Sovranità nazionale, primato della politica, democrazia rappresentativa: parole ormai vuote, prive di significato...
Sovranità nazionale, primato della politica, democrazia rappresentativa: parole ormai vuote, prive di significato. E’ finito un ciclo, se ne prenda atto.
Può piacere o dispiacere, si può anche fare gli indifferenti -come fanno certi parlamentari che puntano solo ad essere rieletti alle prossime elezioni- ma è davvero finito un ciclo, nulla sarà più come prima. In Italia, ma non solo. La politica ha definitivamente ceduto il potere alle lobbies, alla finanza apolide, in definitiva ai poteri sovranazionali (e inevitabilmente anti-nazionali). Come assistiamo ormai quotidianamente, sui giornali e nei media, infatti, le grandi decisioni vengono prese da organismi non elettivi -e quindi non democratici sotto il profilo della rappresentatività popolare- e non più da chi invece sarebbe (il condizionale è d’obbligo) giuridicamente preposto a tale compito: la classe politica democraticamente eletta in Parlamento.
Era d'altronde inevitabile, non poteva che finire in questo modo, l’aver azzerato il primato della politica sugli altri poteri non è solamente “merito” di questi “potentati” che si stanno via via imponendo, ma è proporzionale al demerito della classe politica medesima, che negli ultimi decenni è degenerata sempre di più. Lo scadimento, il degrado qualitativo, ma potremmo anche dire etico e morale, ha avuto inizio da quando le segreterie dei partiti, di tutti i partiti intendiamoci bene, al solo fine di mantenere e perpetuare il proprio potere (ben sapendo che diversamente non sarebbe stato possibile) hanno iniziato a privilegiare ed agevolare sistematicamente la carriera di certi personaggi a discapito di altri, magari più meritevoli ma che non erano nelle grazie del leader di turno. Arrivando pian piano, un po’ forse senza nemmeno accorgersene, ed un altro poco probabilmente auto-compiacendosene, a confondere, per esempio, il lecchinaggio con la fedeltà; il presenzialismo alla corte con la disponibilità; l’espediente con le capacità; la prassi con la correttezza; il premio con il merito; l’intenzionalità con i risultati... Gianfranco Fini, con la sua Alleanza Nazionale, fu indubbiamente un precursore di questa prassi, e quello che è successo a sé stesso ed ai partiti che ha guidato negli ultimi anni, stanno lì a dimostrarlo.
In particolare si è assistito al sistematico “taglio delle gambe” di chiunque tendesse ad emergere nei vari partiti, sebbene in virtù di capacità e meriti personali, ma che non fosse ben “inquadrato e coperto dentro i ranghi” del controllo, e potesse quindi diventare pericoloso per il potere costituito e per gli equilibri artefatti e blindati. I segretari dei partiti hanno finito così per divenire essi stessi “Il” Partito, e non invece chi lo serve come da significato etimologico del termine, divenendo così il fine e non più il mezzo della politica del proprio partito, innalzandosi sul piedistallo e non più al servizio della comunità che rappresentava, finendo così, inevitabilmente, col circondarsi di saltimbanchi, ballerine e signorsì oltre che massoni, faccendieri e mestieranti, nella speranza di guadagnarsi il potere occulto se quello esoterico non è alla propria portata.
