sabato 19 novembre 2011

mercoledì, 11 marzo 2009

Un deputato bulgaro denuncia le conversioni forzate all'islam di interi villaggi.
Un député bulgare dénonce les conversions forcées à l’islam de villages entiers.Secondo un deputato bulgaro, numerosi villaggi del sud sono convertiti all'islam con la forza. Benché la Bulgaria faccia parte dell'Unione europea, alcune regioni del paese avrebbero bisogno di una seconda liberazione del giogo otomano, ha dichiarato Yane Yanev, membro del Parlamento bulgaro, citato dall'agenzia di stampa bulgara, BGNES.
Y. Yanev (fotografia quì sopra), che è il capo dell'opposizione ed il capo del partito “ordine, legge, e giustizia„ (RZS) ha parlato lunedì a Blagoevgrad come lo riporta il corrispondente locale dell'agenzia BGNES.
I dirigenti del partito RZS hanno visitato lunedì molti villaggi nel sud della Bulgaria per incontrare insegnanti e genitori ansiosi, che hanno presentato loro prove concrete di conversioni forzate all'islam nella regione.
L'esempio del villaggio di Ribnovo, nel comune di Gurmen, è stato presentato come il più sorprendente. In questo villaggio, il direttore della scuola, Feim Issa, aveva imposto una dittatura sul personale insegnante, forzandoli a portare abiti musulmani tradizionali ed incoraggiare gli allievi femmine a fare la stessa cosa.
Il Sig. Issa è stato illegalmente nominato direttore con l'aiuto dei dirigenti della moschea locale ed è attivamente sostenuto dal professore di religione della scuola, Murat Boshnak. Il Sig. Boshnak è, apparentemente, un individuo al passato sospetto con una formazione che manca di chiarezza. Non possiede neppure un diploma di studi secondari bulgaro, ma possiede un diploma di una scuola religiosa di Skopje, in Macedonia. Gli abitanti di Ribnovo affermano che Boshnak si è specializzato in Arabia Saudita e che forza i genitori a firmare domande perché i loro bambini studino l'islam. Esige anche che i bambini si rivolgano a lui chiamandolo " Aga" invece “di Gospodin„ (signore), ed hanno proibito alle ragazze di assistere all'ultima cerimonia di fine studio in tenuta civile. Ha emesso un divieto dei festeggiamenti. Boshnak ha in seguito organizzato un viaggio in Turchia con i fondi di una fondazione araba. Una sola giovane ragazza ha partecipato alla cerimonia di fine studio. I genitori, che rifiutano di seguire le norme fondamentalisti sono stati insultati in occasione delle prediche nella moschea locale.
Il deputato Yanev ha citato esempi simili nel villaggio di Satovcha, dove la direttrice della scuola ha regolarmente seguito corsi d'islam radicale in una scuola fondamentalista illegale. È attualmente in congedo di maternità, e, per mantenere la scuola sotto controllo, ha nominato  suo marito per sostituirla.
Gli abitanti dei villaggi visitati da Yanev non sono immigrati turchi, sono tutti musulmani bulgari, che parlano soltanto la lingua bulgara.
Il capo del RZS ha dichiarato di essere costernato dalle gravi violazioni dei diritti e delle libertà dei cittadini bulgari, che sono tuttavia iscritti nella costituzione. La RZS ha distribuito ai mass media videi, mostrando come l'islam radicale sta prendendo rapidamente radice nel paese, sotto lo sguardo benevolo della coalizione tripartita al potere.
Il Sig. Yanev ed il suo collega Dimitar Abadzhiev ha promesso di segnalare all'agenzia di Stato per la sicurezza nazionale (DANS) le violazioni dei diritti dei cittadini della regione, che, dicono, sabotano i valori europei ed aprono la via all'islam in Europa.
si ringrazia il blog.:http://scettico72.splinder.com/ per la segnalazione
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VERGOGNA!!!!!
Veneto. Per la Regione la crisi non c'è,
maxi-premio da 15mila euro ai dirigenti
20090311_pal
di Alda Vanzan
Delibera numero ottantacinque: favorevoli, contrari, astenuti? Gli assessori veneti presenti alla consueta riunione di giunta del martedì mattina ascoltano la relazione del collega al Personale Flavio Silvestrin  qualcuno a penna aggiunge nella casella bianca la cifra che ancora mancava e che Silvestrin comunica, quindi alzano tutti la mano.Delibera approvata all’unanimità: i tredici massimi dirigenti della Regione Veneto adesso possono portare a casa il premio di risultato per il 2008. Mica bazzecole: il premio ammonta, per ciascuno, al 10% del relativo stipendio. Il massimo consentito.

