lunedì 21 novembre 2011

sabato, 26 febbraio 2011

CasaPound contesta Equitalia: striscioni in tutta Italia davanti alle sedi delle concessionarie 

 

 


  ROMA, 25 Febbraio - Questa notte CasaPound Italia ha messo a segno una protesta contro Equitalia e i suoi metodi di riscossione. Davanti alle sedi del concessionario alla riscossione sono stati appesi striscioni riportanti la frase “(IN)EQUITALIA PIGNORA ANCHE QUESTO”, oltre a numerose mutande, calzini ed altra biancheria intima anch’essa appesa intorno alle sedi con i cartelli “PIGNORATO DA EQUITALIA”. I militanti di CasaPound, inoltre, hanno distribuito un pieghevole nel quale sono stati evidenziati i motivi della protesta e le proposte di CasaPound Italia per arrestare i comportamenti scorretti perpetrati da Equitalia, che verra' distribuito a partire da sabato in tutte le regioni.

“Equitalia - dichiara CasaPound Italia - in appena 5 anni ha raddoppiato gli incassi e nel 2009 circa l’80% delle entrate proviene da piccolissimi contribuenti. Persone con le quali Equitalia fa cassa iscrivendo ipoteche sulle loro abitazioni anche per importi inferiori agli 8.000 euro, lasciando così migliaia di famiglie di fronte ad un bivio drammatico: finire nelle mani degli usurai oppure perdere la casa all’asta giudiziaria”.

“Inoltre - prosegue il comunicato di CPI - Equitalia persiste nel pignorare beni strumentali e crediti alle imprese. Ma come pensa di riscuotere da un'impresa se le tolgono gli strumenti di lavoro? E che fine faranno i lavoratori?
A ciò aggiungiamo anche altri due aspetti, grotteschi: Equitalia applica il tasso medio applicato dalle banche sui prestiti (quindi molto più alto) incassando interessi pesantissimi e, inoltre, preferisce vessare chi magari ha poco da pagare ma ha qualche bene da pignorare piuttosto che i veri delinquenti, cioè i veri milionari che però hanno nascosto i propri beni.
E per per il futuro c’è un altro rischio: è stata concessa la possibilità ad Equitalia di effettuare indagini finanziarie, così nel tempo potrebbe vedersi riconosciuto il potere di pignorare direttamente i conti correnti senza preavvertire il contribuente”.

“CasaPound Italia - conclude il comunicato - non è dalla parte degli evasori fiscali, anzi, siamo sempre stati convinti che l’evasione fiscale sia una vera piaga sociale che va combattuta in modo serio e inflessibile. Ma ciò non ci impedisce di notare che nella riscossione coattiva delle imposte vi sia un comportamento iniquo di Equitalia e riteniamo che sia corretto e doveroso contemperare l’art. 53 della Costituzione con il diritto al lavoro previsto all’art. 4 e con il diritto alla proprietà dell’abitazione previsto dall’art. 47, comma 2. Ecco perché proponiamo di impedire ad Equitalia di iscrivere ipoteche su immobili destinati ad abitazione principale per crediti inferiori ad almeno il 30% del valore dell'immobile stesso, e comunque per un valore minimo non inferiore ai 15.000 euro, di applicare il tasso di interesse legale nella rateazioni dei crediti, di revocare la possibilità di condurre indagini finanziarie da parte di Equitalia e di diminuire la percentuale pagata ad Equitalia sui piccoli crediti riscossi raddoppiando la percentuale sui grandi crediti per incentivare l’ente di riscossione a perseguire i grandi evasori".

Su motivi e proposte della protesta CasaPound Italia da' appuntamento c/o i propri gazebo che verranno allestiti in molte province d'Italia a partire proprio da questo sabato, 26 febbraio, e mettera' a disposizione il proprio servizio nazionale "Dillo a CasaPound", un numero di telefono (3775176329) al quale potranno rivolgersi tutti i cittadini per avere consulenze e informazioni necessarie.

