domenica 20 novembre 2011

giovedì, 16 settembre 2010

Venticinque anni fa Enzo Tortora condannato come un criminale
Sono passati 25 anni da quel 17 settembre 1985, quando il giornalista e popolare presentatore televisivo Enzo Tortora fu condannato con una sentenza dal Tribunale di Napoli a dieci anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti. L'inchiesta nei riguardi di Tortora - che divise il Paese tra innocentisti e colpevolisti ed alimento' il dibattito sul ''pentitismo'' - era cominciata nei premi mesi del 1983, quando due pentiti della Nuova Camorra Organizzata (Nco), capeggiata da Raffaele Cutolo, indicarono Tortora, ''quello di Portobello'', quale appartenente alla Nco con l'incarico di corriere di droga.
Tortora fu arrestato all'alba del 17 giugno '83 in un albergo di Roma, ma fu portato in carcere in tarda mattinata, solo quando - secondo i difensori - fotografi e cineoperatori furono pronti a ritrarre l' imputato in manette. Fin dal primo momento Tortora si disse innocente. Dopo sette mesi di detenzione, l'imputato ebbe gli arresti domiciliari.
Fu quindi eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984. Il 20 luglio 1984 torno' in liberta' ed annuncio' che avrebbe chiesto al Parlamento europeo di concedere l'autorizzazione a procedere nei suoi riguardi che fu data il 10 dicembre. Dopo il suo rinvio a giudizio, il 4 febbraio 1985, arrivo' la sentenza di condanna di primo grado. Il 15 settembre 1986, la Corte di Appello di Napoli rovescio' il verdetto: assoluzione con formula piena, ed i pentiti furono giudicati non credibili. ''E' la fine di un incubo'', disse il presentatore. L' innocenza dell'imputato fu confermata il 13 giugno 1987 dalla Corte di Cassazione. Meno di un anno dopo, il 18 maggio 1988, Enzo Tortora mori' per un cancro ai polmoni.
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mercoledì, 15 settembre 2010

DALLA PARTE DELLA NOSTRA GENTE
Laguna senza vongole: «Aiutateci»
Presidio permanente di pescatori da ieri mattina alle Zattere a Venezia
«Il nostro è un mare malato: Non è più possibile rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo a largo delle nostre coste, se non s'interviene diremo addio al nostro lavoro».      La denuncia arriva da Paolo Tiozzo, presidente di Cogevo, che illustra la grave situazione che ha portato centinaia di vongolari alle Zattere per manifestare la preoccupazione per il profondo degrado in cui versano le acque e i fondali dell'Alto Adriatico. A nulla sono serviti i cinque mesi di fermo pesca volontario nel tentativo di permettere il ripopolamento dei fondali: lungo i cinquanta chilometri di mare tra Cavallino e le foci del Tagliamento vongole, cannolicchi e fasolari sembrano essere spariti, spazzati via probabilmente dai forti squilibri provocati dagli interventi operati lungo le coste. Gli spostamenti di sedime per le grandi opere hanno trasformato la fascia costiera veneta in un cantiere aperto con gravi conseguenze per la sopravvivenza di molte specie marine      «Non è ammissibile - continua il presidente di Cogevo - escludere dai giochi chi come noi si occupa da sempre della gestione della risorsa mare, quando si interviene in maniera così invasiva sul territorio».      I vongolari, che da anni denunciano l'impoverimento della zona acquea, muovono pesanti accuse al cantiere del Mose: secondo alcuni biologi infatti la diffusa moria di molluschi potrebbe essere legata proprio ai massi lasciati affondare in mare per la realizzazione delle dighe mobili. Tali pietre rilascerebbero sul fondale e nelle acque limitrofe sostanze nocive per la sopravvivenza delle vongole.      Alla manifestazione è intervenuto anche il Sindaco di Chioggia Romano Tiozzo: «Il comparto della pesca, che fino a qualche anno fa rappresentava un esempio per molte categorie economiche - spiega Tiozzo -, oggi rischia il collasso, trascinando nel baratro l'intera comunità: questa crisi assume per noi il carattere di un vero e proprio fallimento». In mattinata i rappresentanti delle marinerie sono stati ricevuti a Palazzo Balbi dall'assessore alla Pesca Manzato il quale ha promesso l'immediata costituzione di un tavolo di crisi permanente.      I vongolari rimarranno a presidiare le Zattere a oltranza per assicurarsi che tali impegni vengano mantenuti.
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venerdì, 10 settembre 2010