A spanne, sono 15mila euro a testa per il 2008. I beneficiari sono tredici. Il segretario generale della Programmazione Adriano Rasi Caldogno. I segretari delle dieci segreterie regionali, da Loris Costantini degli Affari generali a Giancarlo Ruscitti della Sanità. Il dodicesimo è il capo del Gabinetto del governatore, Francesco Dotta. L’ultimo, l’avvocato coordinatore dell’Avvocatura regionale Ezio Zanon.

Sono alcuni degli stessi massimi dirigenti che, sul finire dell’anno scorso, erano stati esentati dal decreto Brunetta: potevano ammalarsi senza preoccuparsi delle decurtazioni di stipendio per ogni giorno di assenza per malattia. Un esonero durato poco, visto che lo stesso ministro alla Funzione pubblica era intervenuto richiamando il governatore Galan: «La legge è uguale per tutti». E, in quel caso, la giunta aveva fatto marcia indietro.

Adesso, i dirigenti ritornano sotto i riflettori per i premi di risultato. La tabella allegata alla delibera che l’assessore presenta ai colleghi di giunta porta tutti i nomi, ma ha uno spazio in bianco. Lì va indicata la percentuale, è la giunta che deve stabilire l’entità del premio: quanti soldi, cioè, assegnare a questi massimi dirigenti. I riferimenti normativi sono due, entrambi del 2001. Il primo è quello che ha rideterminato il trattamento economico di questi dirigenti "stabilendo altresì la possibilità di riconoscere agli stessi un’eventuale retribuzione aggiuntiva di risultato, per ciascun dirigente e per anno, fino a un massimo del 10% sulla base della valutazione annuale compiuta dalla giunta regionale".

La norma è chiarissima: il premio di risultato non è un obbligo, è una possibilità. E il 10% è il tetto massimo. La proposta che l’assessore al Personale avanza ai colleghi di giunta, e che i colleghi di giunta approvano, è di attribuire il premio di risultato per il 2008 e di quantificarlo nella misura massima: a tutti il 10%.

Ma con che criteri? A leggere la delibera pare di capire che i dirigenti hanno presentato una relazione e sulla base di quella relazione hanno avuto il premio. Recita la delibera: "L’attività svolta dai segretari regionali nel corso dell’anno 2008 è valutata sulla base di una relazione avente ad oggetto le attività svolte nel corso del medesimo anno. In considerazione di tali indicazioni, anche procedurali, sono state acquisite le relazioni di ciascun dirigente le segreterie, del segretario della giunta regionale, del capo di Gabinetto del presidente e dell’avvocato coordinatore dell’Avvocatura regionale, per cui, tenendo conto delle attività realizzate e dei risultati conseguiti, si propone di assegnare a ciascuno dei summenzionati dirigenti la percentuale, indicata nell’allegato elenco, della relativa retribuzione annuale".

Evidentemente, le relazioni di questi dirigenti, riferite a se medesimi, devono essere state più che esaurienti per portare la giunta di Giancarlo Galan a confermare il premio e a quantificarlo pure nella misura massima. «Mancanza di rispetto», protesta Pietro Levorato, il segretario della Uil-Fpl che a suo tempo già aveva tuonato contro la delibera, poi corretta, che esonerava i massimi dirigenti della Regione Veneto dall’osservanza del decreto Brunetta relativo alle assenze per malattie.