Tutte le foto dell'azione nel sito ufficiale www.casapounditalia.org ,
all'indirizzo

http://casapounditalia.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1689%3Ainequitalia-pignora-anche-questo&catid=1%3Aultime&Itemid=169

postato da: sebastia11 alle ore 09:56 | link | commenti (2)
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31 anni fa    

Tratto da Storace.it E’ terribile sapere dei dossier di Valerio Verbano. Pietà cristiana per lui, ma non fu un esempio. A che cosa gli servivano quelle notizie su me e altri? Chi lo aiutò a raccoglierle? Anche a sinistra, chi sa parli.
L’originale del dossier l’aveva sequestrato la polizia a casa di Valerio Verbano- scrive oggi il Corriere della Sera a firma di Giovanni Bianconi – subito dopo il suo arresto nel 1979. Poi il ragazzo uscì di prigione, e il 22 febbraio 1980 fu ucciso da un proiettile calibro 38 sparato da un commando che lo stava aspettando nell’appartamento in cui abitava insieme ai genitori.
Avrebbe compiuto 19 anni tre giorni più tardi, e in quel dossier poteva esserci il movente del delitto. Lo cercarono negli archivi del palazzo di giustizia, ma senza successo. Era sparito. La polizia ne aveva fotocopiata una parte, poi consegnata agli avvocati della famiglia Verbano, ma era materiale incompleto.
Ora, dagli archivi dei carabinieri è saltata fuori un’altra copia, entrata negli atti dell’inchiesta riaperta dalla Procura di Roma sull’omicidio di trentuno anni fa. Sono 379 fogli, quasi tutti scritti a mano da quel giovane vicino all’area di Autonomia operaia, col chiodo fisso dell’antifascismo, che aveva raccolto notizie su centinaia di militanti dell’opposta fazione, dal Movimento sociale italiani alle nascenti formazioni del terrorismo nero, schedati con una cura quasi maniacale. Ora in ordine alfabetico, ora raccolti per quartieri o sedi di appartenenza, nei quaderni, nelle agende e nelle rubriche di Verbano compaiono indicazioni su personaggi noti e meno noti della destra romana dell’epoca.
Alcuni erano già famosi, altri lo sono diventati in seguito. Sia per aver scalato la politica ufficiale – come Teodoro Buontempo o Francesco Storace, indicato come uno che «porta gli occhiali Lozza da vista, segretario Fdg Acca Larentia, cicciottello» -, sia per il loro ruolo dell’epoca (come Paolo Signorelli e Stefano Delle Chiaie), sia per essere entrati nelle organizzazioni eversive, finiti in carcere o uccisi, come Alessandro Alibrandi. E non mancano i nomi di altri futuri morti; come Luca Perucci, ucciso nel 1981 dai suoi «camerati» per sospetto tradimento; o Angelo Mancia, assassinato il 12 marzo 1980 dai «Compagni organizzati in Volante rossa», probabilmente per vendicare l’omicidio Verbano.
A volte ci sono solo nomi e cognomi, a volte anche gli indirizzi, caratteristiche fisiche, indicazioni delle sezioni missine frequentate, trascorsi politici e giudiziari di chi partecipava alle aggressioni che alimentavano la guerra fra rossi e neri. «È stato visto spesso a via Ottaviano, via Sommacampagna e via Acca Larentia», si dice di un ventunenne ex militante del Fronte della gioventù «ora passato ai Nar dove sembra ricopra la carica di sussistenza alle strutture operative», mentre il fratello minore «si occuperebbe di spedizioni punitive di fascisti contro compagni». E su un altro giovane di destra, di cui è indicata l’abitazione: «Età 21 anni, noto esponente del FdG, arrestato e subito rilasciato per l’assassinio del compagno Walter Rossi, è certo che partecipò alla sparatoria dell’ottobre del ‘77 che si concluse con il ferimento di un compagno alla Balduina».
