martedì 22 novembre 2011

martedì, 26 luglio 2011


  CAROGNE 
            
   

 TAV: GIÙ IL TRICOLORE, BANDIERA NO TAV SU MONUMENTO CADUTILo scambio di bandiere a Susa (foto Di Marco - Ansa)  


  Giù il tricolore e bandiera No Tav sul Monumento ai Caduti del Mare, in piazza d’Armi, a Susa (Torino): è il blitz portato a termini stamani da un gruppo di militanti No Tav nella piazza della città.
Un primo tentativo dei manifestanti di sostituire la bandiera italiana con quella No Tav è stato sventato dai commercianti ambulanti che si trovavano nel vicino mercato. Quando hanno visto che i manifestanti avevano tirato giù il Tricolore e che lo stavano sostituendo con la loro bandiera – si è saputo dalla Questura di Torino – i commercianti hanno subito reagito e hanno impedito la sostituzione delle bandiere. Pochi minuti dopo, i manifestanti No Tav hanno fatto un secondo tentativo e sono riusciti a togliere la bandiera italiana dal Monumento ai Caduti e a sostituirla con la loro. Accanto al Monumento, inoltre, hanno posizionato un presidio con un banchetto No Tav. (ANSA).  
   
postato da: sebastia11 alle ore 17:49 | link | commenti
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I vandali che per "ricordare Giuliani" deturpano il monumento ai Carabinieri  


 Pisogne.jpg




Chiamarli vandali significherebbe offendere i vandali. I "compagni", orgogliosi di essere tali perché si firmano con la falce ed il martello, hanno pensato bene di onorare la memoria di Carlo Giuliani a loro modo: nella notte tra sabato e domenica, in occasione del decimo anniversario del G8 di Genova, hanno imbrattato un monumento dedicato ai Carabinieri eretto a Pisogne, ridente paesino in provincia di Brescia sulle rive del lago d'Iseo.

Il ceppo di marmo bianco in onore dell'Arma era stato inaugurato appena un mese fa, precisamente il 14 giugno scorso.
Ora è stato deturpato con scritte in vernice rossa: "Carlo vive", "Assassini", "Non spegni il sole se gli spari addosso" e "Noi non dimentichiamo". Immancabile la falce e il martello.

Le scritte saranno cancellate al più presto, ma sarà ancora più importante individuare i colpevoli di un gesto così ignobile. Anche questa è la sinistra italiana. 

http://bsnews.it/notizia/9668/25_07_2011_Pisogne_imbrattato_il_monumento_allArma_nellanniversario 
postato da: sebastia11 alle ore 14:53 | link | commenti
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Nostalgia di banana republic?

Marcello de Angelis



 


  Che cos’è una Repubblica delle banane? La definizione fa riferimento agli Stati centramericani – tipo Nicaragua – nei quali le grandi compagnie di produzione intensiva di frutta (American fruit company) imposero all’inizio del Novecento dei governi fantoccio per meglio gestire proprietà e forza lavoro. Il sistema Banana republic presuppone: 1) potentati stranieri che vogliono gestire in privato il territorio di un’altra nazione; 2) una pseudo élite antinazionale di ricconi locali e notabili al soldo dello straniero; 3) un popolo senza coscienza politica e nazionale. Quando queste condizioni si realizzano, uno dei fiduciari della compagnia bananifera si butta in politica con mezzi economici e di propaganda superiori a quelli dei politucoli locali (e con l’ausilio di servizi più o meno loschi delle potenze straniere), dice che c’è la crisi economica che solo i tecnici possono risolvere, che c’è un piano eversivo che mette a repentaglio la sicurezza dei cittadini (quindi ci vogliono più poteri per polizia e magistrati) e che la classe politica locale non è all’altezza del compito. Fa rimuovere con metodi vari i concorrenti, prende la guida del Paese per conto dei suoi padroni promettendo al popolo un roseo futuro. Quando il popolo apre gli occhi è troppo tardi. Ci provarono già nel 1995 a fare questo giochino. Una parte della maggioranza sfiduciò il premier, seguirono governi semestrali che assicurarono alle merchant bank la gestione delle privatizzazioni dei principali interessi nazionali. Assolto il compito lasciarono il governo ai post-comunisti, perché assicurassero il controllo sociale. Siete pronti per un altro giro?