Ma la stessa cosa si verifica più o meno in tutti gli schieramenti, di destra di sinistra e di centro, grandi e piccoli, anzi nei più piccoli ovviamente si nota ancora di più. L’Idv per esempio è stato definito un vero e proprio partito dittatoriale. La Lega Nord, addirittura, non ha nemmeno un segretario, per i propri iscritti, ma Il Capo, indiscusso, affiancato udite udite dal “cerchio magico” costituito dai suoi più stretti adepti. Si è giunti quasi a divinizzare la figura di questi leader, spesso associando il nome del partito a quello del segretario, giungendo alla totale personalizzazione del partito fino a plasmarlo a propria immagine e somiglianza, anche dal punto di vista statutario ovviamente, finchè è diventato impossibile scindere il leader dal partito stesso. In questo modo le carriere e la vita (politica) stessa dei segretari e dei loro partiti sono diventate un tutt’uno, un monolite, ma dai piedi d’argilla, che vede coincidere così pregi e difetti, risultati e fallimenti, la longevità o la soppressione del partito e inevitabilmente del suo segretario. Chi non ricorda l’esperienza dell’elefantino di Mario Segni? Nacque e scomparì come una cometa. O la nascita del partito-azienda di Berlusconi, Forza Italia? Che invece ebbe successo grazie alle indiscutibili capacità organizzative e alla disponibilità di mezzi del Cavaliere. Ed ancora, ad esempio, tutti sanno che Vendola è il leader di un partito di sinistra, anche se pochi probabilmente ne conoscono il nome, si chiama Sinistra ecologia e libertà, ma tutti lo chiamano il partito di Vendola, i vendoliani. E a destra c’è La Destra di Storace, i cui dirigenti continuamente declamano che “La Destra è Storace o non è”. E così via…
Il sistema partitico protegge sé stesso con tutte le sue forze, quindi se nasce o tenta di nascere qualcosa di nuovo esternamente alla solita elite parte il coro delle oche del campidoglio: “è antipolitica, è solo antipolitica!”.A sinistra, Grillo e il movimento a 5 stelle sono tacciati di antipolitica, anche Renzi e i rottamatori naturalmente sono antipolitica, al centro perfino Berlusconi e la Lega furono tacciati di essere antipolitica, se non populisti, etc. etc.
Invece l’antipolitica siete voi politicanti di professione, voi della casta, si proprio voi che non avete mai lavorato un giorno in vita vostra, questa è la verità!
E a destra? Tutto tace, il nulla, il vuoto pneumatico, tra le macerie. No, non posso, non voglio e non devo essere indulgente verso la mia parte politica, ma questa purtroppo è la triste realtà dopo che il killer seriale della destra italiana, si quello che ha casa a Montecarlo, pensò bene di liquidare il Movimento Sociale Italiano.
Unico sussulto di vitalità il Congresso Nazionale de La Destra che si terrà nei prossimi giorni a Torino, vedremo se sortirà qualche novità, servirebbe un segnale forte e chiaro, staremo a vedere…
Ma torniamo al tema: sovranità nazionale, primato della politica, democrazia rappresentativa. Questi assunti, cardine della civiltà occidentale, sono stati surclassati, noi italiani assieme ai Greci (i prossimi saranno gli spagnoli), siamo sotto commissariamento del FMI e dalla BCE (ma chi sono? Chi li ha eletti? E soprattutto cosa vogliono? I beni di famiglia, è ovvio. Già, è proprio così, che piaccia o meno), all’ultimo G20 sono arrivati addirittura a dichiarare apertamente: “a cosa servono ancora i ministri delle finanze e i governatori delle banche nazionali se la moneta è unica e la proprietà è della BCE?!”. Beh, dal loro punto di vista non hanno nemmeno tutti i torti, tanto ormai a questo punto!
I governi, e i popoli dell’Europa sono sotto schiaffo, ma chi pensa che tutto questo sia casuale è un ingenuo, sono anni che si cerca di instaurare un NWO (Nuovo Ordine Mondiale). Con la caduta del blocco orientale è venuto meno l’equilibrio geopolitico scaturito dal dopoguerra, ed una sola grande potenza si è ritrovata ad avere mani libere. Ebbene, queste mani le ha usate e le sta continuando ad usare, però nel bene come nel male, perché certe “guerre per esportare la democrazia” (ma solo dove c’è il petrolio), così come l’epidemia di fondi “tossici” “sub-prime” che sono l’origine dell’avvelenamento e del collasso, prima della finanza e poi dell’economia globale, arrivano sempre entrambi da oltreoceano.