CASTRO:IL COMUNISMO HA FALLITO ANCHE A CUBA
 L'AVANA - A distanza di due mesi dalla sua ricomparsa in pubblico, Fidel Castro parla per la prima volta sulla situazione di Cuba per dire che il modello socialista introdotto da lui nel 1959 non è più appropriato al Paese. «Il modello economico cubano non è più adatto a noi». È stata questa l'unica frase pronunciata dal "Lider Maximo" su Cuba, da anni con gravi problemi economici, in un'intervista al mensile statunitense "The Atlantic". Così ha risposto quando il giornalista Jeffrey Goldberg gli ha chiesto se il modello economico di Cuba, l'unico paese comunista dell'America Latina, si potesse ancora esportare in altri paesi. Goldberg ha intervistato Fidel la settimana scorsa all'Avana. Questo è il primo riferimento che fa l'ex presidente, 84 anni, alla situazione del Paese da quando è ricomparso in pubblico lo scorso 7 luglio, dopo quattro anni di assenza per malattia.      Nelle sue apparizioni pubbliche Fidel ha parlato sul rischio che esiste, secondo lui, di una guerra nucleare tra gli Stati Uniti e l'Iran.       Intanto, Raul Castro, 79 anni, un anno dopo essere arrivato alla presidenza, ha promesso nel 2007 «cambi strutturali», ammettendo che lo stipendio medio, di circa 20 dollari mensili, non è più sufficiente, e l'opposizione ha chiesto da allora l'attuazione di questi cambiamenti. Nella prima sessione parlamentare di quest'anno, tenutasi ad agosto, Raul ha annunciato che il governo continuerà ad affidare in gestione piccoli negozi ai loro dipendenti, andando dunque oltre le botteghe di barbiere, ma senza puntare ad una vera economia di mercato. Nell'annunciare l'aumento del numero dei liberi professionisti e la riduzione dei lavoratori statali, Raul Castro ha definito queste decisioni un «cambio strutturale» per rendere il sistema socialista «sostenibile» nel futuro. Il governo di Raul sta studiando, «senza fretta», un «aggiornamento del modello economico cubano retto dalle categorie economiche del socialismo e non del mercato», ha dichiarato ai giornalisti il ministro dell'Economia Marino Murillo. «Rimarrà la pianificazione centralizzata. La proprietà non sarà consegnata ai dipendenti», ha sottolineato Murillo. Lo Stato cubano controlla il 90 per cento dell'economia, dopo che, nel 1959, con il trionfo di Fidel Castro e la cacciata del dittatore Fulgencio Batista, la proprietà privata fu abolita.
COLLEGAMENTO:http://carta.ilgazzettino.it/MostraStoria.php?TokenStoria=932990&Data=20100910&CodSigla=PG
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giovedì, 09 settembre 2010

