosengard e din­torni. Come dire, un residente su tre è musul­mano. Molti vengono dai Balcani, dall’Africa, dall’Asia centrale. «Ci sono cento e più nazio­nalità nel quartiere — spiega Stefan Alfelt, cor­rispondente locale di Aftonbladet, uno dei principali quotidiani nazionali —. Pochi di lo­ro hanno un’occupazione. In alcune zone i sen­za lavoro sono addirittura l’86% degli adulti. I giovani crescono osservando i genitori che vi­vono di carità pubblica. Sanno di essere senza speranza e si comportano di conseguenza: fan­no la guerra». Curiosamente, non è un conflit­to «Rosengard contro gli altri». «Gli scontri ra­ramente superano i confini del quartiere — di­ce ancora Alfelt —. È una guerra civile locale: tutti contro tutti». In realtà, qualche volta la violenza lascia Ro­sengard e si sposta verso il centro elegante, l’isola pedonale dove si affacciano vetrine e ri­storanti ancora affollati nonostante la crisi.
Ai primi di marzo è bastato l’arrivo della naziona­le israeliana di tennis, impegnata in Coppa Da­vis contro la Svezia, proprio a Malmö, a far in­sorgere la comunità islamica, in quell’occasio­ne alleata dei centri sociali svedesi e i black blok di tutta Europa. Un mix esplosivo che la polizia ha affrontato a modo suo. Con le manie­re forti: cariche a cavallo, botte da orbi e pisto­le impugnate contro i dimostranti. Inutile par­lare di integrazione, a Rosengard. Il modello sociale svedese? «Non spetta a me interpretare la politica del governo», ci ha detto il sindaco Ilmar Reepalu, socialdemocratico, facendo in­tendere che lui, la sua città, vuole continuare ad amministrarla come se il welfare scandina­vo non fosse superato dalla realtà. Certo «dob­biamo iniziare a progettare qualcosa di diver­so. Ne va della tranquillità di tutti». Solo una questione di ordine pubblico, allo­ra? La polizia, conclude il portavoce Lars-Hakan Lindholm, «sa esattamente cosa fare e lo farà». Il punto è: per quanto, ancora?
Paolo Salom
05 maggio 2009
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lunedì, 04 maggio 2009

VENEZIA STA CAMBIANDO.........IN PEGGIO!!DD643_venezia
LE DENUNCE DEI VENEZIANI:
Molti cittadini percepiscono Venezia, una volta ritenuta isola felice e sicura, come un luogo in cui il degrado aumenta anche alla luce di una serie di accadimenti che porterebbero a pensare che la “percezione” sia piuttosto vicina alla realtà. Di seguito alcune segnalazioni e domande precise rivolte agli organi deputati soprattutto alla pubblica sicurezza.
      Venezia & Venice
 Cara Boca, leggo con sempre maggiore preoccupazione dei casi di vera e propria violenza, per lo più da parte di bande di ragazzini, accaduti in centro storico. L'altro giorno, sul Gazzettino, si riportava la notizia di una ragazza che per poco non rimaneva vittima di violenza sessuale. Mi domando se sia solo una percezione, oppure la città sta diventando sempre più pericolosa? Una volta bastava non andare in alcune zone e ci si sentiva sicuri, ora sinceramente per me non è più così. Vorrei avere delle risposte vere e sincere dai tutori della pubblica sicurezza: Venezia è ancora quella città sicura in cui da ragazza potevi rincasare tardi senza correre dei rischi? (Marisa – marisa58@alice.it)
      - Rivolgo il mio appello a voi per trovare una soluzione ad un problema che giorno dopo giorno aumenta proprio sotto le finestre di casa mia. La notte, nei pressi del ponte storto dietro Campo S. Aponal, da una certa ora notturna in poi arrivano sempre più numerosi ragazzi provenienti dal Campo de l'Erbaria, probabilmente nel momento in cui là i locali chiudono. Sono armati di bottiglie, tamburi, insomma di tutto l'armamentario loro con cui si divertono a fare chiasso per ore ed ore, fino al mattino presto. Le prime volta io ed altri vicini abbiamo cercato di dialogare con