sabato 19 novembre 2011

sabato, 04 aprile 2009

La coda di paglia della Lega

fiamma_tricolore
Padova, 2 aprile 2009
L’evidente imbarazzo della Lega per l’emendamento infilato nel ddl sul Federalismo, che riconosce Reggio Calabria fra le aree metropolitane , escludendo città del nord aventi più diritto a tale status (vedi Padova), ha suscitato solo reazioni scomposte e confuse alle sacrosante critiche argomentate dall’opposizione, dimostrando l’incapacità di fare la voce grossa e di mostrare i muscoli di fronte agli interessi clientelari del Cavaliere, quindi archiviando l’ennesima resa. L’onorevole Bitonci, rampante sindaco di Cittadella ha avuto l’ardire di definire tale nefandezza “solo un trascurabile dettaglio”…
Invece di lottare a fondo in Parlamento, onde perseguire risultati concreti per la sua provincia, bada soprattutto a mantenere ben saldo il suo fondoschiena nella poltrona romana, facendosi notare più per gli estemporanei interventi di puro sapore mediatico che popolano il suo mandato di sceriffo nella cittadina dell’Alta che per una capace, incisiva e oltremodo caparbia azione a favore dei bisogni reali dei suoi corregionali. Forse Bitonci farebbe meglio a spiegare ai suoi elettori, in verità assai perplessi, i dettagli della sua presentazioni dei redditi, ammontante ad una cifra lorda ( ed oggettivamente inverosimile) poco superiore a quella di un operaio specializzato…Forse farebbero meglio i suoi colleghi della Lega di Padova a chiarirci la mancanza di un loro piano programmatico ed organico che preveda interventi ed investimenti per la crescita economica, sociale, culturale della città del Santo e magari meno clientelismo per le classi più abbienti che non hanno certamente bisogno di ulteriori favori in aggiunta ai già troppi privilegi di cui godono. E forse tutto il Pdl patavino, in sintonia con quello nazionale, ci dovrebbe informare su cosa intende fare da grande, cioè quale sarà la politica che dovrebbe fornire quelle risposte di modernità, di sicurezza , di valorizzazione dell’immagine di una città che vuole, fortissimanente vuole, riprendersi il suo incontestabile ruolo di centrale riferimento per tutta l’area del Nord-Est.I padovani aspettano ansiosi, con la speranza che le solite promesse elettorali si trasformino , almeno in parte, anche in un probabile arrosto e non nel solito fumo. Perché allora si correrebbe veramente il rischio di passare dalla padella alla brace.
Il Segretario Provinciale
Fiamma Tricolore
Antonio Ferro
postato da: sebastia11 alle ore 09:27 | link | commenti
categorie:
giovedì, 02 aprile 2009

Clamoroso sondaggio sui capi di stato preferiti dagli italiani: vince Benito Mussolini

foto31
SEGUONO DE GASPERI, TOGLIATTI, BERLINGUER, CRAXI, CARFAGNA, BRUNETTA… BERLUSCONI SOLO OTTAVO… FINI COMMENTA: “IO L’AVEVO DETTO”
Gli italiani, in effetti, sono strani, saranno anche volubili, amano la provocazione, ma di fronte al sondaggio commissionato dalla rivista “Quaderni di storia ligure”, una rivista che si occupa da anni di analisi storiografica, con particolare attenzione alla storia medioevale e contemporanea, che ha posto un campione rappresentativo di 2.000 italiani, con metodo telem. A4, a cura dell’Istituto di ricerca Icarus, di fronte a un ventaglio di nomi di statisti noti, ponendo la domanda: “Quale di questi uomini di Stato, presenti o passati, ottiene il suo maggiore gradimento ?”, hanno risposto in modo imprevedibile.
Chi si aspettava prevalessero i politici attuali è rimasto deluso, i primi cinque sono tutti appartenenti al passato. Ma è clamoroso il primo posto assegnato dagli italiani a Benito Mussolini con la motivazione delle “conquiste sociali” ottenute negli anni del consenso che avevano portato l’Italia all’avanguardia nel mondo.
Segue con due punti di distacco il padre della patria Alcide De Gasperi, poi la carismatica figura di Palmiro Togliatti, e ancora Enrico Berlinguer e Bettino Craxi.
Sesto posto a sorpresa, anche se parecchio distaccata, per Mara Carfagna che batte per un tornello il ministro Brunetta, primi esponenti del governo in carica, reduci da ottima accoglienza al congresso del Pdl.
Sorprendente l’ottavo posto per il premier Silvio Berlusconi, un risultato inferiore alle attese, ma sicuramente penalizzato dalla dispersione dei voti su personaggi altrettanto celebrati. Seguono poi altri big come Giulio Andreotti, Gianfranco Fini ( che ha commentato: “L’avevo detto io che era il migliore statista del secolo” ), Massimo D’Alema, Casini, Bossi e Alemanno.– www.destradipopolo.net
postato da: sebastia11 alle ore 15:41 | link | commenti
categorie:
martedì, 31 marzo 2009