La battaglia di Tripoli
All'estero tifano per la crisi
punto interrogativoIn "Tutti gli uomini del Presidente", il film sullo scandalo Watergate, il reporter del Washington Post Bob Woodward, impersonato da Robert Redford, incontra la sua fonte, "Gola Profonda", e chiede notizie più dettagliate sul ruolo svolto dalla Casa Bianca. Gola Profonda risponde: "Follow the money". Segui i soldi. È una buona regola del giornalismo e nel nostro piccolo cercheremo di seguirla per raccontarvi come e perché non solo in Italia ma anche all’estero stiano sperando nella caduta del governo Berlusconi e come in una certa maniera si cerchi di alimentarla, la crisi. Partiamo da notizie sparse qua e là, apparentemente slegate, e vediamo di ricomporle in un mosaico che ha un senso.
Quattro senatori democratici il 13 luglio scorso hanno chiesto alla commissione esteri del Senato americano di investigare su un possibile ruolo svolto dalla British Petroleum nel rilascio da parte delle autorità britanniche del terrorista libico Ali al-Megrahi, coinvolto nell'attentato del 1988 all'aereo Pan Am 103 che sorvolava i cieli della Scozia. Alle cronache quell'azione terroristica passò con il nome di strage di Lockerbie, morirono 270 persone e molti erano cittadini americani. Megrahi nel 2001 era stato condannato all'ergastolo, era detenuto in Scozia, ma nel 2009 viene improvvisamente rilasciato e rispedito in patria per ragioni di salute. Si diceva che fosse in fin di vita. Il suo rilascio ha creato una tensione diplomatica tra Gran Bretagna e Stati Uniti e il disastro ambientale nel golfo del Messico causato dalla fuoriuscita di greggio dalla piattaforma della Bp colata a picco ha alimentato la determinazione degli americani a cercare la verità. I senatori democratici pensano che questa vicenda puzzi di petrolio lontano un miglio. Fantapolitica? Non lo sappiamo, però...
British Petroleum nel maggio del 2007 ha firmato un accordo con la Libia del valore di oltre un miliardo di dollari, garantendosi i diritti per l'esplorazione di 54mila chilometri quadrati nel golfo della Sirte e nel deserto vicino alla città storica di Ghadames. L'accordo è stato firmato da Tony Blair in persona. Gli inglesi, come gli italiani dell'Eni, sono a caccia di gas e petrolio.
Il 28 luglio 2009 Finmeccanica e Libyan Investment Authority hanno siglato un accordo di cooperazione strategica. Per fare cosa? Le aziende italiane (Selex, Agusta Westland e ATR) si occuperanno della sorveglianza dei confini libici. Valore della commessa: 400 milioni di euro. Ansaldo Sts invece si è aggiudicata la gara per la fornitura di sistemi per tre linee ferroviarie: 1. Al Khums-Sirth (linea costiera a doppio binario di 320 chilometri); 2. Tripoli-Sirth (tratta costiera di 115 chilometri) 3. Al Haicha-Sabha (linea sud a singolo binario di 810 chilometri). Valore della commessa: 541 milioni di euro. Lo scorso 6 agosto un consorzio costituito da Ansaldo Sts e Selex Communications (aziende Finmeccanica) ha firmato con la società russa Zarubezhstroytechnolgy un contratto per realizzare sulla tratta Sirth-Benghazi i sistemi di segnalamento, telecomunicazione, alimentazione, sicurezza e bigliettazione. Valore della commessa: 240 milioni di euro. Chi erano i nostri potenziali concorrenti? Non gli americani che sulla Libia hanno un blocco commerciale, non gli inglesi per cui in questo caso valgono logiche geopolitiche concordate con Washington, ma il boccone poteva esser prelibato per i francesi con Tales (diretta concorrente di Selex nell'elettronica per la difesa), Alstom (treni e ferrovie) e la partecipata Eads (elicotteri e satelliti). Totale del pacchetto: 1,2 miliardi di euro.