loro, chiedendo di smettere il baccano che impediva agli altri di dormire. Per tutta risposta risate, prese in giro, e perfino minacce ovviamente urlate a squarciagola. Ci siamo rivolti più volte ai Carabinieri e alla Polizia, i quali il più delle volte hanno risposto che non avevano uomini a sufficienza, che le pattuglie erano in giro e sarebbero passate, di avere pazienza.... Capisco che i giovani abbiano tutto il diritto di far baldoria, ma la situazione sta degradando profondamente la zona, visti anche i ricordini che troviamo per terra al mattino. Possibile che non si riesca a presidiare un po' meglio la città? Capisco che il Ponte Storto non è su una delle direttive principali cittadine, ma forse proprio per questo non dovrebbe essere una zona maggiormente vigilata? Chiedo non venga gentilmente pubblicato il mio nome (Testimonianza raccolta allo Sportello Laguna)
      - Trovo incredibile come a Venezia si faccia un gran parlare di decoro e di lotta al degrado ma poi, su questioni davvero gravi o preoccupanti, non si faccia in realtà nulla. Ma dico io: come si fa a lanciare una campagna anti-degrado annunciando la pulizia dai graffiti dei pontili dei vaporetti? Se la paghi ACTV e si arrangi lei a pulirsi gli imbarcaderi, o no? Che chi di dovere pensi a sorvegliare calli e callette che di notte ospitano proprio di tutto.....comprese le prostitute in Strada Nova (dove, mi dicono, girino ancora piuttosto indisturbate). (Matteo Bortolini)
      - Quando ci fu l'ultima acqua alta a dicembre, il Sindaco e gli operatori turistici chiesero di smetterla di lanciare nel mondo immagini catastrofiche della nostra città, perché alla fine avrebbero inciso negativamente sul turismo, principale forma di indotto. Su questo sono fondamentalmente d'accordo: sempre meglio cercare di dare all'esterno un'immagine positiva, che invogli il potenziale turista a scegliere Piazza San Marco come meta delle proprie vacanze. Ma non vorrei che questo ci portasse ad esagerare. Dei sempre più frequenti casi di violenza alla persona si dedica davvero poco spazio sui media locali, praticamente nessuno su quelli nazionale (ad eccezione del famoso reportage di Emilio Fede, maldestro forse nelle immagini, ma non certo nei contenuti). Non è che si vuole deliberatamente far passare sotto silenzio una situazione di effettivo pericolo per non perdere turisti? (Massimiliano – cognome illeggibile)
      - Da tempo vedo il campo dove abito e dove giocano i miei bambini, San Giacomo dell'Orio, scivolare verso una situazione di degrado e di insicurezza. Piccole aree di verde lasciate all'incuria più totale, vu cumprà che girano con la loro merce sulle lenzuola, extracomunitari e zingari che sostano per ora sulle panchine senza far nulla, ma andando a minacciare ed insultare le commesse del panificio Majer. E poi lo spaccio di droga, che se non si vede lo si avverte chiaramente, alimentato dalla presenza di bar in cui si ritrovano fino a notte fonda ragazzi di età per lo più studentesca. Basta poi girare l'angolo dal campo per trovare capannelli di ragazzi nei campielli limitrofi (corte scura, campiello dell'anatomia) intenti a non si sa bene cosa fare. A dire il vero da un po' di tempo passano più spesso le ronde della polizia, sollecitate anche da un comitato di cittadini, ma questo non basta perchè una volta passata la ronda tutto torna come prima. Vorrei che il campo più bello di Venezia tornasse ad essere quello di qualche tempo fa: meta di famiglie intere felici di potervi soggiornare tranquillamente. Chi può fare qualche cosa di concreto? (Noemi – raccolta allo Sportello Laguna)
      - Cara Boca, mi rivolgo a Te per chiedere come faccio io ad andare a prendere il battello in Riva degli Schiavoni dove l'altro giorno do boto i vu cumpra in fuga i me faseva cascar par tera? Go sinceramente paura perchè go na serta età. (Elviretta Bonaldo)