http://www.secoloditalia.it/stories/Politica/1526_nostalgia_di_banana_republic/ 
 
postato da: sebastia11 alle ore 13:40 | link | commenti
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Continua la guerra all'Europa  





 


di Carlo Bonney (NO REPORTER)


In questi giorni si sta consumando in Europa una vera e propria guerra.Il vecchio Continente è tornato ad essere il campo di battaglia nella scomposizione e ricomposizione dei blocchi di interesse oligarchici che cercano di trovare nuovi assetti ed opportunita' dalla crisi finanziaria mondiale.Come gia' avvenuto negli anni 70 con la crisi petrolifera e negli anni 90 con la speculazione sulle monete nazionali, l'attacco viene portato avanti utilizzando sia l'arma della speculazione economica che quella stragista,di cui in Italia abbiamo una tragica esperienza pluriennale. 
 
La strage di Oslo si inquadra in quest funesta strategia di terrore indiscriminato e fa quantomeno sorridere la faciloneria di chi in queste ore liquida la faccenda come opera di un "mostro" o di un "pazzo" con idee squinternate.Comunque sia , anche se ha agito da solo, cosa alquanto improbabile data la dinamica, sicuramente è stato aiutato ed utilizzato per ben altri scopi.Non solo, lo (gli) stragista/i di Oslo, odia gli islamici, ma uccide in massa dei norvegesi come lui, il che è un altro elemento che lascia alquanto perplessi sul reale scopo della strage. 
 
Anche in passato, certi centri di potere , hanno biecamente utilizzato persone mentalmente instabili per compiere gesti che servivano ai loro interessi:da Oswald, all'assassino di Olof Palme, solo per citare alcuni casi.A mio parere, questa strage che si inquadra in un momento particolarmente  delicato sul versante della tenuta del sistema monetario europeo ha un duplice scopo: mandare un chiaro avvertimento alle autorità norvegesi che negli ultimi tempi hanno avanzato richieste e posizioni critiche nei confronti dell'atlantismo (vedi ritiro dalle incursioni aeree sulla Libia, critiche all'ingresso di Georgia ed Ucraina nella Nato) sia per l'avvicinamento alla Russia di Putin sul versante prettamente economico del gas e del petrolio.L'altro scopo è quello di far percepire agli europei che il pericolo oggi non viene più dal jihadismo, classico capro espiatorio di ogni malefatta da 20 anni a questa parte, ma dal ventre stesso dell'Europa dove albergherebbero rigurgiti "neonazisti" , xenofobi e fondamentalismi  populisti da contrapporre e sovrapporre a quello islamico . 
 
Se poi si va a vedere attentamente i proclami "ideologici" dell'autore del gesto stranamente i media concentrano la loro attenzione sul  suo preteso"fondamentalismo cristiano", omettendo di sottolineare come il filone di pensiero di Brievik sia quello evangelico-settario tipico dei conservatori americani e di certe milizie suprematiste made in USA, visto anche il suo conclamato odio per il Papa e la Chiesa di Roma.Non solo i richiami "fallaciani" sono tipici della destra conservatrice americana e si mischiano a strani richiami massonici (vedi i Templari e le sue foto in grembiulino) ed ad un'ammirazione per lo Stato di Israele, che oggettivamente cozzano con ogni tipo di richiamo "nazista", ma aiutano ad ingenerare nell'opinione pubblica europea il riflesso condizionato di un presunto pericolo "bruno"  o di un nuovo populismo xenofobo violento e  “nazistoide”. In ogni caso, ci troviamo davanti ad un'escalation pericolosa  da parte dello stragismo internazionale che punta al terrore per gestire i propri interessi in questa fase di transizione, sia sul versante della creazione di "nuovi mostri" che si cerca di  suscitare in Europa : ma l'accozzaglia "ideologica" di Breivik e company viene sempre e solo da Oltreoceano e non ha diritto di cittadinanza in nessun pensiero politico europeo, passato o presente.
 