ESPONENTE DEL MOVIMENTO FASCISMO E LIBERTA DI MIRA  ACCUSATO INGIUSTAMENTE DAI SOLITI ANTI FASCISTI IN CERCA DI NOTARIETA VISTO LE SCADENZE ELETTORALI
76161f6e199c9a27400ebf8f4a99eb90
MENTE GLI ITALIANI SONO IN BALIA DI CRIMINALE,SPACCIATORI,VIOLENTATORI,CLANDESTINI,VARIE MAFIE E CORROTTI VARI ECCO RESUSCITARE DAL LINBO DEI MORTI VIVENTI GLI ANTI FASCISTI CHE NON HANNO ALTRO DI MEGLIO DA FARE CHE PRENDERSELA CON UN LIBERO PENSIERO FUORI DAL CORO DELLA NOSTRA STRANA DEMOCRAZIA:
Manifesti fascisti, scattata la denuncia
  MIRA. La questione dei volantini fascisti esposti fuori dalla bacheca del centro giovanile Dedalo di Mira avrà risvolti giudiziari. Ieri mattina infatti l’assessore alle politiche giovanili e alla pubblica istruzione Giorgia Cestonaro ha sporto denuncia ai carabinieri. I manifesti che fanno riferimento al Movimento Fascismo e Libertà chiedono infatti l’adesione a forme di «democrazia corporativa e mettono in bella mostra il fascio littorio e la svastica». A Mira l’iniziativa del movimento di estrema destra non è piaciuta per niente. Il sindaco Carpinetti e l’assessore Cestonaro infatti denunciano l’aggressione ai danni di una ragazza del centro Dedalo: «La questione delle intimidazioni di stampo fascista nei confronti del centro Dedalo - spiega l’assessore - continuano da mesi. Verso fine gennaio i ragazzi di Radio Merlino (uno dei gruppi che fanno stabilmente e in modo continuativo attività al centro Dedalo) spiacevolmente scoprono che il loro spazio (Dedalo Radio Merlino), presente su Facebook, era stato violato da ignoti». Ma gli episodi continuano. «A metà gennaio - continua l’assessore - casualmente dopo l’intervista della rubrica Merlino Sociale dedicata alla Palestina al centro Dedalo, sono stati trovati incollati diversi adesivi di Forza Nuova nella bacheca del comune. Inoltre è stata cambiata la foto del profilo dei ragazzi di Radio Merlino con quella di Benito Mussolini. Infine il 24 marzo l’affissione di manifesti e volantini che facevano riferimento al movimento Fascismo e Libertà fondato da Giorgio Pisanò. L’assessore perciò ieri mattina ha fatto scattare la denuncia ai carabinieri. «Sono amareggiata - spiega l’assessore - per l’atteggiamento nei confronti dei ragazzi del centro Dedalo e di Radio Merlino. Sono ragazzi che con grande dedizione ed impegno lavorano per poter costruire un progetto credibile e forte per i giovani di Mira. Sono preoccupata per i messaggi e le azioni di violenza (non fisica ma verbale e di iniziativa) che questi episodi portano con se. E’ diseducativo per i più giovani e offensivo per gli adulti».  I volantini di stampo fascista e nazista sono stati condannati l’altra sera in consiglio comunale anche dal sindaco Carpinetti. Il responsabile lovale del movimento «Fascismo e Libertà» Vincenzo Stravolo però nega che si siano violate le leggi da parte del suo movimento. «E’ tutto legale» - sostiene l’uomo, citando alcune sentenze. (Alessandro Abbadir)
esprimo tutta la mia solidarieta al camerata stravolo reo di aver espresso una libera opinione nella nostra strana  democrazia
postato da: sebastia11 alle ore 15:07 | link | commenti (4)
categorie:
lunedì, 30 marzo 2009