      - Mi sembra che Venezia sia sempre più piena di cittadini extra-comunitari: basta fare un giro al mercato o nei bar vicini e trovi al banco pakistani, cinesi, marocchini. Non voglio sembrare razzista, ma tutta 'sta gente è davvero monitorata? Si può sapere il numero di extra-comunitari presenti nel Comune e aunto sono aumentati negli ultimi anni? (Mario)
      - Certo che viene da pensare a leggere il giornale. In tanti chiedono maggiori controlli, più garanzia di sicurezza. Poi leggi bene e ti accorgi che spesso chi fa certe richieste è magari pieno di soldi e affitta (in nero?) le camere ai cinesi (regolari?). (Nane dea Ruga)

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lettera al gazzettino di un" combattente dell onore"rsi21
  Ex ragazzo di Salò
      ho combattuto
      per amor di Patria
Sono un ex "ragazzo di Salò"; volontario nella Repubblica Sociale Italia. Nel 1943 avevo diciotto anni. Cresciuto durante il Regime fui educato fin da bambino all’Amor di Patria: qualcosa che i giovani d’oggi ignorano completamente. Ricordo quando in piazza San Marco venivano issate le bandiere tricolori sui pennoni antistanti alla Basilica: ci si irrigidiva sull’attenti col braccio alzato pervasi da un senso di emozione, di orgoglio, di Italianità. Quando alle manifestazioni veniva suonata la Marcia Reale e l’inno di "Giovinezza" sentivamo qualcosa di indefinibile che ci esaltava ci faceva sentire orgogliosi di essere italiani. È con questo spirito che dopo "l’otto Settembre" noi giovani ci sentimmo ribollire il sangue per il tradimento che aveva subito la nostra amata Patria. Volevamo combattere contro il nemico anglo-americano che con bombardamenti indiscriminati aveva distrutto le nostre città uccidendo decine di migliaia di nostri fratelli inermi. Studente del penultimo anno dell’Istituto Nautico non esitai a sospendere gli studi per arruolarmi volontario nella "X Flottiglia Mas". Purtroppo non potei soddisfare il mio desiderio di far parte dei mezzi d’assalto della Marina per contigenti esigenze belliche. Comunque trasferito al battaglione "San Marco" accettai con entusiasmo questo cambiamento di reparto. Fui inviato in Germania per un addestramento che durò due mesi. Rientrato in Italia fui assegnato al reparto di artiglieria a difesa della costa ligure. Mi salvai miracolosamente da un bombardamento di fortezze volanti americane che distrusse gran parte dei cannoni della mia batteria e fece un gran numero di morti.
      La lotta impari contro la strapotenza degli alleati rese vani i nostri sacrifici e ci portò alla disfatta: una onorevole resa che mi costò sei mesi di campo di concentramento a Coltano. Molti di noi si sacrificarono in una lotta che divise l’Italia in "Buoni e Cattivi", combattenti in fronti opposti. Chi erano i "buoni"? Chi erano i "cattivi"? Credo che entrambi avevamo degli ideali a prescindere dalla ideologie. Il 7 ottobre 1945 fui liberato dal campo di concentramento e potei ritornare a casa. Ripresi gli studi interrotti: avevo perso due anni. La mia è stata una scelta giusta o sbagliata?... Non mi pento, perché in coscienza credo di aver fatto il mio dovere da vero italiano. Non ho rimpianti: ho agito per Amor di Patria.
      Franco Piovesan
    
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venerdì, 01 maggio 2009

Nettuno: ricordati i caduti dell’onore

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Solenne cerimonia in rito tridentino per i combattenti della RSI
L’ultimo sabato di aprile, in ricordo della fine della seconda guerra mondiale (2 maggio 1945), al Campo della Memoria di Nettuno (Roma) si è svolta un’importante manifestazione in onore dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana.