Levorato annuncia, adesso, un’altra valanga di volantini contro l’assegnazione dei premi. «È una mancanza di rispetto nei confronti di tutti i dipendenti regionali che prendono uno stipendio di 1200 euro al mese - dice il sindacalista - ed è anche una presa in giro: c’è la crisi, a tutti vengono chiesti sacrifici, ma ai massimi dirigenti che percepiscono stipendi annuali che superano i 100mila euro si assegnano pure i premi». Levorato ricorda che, sul fronte del personale, in Regione ci sono due trattative aperte: «Ci avevano detto che non ci sono soldi per i lavoratori e allora noi avevamo detto che, se mancano le risorse, devono mancare per tutti. In pratica - dice il segretario della Uil - avevamo chiesto di non procedere all’assegnazione dei premi ai dirigenti regionali e neanche ai direttori delle Ulss. E invece hanno premiato i pochi, soliti noti»
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cucut
Un libro fondamentale per tutti coloro che si interessano alla storia della Repubblica Sociale Italiana. Primo di una serie di tre volumi che andranno ad approfondire il tema già trattato dall’Autore nel suo precedente “Le Forze Armate della R.S.I.”.
Carlo Cucut
Forze Armate della R.S.I. sul confine orientale. Settembre 1943
Questo non è un libro enciclopedico su quei reparti italiani che combatterono nel Friuli Venezia Giulia e nell’Istria dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e fino al maggio 1945, è solamente un quadro sintetico di questi reparti, con le informazioni aggiornate e dettagliate che sono emerse sino ad ora, raccolte tutte in un unico libro. Non si troveranno, quindi, tutti gli scontri sostenuti da questo o quel Battaglione o Compagnia o Batteria, ma un quadro di insieme che riesce ad inquadrare nella sua intierezza la vita di quei reparti dalla data di costituzione sino allo scioglimento, comprensivo, ove possibile, delle notizie riguardanti l’organigramma, l’organico, la zona di impiego, l’armamento, i mezzi di trasporto, i Caduti. Per alcuni reparti, dove le notizie e la documentazione lo hanno permesso, sono stati inseriti i principali fatti d’arma che lo hanno coinvolto, con le notizie relative.
È così venuto alla luce un libro che vuole essere un ricordo e un omaggio a tutti quei militari italiani che si sono immolati nel contrastare i partigiani slavi del IX Korpus dell’EPLJ, l’Esercito di Liberazione Popolare Jugoslavo, che intendeva raggiungere, prima degli Alleati anglo-americani, le rive del Tagliamento e portare la linea del confine della nascente Jugoslavia fino a quel fiume.
Fu solo un flebile argine che impedì il loro dilagare, un argine composto unicamente da quei pochi reparti delle Forze Armate della R.S.I. che lottarono sino alla fine per salvaguardare i sacri confini conquistati col sangue di centinaia di migliaia di Caduti alla fine della prima guerra mondiale. Questo libro è quindi un ulteriore tassello, che si somma a quelli posti dai Reduci, dei vari reparti che hanno combattuto su quel fronte, in tutti questi anni con l’obiettivo di far conoscere l’altra faccia della medaglia alle future generazioni, che altrimenti rischiano di conoscere solamente quanto scritto dai vincitori, quasi sempre di parte e, in alcuni casi, anche negazionista.Brossura 16,5 x 24 cm. pag. 192 con oltre 100 foto b/n
Stampato nel 2009 da Marvia Edizioni, Euro 20,00
Disponibile presso Spazio Ritter, Via Maiocchi, 28 - Milano (02201310) oppure direttamente su www.ritteredizioni.com
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katyn
Tratto da Il Corriere: ROMA - «Mi hanno detto che il mio film in Italia non è stato visto quasi da nessuno, che circola in maniera pressoché clandestina. Mi fa paura che in un Paese democratico, che per noi polacchi è un simbolo di storia e civiltà, possa ritornare la censura. È una nuova sofferenza per questo lavoro così difficile. Mi dispiace molto». Adesso parla lui, Andrzej Wajda, il grande vecchio del cinema polacco. È da giorni che si parla del suo film, Katyn, sul crimine rimosso e mai raccontato, l’eccidio di 4500 ufficiali e civili polacchi voluto da Stalin e negato, spedendo la responsabilità al mittente nazista. Solo nel 1990 Gorbaciov ha ammesso la responsabilità: per una volta, Hitler non c’entrava nulla. Il quotidiano cattolico Avvenire ha denunciato il caso domenica con un editoriale: «Solo pochi fortunati sono riusciti a vedere il film». Le copie ci sono, ma restano in magazzino. Ne circolano 10 in tutta Italia, ne sono disponibili 40. Il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto ha parlato di «scandalo» e pensa a una proiezione straordinaria «per aprire un dibattito».
Il distributore italiano Mario Mazzarotto al Corriere ha parlato di due boicottaggi: «commerciale e storico-culturale». «Avevo già faticato per riuscire a portare il film…». Ora aggiunge che c’è la fila nei pochi cinema che lo ospitano. Torna all’idea della miopia di un mercato strozzato: «Lo si ritiene scomodo, gli esercenti pensano che non sia appetibile come un cinepanettone. Ma, a parte il suo contenuto, è anche spettacolare, in Polonia è stato visto da 3 milioni e 600 mila spettatori». Wajda, classe 1926, accetta di parlare da Varsavia per la prima volta del suo ultimo lavoro divenuto un caso internazionale. Non è sorpreso. Perché il suo film stenta ad affermarsi? «La prima colpa è la mancanza di una competenza professionale nella distribuzione cinematografica da parte del proprietario dei diritti mondiali della pellicola, e cioè la televisione pubblica polacca TVP, che ha venduto il film senza nessuna conoscenza del mercato. Ci sono poi tutte quelle azioni intraprese per rendere più difficile la distribuzione per il soggetto scomodo, e anche qui la tv polacca non è senza colpe. Infine sugli schermi italiani i film stranieri vengono doppiati, la versione con i sottotitoli toglie al mio film la possibilità di una distribuzione più vasta perché non ci sono i mezzi finanziari adeguati. Forse non è il motivo più importante, ma è sufficiente perché Katyn non appaia sugli schermi italiani. Voglio ringraziare il Corriere, l’articolo di lunedì scorso sul boicottaggio in Italia ha avuto ampia eco sui giornali polacchi, siamo molto sensibili alla parola “censura”. In Russia c’è stato un boicottaggio più grave: politico. Il film viene comprato da chi in realtà ha interesse a farlo sparire, sia in Russia che negli Usa. Nel contratto hanno scritto che si poteva fallire per ragioni politiche. Dopo l’ammissione di Gorbaciov, non è un mistero che Putin stia ritrattando il crimine di Stalin, tuttora venerato, al primo posto tra gli eroi nazionali».
Tra gli ufficiali trucidati con un colpo alla nuca nel bosco della Bielorussia c’era anche suo padre… «Sì, Jacob Wajda, capitano del 72˚reggimento fanteria. Sono stato a Mosca, il procuratore generale mi ha risposto che non esiste una sola carta. In Polonia c’è stato un risveglio di orgoglio nazionale per questa ferita che rimane aperta. Nei tribunali di Mosca stagnano molte cause dei discendenti delle vittime che cercano delle risposte. Mosca o non risponde o dice che non esistono prove. Al centro del mio film non ci sono gli ufficiali assassinati ma le donne che hanno aspettato il loro ritorno: ogni giorno, ogni ora». L’Occidente come si è comportato? «Non aveva interesse a irritare Mosca, non era interessato a smascherare il crimine di Katyn per non alterare gli equilibri internazionali. Non c’è stata possibilità di realizzare questo film fino al 1989, con la caduta del Muro di Berlino. Ma non voglio che quegli ufficiali muoiano per la seconda volta. Nella capitale russa hanno fatto sparire perfino le copie pirata su dvd. Ho capito l’importanza del mio film nell’unica proiezione a Mosca, 1000 cittadini russi invitati all’ambasciata polacca. Alla fine, dopo un lungo silenzio, si sono alzati in piedi e hanno applaudito. Per favore lo scriva, fatelo sapere in Italia. Questo film non è uno strumento politico ma un obbligo morale verso i miei genitori». Ma si può boicottare la Storia?