Va detto, allo stesso tempo, che certa estrema destra soprattutto nei paesi anglosassoni, per la sua storica carenza politica e soprattutto culturale, ha metabolizzato alcune delle istanze "fallaciane" e fondamentaliste, di stampo americano, e su questo terreno certe "forze occulte" possono facilmente giocare la loro partita.Proprio per questo motivo, vanno combattuti e smascherati i richiami di una certa destra che ha nel pensiero della Fallaci e nel settarismo evangelico filoisraeliano i suoi punti di riferimento: sono il contraltare utilizzato dai gangster internazionali per creare una guerra in Europa.

http://casaggi.blogspot.com/2011/07/continua-la-guerra-alleuropa.html 
  
postato da: sebastia11 alle ore 12:48 | link | commenti
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lunedì, 25 luglio 2011

Afghanistan, paracadutista romano muore in scontro a fuoco, feriti altri due italiani SEBA 3



ROMA - Un militare italiano morto e due feriti sono il bilancio di uno scontro a fuoco avvenuto nella valle di Bala Murghab, nel nord ovest dell'Afghanistan, durante un'operazione congiunta tra militari italiani e forze afghane. Dei due feriti uno è grave mentre il secondo non è in pericolo di vita. Con la vittima di oggi salgono a 41 i caduti italiani in Afghanistan.

L'attacco ai militari italiani è avvenuto durante il ripiegamento al termine di un'attività di controllo e ricerche. Proprio nella fase finale dell'operazione c'è stato l'attacco degli insorti, che hanno ucciso il militare e ferito altri due soldati italiani.

La vittima è il primo Caporalmaggiore
David Tobini, di Roma. Sabato aveva compiuto 28 anni (era nato il 23 luglio 1983), in forza al 183° reggimento paracadutisti Nembo di Pistoia. Non sono state rese note le generalità dei feriti. Le famiglie del militare deceduto e dei feriti sono state avvisate.

Dopo l'ennesima vittima italiana si annuncia particolarmente delicata la seduta di domani del Senato, chiamato a votare gli emendamenti al decreto legge di proroga delle missioni internazionali di pace. La seduta è prevista per le 16.30 con al primo punto dell'ordine del giorno proprio la conversione del decreto che scade il 10 settembre.
L'iter di conversione aveva subito un rallentamento la settimana scorsa
a seguito delle osservazioni, in commissione, del ministero dell'Economia sulle risorse da destinare alla cornice civile della missione. Inoltre, il viceministro Roberto Castelli aveva annunciato la sua opposizione al decreto, provocando, fra l'altro, la richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni. 
postato da: sebastia11 alle ore 12:09 | link | commenti (2)
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domenica, 24 luglio 2011

   C     C CC

 Il ministro degli esteri norvegese in visita al campo organizzato dalla gioventù... laburista a Utoya. Poche ore dopo si sarebbe consumato il massacro.

 


L'attentatore di Oslo era imbevuto di ideologia massonica e, soprattutto filo-sionista.
 
  


  Il suo delirante documento, composto da oltre 1000 pagine, é un continuo inneggiare alla causa sionista contro le legittime aspirazioni del Popolo Palestinese ad avere uno stato. Per questo ha colpito, uccidendo, i giovani attivisti del Partito Laburista Norvegese che stavano discutendo proprio di questo: il diritto dei palestinesi ad avere una propria terra.

Ecco, a titolo di esempio, due citazioni estrapolate dal suo "libro": "(...) la critica l'Islam implica effettivamente sostegno ad Israele (...) Se si riconosce che l'Islam ha sempre oppresso gli Ebrei, si accetta che Israele era un rifugio necessario per gli ebrei in fuga (..). Non dimentichiamo che la decolonizzazione fu seguita immediatamente dalla discriminazione rinnovata e dagli attacchi contro le minoranze ebraiche e cristiane, e che quegli ebrei che potevano uscire sono subito fuggiti in Israele (...). Non è un caso che questi ebrei sefarditi sono per lo più sostenitori della linea dura in Israele (...)" ( "Dichiarazione di indipendenza europea" di Anders Behring Breivikpag. 48 - par. 3 Anti-colonialismo di Anders Behring Breivik).