Nella prosa un po’ da questura si riportano anche informazioni giunte a Verbano chissà attraverso quali canali, su movimenti e aggregazioni di quella stagione. Come quando annota che Cristiano Fioravanti(futuro «pentito» dei Nar) e due suoi amici «sono partiti per Trento il 24 dicembre 1978 su una Land Rover» di un altro neofascista: «Non si conoscono i motivi del viaggio».
E ci sono indicazioni sui finanziamenti ai picchiatori neri che si attrezzavano a diventare terroristi: «Una delle coperture finanziarie (riciclaggio di soldi provenienti da rapine) è offerta dal negozio di giocattoli e merceria», di cui seguono nomi e indirizzo della propietaria: «Il negozio è sempre guardato a vista da due fascisti che stazionano al bar poco più avanti sulla stessa via».
Gli appunti non sono scritti solo da Verbano. Con un’altra calligrafia, ad esempio, è scritto che i fascisti del quartiere Tuscolano «si riuniscono a piazza Montecastrilli, ritrovo al bar della piazza», mentre in un bar latteria di via Gela «si ritrovano tutti quelli di via Noto (dove c’era una sede missina, ndr). Nel retrobottega di questo piccolo bar vengono preparate le aggressioni».
Come sono arrivate tutte queste notizie a un ragazzo comunista di 19 anni che le ha raccolte nel suo personale schedario della violenza politica a Roma di fine anni Settanta? Forse è proprio questo che volevano sapere i tre killer che lo aspettarono a casa dopo aver legato e imbavagliato i genitori, e lo uccisero al termine di una colluttazione.
Un omicidio non preventivato, secondo i carabinieri del Ros che hanno riaperto il caso. Forse doveva essere solo un ferimento, seguito a un interrogatorio della vittima per farsi dire il nome della «spia», o delle «spie» da punire. È l’ipotesi più accreditata dagli investigatori, che hanno centrato l’attenzione su due nomi di possibili esecutori. Uno dei quali compare anche fra le centinaia messe insieme dal giovane autonomo nel suo dossier. Che dunque torna ad essere il possibile movente del delitto; non tanto per il suo contenuto, quanto per le fonti sulla base del quale era stato composto.
I due sospettati appartenevano, in quel periodo, all’area estremista che gravitava fra Terza Posizione e i Nar, probabilmente un nucleo proveniente dal primo gruppo intenzionato a transitare nel secondo, accreditandosi con quell’azione. Dagli archivi della vecchia indagine i carabinieri hanno recuperato anche la voce degli assassini. È stato infatti rispolverato, per essere analizzato (per la prima volta) e poter procedere a difficili perizie vocali, il nastro con la registrazione della telefonata di rivendicazione giunta all’agenzia Ansa alle 21 del 22 febbraio 1980: «Nuclei armati rivoluzionari, avanguardia di fuoco, alle ore 13,40 abbiamo giustiziato Valerio Verbano».
A parlare era certamente uno dei killer, perché fornì un paio di particolari non ancora di pubblico dominio: il calibro della pistola che aveva ucciso e soprattutto il dettaglio di un’altra dimenticata sul luogo del delitto. «Abbiamo lasciato nell’appartamento di Verbano una pistola 7,65», disse l’anonimo. Si riferiva all’arma con un silenziatore artigianale montato col nastro adesivo, uno dei pochi reperti scampati alla sparizione o alla distruzione. Sui quali ora saranno tentati nuovi rilievi scientifici, alla ricerca di un’impronta genetica o digitale che possa aiutare a incastrare i sicari. 
postato da: sebastia11 alle ore 08:03 | link | commenti (2)
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mercoledì, 23 febbraio 2011