E’ finito un ciclo, se ne prenda atto, niente sarà più come prima. Tranne naturalmente la fame, la miseria e il decadimento etico e morale dell’umanità, che sono quelli di sempre e che ciclicamente bussano inesorabili alle nostre porte. Così proprio non va, non si può continuare ad assistere inermi al progressivo peggioramento della qualità della vita, alla soppressione del futuro dei nostri giovani, all’impoverimento e all’imbarbarimento della nazione e del vecchio continente. Chi dice che non bisogna più andare a votare, che la politica è una cosa sporca sbaglia, è proprio quello che vogliono quelli che manovrano i fili del potere, nei paesi più democratici infatti l’affluenza alle urne è bassissima, ma questo non indebolisce per nulla il potere, anzi lo rafforza. Se non ci si impegna in prima persona si delega automaticamente agli altri di decidere anche il proprio futuro.
Serve un sussulto di orgoglio, di impegno politico e sociale, di rinnovamento profondo delle classi dirigenti, affinché si possa riformare completamente il “sistema”, che ormai non solo è alieno alla realtà, ma si è rivoltato contro il bene della società e dei popoli.
Io non lo so se J.R.Tolkien intendesse questo quando scrisse: “in un mondo dove ormai non ci sono più i giganti, sarà compito dei nani continuare a lottare”, ma so di certo che quel momento è arrivato.
Alberto Ferretti
(www.albertoferretti.it)
Crisi: ‘no alla svendita dell’Italia’, il 26 novembre CasaPound Italia in corteo nazionale a Napoli
‘’Vogliamo riportare al centro della scena politica i problemi reali del Paese, dimenticati per effetto di un dibattito falsato ed eterodiretto dai tanti poteri forti che non vedono l’ora di mettere le mani sulla ricchezza del paese, patrimonio industriale in testa – sottolinea il movimento in una nota - Contro le aberrazioni della finanza, lo strapotere delle banche, l’inganno del debito, l’incubo di signoraggio e delocalizzazioni, CasaPound Italia chiama a raccolta chi crede che la nazione debba tornare ad essere una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente in uno Stato il cui primo compito è riconquistare la sovranità e l’autonomia minacciate da poteri forti e li invita a scendere pacificamente in piazza per dire che l’Italia è Stato, Popolo, Lavoro’’.
www.casapounditalia.org
www.radiobandieranera.org
IL NUOVO
7 nov 2011
La faccia tosta è inarrivabile. I giornali li chiamano terzopolisti, a loro fa tanto piacere chiamarsi fra di loro “nuovo polo”. Nuovo. Per dire che Berlusconi è vecchio. Ma loro sono IL vecchio….
Pieferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli ieri ci hanno proposto l’Italia di domani. Peccato che li abbiamo conosciuti abbastanza per quello che hanno fatto negli ultimi TRENTA anni. Tutti e tre guerreggiano contro il Cavaliere che è in politica dal ’94 e nessuno chiede loro che diamine hanno fatto di buono per questo paese, loro che in Parlamento sono entrati nel 1983…. Non vergognandosene, ieri hanno aggregato a questa compagnia inacidita dall’età politica, un’altra verginella, Beppe Pisanu, entrato in Parlamento con la Democrazia Cristiana nel 1972(!), uscito nel 1992 con la fine della Prima Repubblica di tangentopoli e riciclato da Berlusconi nel 1994. Insomma, poverino, una quarantina d’anni perseguitato dal titolo di onorevole….
Alla manifestazione di Roma mancava – almeno non lo hanno fatto parlare – il reclutatore per eccellenza, Paolo Cirino Pomicino, quello che si dà da fare a convincere chi è stato eletto con Berlusconi a scoprire una nuova vita con questa banda di imbroglioni che non si rassegnano a lasciare il posto loro ad altri. Gustano l’occhiolino che gli fanno i D’Alema e i Veltroni (bontà loro, in Parlamento “solo” dal 1987).
