martedì 22 novembre 2011

ETTORE MUTI

 
 
 
 Ettore Muti nasce a Ravenna il 22 Maggio del 1902. Non ancora maggiorenne, nel corso della prima guerra mondiale si arruola tra gli arditi. Finita la prima guerra mondiale, partecipa con D' Annunzio all' impresa fiumana e sarà proprio lo stesso a dargli il... nome di: "Gim dagli occhi verdi". Dopo Fiume diventa uno dei principali esponenti del movimento fascista nella provincia di Ravenna. La sua vita è tutta un susseguirsi di aneddoti. Famoso resta quello che la vede dare due sberle ad un inglese che aveva parlato male della Regia Aeronautica. Da ufficiale pilota partecipa alla guerra d’Abissina e poi alla guerra di Spagna. Nel 1939 viene nominato segretario del Partito Nazionale Fascista, carica che lasciò nel 1940. Allo scoppio della seconda guerra mondiale è al comando del 41° Gruppo da Bombardamento, con il quale esegue imprese memorabili. Verrà assassinato nella pineta di Fregene nella notte tra il 23 e il 24 Agosto 1943, ucciso da un reparto di carabinieri che era andato per arrestarlo. Al momento della sua uccisione riveste il grado di Colonnello. Sul medagliere che seguirà il feretro saranno esposte tutte le sue numerose decorazioni, tra le quali la massima decorazione al Valor Militare, la medaglia d’oro al V. M Prima di essere barbaramente ucciso da un colpo vigliacco alla nuca nell'estate '43, è stato il vero ultimo eroe della storia militare e rivoluzionaria Italiana, alla faccia di chi la storia non la vuole insegnare, propinandoci solo miti esotici alla Cheguevara. Ettore Muti è stato un giovane che si era ribellato, come altri suoi coetanei, alla standardizzazione del sistema e che, come pochi anni fa cantava Lucio Battisti, si è sentito libero di rifiutare le "ideologie alla moda" che nell'inizio secolo erano dettate dai grandi stati conservatori centrali: per Muti ed i suoi compagni solo l'uomo contava e non il blasone che lo rappresentava. Muti è stato un simbolo in quell'Italia di prima metà del secolo, che in pochi anni ha saputo ricostruire un paese arretrato e privato della sua personalità dai troppi colonizzatori, un'Italia che in quegli anni ha saputo esprimere il meglio della propria cultura di antiche tradizioni. Certo molti Italiani già possedevano quei valori nel loro patrimonio, ma Muti è stato il sublime esemplare di eroe senza macchia e senza paura, pronto sia a difendere la libertà deI popolo, che a sviluppare il moderno pensiero social-futurista nato tra gli arditi del D'Annunzio e sviluppato da sindacalisti come Corridoni o politici come Mussolini. Muti era affascinato dalla rivoluzione, fosse essa da rivendicare in Spagna come in Somalia, in Italia come in Anatolia. Ettore Muti SIGNORI, a sedici anni già si trovava a difendere l'Italia combattendo nei reparti d'assalto della prima guerra mondiale, mentre a quasi venti lottava da veterano a fianco del D'Annunzio per il diritto di Fiume ad essere una libera città. Muti fu glorioso negli innumerevoli duelli vinti nei celi di mezzo mondo............resta infatti famosa la battaglia di Alcazar, combattuta solo contro 18 caccia nemici, mandati tutti in fuga dopo averne abbattuto più d'uno. Muti, anche dopo la sua morte, è stato il simbolo di quei giovani da poco diciottenni che, dopo il 1943 hanno preferito una morte onorevole, difendendo, con la divisa della Repubblica Sociale Italiana o con quella della Xa MAS i confini della patria dal tradimento dei savoia, fuggiti a Napoli dopo aver lasciato l'Italia nel caos, tra i tedeschi che sentendosi traditi e braccati schiacciavano la popolazione da una parte e con la forza sovrastante dell'esercito Slavo e Sovietico che premevano per annettersi la Venezia Giulia dall'altra parte. Anche a loro memoria, senza voler dare giudizi politici alle loro gesta, è dedicata la storia narrata in questa paginaMuti, nel suo essere soldato, cavaliere e rivoluzionario, non ha avuto mai paura di immolarsi per i suoi fratelli italiani; egli era e spero resterà per chi avrà la fortuna di conoscerne la storia, il simbolo di un'Italia che, in un breve arco di tempo, come una folgore nella sua millenaria storia, ha segnato indelebilmente la coscienza ed i cuori di un popolo forte e geniale; un popolo che, alle soglie del duemila, ha ancora bisogno di riconoscersi, per potersi criticare liberamente, sia nelle sue pagine più gloriose, come in quelle più tristi.... un popolo che non può non ricercare in quegli ideali l'energia per ribellarsi a quella morte lenta, chiamata "normalizzazione".  

Ettore Muti, soprannominato « Gim dagli occhi verdi ».
(Ravenna, 22 maggio 1902 – Fregene, 24 agosto 1943), è stato un militare, aviatore e politico italiano. Partecipò alle azioni delle squadre d'azione, ricoprendo numerose cariche tra cui quella di segretario del Partito Nazionale Fascista distinguendosi per la sua spericolatezza in numerose operazioni militari. 
  
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martedì, 23 agosto 2011


INTERVISTA ESCLUSIVA AD ENZO TRANTINO SULLA STRAGE DI BOLOGNA. “LA PISTA PALESTINESE ERA NOTA DA TEMPO” 