"(...) il Negazionismo in Europa è praticato con molta abilità da storici e scrittori che sono sotto l'incantesimo del marxismo. Lenin aveva voluto usare i musulmani contro i colonialisti francesi e britannici. Uomini di sinistra moderni, con simpatie marxiste vedono l'Islam come un alleato contro Israele e Stati Uniti (...)" ("Dichiarazione di indipendenza europea" di Anders Behring Breivik pag. 49 - par. 5 "Sinistrismo" di Anders Behring Breivik)
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  COSA VI è DIETRO???
   
postato da: sebastia11 alle ore 17:55 | link | commenti
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venerdì, 22 luglio 2011

ISLANDA,DOVE I BANCHIERI DELLA CRISI VENGONO ARRESTATI

le-banche-ti-rapinano


 
REYKJAVIK - La scorsa settimana in Islanda sono state arrestate nove persone considerate responsabili del crack finanziario che ha coinvolto lo stato islandese nel 2008, portandolo sull'orlo della bancarotta. La rivoluzione pacifica che sta avvenendo in Islanda, e di cui nessuno parla, nasce proprio nel 2008, quando il governo all'ora in carica decide di nazionalizzare le tre maggiori banche del paese, i cui creditori erano per la maggior parte britannici e nord americani. E quando, per rifondere il debito contratto in questo modo dallo stato che se ne era fatto carico, intervenne il Fondo Monetario Internazionale, chiedendo come al solito tassi d'interesse altissimi e scaricando tutto il peso del debito sulla popolazione, che avrebbe dovuto pagare in 15 anni 3.500 milioni di euro al 5,5% d'interesse, lo stesso popolo islandese si espresse sulla questione con un referendum per cui si verificò una schiacciante vittoria (il 93%) di coloro che ritenevano di non dover pagare il debito. Come anche in Grecia oggi si dice, anche gli islandesi sostenevano che quel debito fosse "detestabile", e dunque non esigibile. Per chiarire, un debito detestabile è un debito contratto dallo stato con le banche o altri istituti, che pero` non porta benefici alla popolazione, ma anzi la danneggia. Un debito simile non si può pretendere che venga pagato dallo stesso popolo che ne ha gia` subito le conseguenze in termini d'interessi sul debito pubblico. Dopo il referendum e` stata istituita nel 2010 una Commissione incaricata di stabilire le responsabilità legali della fatale crisi economica, che ha portato già all'arresto di parecchi banchieri e alti dirigenti strettamente collegati alle operazioni arrischiate. Intanto l'Islanda sta anche scrivendo una nuova costituzione, imparando dalle lezioni della storia recente, nella quale sarà inserito un regime di protezione inattaccabile per la libertà d'informazione e di espressione. Una costituzione, quella islandese, discussa dalla popolazione attraverso i forum in internet e i social network. Finalmente sembra che la gente possa decidere liberamente del proprio futuro, e che i banchieri e gli squali finanziari, per una volta, debbano restare alla finestra a guardare, se non sono già scappati


 
http://www.net1news.org/islanda-dove-i-banchieri-della-crisi-vengono-arrestati.html 

postato da: sebastia11 alle ore 17:46 | link | commenti
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Violentata per 12 anni dal padre: abusi
cominciati quando aveva solo 4 anni
 


(archivio) 


  BELLUNO - Un'escalation di abusi e violenze sessuali nei confronti della figlia, durate oltre dodici anni, che gli sono costate 16 anni e 8 mesi di reclusione. È stata questa infatti la pena a cui il tribunale Collegiale presieduto da Nicoletta De Nardus, ieri, ha condannato un 57enne dell’Alpago attualmente detenuto nel carcere di Pordenone. L’uomo con la famiglia, per un periodo di tempo, ha vissuto anche nel Padovano continuando ad abusare della figlia costretta a subire ogni tipo di abuso sessuale.

La vicenda inizia nel 1994 quando il padre ha 38 anni e la sua bambina 4. All’inizio sono palpeggiamenti e strofinamenti, ma con gli anni le attenzioni malate si trasformano in veri e propri rapporti sessuali a cui l’uomo obbliga la ragazzina, con minacce e l’uso della forza. Il tutto si svolge tra Trevigiano, Padovano e Alpago.

Titolare dell'inchiesta è il pm padovano Giorgio Falcone, che ha chiesto per l’uomo 20 anni di reclusione. Nel corso del dibattimento vengono messe a verbale anche le dichiarazioni della figlia dell'uomo. Parole, ricordi e ricostruzioni che il Collegio ritiene attendibili sin nei minimi particolari.
La ragazza, oggi 21enne, non tralascia i particolari. Ne esce un quadro a dir poco raccapricciante, di un papà orco che la costringe alle più umilianti depravazioni sessuali sin da quando aveva appena quattro anni.