 RIVOLUZIONI PILOTATE
 
PUPI
Ciò che viene riportato nell’articolo di Tony Cartalucci su Globalresearch, tradotto dall’indomabile Gianluca Freda sul suo blogghete.altervista.org/, conferma quanto sin’ora da noi sostenuto: che queste “rivoluzioni d’egitto” sono state volute, provocate, pilotate, organicamente a progetti che poco o nulla hanno a che vedere con l’emancipazione o il benessere dei popoli, ma piuttosto con la loro alienazione e dipendenza maggiormente evoluta rispetto alla pianificazione globale prossima ventura.

Le carneficine di questi giorni sono lì a dimostrare quale sia lo spazio di manovra concesso ad aspirazioni non contemplate dai manovratori.
Infranti i “sinistri” idealismi utopici, e messe da parte le elucubrazioni alla Fiammenstein, quel che resta è la cruda realtà dei giochi geopolitici di chi governa il mondo e le sue fonti energetiche.

Premesso che la destabizzazione dei paesi arabi coinvolti, dal Magreb sino ad est della Penisola Arabica, non preoccupa militarmente nessuna potenza occidentale (contrariamente a quanto si vorrebbe far credere), sia per l’ineguatezza tecnologica dei primi, che per il fatto che essi sono, o sono stati, spesso complici degli interessi dei secondi, restano gli effetti reali di tali sconvolgimenti.

Stiamo parlando di una destabilizzazione generale di molti paesi arabi. I loro problemi interni ne impediranno crescita e sviluppo, molto più, anzi, molto peggio, di quanto già non stessero facendo in tal senso i loro governanti corrotti o dispotici.
Per molto tempo tali paesi, ed i loro vicini naturali, a cui sono legati da rapporti commerciali e infranazionali, saranno frenati e impegnati in una profonda opera di restaurazione, la quale assorbirà tutte le loro energie e risorse.
In molti casi alcuni di questi “vicini naturali”, o “artificiali”, approfitteranno di tali debolezze, sottraendo loro importanti aree di sviluppo strategiche.
Tutti, vicini e lontani, specie gli investitori senza scrupoli di professione, usurai cibernetici e gangster finanziari, trarranno da tutto ciò enormi profitti. Già i notiziari ci parlano di previsioni d’aumenti del prezzo del petrolio...e siamo solo all’inizio.

Oltre alla destabilizzazione dei paesi nord-africani e arabi, messi in stallo e momentaneamente neutralizzati, anche le nazioni d’Europa, e non solo quelle che s’affacciano sul Mediterraneo, saranno messe a dura prova, nel contenere i flussi migratori e le masse di disperati che verranno ad incrementare le già folte schiere di emarginati e drop-out nostrani, prodotti da  usurocrati legalizzati, pirati finanziari, ideologhi liberisti, politicanti e magistrati venduti e corrotti, ma soprattutto dai detentori del potere d’emissione monetario, vera schiavitù virtuale e arma di distruzione di massa nelle mani di una elite di eletti.

Anche i rapporti commerciali tra nazioni e continenti che si incontrano e rispecchiano nel Mare Nostrum saranno penalizzati: trattati e contratti gettati al vento, con danno ingente per i popoli di entrambe le sponde.

E questa sarà per il Primo Ministro Berlusconi una iattura molto peggiore del kan-kan inscenato dai magistrati sessantottini per il loro golpe togato.
Forse capirà che i suoi salamelecchi a Tel Aviv, e la cecità di fronte al “muro”, sono stati inutili: le sue amicizie arabo-russe e le sue barzellette, ma soprattutto le sue simpatie per un’autonomia e orgoglio nazionali, non possono essere tollerate dai Pirates of the Mediterranean.
Già lo skipper pugliese, che l’Italia ebbe la disavventura di avere alcuni anni fa come Premier avvallatore dei bombardamenti della Yugoslavia, si allisciava i baffetti nelle dichiarazioni ai telegiornali nazionali (gli sciacalli si distinguono dagli uomini anche in questi frangenti).

Chi trae vantaggio se l’Europa ed i suoi interlocutori arabi sono distratti nel risolvere gravi problemi di stabilità e organizzazione interna, sottraendo risorse preziose per lo sviluppo?
Chi trae vantaggio dalla mancanza di crescita di nazioni competitive?
La leadership anglo-americana dominante e la lobby israelita che la guida dove vuole, puntando non solo a destabilizzare il mondo arabo e renderlo ancora più debole, ma soprattutto ad isolare i competitori russi e cinesi.