Il Financial Times, bibbia della City, è specializzato più di tutti nel gioco del follow the money. Ft segue i soldi come nessun altro. Soprattutto quelli delle aziende inglesi che si muovono su scala globale. Ieri la prima pagina del quotidiano era davvero interessante: la seconda notizia era rappresentata da una foto di Muammar Gheddafi e Franco Frattini, il colonnello e il nostro ministro degli Esteri. Titolo: Friends in Rome. Gaddafi to meet Berlusconi. Amici a Roma, Gheddafi incontra Berlusconi. Sotto la didascalia c'era un rimando a un editoriale nella pagina dei commenti. Da attento lettore del Ft sfoglio il quotidiano in cerca di un'analisi su Gheddafi e il Cavaliere. Niente. Sorpresa, l'argomento di cui si tratta è Gianfranco Fini. Il giornale britannico scrive che il Presidente della Camera «ora deve decidere se una nuova, luminosa e piena di speranze era post-Berlusconi può avere inizio». Quello di Ft è un vero e proprio invito a far colare a picco la maggioranza e mandare Berlusconi in pensione. Segue di pochi giorni un articolo più o meno dello stesso tenore dell'Economist. Fini ha degli amici molto interessati alla sua azione in Inghilterra.
Queste notizie hanno un'importanza fondamentale per capire le dimensioni e lo scenario della partita a scacchi che sta giocando il governo italiano, chi sono i suoi nemici e quali forze all'estero sono interessate alla caduta di Berlusconi. Come spiega Marlowe nell'articolo qui a sinistra, la Libia per l'Italia è un mercato economico di grandi prospettive. Stiamo portando via deliziose fette di torta ad altri concorrenti che usano qualsiasi mezzo per sedersi al tavolo del business internazionale. Questo provoca la reazione di una serie di soggetti che nascondendosi dietro l'ideale hanno invece un interesse economico reale. Il vero capolavoro dell'era berlusconiana è stato quello di aver sganciato la nostra politica estera dallo schema di Yalta e reso autonomo il ruolo dell'Italia su due aree geopolitiche: nel Mediterraneo e nell'Africa del Nord attraverso la stretta cooperazione con la Libia guidata da Muammar Gheddafi; in Eurasia grazie al rapporto con la Russia del primo ministro Vladimir Putin e del presidente Dmitrij Medvedev. Con un lavoro diplomatico molto intenso e un impegno personale fuori dal comune il presidente del Consiglio ha dato all'Italia quello che non aveva mai avuto: un'influenza decisiva in alcune partite diplomatiche molto delicate che riguardano i rapporti economici e militari con questi due Paesi i quali, a loro volta, sono un passaggio obbligato per il Medio Oriente e l'Africa da una parte, l'Eurasia e il Pacifico dall'altra. È grazie a questi legami che l'Italia oggi può far pesare le sue decisioni e assumere iniziative che puntano al proprio interesse nazionale e non a quello di altri. La Libia è il terreno di caccia degli inglesi e dei francesi, la Russia un mercato gigantesco per i tedeschi e l'eterna preoccupazione degli americani. L'Italia di Berlusconi si è infilata in uno scontro fra titani. Cosa un tempo impensabile e con un unico precedente nel passato: Enrico Mattei, il presidente dell'Eni morto in un incidente aereo del quale a tutt'oggi non conosciamo le cause.
La caduta di Berlusconi provocherebbe non solo un immediato big bang nella politica interna e nello scenario dei partiti, ma farebbe implodere quel sistema di relazioni internazionali che il Cavaliere ha costruito con tenacia e fantasia. Altro che la Disneyland di cui cianciano i finiani senza aver capito cosa c'è davvero in ballo. A chi conviene? Ci sono le impronte digitali. Risolvere il caso è facile.
tratto da:http://www.iltempo.it/politica/2010/08/31/1195247-battaglia_tripoli.shtml?refresh_ce