E così, mentre i legali difensori del 57enne chiedono un'ulteriore perizia medica sulla ragazza, il tribunale Collegiale, ieri mattina, l'ha condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione oltre al versamento di 150 mila euro a risarcimento dei danni morali e materiali riportati dalla figlia. Che nel corso del periodo di tempo in cui ha subito gli abusi e le violenze sessuali era anche sottoposta a continue minacce condite da insulti. Un incubo a cui ieri è stata messa, almeno dal punto di vista giuridico, la parola fine.



 http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=157057&sez=NORDEST 
BELLUNO - Un'escalation di abusi e violenze sessuali nei confronti della figlia, durate oltre dodici anni, che gli sono costate 16 anni e 8 mesi di reclusione. È stata questa infatti la pena a cui il tribunale Collegiale presieduto da Nicoletta De Nardus, ieri, ha condannato un 57enne dell’Alpago attualmente detenuto nel carcere di Pordenone. L’uomo con la famiglia, per un periodo di tempo, ha vissuto anche nel Padovano continuando ad abusare della figlia costretta a subire ogni tipo di abuso sessuale.

La vicenda inizia nel 1994 quando il padre ha 38 anni e la sua bambina 4. All’inizio sono palpeggiamenti e strofinamenti, ma con gli anni le attenzioni malate si trasformano in veri e propri rapporti sessuali a cui l’uomo obbliga la ragazzina, con minacce e l’uso della forza. Il tutto si svolge tra Trevigiano, Padovano e Alpago.

Titolare dell'inchiesta è il pm padovano Giorgio Falcone, che ha chiesto per l’uomo 20 anni di reclusione. Nel corso del dibattimento vengono messe a verbale anche le dichiarazioni della figlia dell'uomo. Parole, ricordi e ricostruzioni che il Collegio ritiene attendibili sin nei minimi particolari.
La ragazza, oggi 21enne, non tralascia i particolari. Ne esce un quadro a dir poco raccapricciante, di un papà orco che la costringe alle più umilianti depravazioni sessuali sin da quando aveva appena quattro anni.

E così, mentre i legali difensori del 57enne chiedono un'ulteriore perizia medica sulla ragazza, il tribunale Collegiale, ieri mattina, l'ha condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione oltre al versamento di 150 mila euro a risarcimento dei danni morali e materiali riportati dalla figlia. Che nel corso del periodo di tempo in cui ha subito gli abusi e le violenze sessuali era anche sottoposta a continue minacce condite da insulti. Un incubo a cui ieri è stata messa, almeno dal punto di vista giuridico, la parola fine. 

 
postato da: sebastia11 alle ore 15:05 | link | commenti
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988