831
ELEZIONI Un imprenditore vicentino corre alle Provinciali per la destra
La Fiamma candida Puschiavo

Domenica 29 Marzo 2009,

(D.D.) La Fiamma Tricolore corre da sola, e per le provinciali candida Piero Puschiavo. La presentazione ufficiale ieri a Mestre, in un incontro con militanti e simpatizzanti durante il quale lo stesso Puschiavo ha dichiarato: «Siamo la vera destra, gli unici veri eredi di Almirante, e gli unici che possono offrire rappresentatività ai cittadini in questo sistema di clientele, accordi sottobanco e incapacità verso cui la gente mostra sempre più insofferenza».
La risposta del Movimento sociale Fiamma Tricolore, almeno per le provinciali veneziane, è dunque Piero Puschiavo, imprenditore vicentino quarantaquattrenne, in politica da oltre vent’anni, ora coordinatore regionale veneto e membro della segreteria nazionale del partito. Punti fermi sono «un no a una Venezia trasformata in Lampedusa e no ad una città cattocomunista governata da un sistema cacciariano malamente contrastato da un’opposizione senza dignità, fintamente sbandierata da tanti ex socialisti – ha commentato Roberto Quintavalle, responsabile della sezione veneziana del movimento – Un sistema dichiarato morto il 16 marzo scorso, gettando via le richieste di 12.500 cittadini di pronunciarsi sul campo Sinti».
La Fiamma Tricolore non rinnega il passato e si propone come «una destra non estremista ma intransigente», convinta che «in un paese dove la cittadinanza è ormai solo una questione burocratica solo gli italiani degni di questo nome possono riprendere in mano la situazione», come ha sottolineato Quintavalle.
Oggi intanto la presentazione del candidato alle provinciali a Rovigo, mentre a Venezia il movimento continuerà a lavorare in previsione di una grossa manifestazione organizzata per il 1° maggio in centro storico.
D.D. Il Gazzettino di Venezia
tratto da:vocenazionale.splinder.com
postato da: sebastia11 alle ore 14:24 | link | commenti (2)
categorie:
venerdì, 27 marzo 2009

CONFERENZA STAMPA PER LE ELEZIONI PROVINCIALI DI VENEZIA
fiamma_tricolore
La Federazione di Venezia del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, comunica che in occasione delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Provinciale, sarà presente con il proprio simbolo, la propria lista ed un proprio Candidato Presidente.
Sulla scheda elettorale quindi ci sarà una sola ed inconfondibile Fiamma!
A questo proposito è stata organizzata una Conferenza Stampa che si terrà il giorno di sabato 28 marzo p.v. alle ore 11:00 presso la sala conferenze dell’Hotel Bologna a Mestre in via Piave n. 214. ( 100 mt. circa dalla Stazione ferroviaria di Mestre )
Saranno presenti: Piero Puschiavo, Coordinatore regionale del Veneto, Marco Pinardi, Commissario provinciale di Venezia, Roberto Quintavalle, responsabile della Sezione di Venezia, Isabella Boscolo, Segretaria della Sezione di Chioggia.
postato da: sebastia11 alle ore 14:28 | link | commenti
categorie:
giovedì, 26 marzo 2009

FINI COME NITTI,"CAGOIA"!!!!!antifascistafini5dcaeeyp4
Roma - Per anni è stato accusato di essere il leader di un partito che non aveva mai fatto i conti con la storia. Al di là delle origini del Movimento sociale su Gianfranco Fini pesavano alcuni giudizi positivi espressi dal leader di An nei confronti di Benito Mussolini. “E’ stato il più grande statista del Novecento”, disse in un paio di occasioni. Oggi il giudizio di Fini è radicalmente cambiato. “La risposta è in quello che ho fatto negli ultimi 15 anni”, dice il presidente della Camera in una conferenza stampa all’Associazione stampa estera. A chi gli domanda se pensa ancora che Mussolini sia il più grande statista del ’900 l’ex leader di An risponde: “No, non sono dello stesso parere, altrimenti sarei schizofrenico”.
La frase “incriminata” In un paio di occasioni, prima della svolta di Fiuggi, Fini aveva espresso il proprio apprezzamento per il Duce. “Mussolini è stato il più grande statista nel secolo. E se vivesse oggi, garantirebbe la libertà degli italiani” (30 settembre 1992). “Mussolini è stato il più grande statista del secolo… Ci sono fasi in cui la libertà non è tra i valori preminenti” (giugno 1994). 
postato da: sebastia11 alle ore 08:45 | link | commenti
categorie:
mercoledì, 25 marzo 2009