 
Per le famiglie coinvolte e straziate dal dolore il tempo s’è fermato alle 10:25 del 2 agosto del 1980. A Bologna vengono spezzate 85 vite in un attentato terroristico ancora senza colpevoli, con tante accuse e pochissime certezze. Una verità che in tanti hanno cercato dentro e fuori le aule dei tribunali, una verità di cui ancora oggi non si ha traccia.
Ne abbiamo parlato al telefono stamattina con l’avv. Enzo Trantino, penalista di fama mondiale, che durante il processo d’appello difese le posizioni di Massimiliano Fachini, accusato di essere fra i responsabili della strage; uno dei tanto temuti terroristi neri. Con la signorilità che lo contraddistingue l’avv. Trantino ha accettato di rispondere alle nostre domande.
Si aspettava una svolta palestinese nelle indagini? Quanto la sorprende ciò, se la sorprende?
Non può mai sorprendermi perché sono fatti che io conoscevo per avere vissuto il processo quale difensore di Massimiliano Fachini, da me assistito in grado d’appello, dopo che in primo grado era stato colpito da un ingiusto ergastolo. Dico ingiusto perché il grado d’appello s’è risolto favorevolmente a lui, dei quattro imputati (Fioravanti, Mambro, Picciafuoco e Fachini) fu l’unico assolto. Il procuratore generale Quadrini ricorse in Cassazione, contro la sentenza del saggio Presidente Iannaccone, ma la Cassazione confermò l’impianto assolutorio e respinse il ricorso.
In quella occasione- prosegue Trantino - iniziarono a profilarsi piste diverse. Successivamente nel tempo apparve il triangolo della morte, e cioè Carlos, Kram (per i palestinesi) e Margot, che sarebbe stata l’amante dello stesso. La Margot che venne sorpresa, addirittura, in una stazione aeroportuale con una valigia di esplosivo. Stranamente la questione andò in fumo, perché la stessa era a piede libero, tanto a piede libero che il giorno della strage i tre erano a Bologna e non a Rimini. Una tedesca, i palestinesi e Carlos, un uomo senza origini nel senso era un venezuelano di nascita, ma si era trovato laddove occorreva la violenza, quella internazionale, quella tosta, dura. Si trovarono, appunto, tutti e tre stranamente a Bologna. E’ chiaro che il fatto colpì molto, in quanto non si trattava di semplici turisti, ma di terroristi con una storia piuttosto pesante a loro carico. La questione venne segnalata, ma inutilmente.
Io faccio il tecnico e dico che è una sentenza piena di buchi, onoro la vita spezzata di tanti innocenti vittime, ma nello stesso tempo affermo che il fatto prevalente era la verità, e credo che i familiari delle vittime avevano anche un dovere, oltre che quello di pietà e di affetti, e cioè fare di tutto per l’accertamento della verità. Ma la verità in quel momento poteva dispiacere a qualcuno, ne esisteva già una confezionata.

 
Erano momenti difficili, si dava la caccia al cosiddetto fascista, tanto che ucciderlo non costituiva reato, e quindi tutto combaciò con quella che era la pace delle attese. Quando allora spuntarono questi tre nomi, soltanto un indagatore dal fiuto acutissimo qual è l’attuale prefetto Gianni De Gennaro, utilizzò l’informativa per trasmetterla alla Procura della Repubblica di Bologna, la quale fu tutt’altro che attiva nello svolgere indagini capillari, mosse qualche foglia ed il resto venne sepolto nella polvere”.
Ma durante la fase processuale ha avuto la sensazione che tale pista non fosse gradita?
Certamente non era gradita all’opinione pubblica. Devo dire invece che l’accertamento giudiziario si svolse in assoluta serenità per quanto riguarda la posizione di Fachini. Quella di Fioravanti e di Mambro (perché poi Picciafuoco fu assolto) presentava tante discontinuità con la versione originaria e, soprattutto, tanti buchi neri che bisognava veramente chiudere gli occhi per acquietarsi davanti ad una sentenza di condanna. Ricordo che mi colpì molto quello che i due dissero davanti al presidente della corte d’assise d’appello: noi abbiamo commesso degli errori gravi, siamo responsabili di sangue innocente, che non rivendichiamo, perché quello era un momento di follia. Abbiamo ammesso le nostre responsabilità, ma nessuno può addebitarci quello che non è nostro.
Addirittura si pensò che fosse un delitto commissionato. Non dimenticherò mai quando la Mambro puntò gli occhi sul presidente e disse: nessuno si permetta di dire che noi uccidiamo per soldi. Noi abbiamo fatto errori per le idee, sbagliate o giuste che fossero, però in questa vicenda siamo del tutto estranei.
Hanno ribadito fino all’ultimo questa loro estraneità, estraneità che evidentemente ha bisogno di accertamenti, ma se l’estraneità ha bisogno di accertamenti ancor di più la colpevolezza. Sul piano della colpevolezza, però, allora ci fu una specie di linea rossa che seguì l’intera vicenda, si pensò subito che il teorema dell’accusa era quello che andava confortato da una sentenza di condanna e ciò avvenne. Ci fu una corsa a fornire delle verità, contrastanti l’una con l’altra ed è chiaro che se esistono più verità non esiste una verità. Sarebbe bastato questo per far riflettere prima di mettere di mettere una lapide sulla sentenza , perché di questo si trattò. Ma credo che quella sentenza abbia bisogno oggi di una rivisitazione. Quando il povero Enzo Fragalà nella commissione Mitrokhin, portò avanti questa vicenda ci fu un brivido per le istituzioni, perché non erano voci raccogliticce, ma fatti concatenati l’uno all’altro. Io oso dire una cosa che indubbiamente ha bisogno di essere raffreddata poi nei confronti: era più suggestiva la versione dei tre terroristi di quanto non fosse quella di Mambro e Fioravanti”.
Ripartendo dal rispetto per le vittime di quel disgraziato giorno, cosa pensa dell’atteggiamento di Paolo Bolognesi, il quale si ostina a difendere una verità e non la verità?
Ascolti, c’è da fare una distinzione. Paolo Bolognesi è una parte dolente della vicenda. Credo che il morso del dolore non vada molto d’accordo con la ragione. Quindi non posso permettermi di sindacare sui sentimenti di Paolo Bolognesi. Ma il giudice non deve avere sentimenti, deve giudicare con la ragione”.
E’ ancora convinto dell’innocenza di Fioravanti e Mambro? Perché a suo dire sono gli unici condannati con sentenza definitiva, nonostante le incongruenze processuali?
“I due sono rimasti impigliati nella trappola della cattiva letteratura giudiziaria di cui godevano. Siccome erano stati coinvolti in diversi episodi, fu facile puntare l’indice sui chiacchierati che divennero responsabili. Non si trattava di soggetti al di là di ogni sospetto, ma dal sospetto alla prova il passo è lungo, e nel caso di specie i due finirono per deduzioni, quasi per automatismo. Così crearono questo pacchetto di colpevoli in offerta speciale”.
C’è chi, nonostante tutto continua ad affermare pubblicamente di non credere alla pista palestinese.
“Io non posso impedire agli altri di pensare in modo diverso. Né sono un presuntuoso che vuole uccidere la cosiddetta verità. Sostengo che nel processo penale la verità non esista, nel processo penale esiste la certezza. In termini di certezza il processo di Bologna ancora ha da rispondere a tanti quesiti che non portano alla responsabilità dei condannati”.
Ma questo accadrà mai? Le 85 vittime potranno un giorno avere pace?