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Domenica 8 Marzo, attorno alle ore 18:00, è stato compiuto un grave attentato contro la sede di Nuova Destra Sociale a Castelvolturno (Caserta), in Via Fiume Oglio. Un’automobile (una Fiat Panda bifuel), poi risultata rubata, è stata posteggiata davanti al portone della nostra sede e subito cosparsa di benzina e data alle fiamme da ignoti che si sono dati alla fuga, con l’evidente intento di fare esplodere il serbatoio del metano. Fortunatamente il serbatoio non è esploso e le fiamme sono state rapidamente domate, anche grazie al tempestivo intervento di alcuni nostri militanti.
L’attentato, se fosse riuscito, avrebbe potuto avere conseguenze devastanti e causare morti e feriti e coinvolgere non soltanto la nostra sede, ma anche eventuali passanti, data l’esigua larghezza della strada.
Le Forze dell’Ordine stanno indagando per identificare i responsabili.
Singolare il fatto che l’attentato sia avvenuto all’indomani della visita del nostro Segretario Nazionale Luca Monti, che in tale sede aveva presieduto il pomeriggio precedente una riunione del direttivo regionale campano di NDS, finalizzato alla presentazione della candidatura a Sindaco di Pozzuoli della nostra militante Giulia Jendoubi. Giulia Jendoubi è una valente giornalista e opera da anni nel sociale, in particolare nel campo dell’assistenza legale delle donne vittime di violenza.
Riteniamo inoltre che la data dell’attentato, l’8 Marzo (festa della donna) non sia stata scelta a caso e che l’attentato volesse essere un “avvertimento” intimidatorio proprio a Giulia Jendoubi, la cui candidatura a Sindaco di Pozzuoli deve avere in qualche modo dato fastidio a certi “poteri forti” da lei più volte denunciati con scomode inchieste sulle pagine dei giornali.
La Direzione Nazionale di Nuova Destra Sociale esprime piena solidarietà a tutti i Camerati della sezione di Castelvolturno e, in particolare, a Giulia Jendoubi, alla quale rinnoviamo piena fiducia e sostegno per la sua candidatura alle prossime amministrative di Giugno. Se qualcuno pensa, con le intimidazioni e con la violenza, di fermare le battaglie di Nuova Destra Sociale in una provincia difficile come quella di Caserta, dove ancora forti sono il degrado e l’illegalità, si sbaglia di grosso. Questo attentato, anzi, rafforza ancora di più la nostra convinzione di avere intrapreso una strada giusta e nessuno potrà farci tornare indietro.
Nuova Destra Sociale
La Direzione Nazionale
9 Marzo 2009.
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sabato, 07 marzo 2009