UN PO DI SATIRA DEL GRANDE KRANCIC
2631_1062467894529_1610920766_180152_768164_n
postato da: sebastia11 alle ore 10:25 | link | commenti
categorie:
martedì, 24 marzo 2009

abletto_via_rasella-220x300
Via Rasella è una strada lunga e stretta incastonata nel bel mezzo di una delle parti più eleganti del centro storico di Roma, al Rione Trevi. Discende da Via delle Quattro Fontane fino a Via del Traforo. Scivola ripida e serrata come fosse una lacrima che gronda intimamente tra le più commerciali, artistiche e trafficate vie limitrofe; una lacrima sepolta da una storia ufficiale che ha subito l’imprimatur interpretativo dei vincitori e che ha dunque abbandonato al ricordo di pochi gli eventi tragici che portano la firma di sangue di chi ha posto sul proprio capo ingiustificati allori. Una lacrima che si staglia tra l’inconsapevolezza di turisti ignari scaricati dai pullman appena fuori l’uscita del Traforo da cui prende il nome l’omonima via, liberi di poter ricercare ristoro nel piccolo e rilassante pub di chiaro stile britannico “Albert” o di attraversare la strada in direzione Fontana di Trevi; si staglia tra le frenetiche corse di individui troppo impegnati a fare la spola tra studi commerciali, studi legali e altri centri nevralgici delle alte sfere professionali; si staglia tra l’ignavia di consumatori che si lasciano guidare dai richiami di vetrine luccicanti che li attirano a sé come lampadine accese in piena notte con le falène; si staglia tra il lusso sprezzante di caffè, di locali, degli hotel, nondimeno dei musei che sono storicamente prerogativa di questa zona. Si staglia dunque silente questa lacrima densa di rabbia e sobriamente si posa sul viso di quanti ne riconoscono il dolore immenso e l’ingiusta rassegnazione a restare un ricordo di nicchia. Cala il buio dell’ennesima abitudinaria giornata metropolitana contraddistinta dal solito canovaccio convenzionale e regolarmente desiste anche il traffico, i fastidiosi rumori dei clacson e delle auto in moto lascia il monopolio dell’asfalto alle ruote dei taxi impegnate a scarrozzare turisti con maggiore facilità di spostamento; al contempo si accendono le luci delle caratteristiche trattorie a richiamare l’interesse di stranieri in cerca di un posto caratteristico e degli esotici ristoranti che riscuotono un sempre maggior successo tra i romani. Camminando adagio lungo Via Rasella e volgendo lo sguardo ora a destra, ora a sinistra al fine di individuare qualche testimonianza del passato, rimbalzano alla nostra mente le immagini soffuse, ricostruite grazie alle letture di quegli eventi relegate tra gli scaffali più impolverati delle librerie che rappresentano la storia d’Italia. Rimuginiamo gli effetti e la scientifica motivazione di quel vile attentato consumatosi proprio laddove oggi passeggiamo e ci percorre un brivido che attraversa tutta la schiena. E’ come se questa stretta via a senso unico possieda la capacità di elevarci oltre i ritmi moderni e di catapultarci a ritroso nel tempo fino alla mattina del 23 marzo 1944. Fino ad una mattina come tante in un Rione Trevi popolare, assai diverso dal fasto odierno, uno dei cuori pulsanti di romanità di una capitale sconvolta dal susseguirsi di tristi eventi, ferita da una guerra civile che imperversa e disorientata dall’assenza di una guida politica. Succede che i panni stesi infittiscono l’orizzonte che si delinea lungo Via Rasella dall’alto dell’incrocio con Via delle Quattro Fontane, che gruppi di bambini giocano spensierati per la strada, giustamente estranei ad ogni logica di guerra che regola la quotidianità degli adulti in quel periodo, che un reparto di 156 uomini della Compagnia del Reggimento “Bozen” - come prassi da ormai quindici giorni - marcia con passo militare all’indirizzo della propria caserma al ritmo di canti unisoni, tra l’indifferenza di cittadini a cui la presenza di questi soldati altoatesini, tra l’altro riservisti e dunque avulsi ad azioni d’assalto, non ha evidentemente mai arrecato fastidio. Un tranquillo mattino romano sembra ceder posto ad un altrettanto lieto pomeriggio, il tutto sotto l’insegna di una così diversa e così simile consuetudine a quella che constatiamo oggi. Ma improvvisamente la serenità della “Città aperta” è rotta da una deflagrazione enorme, che scuote la pacifica Via Rasella e prepotentemente si afferma nella storia della nostra città come un fulmine da cui dipenderanno un susseguirsi di avvenimenti che per decenni, o forse addirittura per sempre, non cesseranno di far parlare di sé. La causa dell’assordante botto è l’esplosione di una bomba a miccia ad alto potenziale collocata in un carretto per la spazzatura urbana, confezionata con 18 chilogrammi di esplosivo frammisto a spezzoni di ferro. Gli effetti immediati sono la morte di 32 (che per le ferite riportate diventeranno 40 nei giorni immediatamente successivi) dei 156 militari impegnati nella mite marcia di rientro in caserma e di tre civili, tra cui un bambino di appena dieci anni, uno di quei spensierati fanciulli che fa del gioco per la strada di Via Rasella la propria principale e infantile preoccupazione. E’ una vera e propria strage perpetrata in uno degli anfratti più nascosti della città, i cui autori restano ignoti, lasciando così i destini di altre innumerevoli vite umane tra le brutali conseguenze di una facilmente deducibile logica bellica di ritorsione. Una ritorsione annunciata d’altronde da manifesti affissi per Roma dal Comando Tedesco, che indicavano che per azioni di guerriglia in cui avessero perso la vita soldati del Reich, la proporzione di rappresaglia sarebbe stata di uno a dieci. Dopo tre giorni di temibile silenzio, il 26 marzo i giornali serali pubblicano un lapidario comunicato ufficiale germanico che così avverte la cittadinanza romana: “Nel pomeriggio del 23 marzo 1944 elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bombe contro una colonna tedesca di polizia in transito per via Rasella. In seguito a questa imboscata trentadue uomini della polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu eseguita da comunisti-badogliani. Sono ancora in atto indagini per chiarire fino a che punto questo fatto è da attribuirsi ad incitamento anglo-americano. Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Il Comando tedesco ha perciò ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati: quest’ordine è stato eseguito”. Ebbene, l’esecuzione dell’ordine a cui il comunicato fa riferimento avviene il 24 marzo alle Fosse Ardeatine, laddove vengono uccisi 335 italiani e la cui responsabilità di questo eccidio grava sulla coscienza di coloro i quali, ammantandosi di indebito eroismo, lanciarono un attacco apparentemente privo di riscontro strategico nei confronti delle truppe tedesche e provocarono la morte anche di tre civili, tra i quali un bimbo. Ma dietro l’apparenza si celano più losche e fredde intelligenze, mirate sì a creare alle Fosse Ardeatine martiri da ostentare da parte comunista per “mettere il cappello” sulla cosiddetta guerra di liberazione, ma soprattutto ad ordire un vero e proprio complotto. Una cinica logica che si propaga direttamente da Mosca ed imbeve gli animi dei comunisti partigiani italiani, aizzati gli uni contro gli altri per motivi legati alla subdola speculazione politica. Da una parte i gappisti, fedeli esecutori degli ordini del Komintern russo, dall’altra i militanti di “bandiera rossa”, formazione partigiana di stampo trozkysta e dissidente nei confronti dei diktat del partito. Esplicativo che tra i quasi 300 partigiani morti alle Fosse Ardeatine ben 68 appartenessero a quest’ultima formazione partigiana, mentre nessuno appartenesse ai GAP. Una coincidenza? Stando a quanto scrisse sul libro “Lettere a Milano” Giorgio Amendola, uno dei membri della rete romana gappista che organizzò l’attentato di Via Rasella, diremmo proprio di no. Egli stesso rivela che fu messo in atto un sistema di spionaggio ed infiltrazioni all’interno del sistema carcerario e della polizia, tale da consentire non solo la riuscita dell’attentato, bensì anche la compilazione della lista dei fucilandi per rastrellamento tedesco. Da non sottovalutare altri due rilevanti episodi: 1) i due civili adulti che persero la vita per lo scoppio dinamitardo a Via Rasella erano anch’essi appartenenti alla formazione “bandiera rossa” e si accertò che restarono vittime di un tranello che li condusse in quel posto in quella data ora; 2) il teste principale di questo turpe complotto, il direttore di Regina Coeli Donato Carretta, venne linciato da una folla comunista inferocita la mattina del 18 settembre 1944, prima dell’inizio del processo al Palazzaccio, ed il corpo ancora semivivo fu gettato nel Tevere. A guerra terminata, a rischi per la propria incolumità oramai ridotti allo zero, gli eroici - consentiteci l’ironia - autori dell’attentato di Via Rasella escono allo scoperto, sono pronti a raccogliere sfacciatamente le onorificenze che la Repubblica Italiana, quel pantano di misteri che si colloca come diretta espressione delle loro indegne azioni terroristiche, è pronta a conferir loro. Coloro i quali a Via Rasella si resero protagonisti non di un vile attentato, travestiti da netturbini o nascosti dall’ombra e dai complici, bensì, per dirla come la Suprema Corte di Cassazione della Repubblica, di un “atto di guerra”, così è stato definitivamente sentenziato nel 2001. Un deplorevole intreccio di vigliaccheria, collusioni e complotti trova dunque la legittimizzazione dello Stato Italiano, andandone a rappresentare uno degli strumenti che ne sancì la nascita e l’affermazione. Un prodromo di quelle stagioni di stragi che di sangue e vergogna contraddistingueranno la storia d’Italia.
Ma ora i nostri passi ci strappano dal coinvolgimento emotivo che così indietro nel tempo ci ha condotti; stiamo abbandonando Via Rasella, non prima di aver volto di nuovo lo sguardo verso quelle piccole voragini che lacerano i muri delle case che affacciano sul luogo di quell’esplosione di sessantacinque anni fa ed infine verso quel grosso ciottolo in marmo sul quale è impressa semplicemente la scritta “Via Rasella”, un’espressione nuda e cruda come avviene solitamente in toponomastica, priva quindi di riconoscimenti istituzionali per quanto di cui fu testimone quest’anfratto romano. Ma quell’espressione è sufficiente per stimolare la nostra sensibilità, sembra volerci invitare a mantener desto il ricordo, a testimoniare il suo bagaglio d’esperienza, così breve quanto doloroso, così fragoroso quanto travisato. Ce ne andiamo a trovar ristoro in un pub nelle vicinanze, a passeggiare per le vie del centro storico della nostra amata città o chissà a cos’altro fare, ma di sicuro accogliamo fieri l’invito pervenutoci da quella apparentemente inespressiva lastra di marmo.
http://assculturalezenit.spaces.live.com/
postato da: sebastia11 alle ore 09:22 | link | commenti
categorie:
lunedì, 23 marzo 2009