“Neppure Nostro Signore seppe rispondere a cosa fosse la verità quando gli fu chiesto da Pilato, ma non perché non avesse la capacità di rispondere, bensì perché è immensa, infinita e sfugge ad ogni catalogazione, perché ha tante pieghe. Ma siccome ogni fatto giudiziario deve essere concluso con una sentenza di assoluzione o di condanna, e dato che nel processo penale, come detto prima c’è bisogno di certezze, dove non esiste certezza c’è il dubbio. Bastava questo per chiudere la vicenda con un’assoluzione per insufficienza di prove, formula allora prevista. Ci fu una corsa verso il risultato. Li più che la caccia occorreva la preda e la preda ha preceduto la caccia”.
http://www.meridianamagazine.org/20110822/intervista-esclusiva-ad-enzo-trantino-sulla-strage-di-bologna-%e2%80%9cla-pista-palestinese-era-nota-da-tempo%e2%80%9d/#.TlLMxdWnN_M.facebook
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lunedì, 22 agosto 2011



 Fiamma Futura Vicenza





Irritato da un Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che rinuncia all’aumento della sua indennità per “dare l’esempio nel quadro della riduzione dei costi della politica”, ma mi pare debba ancora chiarire una “vecchia storia” relativa ai rimborsi aerei per i parlamentari europei (ha trascorso ben 8 anni a Strasburgo, 1989-1992 e 1999-2004) [sebbene sia in tedesco, tutto è molto ben comprensibile nel seguente video
http://www.youtube.com/watch?v=8L-e5Cvm-wQ]; annoiato dalla faccia tosta di chi alla mattina sostiene che il Governo Italiano sia commissariato dalla Banca Centrale Europea (BCE) (fatto incontrovertibile dal 1992, ovvero dalla firma del Trattato di Maastricht…) e alla sera ripete ossessivamente che Berlusconi è un “dittatore fascista che tutto muove e tutto controlla” (??!!), torno a parlare di IMMIGRAZIONE TERZOMONDISTA, ovvero della conseguenza della plutocrazia capitalista e, allo stesso tempo, della causa della nostra perenne schiavitù ai “Grandi Sacerdoti del Dio Denaro”… E ne parlo chiedendo al Governo Berlusconi, ed in particolare al Ministro degli Interni Roberto Maroni, ad Umberto Bossi e tutta la dirigenza (sin troppo) istituzionalizzata della Lega Nord di smetterla di bluffare, di prendere in giro gli Italiani con promesse da “pataccari”! Certo, prima che la Lega andasse al Governo era vanto dei padani l’essere “gente del fare”, ma ora, di fronte al lassismo del Carroccio, il Nord rischia di perdere anche questa virtù… Sono proprio curioso di vedere se a Venezia saranno tutti “allineati e coperti”, o qualcuno si risveglierà dal torpore e chiederà il conto ai propri “Capi”…


Tre sono i fatti che vorrei evidenziare.


<>1)Come già sottolineato più volte in passato, nonostante nel 2009 la Lega abbia tappezzato la Padania con il manifesto “Abbiamo fermato l’invasione!”, gli sbarchi sull’isola di Lampedusa proseguono senza sosta (2.500 persone solo nel ponte di Ferragosto), con arrivi continui da tutto il Maghreb, in particolare da Tunisia e Libia. Di fronte a tale situazione le giustificazioni filo-leghiste sono le più svariate. Si dice che l’accordo con la Tunisia prevede il rimpatrio immediato dei clandestini, ma la pratica è molto più macchinosa (vedi per esempio l’articolo sul sito http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/13/lo-strano-accordo-con-tunisii-voli-non-partono-piu/110868/): i viaggi di ritorno riguardano pochissime decine di unità contro le migliaia di arrivi e poi, una volta a Tunisi, non c’è alcun controllo, alcuna detenzione e ritentano subito la traversata in barba ai presunti “patti internazionali”… Per la Libia, invece, secondo Bossi&Co. tutto è provocato da un conflitto che il Carroccio ha sempre osteggiato. Vero in parte, però il passaggio dal “blocco totale” al permesso di soggiorno semestrale perché “profughi di guerra” (con vitto e alloggio sempre rigorosamente a carico del contribuente italiano) rimane comunque un bel salto… Quale credibilità può ancora avere un Movimento che mantiene in piedi un Governo che fa guerre non condivise e, nonostante questo, non riesce nemmeno ad ottenere nulla di restrittivo in cambio?


<>2)Ma la situazione più demenziale non è tanto quella degli sbarchi, mediaticamente molto pompati ma poco rilevanti nell’aumento percentuale degli allogeni. La parte preponderante degl’ingressi è regolare, regolarissima, e ruota attorno ai cosiddettiricongiungimenti familiari, strumento ritenuto utile per l’”integrazione” ma che in realtà si sta rivelando il miglior grimaldello con cui scardinare la nostra società. Su questo fronte nessuna limitazione, nessun intervento. Badanti regolarizzate da sanatoria e, magari, mariti spacciatori regolari, appollaiati tutto il giorno sulle panchine o nei bar delle nostre città: tutto normale per Berlusconi, Maroni, Bossi e compagnia cantante…


<>3)Inoltre, i provvedimenti messi in campo dal Ministro Maroni hanno il sapore della “beffa”. Un paio di settimane fa è stato convertito in Legge il celeberrimo “Decreto sul rimpatrio dei clandestini”. Qui è prevista l’espulsione immediata degli immigrati irregolari considerati “pericolosi” (chi decide se sono “pericolosi”? La solita Magistratura fiancheggiatrice dell’invasione terzomondista? Mah…). Di più, si aumenta la permanenza nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) da 6 a 18 mesi, e passa da 5 a 7 giorni il termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del Questore se non è possibile l’ingresso nei Centri: ASSURDO!!! Si prolunga la sosta nei CIE, non s’investe un euro nella costruzione di altri Centri e, se non c’è posto, si consegna al clandestino il solito “foglio di via” che verrà regolarmente cestinato o accumulato insieme alle altre intimazioni-carta straccia… Insomma, concretezza zero. Solo fumo, niente arrosto…


Ma si può continuare a far finta di decidere di fronte ad una situazione che rischia ben presto di esplodere (come in Inghilterra), soprattutto in piena crisi economica? IO CREDO PROPRIO DI NO!


Non ci si può accontentare delle uscite inconcludenti di Mario Borghezio!Sembra quasi che la Lega, incapace di ottenere risultati reali, abbia deciso di affidarsi esclusivamente alla sua “estrosità”… Per guadagnarsi un altro po’ di pubblicità ha dichiarato di “condividere molte idee” di Anders Behring Breivik, quel pazzo norvegese anti-hitleriano (anche se i mass-media lo etichettano come “neonazista”…??!!) e filo-sionista che in luglio ha ucciso 77 suoi connazionali in circostanze tuttora poco chiare. Borghezio condivide anche l’invito del Breivik a studiare il Risorgimento italiano (che fu un vasto movimento di rinascita nazionale e non il complotto di una piccola elite,come dicono i libri) e unalleanza fra la destra aristocratica (il conte di Cavour e re Vittorio Emanuele) e la Sinistra rivoluzionaria (Garibaldi)?