MENTRE LA CASTA DEI POLITICI SI INGRASSA  ,GLI ITALIANI SOFFRONO:

Chioggia. Pescatore in crisi ruba
i pannolini: «Non ho soldi per comprarli»

libroLaCasta
di Marco Biolcati
CHIOGGIA (7 marzo) - Non aveva i soldi per mangiare e per comperare i pannolini ai suoi due bambini e così un 25enne pescatore di Chioggia, M.C. le sue iniziali, ha provato a rubarli mercoledì mattina al supermercato “Lidl” di Sottomarina. Il giovane ha girato senza dare nell’occhio tra gli scaffali, poi quando è stato sicuro di non essere osservato, ha tirato fuori dalla tasca una busta di cartone e l’ha riempita con generi alimentari di prima necessità e con i pannolini per i suoi due bambini piccoli.

Dopo aver preso tutto quello che gli serviva, ha messo la busta vicino all’uscita e ha passato senza problemi i controlli mostrando alla cassiera di non avere niente in mano.

Al lavoro però c’era il personale antitaccheggio del supermercato che si è accorto degli strani movimenti fatti dal 25enne. Quella busta di cartone messa lì per terra ha destato subito dei sospetti e quando M.C. l’ha ripresa in mano per portarla fuori dal supermercato è scattato l’intervento. Il personale lo ha fermato e convinto a restituire la refurtiva, del valore di circa 80 euro, dopodiché ha chiamato i carabinieri.

Una gazzella è arrivata sul posto e ha prelevato il giovane portandolo alla vicina caserma. M.C. ha subito ammesso le sue colpe. «Non avevo i soldi per comprare i pannolini», ha spiegato ai militari.