le cifre non saranno scritte nero su bianco nei bilanci di Camera e Senato è difficile fidarsi. Anche i tagli sbandierati da Giulio Tremonti sembravano cosa fatta. Poi, sfogliando la manovra, si è scoperto che se ne parla solo dalla prossima legislatura. Anche la correzione di bilancio doveva essere tutta sul lato della spesa, poi la Ragioneria dello Stato ci ha spiegato che il 60% delle risorse arrivano da nuove entrate (in altri termini: tasse) e solo il 40% da sforbiciate alle uscite.
Intendiamoci, con i tagli ai costi della politica non ci si ripiana il debito pubblico, ma sapere che nessuno può permettersi di toccare i ricchi vitalizi di ex parlamentari che, in alcuni casi, hanno lavorato per ben zero giorni non aiuta davvero a condividere l’austerity imposta dal governo. Il concetto, che in questi giorni frulla nella testa di molti italiani, è stato espresso in maniera chiara da Emma Marcegaglia. «È inaccettabile che tutti facciano sacrifici tranne la politica», ha incalzato la presidente di Confindustria. I tagli ai costi della politica vanno «affrontati subito», perché «nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti, la politica deve dare il buon esempio».
Ben vengano, insomma, le proposte che in questi giorni si sono affrettati a presentare sia il presidente della Camera sia quello del Senato. Purché abbiano un seguito. Il balletto sui vertici e controvertici annunciati nei giorni scorsi non promette troppo bene. Prima si era parlato di un conclave bicamerale per tagliare tutto senza pietà. Alla fine, però, si è deciso che ognuno farà da solo. Sia Gianfranco Fini sia Renato Schifani ieri hanno sottoposto i piani ai questori delle rispettive Camere. L’ufficio di presidenza di Montecitorio si riunirà oggi, quello di Palazzo Madama la prossima settimana.
Sulla carta, i progetti sono entrambi ambiziosi. Nel prossimo triennio (includendo tagli già effettuati nei mesi scorsi) Fini promette di risparmiare 170 milioni, Schifani 120. Tenuto conto delle differenti entità dei bilanci dei due rami del Parlamento (quello di Montecitorio è più del doppio, nel 2010 1.224 milioni contro 545), però, la stretta messa in atto da Palazzo Madama appare ben più corposa. Non solo. Tra i risparmi elencati dal Senato risultano anche 10 milioni recuperati grazie al mancato aumento delle retribuzioni del 3,2%, che invece alla Camera, in barba al blocco degli adeguamenti deciso lo scorso anno, è scattato alla fine di giugno (e andrà a regime nel 2013) in base ad un accordo sindacale sulla produttività. Per il resto, entrambe le Camere congeleranno la crescita delle dotazioni (l’adeguamento automatico del bilancio in base all’inflazione), introdurranno il blocco del turn over e quello dell’adeguamento delle pensioni e delle indennità.
Sia Fini sia Schifani, infine, introdurranno anche per i parlamentari la norma di cui si è tanto discusso negli ultimi giorni. E cioè il contributo di solidarietà previsto dalla manovra per le pensioni d’oro. Anche ex senatori ed ex deputati che prendono assegni sopra i 90mila euro si vedranno, da subito, applicare una decurtazione del trattamento del 5%. Per chi è sopra i 150mila euro lordi l’anno il taglio sarà del 10%.

di Sandro Iacometti


http://www.libero-news.it/news/787714/Fini-dà-il-cattivo-esempio-alza-la-paga-alla-Camera.html 
 
 
postato da: sebastia11 alle ore 11:31 | link | commenti
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Quei 200 metri vicino alla stazione in cui
prolifera il mercato della droga

Polizia in via Bixio a Padova (Candid Camera) 

di Giuseppe Pietrobelli
PADOVA - «Lo vede quel nigeriano con la maglia rossa? La droga la tiene in bocca, avvoltolata in piccole palline. Quando arriva il cliente si allontana, e avviene lo scambio. E quell’altro vicino a lui con la bicicletta? Fa la spola continuamente da qui all’altra parte del cavalcavia, dove ha qualche nascondiglio». La barista (italiana) vive e lavora nello scenario del degrado e dello spaccio, della paura e dell’illegalità che va in scena a tutte le ore del giorno e della notte a due passi dalla stazione ferroviaria di Padova. Basta sedersi a un tavolino del Bar Mio. Con vista sul Bronx. E guardare.

L’altra sera qui era la guerriglia urbana, bottigliate in testa e coltellate alla pancia tra nigeriani e marocchini. Con un bilancio di due feriti e tre arrestati (puntualmente rilasciati ieri mattina). Adesso la calma è quella che segue la tempesta, ma potrebbe precederne un’altra. Quindici giorni fa furono i maghrebini a suonarsele di santa ragione al Portello. Martedì è scattata invece la caccia all’uomo etnica, la faida, la vendetta. Con bilanci degni (politicamente) dell’epoca di Autonomia Operaia o (criminalmente) di via Anelli. Anche se il prefetto Ennio Mario Sodano in serata ha testualmente dichiarato: «Non c’è alcuna guerra tra bande per il controllo del mercato della droga. Tutto è nato da futili motivi». Già, una pacca sul sedere di un nigeriano nei confronti di una tossicomane italiana, compagna di un marocchino. Il quale ha affrontato il rivale dando fuoco alle polveri. Poi ci si è messo di mezzo un terzo uomo che ha rubato un portafogli.

Quei duecento metri che dalla stazione vanno verso viale Codalunga sono una specie di giungla metropolitana. Dal Mc Donald’s all’Hotel Monaco già si intuisce che i ragazzoni che bighellonano gesticolando (neri dell’Africa) o parlando a bassa voce (marocchini) con una bottiglia di birra in mano, non sono lì solo per ingannare il tempo. Stanno lavorando, stanno cercando una dose, stanno cercando di venderla, stanno nel branco e trafficano, parlano, scrutano il terreno di caccia, aspettano i clienti in arrivo da mezzo Veneto.