Non si può continuare con i Roberto Calderoli, ospite a fine luglio della tradizionale festa leghista di Marina di Ravenna! Qui, oltre a promettere di portare in Romagna il Ministero del Turismo (Forza Brambilla!), ha affermato: “Mi girano le scatole quando penso che, in Italia, c’è una legge sull’immigrazione che porta anche il nome di Fini, e ora, lo stesso Fini, chiede di dare il voto agli immigrati”… Della serie: “Facile sparare contro la Croce Rossa”… Kippà Fini è scomparso da mesi nel nulla (come merita), ma “il dentista di Bergamo” cosa aspetta a cambiare la normativa? Il consenso dei suoi amici Pierluigi Bersani e Vasco Errani?


E poi non si può continuare, ad ogni manovra finanziaria, a drenare sempre denaro dalle solite tasche, prospettando addirittura un aumento dell’IVA (dov’è finito il vecchio e sano principio liberale del “pagare meno per pagare tutti”?). La Caritas Italianaha stimato in circa 10 miliardi di euro annui la spesa pubblica a sostegno degli extracomunitari: 2,8 miliardi per la sanità, 2,8 miliardi per la scuola, 450 milioni per i servizi sociali comunali, 400 milioni per la casa, 2 miliardi per il settore giustizia (tribunali e carceri), 500 milioni per gli aspetti di competenza del Ministero dell’Interno (ordine pubblico, CIE,…), 1 miliardo per la previdenza (assegni familiari e pensioni). Valori, a mio parere, addirittura approssimati per difetto. MA PERCHÉ NESSUNO CERCA DI RIDURRE QUESTE USCITE (dichiaratamente autolesionistiche)? Lo si fa indirettamente tagliando agli Enti locali, “a macchia di leopardo”? Se anche fosse (ma non credo), gli elettori del centro-destra emiliano-romagnoli non penso ringrazino il Cavaliere e il Senatur…


Da ultimo, purtroppo, non si può continuare ad avere una destra politica extra-parlamentare (boccheggiante e confinata al Sud Italia) silente di fronte al “fancazzismo” leghista sull’immigrazione! Sadomasochismo allo stato puro…


Nonostante tutto, comunque, noi continueremo ad esserci e lottare!


 


Distinti saluti


 


FEDERICO PATTUELLI


Consigliere Comunale della “Lista Pattuelli-Mercato Coperto” ad Alfonsine (RA)


Progetto Nazionale Ravenna




 

 
 
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giovedì, 11 agosto 2011

 

Trieste, la sinistra calpesta la memoria d'Italia Celebrate davanti al Comune le nozze "titine" 
 

Trieste - Un matrimonio dal nostalgico sapore «titino» ci mancava a Trieste, dove le ferite della storia non riescono mai a rimarginarsi del tutto. Per i due novelli sposi, davanti al municipio, proprio in piazza Unità d’Italia, sono spuntati una bandiera della vecchia Jugoslavia di Tito, il tricolore con la stella rossa e cori dei partigiani che occuparono il capoluogo giuliano per 40 dannati giorni nel 1945. Nel «folcloristico» salto indietro nel tempo è spuntato, sembra per caso, il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini a fare gli auguri. La sua giunta di centrosinistra si è insediata da poco più di un mese.
La storiella delle nozze «titine» è saltata fuori ieri sulle colonne del Piccolo, il quotidiano di Trieste. Il 16 luglio si sposano Igor Pauletic e Larissa Issaeva. Lui è il presidente e voce solista del Coro partigiano Pinko Tomazic, intitolato ad un comunista sloveno fucilato sul Carso triestino durante il fascismo. Lei è una docente russa d’inglese, nata a Togliattigrad. A suggellare l’unione in Comune un vecchio amico dello sposo, il consigliere regionale della Sinistra arcobaleno, Igor Kocijancic, storico rappresentante locale di Rifondazione comunista. All’uscita dal municipio scoppia la festa nostalgica fra lo stupore dei passanti. Gli invitati coristi intonano i pezzi forti del loro repertorio: Vstajenje Primorske (Resurrezione del litorale), Trst je naš (Trieste è nostra) e Internacionalo (L’Internazionale).
Qualcuno si è portato una bandiera jugoslava con la stella rossa dei tempi di Tito, infoibatore di migliaia di italiani e la sventola alle spalle degli sposi facendosi immortalare. La foto va a finire su Facebook assieme alle altre del coro che ritraggono pugni chiusi alla fine di un’esibizione e manifestazioni «patriottiche» di giovani con la bustina dei partigiani titini che occuparono Trieste.
«Era una sorpresa dei miei amici. Sono presidente del coro partigiano da 30 anni. Non c’era alcuna intenzione provocatoria e tantomeno di fare una manifestazione politica» spiega a Il Giornale Pauletic, lo sposo. Peccato che il sindaco attratto dall’improvvisato coretto partigiano sia sceso dal suo ufficio in municipio. «Ha detto che aveva sentito cantare e ha voluto dare un’occhiata, a fare gli auguri - racconta lo sposo - non creiamo una tempesta in un bicchier d’acqua».
La foto del sindaco con gli sposi, però, è sparita da Facebook. Alessia Rosolen e Franco Bandelli, due consiglieri di Un’altra Trieste, lista civica di centro destra, hanno stigmatizzato l’episodio. «Invitiamo il sindaco a dissociarsi e a condannare l’episodio. L’esposizione nel cuore della nostra città di simboli che significano migliaia di morti e ferite ancora aperte non possono essere tollerate. Nessuno può pensare di derubricarlo come folclore».
Cosolini, contattato da Il Giornale, commenta così l’episodio delle nozze «titine»: «Quando sono sceso non c’erano né cori né bandiere, che avrei ritenuto per altro inopportune soprattutto per un matrimonio. Ho fatto solo gli auguri».
www.faustobiloslavo.eu
 
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mercoledì, 10 agosto 2011

1944.In memoria degli Italiani che difesero Firenze dagli alleati


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 In ricordo di coloro che difesero Firenze ,ormai sgomberata dai tedeschi,dall'invasione anglo-americana nel 1944.Oltre a militari delle Brigate Nere ,(costituite nel 1944),di cui Pavolini organizzò l'ultima resisenza, anche civili:uomini,donne,bambini,ragazzi e ragazze sparavano sui tetti ,nelle piazze,nelle strade,opponendosi per una settimana all'avanzata degli alleati e dei partigiani.
 