NASCITA
DEL MOVIMENTO FASCISTA
II 21 marzo del 1919 è la data nella quale ebbe inizio il movimento fascista (ancora non organizzato a partito). Esso iniziò come movimento a carattere locale e non nazionale: nacque infatti a Milano, come gruppo milanese, con la speranza di estendersi però in breve in tutta Italia. Mussolini che diventò sin dall'inizio il capo del neonato movimento, riunì appunto il 21 marzo i suoi amici deciso "a continuare all'interno la guerra combattuta contro il nemico esterno. In questo tema iniziale è contenuta tutta la storia posteriore del fascismo fino alla marcia su Roma e oltre guerra civile per la conquista del potere.
" Facevano parte di questo primo fascio milanese alcuni sindacalisti ed arditi, che dettero al nuovo movimento un'impronta particolare. Ricorderemo tra i primi componenti dei fasci milanesi Michele Bianchi, Mario Giampaoli, Ferruccio Vecchi, oltre a Filippo Tommaso Marinetti, presente in tutta la vita del nuovo movimento fascista. Tutti uomini provenienti dall'arditismo, ex-combattenti e futuristi. Il 23 marzo 1919 ci fu una riunione di questi primi e pochi componenti del fascismo in piazza San Sepolcro a Milano. In questa circostanza venne pubblicato il programma del nuovo movimento. Esso diceva, italiani ecco il programma nazionale di un movimento sanamente italiano rivoluzionario perchè antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore, perchè antipregiudizievole. Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti. Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici, coloniali ecc., li tracceremo quando avremo creato la classe dirigente. Per il problema politico: a) Suffragio universale a scrutinio di lista regionale con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne. b) Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni, quello per i deputati ai 25 anni. c ) L'abolizione del Senato. d) La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato. e) La formazione di Consigli nazionali tecnici del lavoro, dell'industria, dell'igiene sociale, delle comunicazioni ecc. eletti dalle collettività professionali e di mestiere, con poteri legislativl, e col diritto di eleggere un Commissario generale con poteri di Ministro.
Per il problema sociale: Noi vogliamo a) La sollecita promulgazione di una Legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro. b) I minimi di paga. c) La partecipazione dei rappresentanto dei lavoratori al funzionamento tecnico delI'industria. d) L'affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente ) della gestione di industrie o servizi pubblici. e) La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti. f) Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sull'invalidità e sulla vecchiaia, abbassando il limite di età proposto attualmente da 65 anni a 55 anni.
Per il problema militare: Noi vogliamo a) L'istituzione di una milizia nazionale, con brevi periodi d 'istruzione e compito esclusivamente difensivo. b) La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi. c) Una politica estera nazionale intesa a valorizzare nelle competizioni pacifiche della civiltà la nazione italiana nel mondo. Per il problema finanziario : Noi vogliamo a) Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze. b) Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni e l'abolizione di tutte le mense vescovili, che costituiscono una enorme passività per la Nazione, e un privilegio di pochi. c) La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell'85 per cento dei profitti di guerra."
Si trattava quindi di un programma molto di sinistra, evidentemente Mussolini non riusciva ancora a dimenticare la sua matrice socialista, ed ancora i suoi ideali erano di un socialismo massimalista. Mussolini vagheggiava ancora ideali di socialismo integrale con una certa confusione d'idee piuttosto notevole. Ma ben sappiamo come le contraddizioni fossero sempre la nota saliente del suo pensiero. Questo programma venne comunque discusso per due giorni dai componenti il nucleo dei così detti "sansepolcristi". Secondo quanto riferisce lo stesso Mussolini esso venne sottoscritto da 54 persone, cioè poco meno della metà dei convenuti in Piazza San Sepolcro. Non si ebbe una pubblicazione formale con un comunicato ufficiale della riumone, tuttavia "Il Popolo d'Italia", che era il portavoce delle idee mussoliniane, pubblicò una serie di articoli, enunziando i vari postulati del programma, ed effettuandone un ampio commento. Ben presto Mussolini comprese la necessità di non cristallizzarsi in un preciso programma. In tal senso egli affermò il suo diritto di evitare pregiudiziali, essendo egli legato soltanto alla realtà del momento. In altri termini il suo pensiero incominciò ad essere antideologico, antintellettualista e di conseguenza pragmatista.