Mi viene da vomitare a pensare che chi sta in Parlamento da trenta o quarant’anni possa indicare la strada per il futuro all’Italia. Io in Parlamento ci sono stato otto anni e mi sono sembrati un’eternità. Costoro invece ci vogliono morire dentro, incollati alle loro poltrone. Fa schifo una politica così.
http://www.storace.it/2011/11/07/il-nuovo/
Pieferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli ieri ci hanno proposto l’Italia di domani. Peccato che li abbiamo conosciuti abbastanza per quello che hanno fatto negli ultimi TRENTA anni. Tutti e tre guerreggiano contro il Cavaliere che è in politica dal ’94 e nessuno chiede loro che diamine hanno fatto di buono per questo paese, loro che in Parlamento sono entrati nel 1983…. Non vergognandosene, ieri hanno aggregato a questa compagnia inacidita dall’età politica, un’altra verginella, Beppe Pisanu, entrato in Parlamento con la Democrazia Cristiana nel 1972(!), uscito nel 1992 con la fine della Prima Repubblica di tangentopoli e riciclato da Berlusconi nel 1994. Insomma, poverino, una quarantina d’anni perseguitato dal titolo di onorevole….
Alla manifestazione di Roma mancava – almeno non lo hanno fatto parlare – il reclutatore per eccellenza, Paolo Cirino Pomicino, quello che si dà da fare a convincere chi è stato eletto con Berlusconi a scoprire una nuova vita con questa banda di imbroglioni che non si rassegnano a lasciare il posto loro ad altri. Gustano l’occhiolino che gli fanno i D’Alema e i Veltroni (bontà loro, in Parlamento “solo” dal 1987).
Mi viene da vomitare a pensare che chi sta in Parlamento da trenta o quarant’anni possa indicare la strada per il futuro all’Italia. Io in Parlamento ci sono stato otto anni e mi sono sembrati un’eternità. Costoro invece ci vogliono morire dentro, incollati alle loro poltrone. Fa schifo una politica così.
http://www.storace.it/2011/11/07/il-nuovo/
Trieste 1953: ai cadusti per l'Italia.
In questi giorni, dal 4 al 6 Novembre, è doveroso ricordare il sacrificio di sei ITALIANI triestini, che nel mese di Novembre del 1953 sacrificarono la propria vita sull’altare della nostra patria, all’epoca tristemente occupata dalle truppe angloamericane e dalla polizia civile slovena. I capi di stato alleati, infatti, avevano deciso che Trieste era una città troppo calda, nel clima di tensione postbellico, per essere lasciata completamente sotto il comando italiano, così la occuparono con un proprio governo in mano al Generale Sir Thomas Winterton. Il 3 Novembre la cittadina volle esporre sul municipio una bandiera italiana in ricordo della entrata in Trieste degli italiani nel 1918, ma questo suscitò subito l’ira del governatore, che fece togliere il vessillo. La popolazione insorse e si organizzò in manifestazioni e cortei, cercando di fissare il tricolore sul municipio, che venne fatto rimuovere il 4 Novembre dal governatore, nonostante il dissenso del coraggioso sindaco Bartoli. Lo spirito patriottico degli italiani venne interpretato forse come affronto da parte dei colonialisti angloamericani che, il 5 Novembre, caricarono i manifestanti, inseguendoli addirittura nella Chiesa di San Antonio e pestandoli selvaggiamente, dimostrando, così, di essere pari a bestie irrispettose anche della sacralità della Dimora di Dio. Gli scontri continuarono in tutta la città e la polizia sparò uccidendo due persone tra le quali vi fu il quattordicenne Pierino Addobbati. Il 6 Novembre la popolazione prese d’assalto la prefettura lanciando bombe a mano. La polizia e gli eserciti d’occupazione spararono e sul terreno rimasero uccisi sei italiani.Gioventù Italiana vuole ricordare con il doveroso rispetto questi caduti in nome dell’Italia, questi figli d’Italia che non seppero piegarsi, come lle migliaia di triestini che insorsero, agli invasori per amore della loro terra e che vennero ricordati con l’onoreficenza di medaglia d’oro al valor civile. Ringraziamo Dio di aver donato alla nostra Italia questi sei eroi:
Addobbati Piero
Bassa Erminio
Montano Saverio
Paglia Francesco
Manzi Leonardo
Zavadil Antonio
PRESENTI!