Si era...no scherati dalla parte che per molti è quella del torto,ma certamente mostrarono coraggio e attaccamento alla propria terra.Firenze fu uno dei pochi casi in cui gli Italiani si opposero con onore agli alleati e ai partigiani.
Un ufficiale americano dichiarò a chi gli chiese quale città italiana gli fosse piaciuta di più:
«Firenze, perché è l’unica città dove ho veduto degli italiani che hanno avuto il coraggio di spararci addosso»
Seguivano le fucilazioni di franchi tiratori e franche tiratrici di 15 o 16 anni,che morirono grindando beffardamente "Viva Mussolini!".

Quì di seguito è riportata una canzone degli Amici del Vento,dedicata ad un franco tiratore , un ragazzo che morì in quei giorni a Firenze.


  
LA BALLATA DEL FRANCO TIRATORE

Canzone drammatica di guerra e di amore: racconta un triste momento di guerra civile nella Firenze del ’44.



QUESTA E’ LA BALLATA DI UN FRANCO TIRATORE

CADUTO GIU’ A FIRENZE ,CON UNA PALLA AL CUORE

ERA APRILE,COMINCIAVA PRIMAVERA

L’HANNO BECCATO SUL FARE DELLA SERA


VENT’ANNI,

VENT’ANNI

SON POCHI PER MORIRE


MA E’ MEGLIO CREPARE PER VIVERE

CHE VIVERE PER MORIRE

AVEVA UNA RAGAZZA,UNA RAGAZZA BIONDA

L ’HAN FUCILATA A PONTE VECCHIO


LA’ SULL’ALTRA SPONDA

ADESSO SONO INSIEME,NON SI POSSON PIU’ LASCIARE


E SCIVOLAN PIAN PIANO,NELL’ACQUA VERSO IL MARE
VENT’ANNI

VENT’ANNI

SON POCHI PER MORIRE

MA E’ MEGLIO CREPARE PER VIVERE

CHE VIVERE PER MORIRE

SI TENGONO PER MANO

NON SI VOGLIONO LASCIARE

NEANCHE PIU’ L’INFERNO LI

POTRA’ MAI SEPARARE

HAN PROVATO CON LE BOMBE,

CON LA DISPERAZIONE

NON SI MUORE DI FAME

MA D’UMILIAZIONE

VENT’ANNI

VENT’ANNI

SON POCHI PER MORIRE

MA E’ MEGLIO CREPARE PER VIVERE

CHE VIVERE PER MORIRE

PASSAMI LA MITRAGLIA

PASSA UN CARICATORE

SCAPPA BAMBINA,SCAPPA BAMBINA

IL SANGUE NON DEVE


SPORCARE IL TUO FIORE

IL CIELO E’ TUTTO ROSSO

DI FUOCO E’ IL SUO COLORE

E BRUCIA ANCHE LA VITA DI

CHI CREDE NELL’ONORE

MA LA SULL’ALTRA SPONDA

SI SENTE ANCOR SPARARE

QUALCUNO ANCOR SI BATTE

NON HA VOGLIA DI MOLLARE

VENT’ANNI

VENT’ANNI

 SON POCHI PER MORIRE

MA E’ MEGLIO CREPARE PER VIVERE

CHE VIVERE PER MORIRE .

 
  
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OMICIDIO STRADALE: AL VIA LA RACCOLTA DELLE FIRME 



Se una persona si mette alla guida di un veicolo, nonostante l'assunzione di alcool o droghe, accetta il rischio di provocare un incidente stradale , che potrebbe anche determinare la morte di chi, senza colpa, si trova sulla strada percorsa dall'investitore. Non si può più accettare che chi stronca la vita altrui rimanga sostanzialmente impunito. La proposta di legge di iniziativa popolare, annunciata nella "Gazzetta Ufficiale" n.142 del 21.06.2011, è finalizzata all'introduzione nel sistema penale di nuove specifiche figure di reato, quali l'omicidio, le lesioni e il danneggiamento conseguenti alla guida sotto l'effetto di sostanze alcoliche e stupefacenti. Il disegno di legge prevede pene molto severe, non solo nel caso della morte della persona offesa, ma anche per le lesioni personali o per la messa in pericolo della pubblica incolumità. Chiunque, in stato di ubriachezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, provochi un incidente mortale, dovrà essere condannato ad una pena non inferiore a 10 anni di reclusione, pena che dovrà essere aumentata da un terzo alla metà, ovvero da 13 a 15 anni di reclusione, nel caso in cui la vittima sia un minore degli anni diciotto, una donna in stato di gravidanza, una persona in stato di deficienza psichica o motoria. Stessa pena sarà prevista per chi esercita l'attività di trasporto di cose e persone. A non meno di 21 anni di reclusione dovrà essere condannato chi, provocando l'incidente stradale, ha causato la morte di più persone. La previsione di pene severe determina due importanti conseguenze: potrà applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere, ricorrendo concretamente il pericolo di reiterazione del reato, e non potrà più essere concessa la sospensione condizionale della pena. Niente restituirà ai loro cari le vittime innocenti dello sciagurato comportamento di un conducente ubriaco o drogato, che però pagherà per quello che ha fatto. Dalla prossima settimana, in tutta Italia, "La Destra" inizierà la raccolta delle sottoscrizioni della proposta di legge. La normativa prevede sei mesi di tempo per raccogliere le 50.000 firme necessarie per presentare la proposta al Presidente di una delle due Camere del Parlamento. Mettiamoci tutti al lavoro, perché non c'è tempo da perdere. Questa è una legge per cui non si può più aspettare! Cliccando sul link sottostante si potrà sostenere l'iniziativa su Facebook La Destra propone l\'introduzione del reato: OMICIDIO STRADALE Info: omicidiostradale@gmail.com o brugiatelli@la-destra.it  
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martedì, 09 agosto 2011

ROMA - "Un pugno di banchieri privati tiene sotto ricatto tutta la politica e un
popolo intero. Tutto questo è inaccettabile e la politica - tutta - deve trovare una via d'uscita indipendente dal volere dei banchieri. La sovranità nazionale è ancora un valore?". E' quanto dichiara Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra.
 
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lunedì, 08 agosto 2011

Imprenditore padovano sponsor della squadra inglese di Di Canio: “Stesse idee politiche”

PADOVA. I colori sono gli stessi: bianco e rosso, ma in comune con il Padova Calcio non ha proprio nulla anche se, a voler essere pignoli, qualcosa lega la nostra città all’inglese Swindon Town Football Club, che milita in League Two. Il trait d’union in questione ha un nome e un cognome: Bruno Cesaro, 53 anni, titolare della Vidale Nordest, ditta di spedizioni internazionali.