In marzo si costituirono nuovi fasci a Genova, a Bergamo, Verona, Treviso, Napoli; nel successivo aprile a Pavia, Brescia, Cremona, Trieste, Parma, Bologna e Roma. A Bologna spiccava tra i fondatori dei fasci la personalità di Pietro Nenni; a Roma quella del Carli e del Bottai. Nel mese di maggio venne costituito il fascio di Firenze dagli studenti Dumini ed ltalo Balbo. Nel complesso i fasci riuscirono a diffondersi in tutt'Italia, anche se rimanevano molto lontani dalle speranze di Mussolini, che si era illuso di potere ottenere in due mesi migliaia di fasci in tutta Italia; è inoltre importante notare come a ciascun fascio aderissero soltanto piccoli nuclei di uomini, una vera aristocrazia che non faceva di certo sperare in un successo di massa.
TRATTO DAL BLOG DELLA FIAMMA TRICOLORE VENEZIA:http://vocenazionale.splinder.com/
postato da: sebastia11 alle ore 15:35 | link | commenti
categorie:
sabato, 21 marzo 2009

IO LA FIAMMA NON LA CANCELLO
n40176618191_5859
94
fiamma_tricolore
ALLA FACCIA DI CHI VUOLE SPEGNERLA
postato da: sebastia11 alle ore 16:17 | link | commenti (2)
categorie:

Nessun commento:

Posta un commento