Basta tirare diritto senza fissare nessuno e (quasi sempre) ai passanti non accade nulla. Ma se qualcuno ha bevuto troppo, la scintilla può accendersi ogni momento dentro questa umanità giovane e forte, arrogante e rapace. Come l’altra sera. «Non ho mai visto nulla di peggio, uno sanguinante qui davanti, il fuggi fuggi, la carica della Polizia...» racconta Chiara Stecca. Accade nella ricca Padova. Accade sempre più spesso. E se ci si sposta di qualche centinaio di metri, in vicolo Donghi, la vista non cambia. Il marciapiede occupato da gruppi di stranieri, drogati, ubriachi, clochard. Quelli "fatti" sono i clienti. Quelli con il cellulare perennemente attaccato all’orecchio che parlano con foga in una perenne trattativa, sono probabilmente gli spacciatori.

Il prefetto che ha riunito il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica assicura che le misure saranno prese, elogia poliziotti, carabinieri e finanzieri, snocciola i 300 arresti effettuati dall’inizio dell’anno. La ricostruzione ufficiale non è allarmistica. Il tunisino Mahrez Bakir voleva vendicare l’aggressione sessuale che il nigeriano Augustine Nwosuu avrebbe tentato con una donna. La resa dei conti si era conclusa con il naso del maghrebino spaccato da una testata e con il rivale steso da una bottigliata. Ne aveva approfittato il ventenne Ahmed Bendhaif, arrivato da Lampedusa e in possesso di un permesso umanitario, che aveva rubato il portafogli al nigeriano. La situazione è degenerata in una rissa gigantesca.

Cosa sta accadendo a Padova, che sembrava aver scacciato gli incubi del ghetto di via Anelli? Per capirlo basta fare quattro chiacchiere con gli operatori della cooperativa Noi, le famiglie padovane contro l’emarginazione. Sono fermi dall’altra parte del cavalcavia e danno aiuto ai tossicomani (soprattutto italiani) o alle prostitute che chiedono un bicchiere d’acqua, una siringa pulita, perfino un preservativo. Lo fanno come prevenzione, da questa parti la promiscuità uccide più delle coltellate.

Sono loro a mandare un report giornaliero in Comune per spiegare cosa accade nelle strade di Padova. Il quadretto è chiaro. «Ma attenzione, la geografia cambia continuamente...» avvertono. Il mercato se lo contendono nigeriani e maghrebini. I primi sono più organizzati e aggressivi. I secondi sono individualisti, più approssimativi, ognuno lavora in proprio. Ma il risultato non cambia. Padova è il Grande Mercato a cui si rivolgono padovani, trevigiani e mestrini. Ma ora si è ristretto a causa dei troppi arrivi degli ultimi mesi.

Chi passa da Lampedusa giunge a Padova con un permesso di sei mesi. È avvantaggiato rispetto ai vecchi irregolari che occupano la piazza. Le gerarchie si modificano, viene meno una sorta di controllo sociale dei gruppi. C’è chi alza la testa. Troppo. Ed è incapace di sottostare alle regole del branco.
 

di Giuseppe Pietrobelli
PADOVA - «Lo vede quel nigeriano con la maglia rossa? La droga la tiene in bocca, avvoltolata in piccole palline. Quando arriva il cliente si allontana, e avviene lo scambio. E quell’altro vicino a lui con la bicicletta? Fa la spola continuamente da qui all’altra parte del cavalcavia, dove ha qualche nascondiglio». La barista (italiana) vive e lavora nello scenario del degrado e dello spaccio, della paura e dell’illegalità che va in scena a tutte le ore del giorno e della notte a due passi dalla stazione ferroviaria di Padova. Basta sedersi a un tavolino del Bar Mio. Con vista sul Bronx. E guardare.