«Perché ho scelto di sponsorizzare una squadra di calcio inglese? Per simpatia nei confronti di Paolo Di Canio. Lui è l’allenatore dello Swindon Town, ha le mie stesse idee politiche e poi è un italiano che lavora all’estero per una società che in questo momento si trova in difficoltà».
Cesaro è il leader storico di Fiamma Tricolore a Padova, «una forza politica rivolta al futuro e al sociale» come l’ha definita. E spesso è andato nei manifesti elettorali, anche come candidato sindaco nel 2004. Alle ultime elezioni comunali, nel 2009, Bruno Cesaro ha spento la «fiamma» per aderire alla lista dei comitati per la sicurezza, in appoggio al candidato di centrodestra Marco Marin. E’ stato il candidato che ha raccolto il maggior numero di preferenze: 117. Ma l’elezione a consigliere comunale è sfumata per la prestazione complessivamente deludente della lista. Cesaro ha deciso di investire alcune decine di migliaia di euro, anche se non ricoprirà il ruolo di main sponsor.
«La visibilità della Vidale Nordest sarà limitata allo stadio County Ground e alla presenza del nostro marchio sulla tuta e sulle borse dei giocatori. Il contratto, che abbiamo firmato nei giorni scorsi, ha una durata annuale. Voglio precisare che non mi aspetto grandi ritorni. La mia azienda si occupa di trasporti internazionali, ma lavoriamo principalmente con le aziende. Riperto: ho voluto aiutare Paolo che ritengo una persona splendida».
Fondato dal reverendo William Pitt di Liddington nel 1879, il periodo più glorioso dello Swindon Town è quello che va dal 1968 al 1970 quando, nonostante militasse in Third Division, sconfisse l’Arsenal nella finale di League Cup 1969 allo stadio di Wembley. Lo Swindon poi partecipò e vinse due competizioni europee, la Coppa di Lega angloitaliana del 1969 e il Torneo Angloitaliano del 1970. Attanagliato da problemi finanziari, lo Swindon fu rilevato nel 2008 da un consorzio capeggiato da un uomo d’affari del luogo, Andrew Fitton. Il 20 maggio 2011, in seguito alla retrocessione in League Two, Paolo Di Canio è stato designato come nuovo allenatore. (mattinopadova.gelocal.it) 
postato da: sebastia11 alle ore 11:30 | link | commenti
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venerdì, 05 agosto 2011

IN MEMORIAM
BRUNO MUSSOLINI
7 AGOSTO1941--7 AGOSTO2011 

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"AVIATORE DI TRE GUERRE,GIA VOLONTARIO IN AFRICA E IN SPAGNA TRASVOLATORE DI DESERTI E DI OCEANI,PIU VOLTE CONSACRATO ALL EROISMO NELLA BREVE PARENTESI DI UNA GIOVINEZZA AUDACE MATERIATA DI FEDE E DI AMORE DI PASSIONE E DI BATTAGLIE.E CADUTO AL POSTO DI COMBATTIMENTO CON NEGLI OCCHI LA GIOIA NELL ARDIRE,MENTRE EFETTUAVA UN VOLO DI PROVA SU DI UN NUOVO APPARECCHIO DA BOMBARDAMENTO A GRANDE RAGGIO;UNA DELLE PIU RECENTI CONQUISTE PER LE NUOVE BATTAGLIE E PER LE NUOVE VITTORIE,COME SANNO SOLO DARE I PIONIERI E GLI EROI.VOLENDO DARE MAGGIORI GLORIE ALL ALA DELLA PATRIA,LE HA DATO LA VITA." 
postato da: sebastia11 alle ore 19:20 | link | commenti
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De Benedetti e la sinistra, storia di un'alleanza che ha svenduto l'Italia  

La Fininvest deve risarcire la Cir di De Benedetti per "danno economico da perdita di chance". «Appare più aderente alla realtà del caso determinare concettualmente il danno subito da Cir come danno da perdita di chance. Vale a dire, posto che nessuno sa come avrebbe deciso una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione del giudice Metta privò la Cir della chance di ottenere da quella Corte una decisione favorevole» questa una parte della sentenza della Corte d'Appello di Milano. La Fininvest, in attesa della Cassazione, deve quindi pagare 560 milioni alla Cir di De Benedetti che ha fatto crac per 1.120.000 euro. Già questa è un'anomalia. Altra anomalia: in primo grado, il giudice Mesiano ha deciso da solo la penale che la Fininvest avrebbe dovuto corrispondere, 750 milioni di euro, senza avvalersi di consulenze tecniche. Al di là della sentenza penale, acclarata, sulla corruzione, ci sono molti interrogativi irrisolti per quanto riguarda l'aspetto civilistico della vicenda. Non stupisce: De Benedetti gode di tutti gli appoggi possibili.
Chi sia Carlo De Benedetti, è noto ai più. Colui che, entrato in Fiat, ha cercato di sfilarla agli Agnelli, i quali l'hanno sbattuto fuori senza complimenti. Acquistata la Olivetti, l'ha spolpata fino a portarla al fallimento. Entrato nel Banco Ambrosiano di Calvi ed accortosi di quanto stava accadendo, ha ricattato quest'ultimo facendosi liquidare con 60 miliardi: condannato in primo grado ad oltre sei anni, l'ha passata liscia per prescrizione. Che, come gli anti-berlusconiani sanno bene e ripetono ancora meglio, non è assoluzione. Si può dire che lo squalo del capitalismo italiano abbia portato a termine il suo miglior affare con l'acquisto della tessera n. 1 del Pd, investimento che gli potrebbe rendere 560 milioni grazie alla complicità di una Procura che sembra proprio simpatizzare per quella parte politica.
Gli "intrallazzi" tra De Benedetti e il centro-sinistra durano in realtà da anni. E spesso sono stati sinonimo di grandi e oscure manovre, soprattutto con Prodi presidente dell'Iri e poi premier.
La complicità tra Romano Prodi e Carlo De Benedetti inizia nel luglio 1982, quando il primo è nominato presidente dell'Iri, il più grande ente economico statale, proprio nell'attico dell'Ingegnere, suo grande amico. Il tutto su indicazione di Ciriaco De Mita. Per 7 anni Romano Prodi guida l’Iri italiano, concedendo pure incarichi miliardari alla sua società di consulenza "Nomisma", con un evidente conflitto di interessi. Al termine dei 7 anni prodiani il patrimonio dell’Iri sarà dimezzato a causa della cessione di importanti gruppi quali Alfa Romeo e Fiat.
Nel 1985 Prodi, con un contrattino di appena 4 pagine (anzichè centinaia come si usa abitualmente) a trattativa privata, tenta di svendere il più grande gruppo alimentare dello Stato, la Sme, alla Buitoni di De Benedetti per soli 497 miliardi di vecchie lire. La Sme all'epoca ha nelle proprie casse più di 600 miliardi di denaro liquido, ed il suo valore globale è di ben 3.100 miliardi. Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, si oppone con fermezza alla svendita. Nel maggio dello stesso anno la Fininvest di Berlusconi, con la Barilla e la Ferrero, propone un'offerta superiore. Arrivano altre cordate e il regalo di Prodi a De Benedetti è scongiurato. L'Ingegnere però insiste: pretende in tribunale che l'intesa sia riconosciuta come un contratto impegnativo per l'Iri. Gli danno torto tre gradi di giudizio, fino alla Cassazione, ossia ben 15 magistrati all'unanimità. Nonostante questo, il pm Francesco Saverio Borrelli, diventato famoso per Mani Pulite, decide di incriminare penalmente Silvio Berlusconi e la Fininvest sulla base del sospetto che la decisione dei giudici sia stata influenzata da un versamento di tangenti, da parte della Fininvest, al magistrato Filippo Verde e all'ex capo dei Gip di Roma Renato Squillante. Un'inchiesta partita in seguito alle rivelazioni di Stefania Ariosto, esattamente come accaduto per il lodo Mondadori. Nel 2004 Berlusconi è assolto per non aver commesso il fatto. Il 30 novembre 2006 la Corte di Cassazione stabilisce infine che la Procura milanese non avrebbe mai dovuto iniziare le indagini, in quanto non competente, ed annulla le sentenze emesse dal Tribunale di Milano. Per la cronaca, negli anni '90 la Sme sarà ceduta a pezzi, per un totale di 2.500 miliardi.  Un po' più di 497.
Gli affari tra De Benedetti e Prodi continuano, e vanno finalmente a buon fine, quando quest'ultimo diventa presidente del Consiglio. Nel 1997 il governo Prodi svende Infostrada, di proprietà dello Stato, a De Benedetti per 700 miliardi di lire spalmabili in ben 14 anni. De Benedetti rivende Infostrada immediatamente, dopo aver pagato solo la prima rata, alla tedesca Mannesmann (società che era entrata nel capitale Olivetti, casualmente) per 15.388 miliardi: più di 20 volte il prezzo d'acquisto
 