4 NOVEMBRE 1918
La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro sessantatre divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.
Il capo supremo dell'esercito, il generale Diaz.
Il capo supremo dell'esercito, il generale Diaz.
Il testo, fuso nel bronzo delle artiglierie catturate
al nemico, è esposto in tutte le Caserme e i
Municipi d'Italia
al nemico, è esposto in tutte le Caserme e i
Municipi d'Italia
EMANUELE ZILLI - UN CUORE NERO
EMANUELE ZILLI, uno dei tanti militanti la cui storia è rimasta per anni nell’indifferenza anche dei suoi concittadini.
Era la Pavia del 1973. La Pavia nella quale Emanuele militava nel Movimento Sociale Italiano. La Pavia che aveva visto, sempre in prima fila anche come candidato alle elezioni comunali, l’attivismo politico del venticinquenne Zilli.
Lui, Emanuele, era un militante sanguigno, pa...ssionale, uno di quelli che non si tiravano indietro neanche nei momenti degli scontri di piazza.
A raccontarla tutta, la prima aggressione subita da Emanuele, infatti, fu nel 1972 quando in piazza Castello insieme ad un amico fu aggredito da un gruppo di zecche. Qualche mese dopo, fu vittima di un’altra aggressione e questa volta si trovava in compagnia di altri due iscritti, uno dei quali, avvertendo il momento di pericolo, reagì sparando un colpo di pistola che ferì Carlo Leva, uno degli aggressori.
Come ovvio fosse, questo accadimento ebbe grande risonanza e creò ad Emanuele molti problemi. Qualche settimana dopo, infatti, fu rapito da un commando di comunisti e fu selvaggiamente picchiato.
Il successivo ricovero in ospedale, dal quale fu dimesso immediatamente pur ancora sofferente, consentì alla polizia di arrestarlo per l'episodio del ferimento di Leva.
Una dimissione dal nosocomio così rapida da insospettire, un comportamento che costò a due medici del Policlinico una denuncia quella prognosi che da subito sembrò sospetta.
L’arresto e le indagini non portarono a nulla e Zilli fu riconosciuto innocente per la giustizia statale, ma non per quella dei “tribunali rossi”.
Emanuele aveva 25 anni, una moglie e due bambine di due ed un anno.
Quel maledetto 3 novembre del 1973 uscendo dal lavoro, era un operaio della ditta Bertani, fu brutalmente ammazzato. Una morte atroce, una morte che tentarono di far passare come un incidente stradale. La scena del delitto fu chiaramente ricostruita, dai suoi aggressori, per sviare le indagini che puntualmente non sono mai arrivate ad individuare i colpevoli… del resto, come sempre, “uccidere un fascista non è reato”.
"La Provincia pavese", quotidiano locale, in quei giorni ricostruisce i fatti: "Sembra che venerdì sera egli fosse uscito dal lavoro e, verso le 18 e 30, stesse facendo ritorno a casa in sella al proprio motorino percorrendo una traversa di via dei Mille. Qui è stato rinvenuto, poco dopo le 18 e 30, esanime a terra accanto al proprio motorino. Il corpo dello Zilli giaceva sulla sinistra della carreggiata. Prontamente soccorso, il giovane veniva trasportato al Policlinico. In un primo tempo si faceva l'ipotesi più ovvia, quella dell'incidente stradale: lo Zilli sarebbe sbandato sulla propria sinistra, andando a sbattere contro un'auto o finendo a terra per un malore. Ma alcune circostanze inducono ad una maggiore cautela: lo Zilli aveva un occhio pesto, come se fosse stato picchiato; sul collo presentava un profondo graffio; ed il suo corpo era stato trovato in una posizione "strana" rispetto al motorino".
"Il luogo era completamente deserto - aggiunge il quotidiano in un altro resoconto - non c'erano macchine intorno contro cui Zilli potesse aver urtato cadendo. Né segni di uno scontro". Tre giorni durò l'agonia di Emanuele che si spense, senza mai riprendere conoscenza, all'alba del 5 novembre 1973. Sulla sua vicenda non è mai stata fatta luce, non si sono cercati testimoni, non si è vagliato l'alibi dei più feroci estremisti di sinistra che avevano giurato a Zilli "sei il primo della lista".