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LA NOSTRA MARCIA VERSO L INDIPENDENZA DELL EUROPA
di Alberto Catalano

Al ricordo dell'otto di settembre vorrei sostentarmi su quello che è susseguito ma non solo nella nostra nazione ma in tutto il continente, ovvero il vedere la nostra Europa degradarsi in un insieme di stati satelliti guidati dall'indivisibile alleanza tra Israele e USA.
 
Tale impero occidentale fondato economicamente sull'usura bancaria e culturalmente su certi valori di sradicamento settecenteschi si è imposto affondando una certa Europa tradizionalista fondata sul lavoro.
 
Oramai è divenuto chiaro che le redini di questo impero le hanno i banchieri internazionali padroni del debito delle nazioni che lo compongono e tale impero si sostiene attraverso un dominio militare americano che può contare 21 basi in Belgio, 13 in Olanda, 113 basi in Italia, 57 in Grecia, 7 in Spagna e ben 378 in Germania che da sola ne ospita circa la meta di tutte le istallazioni militari americane nel mondo che contano 725 basi, ciò per non parlare delle centinaia di armi atomiche nascoste dentro queste basi.
 
A queste cifre possiamo ben capire che di libertà nazionali si parla solo falsamente, l'Europa di oggi è stata castrata di ogni potenziale politico e a noi spetta il dovere di riprendercelo.

La nostra Europa dovrà risorgere alla conquista della sua indipendenza!

I nostri nazionalismi, fratelli di cultura e di storia, dovranno marciare insieme uniti contro la decadenza di questo occidente impoverito di ogni identità, sradicato e corrotto per una nuova Europa libera, dei lavoratori e delle identità.

L'unica possibilità per gli europei di riconquistare la propria libertà è quella di lottare insieme democraticamente uniti in una formazione politica europea che dia spazio alle singole realtà nazionali ma che combatta contro l'unione europea dei corrotti e dei servi di tali forze plutocratiche occidentali per una Europa padrona del proprio potere decisionale.
 
Per questo plaudo all'Alleanza dei Movimenti Nazionali Europei ( AENM ) quale credo come unica soluzione politica per legittimare il nostro continente come potenza libera e sovrana.
 
La speranza di noi nazionalisti è ancora affidata alle nostre capacità di unire e di combattere insieme in questa marcia verso la libertà nazionale e continentale.
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mercoledì, 08 settembre 2010

LUI VOLTA FACCIA, TU VOLTA PAGINA
di Aberto Ferretti
“Lui volta faccia, tu volta pagina”. Era questo lo slogan del volantino antifiniano di Fiamma Futura ed Area Destra che purtroppo non sarà distribuito oggi a Mirabello. Il permesso non è stato accordato per motivi di ordine pubblico. Non polemizziamo, prendiamo atto.

Sul Carlino di ieri, rettificato oggi, vengo presentato ancora come Segretario Provinciale de La Destra di Storace, in realtà è da un anno che ho dato le dimissioni da quel partito, che ho fondato a Ferrara e da quell’incarico che ho ricoperto per due anni.

Oggi sono impegnato, fortunatamente in buona e nutrita compagnia, ad aggregare le varie anime, ora frammentate, e ricostruire il partito unitario della destra italiana. Un partito che delle varie differenze e sensibilità dovrebbe farne una ricchezza, culturale ancor prima che politica, un partito fortemente identitario, serio e concreto.

L”opposto, insomma, di quel “Futuro e Libertà” dalle ambigue posizioni laiciste in materia di valori; sfrenatamente liberali in economia; liberiste nelle regole, specie quelle sull’immigrazione -e addirittura da sinistra radicale sulle coppie gay- che va in onda oggi a Mirabello.

Una sensazione diffusa comunque ci fa ben sperare che la seconda repubblica abbia ormai le ore contate e che per la destra italiana possa finalmente cominciare una stagione di riscossa.
WWW albertoferretti.it