http://archiviostorico.corriere.it/1999/giugno/16/Omnitel_Infostrada_ora_sono_Mannesmann_co_0_9906162897.shtml
Non basta: nel 2001, quando ancora c'è il governo di centro-sinistra in carica, l'Enel, azienda il cui azionista di riferimento è il ministero dell'economia e quindi lo Stato, riacquista Infostrada dalla Mannesmann, nel frattempo fusasi con la Vodafone, alla cifra di 16.500 miliardi di lire http://www.01net.it/articoli/0,1254,1_ART_10886,00.html. Con la "privatizzazione" di Infostrada, voluta da Prodi, lo Stato fa un "affarone": a conti fatti sborsa 15.800 miliardi di lire, di cui 15.388 finiscono nelle tasche di De Benedetti (bello guadagnare così!) e  500 in Germania nelle casse della Mannesmann. Ufficialmente, sia chiaro, in quanto in realtà, per quanto riguarda l'acquisizione di Infostrada da parte dell'Enel, si parla di cifre maggiori: 22.000 miliardi, come da preaccordo, versati alla Mannesmann. In questo caso il prelievo dalle casse statali sarebbe di circa 21.300 miliardi.  Il manager di Infostrada, Lorenzo Necci, prova ad opporsi in tutti i modi a questo ladrocinio ai danni delle casse pubbliche, ma è subito incriminato, incarcerato, esposto alla forche caudine dei giornali della sinistra, in gran parte di proprietà di De Benedetti stesso. E poi, ovviamente, assolto dopo una lunga ed interminabile persecuzione giudiziaria http://www.ilsussidiario.net/News/Cose-non-dette/2010/10/27/INCHIESTA-5-Conti-alla-mano-ecco-chi-ha-guadagnato-dalla-privatizzazione-di-Infostrada/3/122249/. Questo è quello che di solito succede a chi mette i bastoni tra le ruote a De Benedetti, come si può ben notare. A dire il vero, Lorenzo Necci fa una fine persino peggiore, ma di sicuro in modo del tutto casuale
 
http://www.repubblica.it/2006/05/sezioni/cronaca/necci-incidente/necci-incidente/necci-incidente.html.
 Una fine che però temeva
 
http://pinoscaccia.splinder.com/post/8198313/morto-lorenzo-necci-quando-una-notte-a-perugia-mi-confido-mi-vogliono-suicidare.
Ma non finisce qui. Nel 1997, sempre il governo Prodi svende le azioni Telecom al solito prezzo irrisorio, tanto che subito dopo il valore di mercato aumenta di sei volte. Lo Stato italiano incassa 26.000 miliardi di vecchie lire: la Telecom ne vale assai di più
http://www.tesoro.it/ufficio-stampa/comunicati/?idc=124. Presidente di Telecom in quel momento è Guido Rossi, avvocato di De Benedetti. In seguito all'operazione, gli azionisti di punta sono in grado di controllare il 6,6% del capitale ed il maggiore tra questi, Umberto Agnelli (0,6%), nomina un amministratore delegato, Gian Mario Rossignolo, che si rivela un disastro
 
http://archiviostorico.corriere.it/1998/gennaio/13/Rossignolo_timone_della_Telecom_co_0_9801133556.shtmlche
Cacciato Rossignolo, con una congrua liquidazione, è chiamato Franco Bernabè. Nel 1998 al governo arriva Massimo D'Alema, nel frattempo l'amico di De Benedetti Roberto Colaninno, attraverso l'Olivetti, inizia la "scalata Telecom". Ancora una volta si verificano irregolarità finalizzate a mantenere il prezzo basso, ma la Consob, autorità che deve sorvegliare questi reati, all'epoca è presieduta da Luigi Spaventa, altro amico di De Benedetti. Per cui chiude entrambi gli occhi. Colaninno, tramite una serie di società fantasma, arriva a controllare Telecom con appena lo 0,3% delle azioni, tanto che persino il Financial Times definisce la scalata "una rapina in pieno giorno" 
http://www.rainews24.rai.it/it/news_print.php?newsid=8780. A fine 1999, i rapporti tra Colaninno e De Benedetti cominciano però a deteriorarsi. Colaninno, così, è massacrato da Repubblica, Espresso e dagli altri giornali del "padrone", oltre che dall'Ingegnere in persona con grande risalto sui media nazionali pure non di sua proprietà
 