A.Zanelli
CROAZIA: ARRESTATO EX MINISTRO PER CRIMINI GUERRA NEL ’45
L’ex ministro degli Interni della Croazia, Josip Boljkovac, è stato arrestato oggi perchè sospettato di crimini di guerra commessi nel 1945, alla fine della Seconda guerra mondiale, quando apparteneva alle forze dei partigiani jugoslavi comandate dal maresciallo Josip Broz Tito e alla polizia segreta comunista denominata Ozna. Boljkovac sarebbe indagato per una serie di uccisioni sommarie di prigionieri di guerra, in maggioranza croati appartenenti alle formazioni filonaziste sconfitte nella Seconda guerra mondiale, nel maggio del 1945 in un campo di prigioni nei pressi di Karlovac, a 60 km a sud di Zagabria. Boljkovac, 89 anni, durante la guerra era partigiano comunista per poi diventare uno dei comandanti della polizia segreta nella regione di Karlovac.
Secondo indagini condotte da organizzazioni per la difesa dei diritti umani nel campo di Dubovac sono state uccise almeno 220 persone e Boljkovac sarebbe responsabile in modo indiretto, in qualità di comandante. Secondo il suo legale, Anto Nobilo, l’ex ufficiale sarebbe indagato per un altro simile caso commesso da un reparto montenegrino dell’armata jugoslava. Boljkovac ha sempre negato tutte le accuse. Nel 1991 si è unito alla Comunità democratica croata (Hdz, conservatori), formazione politica del defunto presidente Franjo Tudjman che ha combattuto per l’indipendenza del Paese dalla Jugoslavia, ed è subito diventato il primo ministro degli Interni della Croazia.
Da una parte della destra politica da anni giungono richieste affinchè i crimini di guerra commessi dai partigiani titini ai danni dei nazionalisti croati vengano processati, ma finora la magistratura non ha mai formalmente incriminato nessuno. L’arresto di oggi giunge in un clima preelettorale teso e secondo la stampa la persecuzione dei crimini comunisti potrebbe essere usata dall’Hdz come modo di riavvicinarsi all’elettorato di destra. (ANSA).
I precedenti Non è la prima volta che il procuratore aggiunto si toglie la toga e parla come opinionista, l'aveva già fatto nel salotto di Annozero, nella trasmissione della Dandini. Si era esposto partecipando alla manifestazione No-Cav, andando a Bologna al "Tutti in piazza" e prendendo posizione contro il premier. Ma con l'esternazione di ieri Ingroia ha superato se stesso, dicendo chiaramente da che parte sta.
La replica «Era ovvio che fosse un intervento caricato, posto a creare i presupposti per un dibattito su alcuni temi cruciali come la libertà di espressione e di opinione, anche da parte dei magistrati» ha detto il pm Antonio Ingroia che poi, riguardo alla situazione della giustizia in Italia, ha detto che «il caso italiano ha profili di unicità per il protagonismo dei magistrati. Credo che ciò nasca da una serie di passi in avanti che la politica non ha fatto, lasciando degli spazi vuoti riempiti proprio dal protagonismo dei magistrati» ha spiegato. E «non è giusto» che a questo vuoto ovvii la magistratura, ha detto Ingroia, ma finisce per essere una conseguenza inevitabile, magari ingiusta; la magistratura non deve svolgere ruoli politici trainanti, ma deve poter partecipare al dibattito«. »La magistratura super partes è un requisito imprescindibile, ma dobbiamo uscire dall'ipocrisia di questo concetto. Il magistrato applicando la legge la interpreta ed è mosso da valori costituzionali che non lo rendono del tutto neutrale« ha concluso Ingroia
http://www.libero-news.it/news/857613/Pm-rosso-getta-la-maschera-Confesso-sono-di-parte.html
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