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sabato, 04 settembre 2010

In Europa non c’è da stare allegri

Tratto da Thule-blog Eurostat: il tasso di disoccupazione dell’Eurozona è fermo al 10%. Italia all’8,4% ma Spagna e Irlanda tremano
L’Europa è in leggera crescita economica, ma il tasso di disoccupazione resta alto, intorno al 10%. Sempre più elevato rispetto a quello di Stati Uniti e Giappone fissati al 9,5% e 5,2% rispettivamente. L’analisi del Wall Street Journal calza a pennello con gli ultimi dati Istat italiani che a fronte di una piccola ripresa, non vedono diminuire significativamente la disoccupazione nel nostro Paese, che invece vede crescere a livelli record il numero degli inattivi, quelli che non sono cioè in cerca di un lavoro e quindi non rientrano tra i disoccupati.
DATI EUROSTAT – Le statistiche dell’Eurostat del resto non concedono dubbi di sorta. La disoccupazione dell’Eurozona a luglio è rimasta stabile al 10%, confermando il dato di giugno. Nel luglio 2009 la disoccupazione era pari al 9,6%. Per l’Italia il dato di luglio 2010 è pari all’8,4%, in lieve diminuzione rispetto all’8,5% di giugno ma superiore al 7,9% del luglio 2009. Il dato italiano, però, avverte Eurostat, deve essere considerato provvisorio. Anche per l’Ue a 27 stati membri, a luglio la disoccupazione è rimasta stabile rispetto al mese precedente al 9,6%. Era al 9,1% un anno fa. Eurostat stima i disoccupati nell’Ue a luglio in 23.05 milioni di cui 15.83 milioni nell’Eurozona, con un calo rispetto a giugno di 45.000 unità nell’Ue a 27 e di 8.000 unità nell’Eurozona. Rispetto a luglio del 2009 l’aumento è stato di 1 milione e centomila unità nell’Ue a 27 di cui 660 mila nell’Eurozona. All’interno della stessa Eurozona però bisogna sottolineare che si sono enormi divergenze: il tasso di disoccupazione francese è al 6,9%, quello dell’Italia all’8,4%, quello della Germania al 10%, mentre l’Irlanda è al 13,6% e la Spagna addirittura al 20,3%.
GLI INATTIVI – Se poi guardiamo da vicino il dato sulla disoccupazione italiana secondo i dati dell’Istat, osserviamo invece che il numero degli inattivi cresce a 14.948.000 con un aumento di 76 mila persona (+0,5%) rispetto a giugno 2010. Il livello degli inattivi – rileva l’Istat – raggiunto nel mese anche grazie all’effetto scoraggiamento, ovvero al fatto che le persone rinunciano a cercare un lavoro, è il più alto dall’inizio delle serie storiche (2004).
INFLAZIONE – Notizie positive arrivano invece sul fronte dell’inflazione che è in lieve calo ad agosto. Nel mese i prezzi al consumo in Italia sono aumentati dello 0,2% rispetto a luglio e dell’1,6% rispetto agosto 2009. Lo comunica l’Istat nella stima preliminare, ricordando che l’inflazione è in calo rispetto all’1,7% su base annua, registrato a luglio, soprattutto grazie al calo dei prodotti energetici e al generale rallentamento nel settore dei servizi.
fonte www.corriere.it
Allora, dove eravamo rimasti?
La questione è sempre la stessa, il copione è collaudato, anche se stenta un pochino ad essere proposto con toni rassicuranti.
Ad inizio Estate i dati della Banca Centrale Europea non certo incoraggianti, poi il silenzio delle ultime settimane che non era foriero di mutamenti di rotta; la crisi c’è, resta dura e l’uscita non risulta in vista, nessuno lo dovrebbe negare nel Vecchio Continente…vero Sig.Presidente del Consiglio italiano?!
In particolare continuano i segnali d’allarme provenienti da quegli Stati di fatto posti in amministrazione controllata (Grecia), oppure già reduci da un fuoco di fila speculativo, che ne ha ulteriormente dimostrato la critica posizione sui mercati (Italia e Spagna).
Il problema non può essere circoscritto alle sole “cicale”, ma anche a quegli Stati atlantici le cui rampanti economie sembravano ben inserite nelle vie della globalizzazione. Islanda, Irlanda e Gran Bretagna non sono certo in condizione di poter dare “pagelle” su come si sta al mondo, viste le loro magre figure, ed i loro bilanci ad un passo dal default.
La disoccupazione resta comunque la piaga più grave, la ferita profonda di questa crisi d’inizio secolo, ed è sicuramente il tema che a noi sta maggiormente a cuore.
Per una volta concordiamo con le parole di quel pallone gonfiato di greggio, Paolo Scaroni amministratore delegato Eni:
«Il mondo non è in crisi. Sta crescendo con un tasso fenomenale: c’è una crisi in Europa e mezza negli Usa».
Sì, è ora di dire la verità, e di non avere più l’illusione che questa sia ancora una crisi globale.
L’Occidente è in affanno, l’Occidente sta perdendo punti di Pil, e percentuali di popolazione occupata, l’Occidente sta affondando.
Il resto del globo, superate le prime problematiche, s’è subito rialzato in piedi, ed ha ripreso la sua corsa. Cina, India, Brasile stanno trainando la ripresa economica targata “Terzo Mondo”.
Noi europei cosa faremo?
Come recupereremo i milioni di posti di lavoro perduti PER SEMPRE?
Cosa potremo inventare per salvare al meno il salvabile, e non perdere tutto?
Il futuro non è roseo, cominciamo ad avere questa prima certezza.
Gabriele Gruppo
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martedì, 31 agosto 2010

VERGOGNA!!!!!!