La risposta insomma è quella stessa che si applica alle guerre coloniali e di dominio geopolitico, di semplice  logicità applicata, se non ci si mettesse di mezzo un esercito di ben pagati menestrelli dell’informazione viziata.
Abbiamo sentito di tutto e di più, comprese le ferneticazioni islamofobiche dei
soliti sionisti casalinghi e diffamatori di mestiere, ma di sensatezza e sincerità manco l’ombra: la verità costa la poltrona, o la scrivania, meglio continuare a sparare balle, o illudere le masse di “rivoluzionari” da salotto.
Intanto i vari Cohen, Liebman, coadiuvati da manipolatori di Facebook e social network assortiti preparano ideologicamente le “avanguardie” di questa “rivoluzione”. E sono così bravi da riuscire a convincerle veramente.

Ed in questo gran caos di sommosse e controrivoluzioni, crisi e depressioni  economiche, qualsiasi evento straordinario passa in secondo piano, suscitando poche reazioni. Anche depistaggi, false flags e complotti, nella confusione generale sono più facili da attuare.

Se per esempio, mentre tutti si scannano, di qua e di là, capita che muoiano un po’ di “terroristi” arabi, magari palestinesi, e che le loro terre entrino nella fase finale d’esproprio democratico, saranno pochi coloro che avranno energie da sprecare per denunciare quest’azione di pulizia etnica.

E se una guerra lampo facesse tabula rasa di territori considerati una minaccia per una certa etnocrazia coloniale mediorientale, troverebbe gran parte delle nazioni già prostrate e provate per riuscire ad imbastire una reazione di effetto. Anzi, sempre il solito esercito di menestrelli della politica e dell’informazione ci farà credere d’essere quella una delle soluzioni ai nostri problemi. Cornuti e bastonati.

Ed ora, rileggendo l’articolo di Tony Cartalucci su
Globalresearch, tradotto da Gianluca Freda, forse riusciremo a comprendere meglio la portata di questa rivoluzione globale, pilotata in preparazione di una nuova fase d’attuazione del New World Order, per mantenere i privilegi di pochi a discapito di molti.
 
tratto da :
http://www.terrasantalibera.org/rivoluzioni_colorate_2011.htm 


postato da: sebastia11 alle ore 10:38 | link | commenti
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martedì, 22 febbraio 2011

Libia in fiamme, nuovi bombardamenti
Forniture di gas a rischio per l'Italia
  Le foto di alcune vittime su un tank a Bengasi (foto Alaguri - Ap) 




ROMA - Continua la violenta repressione in Libia: residenti a Tripoli citati dalla tv Al Jazira riferiscono di nuovi attacchi aerei questa mattina su alcuni quartieri di Tripoli. Secondo le fonti «mercenari» sparano sui civili in città. Bombardamenti sulla folla c'erano già stati ieri e avevano provocato oltre 250 i morti.

Muammar Gheddafi ha fatto intanto stanotte un'apparizione lampo - appena 22 secondi - sulla tv libica, la prima a una settimana dallo scoppio della rivolta contro il suo potere, per annunciare di persona di trovarsi nella capitale e non in Venezuela, e confutare quelle che ha definito «malevole insinuazioni» dei media occidentali.

«Siamo molto preoccupati per il rischio di una guerra civile e per i rischi di un'immigrazione verso l'Unione Europea di dimensioni epocali», ha detto il ministro degli esteri Franco Frattini durante una conferenza stampa al Cairo seguita all'incontro con il segretario generale della Lega Araba Amr Mussa.

L'Italia è vicina al popolo libico che sta attraversando un momento tragico della sua storia. È quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi. Sono totalmente false, provocatorie e prive di fondamento le voci riguardo a presunti aiuti italiani, militari o sotto qualsiasi altra forma, nelle azioni contro i manifestanti e a danno della popolazione. È quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi. Il premier Silvio Berlusconi ha parlato ieri di «inaccettabile violenza». Oggi vertice tra il premier e i ministri dell'Interno, degli Esteri, della Difesa e dello Sviluppo economico sulla crisi libica e l'immigrazione.