Tecnicamente si trattava di un furto in flagranza di reato ma poiché il bottino era davvero esiguo e il 25enne chioggiotto non aveva particolari precedenti penali se non riconducibili alla propria attività di pesca, il pubblico ministero ha deciso di evitargli il carcere e di denunciarlo a piede libero. Il 25enne è così potuto tornare dalla sua famiglia, senza i pannolini, ma con la consapevolezza di averla scampata bella.

Sullo sfondo della vicenda rimane comunque il dramma sociale che stanno vivendo numerose famiglie di pescatori a causa della mancanza di lavoro e della crisi che ormai comincia ad avvertirsi sempre di più in tutti i settori lavorativi. 
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venerdì, 06 marzo 2009

L ODIO SLAVO -COMUNISTA CONTINUA
20090306_foibeTRIESTE (6 marzo) - Sono stati accolti con slogan e insulti da un gruppo di nostalgici di Tito con tanto di tricolore con la stella rossa e i simboli dei partigiani titini.
 Nel mirino, come racconta Fausto Bilolasvo in un articolo pubblicato dal sito internet del Giornale,  un gruppo di esuli istriani, fiumani e dalmati che ieri mattina avrebbe voluto deporre una corona di fiori su una foiba a 12 chilometri da Trieste, nei pressi del paese sloveno di Lokev.
Accolti al grido di «Berlusconi fascista», gli esuli hanno dovuto fare marcia indietro senza poter raggiungere la foiba.
 L’anno prima la commemorazione era stata bloccata e multata dalla polizia slovena perché mancavano le autorizzazioni. «Questa volta avevamo 36 pagine di permessi ottenuti grazie al consolato italiano a Capodistria. Tutto in regola, ma è servito a ben poco», spiega Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli istriani che ha organizzato l’evento.

Gli esuli, circa una settantina giunti in pullman da Trieste, si erano incamminati a piedi a causa di un divieto di transito istituito per l'occasione. Improvvisamente sono iniziati gli slogan e i canti partigiani, fino a quando il gruppo si è trovato di fronte un gruppo di nostalgici titini con intenzioni chiaramente bellicose. Urlavano: «Morte al fascimo, libertà al popolo». Appurato che gli esagitati cercavano lo scontro fisico  - scrive Giornale.it - agli esuli non è restato altro da fare che tornare indietro.
E LE NOSTRE AUTORITA PERCHE NON INTERVENGONO?SONO TROPPO OCCUPATE NEL DIMINUIRSI IL PREZZO DEL PRANZO AL SENATO O NEL INSABBIARE QUALCHE NUOVA RUBERIA?
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mercoledì, 04 marzo 2009

Slogan e pugni chiusi durante processo76161f6e199c9a27400ebf8f4a99eb90Gli imputati nel processo a carico delle "nuove Br" a Milano hanno gridato in coro, dalle gabbie del tribunale, slogan contro "l'imperialismo e il fascismo" e a sostegno della "lotta di classe e la rivoluzione", accompagnando i cori con i pugni chiusi. Nella protesta sono stati seguiti da parenti e amici che assistevano all'audizione in aula. Sono accusati per aver commesso un attentato incendiario a una sede di Forza Nuova a Padova.

Al processo, davanti ai giudici della prima Corte d'Assise, nel suo intervento, il pm Bocassini ha, tra l'altro, ricordato che il professor Pietro Ichino era uno degli obiettivi della formazione eversiva. Stando ad alcune intercettazioni ambientali, gli indagati fanno riferimento allo stile di vita del giuslavorista e si scambiano informazioni tutte, secondo il pubblico ministero, finalizzate ad un "unico tragico obiettivo".

Il Pm Ilda Boccassini prima di quantificare le sue richieste di pena per i presunti 17 appartenenti alle cosiddette Nuove Br, ha detto che "l'unica soddisfazione di queste indagini e' che sono stati fermati"."Non nel tentativo di ricreare gli anni di piombo - ha aggiunto Ilda Boccassini - perché nessuna persona intelligente potrebbe pensarlo. Sono pero' caduti Massimo D'Antona e Marco Biagi, e siamo certi che se non fossero stati fermati ci sarebbero state altre vittime".