Pordenone. Dipendenti tornano dalle
ferie e trovano la loro azienda chiusa

Il cartello esposto fuori della Piazza Legnami
di Davide Lisetto
PORDENONE (31 agosto) - Tornano dalle ferie e trovano la propria azienda chiusa per cessata attività. I cancelli della fabbrica "Piazza Legnami" in via Prà dei risi, nella zona industriale di Zoppola (Pordenone) a ridosso della Cimpello-Sequals, ieri mattina sono rimasti chiusi. Solo un cartello ("L’azienda non riapre per cessata attività", con tanto di timbro e firma della società) avvisava i ventidue lavoratori che si erano presentati per riprendere il lavoro. Alcuni di loro avevano ricevuto una telefonata da parte della società nel pomeriggio di venerdì scorso: si avvisava che l’attività non sarebbe ripartita. Ma gli addetti, piuttosto increduli, hanno voluto comunque presentarsi ieri nella sede di lavoro per verificare e capire cosa stia accadendo.

Sorpresa e sgomento. Ma anche rabbia davanti all’azienda dove lavoratori e sindacalisti sono rimasti per un paio d’ore cercando di contattare la proprietà. Prima delle ferie di due settimane quasi nessun segnale: soltanto delle frammentarie voci di difficoltà finanziarie, ma nessuna conferma da parte del vertice aziendale. Fino a questo momento l’impresa non aveva nemmeno mai chiesto la cassa integrazione. E anche dal punto di vista economico-finanziario tutti gli impegni con i dipendenti sono stati onorati. Insomma, nulla che facesse pensare a una decisione così grave. Solo al rientro di ieri mattina l’amara sorpresa. A giorni potrebbero arrivare le lettere di licenziamento e potrebbe aprirsi la procedura di mobilità.

«Sono ancora ipotesi - sostiene Simonetta Chiarotto della Cgil che sta seguendo il caso - poiché stiamo ancora cercando di capire cosa sia esattamente accaduto. Siamo riusciti a contattare i consulenti dell’azienda e a ottenere un incontro per domani (oggi, ndr). Anche se la comunicazione poteva arrivare prima e in modo diverso: ci sono persone che perderanno il lavoro dalla sera alla mattina. Ci spiegheranno quali sono i problemi e cercheremo il percorso che tuteli gli addetti. Se dovesse esserci l’ipotesi del fallimento chiediamo che venga percorsa la strada che tuteli i diritti dei dipendenti».

Non è infatti ancora chiaro cosa celi quel cartello anche se l’annuncio non lascia dubbi sulla improbabile prosecuzione dell’attività. Perciò i dipendenti attendono almeno una comunicazione scritta dell’azienda. Anche la Cisl ha chiesto alla società la convocazione di un incontro urgente. «Dopo quello che è accaduto - afferma Daniele Morassut - auspichiamo che la proprietà si sieda a un tavolo quanto prima». L’azienda fino a qualche anno fa aveva sede nella zona della Comina a Pordenone, quattro anni fa il trasferimento. Alla terza generazione è nota sul territorio dove è presente da alcune decine di anni. Si è specializzata nella produzione e nell’installazione di tetti e altri manufatti in legno.
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sabato, 28 agosto 2010