Riunione anche del Consiglio di sicurezza dell'Onu. L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay ha chiesto oggi una «inchiesta internazionale indipendente» sulle violenze in Libia e ha chiesto lo stop immediato delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo compiuti dalle autorità libiche.

Gli Usa: fermare il bagno di sangue. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinchè in Libia «sia fermato l'inaccettabile bagno di sangue».

Gli abitanti di Bengasi hanno preso il controllo della città. Lo riferisce un medico locale, Ahmad Bin Tahir, citato dalla Bbc, secondo cui si sono formati comitati di cittadini che controllano la città, seconda per grandezza dopo Tripoli. «Qui non c'è più la presenza dello Stato - ha detto Bin Tahir - Non c'è polizia, non c'è esercito, non ci sono figure pubbliche». Quello che invece governa a Bengasi è «il popolo, che si è organizzato per riportare l'ordine in città. Sono stati formati comitati per governare la città».

La tv di stato aveva annunciato nella tarda serata di ieri che il leader della Jamahiriyha si sarebbe rivolto in nottata al suo popolo sullo sfondo della più drammatica crisi che il paese sta vivendo da quando il colonnello, nel 1969, è salito al potere. Ma chi si aspettava uno dei suoi discorsi fiume è stato deluso. A conferma della sua fama di uomo sempre e comunque imprevedibile, Gheddafi si è concesso alle telecamere solo per 22 secondi. È stato inquadrato con un mantello, uno stravagante copricapo nero e sotto un ombrello (a Tripoli pioveva) mentre stava per salire su un fuoristrada nella sua residenza di Bab Al Azizia, a Tripoli. «Vado ad incontrare i giovani nella piazza Verde. È giusto che vada per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela: non credete a quelle televisioni che dipendono da cani randagi», ha detto il colonnello facendo riferimento alle informazioni diffuse ieri da numerose tv e media internazionali sulla sua presunta fuga da Hugo Chavez.

Prima di trasmettere le immagini del leader, la tv libica aveva mandato in onda un balletto in costume. Dopo ha mostrato invece immagini patriottiche di soldati in marcia con musica araba come colonna sonora. Pur breve che sia stata, quella di stanotte è la prima apparizione televisiva di Gheddafi da quando la rivolta contro il suo regime è scoppiata una settimana fa. Suo figlio Seif al Islam ieri notte ha invece parlato in diretta per 45 minuti, promettendo riforme, denunciando un complotto internazionale contro la Libia e ammonendo che il regime intende resistere «fino all'ultimo uomo e all'ultima donna».

Forniture di gas a rischio per l'Italia. Le forniture di gas dalla Libia all'Italia si starebbero avviando verso una progressiva interruzione. È quanto apprende l'agenzia Adnkronos da fonti informate, dopo che i manifestanti della città libica di Nalut hanno minacciato di fermare l'afflusso di gas verso l'Italia chiudendo il gasdotto che passa proprio per la loro provincia. «Allo stato non ci risultano sospensioni di forniture di gas», ha affermato il ministro degli esteri Franco Frattini. Non ci sono problemi di forniture di gas per l'Italia, anche se è stata registrata la diminuzione dei livelli di forniture di gas dalla Libia. Lo ha detto una portavoce della Commissione Ue, riferendo che Bruxelles è in stretto contatto con l'Italia.

È stato intanto interrotto oggi il funzionamento dei terminali petroliferi libici sul Mediterraneo in seguito ai disordini in corso nel Paese nordafricano. Lo riferisce la tv panaraba al Arabiya con una scritta in sovrimpressione.
 