La richiesta di condanne.
Una condanna a 22 anni di reclusione è stata chiesta per Davide Bortolato e Claudio Latino, due dei leader del Partito Comunista Politico-Militare. Per Vincenzo Sisi, invece, sono stati chiesti 21 anni; 20 anni per Bruno Ghirardi e 19 anni per Alfredo Davanzo, il presunto ideologo del gruppo. Per Massimiliano Gaeta la condanna richiesta e' di 18 anni di reclusione, mentre per Massimiliano Toschi, 15 anni. Nove anni invece per Salvatore Scivoli, 7 anni per Alfredo Mazzamauro, 7 anni per Andrea Scantamburlo, 6 anni per Amarilli Caprio, Michele Magon e Federico Salotto, 6 anni e 8 mesi per Alessandro Toschi, 5 anni per Davide Rotondi e 2 anni per Giampietro Simonetto. Per Andrea Tonello sei anni e sei mesi di reclusione.

Al temrine della requisitoria del Pm in aula è stata bagarre. Ad inscenare la protesta sono stati soprattutto parenti ed amici degli imputati che hanno urlato ripetamente "vergogna" all'indirizzo della Bocassini che lasciava l'aula. Poi la vrabbia a suon di slogan: "Ora, ora, potere a chi lavora" e "ora e sempre resistenza
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martedì, 03 marzo 2009

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Forse la grande stampa non ne ha parlato; ma in Slovenia non è stato possibile portare una corona di fiori ad una foiba perchè i nostalgici del comunismo lo hanno impedito: fra le bandiere jugoslave e slovene anche bandiere tricolori con la stella rossa.
Notare bene che nelle foibe della parte slovena ci sono finiti dentro anche migliaia di sloveni anticomunisti, ustascia, tedeschi etc.

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lunedì, 02 marzo 2009

CAOS RIVOLTA
Giovani (dei centri sociali)bastonano marocchino fuori del Rivolta
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(r.i.) Notte movimentata al centro sociale Rivolta di via Fratelli Bandiera a Marghera. Un concerto eccessivo ha mandato su tutte le furie il vicinato. Numerose le telefonate giunte per l’intera notte tra sabato e domenica alla Questura da parte di cittadini che lamentavano un gran chiasso e l’impossibilità di chiudere occhio. In realtà la musica e il frastuono assordante sono durati fino alle cinque del mattino di domenica. Un eccesso di entusiasmo per uno dei concerti che solitamente vengono ospitati all’interno del centro sociale durante i fine settimana. La volante della polizia era andata anche a perlustrare la zona riscontrando gran confusione.
      Ad un certo punto però, sempre nella notte tra sabato e domenica, la polizia ha ricevuto anche la telefonata di un cittadino marocchino che diceva che una "ronda" formata dai frequentatori del Rivolta lo stava inseguendo e bastonando. La volante giunta sul posto ha quindi sorpreso un gruppo di giovani con tanto di bastoni alla mano che stavo rincorrendo il marocchino. Una volta vista l’auto della polizia gli aggressori sono scappati intrufolandosi all’interno del centro Rivolta facendo perdere in un istante le proprie tracce.
      Il marocchino sanguinante è stato quindi avvicinato dalla polizia. L’uomo ha raccontato di essere stato rincorso e violentemente picchiato dai frequentatori del centro sociale Rivolta. Lo straniero aveva nel volto i segni evidenti di un pestaggio con il setto nasale rotto e diverse ferite che sanguinavano. Gli agenti hanno quindi invitato l’aggredito a fare denuncia contro i propri aggressori. Ma l’uomo si è rifiutato. Non solo, non ha nemmeno accettato di essere trasportato all’ospedale per la medicazione delle ferite e per verificare che non ci fossero lesioni gravi subite durante il pestaggio di gruppo che aveva poco prima subito. Ma non c’è stato modo di convincerlo. Il marocchino è un volto noto alle forze dell’ordine. Ha infatti numerosi precedenti anche legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. Non è da escludere quindi che la violenta aggressione subita sabato notte sia dovuta a questioni legate alla droga.
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