 
, bottigliate in testa e coltellate alla pancia tra nigeriani e marocchini. Con un bilancio di due feriti e tre arrestati (puntualmente rilasciati ieri mattina). Adesso la calma è quella che segue la tempesta, ma potrebbe precederne un’altra. Quindici giorni fa furono i maghrebini a suonarsele di santa ragione al Portello. Martedì è scattata invece la caccia all’uomo etnica, la faida, la vendetta. Con bilanci degni (politicamente) dell’epoca di Autonomia Operaia o (criminalmente) di via Anelli. Anche se il prefetto Ennio Mario Sodano in serata ha testualmente dichiarato: «Non c’è alcuna guerra tra bande per il controllo del mercato della droga. Tutto è nato da futili motivi». Già, una pacca sul sedere di un nigeriano nei confronti di una tossicomane italiana, compagna di un marocchino. Il quale ha affrontato il rivale dando fuoco alle polveri. Poi ci si è messo di mezzo un terzo uomo che ha rubato un portafogli.

Quei duecento metri che dalla stazione vanno verso viale Codalunga sono una specie di giungla metropolitana. Dal Mc Donald’s all’Hotel Monaco già si intuisce che i ragazzoni che bighellonano gesticolando (neri dell’Africa) o parlando a bassa voce (marocchini) con una bottiglia di birra in mano, non sono lì solo per ingannare il tempo. Stanno lavorando, stanno cercando una dose, stanno cercando di venderla, stanno nel branco e trafficano, parlano, scrutano il terreno di caccia, aspettano i clienti in arrivo da mezzo Veneto.

Basta tirare diritto senza fissare nessuno e (quasi sempre) ai passanti non accade nulla. Ma se qualcuno ha bevuto troppo, la scintilla può accendersi ogni momento dentro questa umanità giovane e forte, arrogante e rapace. Come l’altra sera. «Non ho mai visto nulla di peggio, uno sanguinante qui davanti, il fuggi fuggi, la carica della Polizia...» racconta Chiara Stecca. Accade nella ricca Padova. Accade sempre più spesso. E se ci si sposta di qualche centinaio di metri, in vicolo Donghi, la vista non cambia. Il marciapiede occupato da gruppi di stranieri, drogati, ubriachi, clochard. Quelli "fatti" sono i clienti. Quelli con il cellulare perennemente attaccato all’orecchio che parlano con foga in una perenne trattativa, sono probabilmente gli spacciatori.

Il prefetto che ha riunito il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica assicura che le misure saranno prese, elogia poliziotti, carabinieri e finanzieri, snocciola i 300 arresti effettuati dall’inizio dell’anno. La ricostruzione ufficiale non è allarmistica. Il tunisino Mahrez Bakir voleva vendicare l’aggressione sessuale che il nigeriano Augustine Nwosuu avrebbe tentato con una donna. La resa dei conti si era conclusa con il naso del maghrebino spaccato da una testata e con il rivale steso da una bottigliata. Ne aveva approfittato il ventenne Ahmed Bendhaif, arrivato da Lampedusa e in possesso di un permesso umanitario, che aveva rubato il portafogli al nigeriano. La situazione è degenerata in una rissa gigantesca.

Cosa sta accadendo a Padova, che sembrava aver scacciato gli incubi del ghetto di via Anelli? Per capirlo basta fare quattro chiacchiere con gli operatori della cooperativa Noi, le famiglie padovane contro l’emarginazione. Sono fermi dall’altra parte del cavalcavia e danno aiuto ai tossicomani (soprattutto italiani) o alle prostitute che chiedono un bicchiere d’acqua, una siringa pulita, perfino un preservativo. Lo fanno come prevenzione, da questa parti la promiscuità uccide più delle coltellate.

Sono loro a mandare un report giornaliero in Comune per spiegare cosa accade nelle strade di Padova. Il quadretto è chiaro. «Ma attenzione, la geografia cambia continuamente...» avvertono. Il mercato se lo contendono nigeriani e maghrebini. I primi sono più organizzati e aggressivi. I secondi sono individualisti, più approssimativi, ognuno lavora in proprio. Ma il risultato non cambia. Padova è il Grande Mercato a cui si rivolgono padovani, trevigiani e mestrini. Ma ora si è ristretto a causa dei troppi arrivi degli ultimi mesi.

Chi passa da Lampedusa giunge a Padova con un permesso di sei mesi. È avvantaggiato rispetto ai vecchi irregolari che occupano la piazza. Le gerarchie si modificano, viene meno una sorta di controllo sociale dei gruppi. C’è chi alza la testa. Troppo. Ed è incapace di sottostare alle regole del branco. 

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postato da: sebastia11 alle ore 09:01 | link | commenti
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