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sabato, 19 febbraio 2011

LA TUA FAMIGLIA E' UN PICCOLO STATO
 

  
 DIFENDILA E DIFENDERAI LA TUA PATRIA!!! 
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venerdì, 18 febbraio 2011

   
   ALLUCINANTE
 Venezia. Il capo cerca di violentare una
ventenne: era il primo giorno di lavoro20081231_viole 

(archivio)    
        di Monica Andolfatto 
VENEZIA - Risponde a un’inserzione di lavoro su internet, invia il curriculum, viene contattata e il primo giorno di prova si trasforma in un incubo con il     principale che le salta addosso e tenta di abusare di lei. L’uomo un   trentasettenne con studio a Mirano è stato denunciato dalla polizia per violenza sessuale, sequestro di persona e lesioni. Un’esperienza terribile che difficilmente si riesce a dimenticare - ammesso che si possa archiviare nella memoria una vicenda tanto dilaniante - quella che vede protagonista una ventenne residente a Marghera.
  
    In cerca di un impiego, dopo il diploma al liceo, la ragazza ha consultato anche i siti specializzati on line per trovare qualche prospettiva occupazionale adatta al suo profilo professionale: fra queste pure quella offerta dall’ufficio di Mirano interessato a una segretaria. La telefonata di contatto, l’appuntamento per un colloquio al venerdì pomeriggio. La ventenne si reca all’indirizzo comunicatole, si rende conto di cosa deve fare, sostiene una sorta di esame pratico che supera brillantemente visto che le viene detto di ripresentarsi il lunedì successivo in tarda mattinata per avviare il rapporto impiegatizio.

Puntuale la ragazza torna nella sede di lavoro: ha il compito di contattare telefonicamente una serie di nominativi per alcune consulenze. Tutto bene fino a quando il "capo" chiude a chiave la porta d’ingresso e abbassa le tapparelle delle finestre. Un po’ disorientata la giovane pensa che sia una prassi di routine magari in coincidenza con l’orario di chiusura per la pausa pranzo. Ma di lì a poco le intenzioni dell’uomo si palesano in maniera inequivocabile fino a sollevarla di peso e a sbatterla sulla scrivania e gettandocisi sopra incurante delle urla, del pianto e dei tentativi disperati di liberarsi della sua vittima. Lui è robusto e massiccio, lei è fragile e minuta e quella situazione tanto inattesa quanto brutale l’annienta.
L’incubo termina quando il trentasettenne, forse rinsavito o forse mosso a pietà, desiste. La ragazza è come paralizzata e non sa cosa fare, teme di irritarlo e di provocare un’altra reazione ancor più aggressiva. L’ingresso è sempre serrato e lei resta in balia del molestatore per quasi un paio d’ore, fino a quando riapre i locali. La salvezza con l’arrivo di un cliente: lei approfitta dell’impasse, prende al volo cappotto e borsetta e scappa all’esterno, mettendosi a correre con il viso rigato di lacrime, sconvolta e sotto choc.

Chiama i genitori, racconta tutto. Poi la decisione corraggiosa di andare in commissariato. Medicata al pronto soccorso, le sono stati riscontrati lividi guaribili in sette giorni. Ora è assistita psicologicamente da una equipe di esperti al Centro donna. 


 
       
postato da: sebastia11 alle ore 18:51 | link | commenti
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giovedì, 17 febbraio 2011