PEZZI DI MERDA
Venezia. Sciacalli in casa della bambina
morta a 4 anni: rubati i soldi del funerale
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di Gianluigi Dal Corso
VENEZIA (27 agosto) - Se al peggio non c'è limite, quello accaduto alla famiglia romena, già sconvolta dall'improvvisa morte della figlia di quattro anni, è crudele. I genitori di Andra Larisa Budis, la notte scorsa sarebbero stati vittime di un furto in casa, che avrebbe portato alla sparizione dei soldi per il funerale della loro piccola, stroncata lunedì notte da un arresto cardiocircolatorio. Un dramma che si somma al dramma patito dal padre, Robert Budis, dalla madre Lacramiora e dal fratellino di due anni e mezzo. Il furto sarebbe avvenuto nella loro abitazione al civico 10 di via Montello ad Oriago di Mira (Venezia). Una palazzina in cui vivono molte famiglie romene e già al centro di un altro dramma a gennaio, quando morì all'improvviso, a 18 anni, un altro romeno Marius Ionut Siriteanu, vittima di un malore mentre guardava la televisione.

I genitori, confidando anche sul buon cuore di alcuni conoscenti, avevano raccolto 6mila euro, soldi che sarebbero serviti per i funerali della piccola ed il suo trasferimento nella cittadina rumena di Iasi. La notte scorsa, però, qualcuno sarebbe riuscito ad intrufolarsi nell'abitazione dei coniugi Budis, facendo sparire il denaro. Robert Budis avrebbe anche raccontato di aver trovato le borse contenenti il denaro, svuotate, a pochi metri da casa. Del fatto si starebbero occupando i carabinieri della tenenza di Mira e della compagnia di Mestre.

Del vergognoso fatto si sarebbe iniziato a parlare fin dalla prima mattinata di ieri, poco prima dell'inizio della cerimonia funebre, celebrata dal parroco miranese don Frison, all'interno dell'obitorio di Dolo. Alla cerimonia funebre ha partecipato un centinaio di persone, tra loro molti italiani. Segno che la famiglia Budis si era ben integrata nel tessuto sociale rivierasco.

Ora si cerca di capire chi possa aver messo in pratica il piano criminale, che ha assestato un altro duro colpo ad una famiglia già segnata da una tragedia immane. Strani movimenti nel cuore della notte, sarebbero stati scorti anche da alcuni residenti. Il padre trentenne lavora come operaio per una ditta pianighese satellite della Fincantieri, mentre la madre venticinquenne è casalinga. Al termine dei funerali, la piccola bara di Andra Larisa Budis è partita alla volta della provincia rumena di Iasi, dove domenica si terrà un secondo rito funebre, prima della sepoltura. Alla notizia della sparizione dei soldi dei funerali è partita una ulteriore raccolta fondi.
postato da: sebastia11 alle ore 08:20 | link | commenti
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giovedì, 26 agosto 2010

Treviso. Disoccupata assalta l'outlet:
«Sono disperata, non ce la faccio più»

Socializzazione_delle_Imprese
TREVISO (26 agosto) - Quando i carabinieri l'hanno arrestata per la rapina all'outlet Bariviera di Sarano, frazione del comune di Santa Lucia di Piave (Treviso), ha detto loro di averlo fatto perché spinta dalla disperazione. Valentina Trevisiol, 37 anni, è senza lavoro da alcune settimane, e i soldi in casa erano finiti.

Per questo ieri si è decisa a mettere in atto una rapina: ha indossato un giaccone da uomo e un foulard, ha preso il motorino ed è andata all'outlet. Sfilato il casco si è coperta il volto col fazzoletto e si è presentata alla cassa armata di taglierino, chiedendo i soldi. La cassiera le ha consegnato 116 euro: l'incasso dell'esercizio, tenendo conto che erano le 16.30 circa. La 37enne è fuggita col denaro, lasciando però il tempo alla cassiera di annotare la targa del suo ciclomotore.

Quando i carabinieri l'hanno rintracciata ha ammesso le sue colpe, raccontando la sua disperazione: «Non ce la faccio più». Ai suoi polsi sono comparse le manette. Ora si trova in carcere a Belluno con l'accusa di rapina aggravata.
postato da: sebastia11 alle ore 18:13 | link | commenti
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