http://archiviostorico.corriere.it/1999/maggio/17/Benedetti_contro_Colaninno_Olivetti_portera_co_0_9905174483.shtml
Nel 2001,  De Benedetti decide di allearsi a Marco Tronchetti Provera, il quale strappa agevolmente il "dominio" di Telecom a Colaninno, acquistando la quota di controllo in Olivetti. Ma si accorge subito di essere stato raggirato: dalle casse mancano 25.000 miliardi. Telecom Italia è ormai una società con debiti fino al collo, l'unica possibilità di salvarsi è rivendere la baracca allo Stato. Niente paura, ad aprile 2006 torna al governo Romano Prodi, il quale fa il solito accordo sottobanco con Tronchetti Provera e il socio De Benedetti, ma stavolta qualcosa non va per il verso giusto. I due squali alleati, De Benedetti e Tronchetti Provera, litigano su chi deve avere la fetta più grossa, per cui, come al solito, Espresso e Repubblica iniziano ad infangare Tronchetti Provera per mesi. E come se non bastasse il gruppo Espresso lo querela pure
 
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1986793987&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero .
Prodi deve scegliere da che parte stare e opta ovviamente per il più rassicurante De Benedetti, non volendo fare la fine di tutti gli "sputtanati" da Repubblica ed Espresso.  A quel punto Tronchetti Provera per vendicarsi fa pubblicare il progetto segreto di Prodi sul riacquisto della Telecom (il "piano Rovati") suscitando un' aperta indignazione, ben presto però insabbiata e messa a tacere in Italia dai giornali di De Benedetti che rispondono prontamente dando ampio risalto allo "scandalo delle intercettazioni",  che come manna dal cielo (ma che strano!) scoppia proprio nel settembre 2006 (Telecom-Sismi, Giuliano Tavaroli, Marco Mancini, Emanuele  Cipriani e il suicidio di Adamo Bove). Prodi ha buon gioco nel difendersi inventando la storiella "Non ne sapevo nulla, la colpa è solo del mio collaboratore Rovati" (amico di Prodi da una vita, abitano persino nello stesso palazzo) riscontrando ampio credito da parte dell'accomodante stampa nazionale.
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/09_Settembre/14/rovati.shtml. La stampa estera, cara agli anti-berlusconiani soltanto quando critica Berlusconi, fa a pezzi l'Italia soprattutto perché si stupisce del fatto che non parta alcun procedimento giudiziario.  Ci sono semmai le dimissioni del capro espiatorio Angelo Rovati http://www.wallstreetitalia.com/article/407661/telecom-rovati-dopo-dimissioni-potro-spiegare-mie-ragioni.aspx che però una volta calmatesi le acque tornerà all'ovile, diventando nel 2007 nientemeno che uno dei 45 membri del Comitato nazionale di promozione del Partito Democratico.
Come è andata finire si sa: Tronchetti Provera, ormai inimicatosi governo e De Benedetti, si dimette
 
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2006/09_Settembre/15/tronchetti.shtml ed alla guida di Telecom torna Guido Rossi, fedele amico di De Benedetti, celebrato anche da interviste accomodanti su Repubblica tipo questa
 
http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/economia/telecom2/rossi-telecom/rossi-telecom.html.
 Inutile parlare pure di Telekom Serbia e dello scandalo Seat-Otto (la "Otto", società di Dario Cossutta, figlio del comunista Armando), si andrebbe fuori tema. Ci sarà tempo in articoli successivi sul blog.
Attenzione, un tentativo di alleanza Prodi-De Benedetti è stato abbozzato pure per Alitalia. A gennaio 2007 il governo Prodi avrebbe dovuto dare il via alla vendita della compagnia aerea. Tra i concorrenti, una cordata formata da De Benedetti (poteva mancare?) e la banca Goldman Sachs, protagonista cruciale di quasi tutte le privatizzazioni italiane (qualcuno ricorda la vicenda del panfilo Britannia?)
 
http://archiviostorico.corriere.it/2007/gennaio/12/Alitalia_prima_mossa_Benedetti_co_9_070112098.shtml
Prodi ha lavorato per anni alla Goldman Sachs, la quale lo ha sempre ricoperto d'oro per le sue preziosissime "consulenze". Alla Goldman hanno lavorato quasi tutti gli amici e i collaboratori di Prodi, ad esempio Mario Draghi (ex vicedirettore della Goldman, poi governatore della Banca d'Italia) e Mario Monti. Claudio Costamagna, presidente della Goldman Sachs fino a febbraio 2006, è colui che ha pagato buona parte della campagna elettorale di Prodi per le elezioni dello stesso anno. Ma se lo definiscono "prodiano" si arrabbia pure http://blog.panorama.it/italia/2007/06/21/costamagna-basta-con-questa-storia-di-essere-considerato-un-prodiano/. Sempre in Goldman Sachs, è stato direttore Massimo Tononi, poi diventato sottosegretario all'economia di Prodi. L'intero vertice Goldman Sachs, in pratica, in quel momento è al governo. Le cose però vanno per le lunghe, De Benedetti pian piano si ritira
 
http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/economia/alitalia7/alitalia-m-c/alitalia-m-c.html e l'ennesima svendita con vendita successiva a prezzo superiore (alla Air France?) non riesce.
La storia sta continuando a Milano, dove Giuliano Pisapia ha recentemente vinto le ultime elezioni amministrative. Pisapia è stato avvocato di parte civile della Cir, il gruppo di Carlo De Benedetti, durante il processo Sme ed è tuttora avvocato della famiglia De Benedetti. Marco De Benedetti, figlio di Carlo, è invece amministratore delegato del gruppo Carlyle Italia, società di private equity che si occupa di acquistare aziende ed enti pubblici a prezzi di saldo per poi rivendere sul mercato a cifre notevolmente più alte. A Milano, il gruppo Carlyle ha già concluso proficui investimenti: due immobili commerciali in via Della Chiusa e due edifici al civico 184 di via Gallarate. Con Pisapia sindaco, la scusa della crisi e la conseguente "necessità di svendere patrimoni pubblici", chissà se Carlyle Italia farà altri affari nel capoluogo lombardo. Non si accettano scommesse.
Dunque, perché stupirsi se De Benedetti è ben visto dalla procura di Milano, che certo non disdegna la sinistra?   


http://www.questaelasinistraitaliana.it/article-de-benedetti-e-la-sinistra-storia-di-un-alleanza-che-ha-svenduto-l-italia-79095667.html 


postato da: sebastia11 alle ore 12:41 | link | commenti
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