Quasi 800 persone, giunte da tutto il Lazio, hanno affollato il piccolo cimitero ed assistito alla Santa Messa, rigorosamente in latino, che è stata officiata da Don Fausto Buzzi della Fraternità Sacerdotale San Pio X di Albano, Cappellano del Campo della Memoria.
Presenti in veste ufficiale: l’On. Teodoro Buontempo (La Destra), l’On. Prof. Luca Romagnoli (Fiamma Tricolore), l’On. Ugo Cecconi, Vincenzo Zaccheo (Sindaco di Latina), donna Assunta Almirante, il Conte Cav. Gr. Cr. Prof. Fernando Crociani Baglioni (Presidente del Centro Studi Storici e Politici Internazionali “Patria e Libertà”), il Comm. Dott. Pietro Cappellari (Vicepresidente della Delegazione Romana della Fondazione RSI - Istituto Storico), il Cav. Uff. Bruno Sacchi (Segretario della Sezione “Bruno e Piero Fioravanti” della Fiamma Tricolore di Nettuno), il Cav. Uff. Maurizio Brugiatelli (Responsabile territoriale de La Destra).Numerose le delegazioni giunte con i propri labari e gagliardetti: l’Associazione Decima MAS, l’Ordine dell’Aquila Romana, i Volontari di Guerra, l’Associazione Nazionale Arditi d’Italia, l’Associazione Nazionale Reduci e Rimpatriati d’Africa, ecc.
Dopo la Santa Messa, ha preso la parola l’Avv. Bartolo Gallitto, già Agente Speciale della X MAS, paracadutato oltre le linee nemiche con compiti di sabotaggio e raccolta informazioni. Ha rievocato l’epopea dei combattenti della RSI, rinnovando il giuramento ideale sulle tombe dei caduti. Ha spiegato ai presenti come all’epoca vi fu una sola “parte giusta” e che quella parte era quella della Patria, la Patria per la quale si sacrificarono i ragazzi accorsi a combattere contro gli Alleati a Cassino, a Nettunia, sulla Linea Gotica; contro gli slavi-comunisti in Istria e Dalmazia; contro i francesi sul confine occidentale.
E’ stata poi la volta del Prof. Catello Cosenza che ha ricordato quello che la Repubblica Sociale Italiana ha rappresentato nel contesto internazionale della seconda guerra mondiale. Non solo un Governo de facto ma, soprattutto, una fucina di ideali sociali e nazionali che proiettavano quei ragazzi in camicia nera che combattevano in prima linea in un futuro di cui ancor oggi si sente la mancanza.
Infine ha preso la parola il Prof. Augusto Sinagra che ha ricordato un aneddoto emozionante degli ultimi giorni di guerra. Ormai, il fronte era crollato e le Armate alleate dilagavano in tutta la Pianura Padana. Mussolini, che si apprestava a lasciare Milano nella speranza di raggiungere la Valtellina per combattere l’ultima battaglia, si avvicinò ad un gruppo di giovanissime Camicie Nere della GNR. L’Ufficiale che le comandava, appena ventenne, era fisso nel saluto di Roma, quando venne avvicinato dal Duce che gli sussurrò: «E’ tutto finito, è tutto finito». Nelle parole di Mussolini v’era la speranza di convincere quei giovani a ritornare dai genitori, che in trepidante attesa li aspettavano. Forse, aveva avuto il presentimento di quello che sarebbe avvenuto nelle ore successive, quando branchi di iene, approfittando della fine delle ostilità, si sarebbero avventati su soldati disarmati, massacrandoli in un orgia di sangue che non avrà precedenti nella storia d’Italia. Ma il giovane Ufficiale, sempre fisso nel saluto romano, rispose sicuro di sé: «No, Duce! Non è tutto finito. Dobbiamo ancora morire!».
E’ nelle parole di quel ragazzo in camicia nera che si trova una fede che raggiunge livelli di un vero e proprio misticismo e sono quelle parole che spiegano come mai, quando tutto era ormai perduto, centinaia di migliaia di Italiani si schierarono con la RSI per combattere “per l’Onore d’Italia”.

Lemmonio Boreo
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