MA LA TOLLERANZA NON ERA A ZERO? di Piero Puschiavo
  

Dopo il ritorno dei rifiuti nelle strade di Napoli, un po’ più a sud riesplode in tutta la sua drammaticità il problema degli sbarchi di clandestini. Purtroppo non siamo in campagna elettorale e, di conseguenza, gli slogan servono a poco, ma stupisce sentire il Ministro dell’Interno accusare l’UE di
non fare nulla per collaborare, quando in realtà le sue funzioni potrebbero essere notevolmente più efficaci. Verrebbe spontaneo chiederci che cosa sta a fare l’Italia in questa opprimente organizzazione transnazionale se poi la stessa non ci tutela in emergenze del genere o non è in grado di prevenire o intervenire?
È facile comprendere che in Italia non esiste una politica seria per la regolamentazione dell’immigrazione e non solo quella proveniente dal nord Africa.
Dato che abbiamo inviato i nostri soldati nelle missioni internazionali, per motivi ed interessi a volte inconfessabili, visto che abbiamo umiliato l’esercito a Napoli con compiti di nettezza urbana, penso che Maroni e La Russa potrebbero, in concerto e se solo lo volessero, militarizzare le coste e le acque territoriali per scongiurare ulteriori emergenze immigratorie (peraltro già in corso). Altri Paesi lo hanno fatto e lo fanno, in barba a risibili “accordi internazionali” che ognuno (tranne l’Italia) stiracchia  secondo i propri interessi.
Serve una posizione ferma e un messaggio forte, che scoraggi chi crede essere il nostro un “paese dei balocchi”. Lassismo, permessivismo ed un ipocrita buonismo umanitario hanno contribuito a diffondere oltre i nostri confini un concetto davvero ridicolo delle nostre regole. Mentre la vita degli italiani è militarizzata giorno dopo giorno, agli altri tutto è concesso e tutto è permesso.
Basta guardare le immagini dei recenti sbarchi, osservare la tipologia e gli atteggiamenti, ascoltare le dichiarazioni spesso irriverenti di questi nordafricani, quasi esclusivamente giovani (donne, bambini e vecchi pressoché assenti, si ricongiungeranno poi…) per capire come stiano realmente le cose e quali considerazioni delle nostre leggi abbiano i nostri dirimpettai mediterranei.
Altro che fame, disperazione, asilo politico e altre fregnacce. Questi sanno già cosa pretendere e come comportarsi. Una volta raggiunto il suolo italico per loro è fatta!
In quanto immenso porto proteso nel Mediterraneo l’Italia rimane il Paese europeo più esposto al problema dell’immigrazione, in costante crescita nonostante ci siano partiti come la Lega Nord che hanno costruito le proprie fortune anche sulla famosa favoletta della “tolleranza zero”. Meglio farebbe il Ministro dell’Interno ad utilizzare tutti i mezzi a propria disposizione per contrastare il fenomeno, anziché ricercare un responsabile cui additare ogni colpa e richiedere all’Europa una corretta collaborazione, di cui sinceramente dubitiamo.
L’Europa non ci ascolta probabilmente proprio in proporzione al nostro peso specifico all’interno di essa. Finché ci perdiamo in questioni di gossip, di scandali di letto, in campagne “moralizzatrici” a comando, anziché battere i pugni sul tavolo per affermare i nostri reali interessi, resteremo sempre quella caricatura di italiani tutti sciuscià e signorine
che tanto piace soprattutto agli anglosassoni.

Meno slogan e più coraggio, ecco perché serve “la Destra” al Governo

 

  


 
postato da: sebastia11 alle ore 10:59 | link | commenti (2)
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lunedì, 14 febbraio 2011

13 febbraio 2011...se non ora quando punto%20interrogativo


Il clichè della donna moderna nasce in Italia con gli anni del regime fascista. Prima di allora la condizione femminile non era mai stata parte integrante delle politiche di governo e le donne erano state relegate ai margini delle istituzioni. A sollevare i temi dell'emancipazione femminile era stato il movimento socialista, che, però, ne aveva fatto l'emblema di una battaglia d'opposizione. Soltanto col fascismo le cose cambiarono, nel quadro di un'impostazione dei fenomeni della modernità ispirata ad un governo autoritario. Questo obiettivo richiese che si individuasse una particolare e distintiva identità femminile, da valorizzare e promuovere, cui indirizzare il complesso delle politiche istituzionali, sociali e culturali poste in atto in direzione del genere femminile

Nel 1983 il 28/04/1983 l'On.le Zanfagna del MSI presenta una proposta di legge per lo stipendio alle casalinghe, essere casalinghe puo' essere una scelta e spesso poiché non retribuita questa scelta viene di fatto negata!
Oggi alla manifestazione delle Donne tenuta a Belluno mi sono soffermata ad ascoltare le letture sull'universo femminile...e mi sono detta che DONNA fortunata che sono....fortunata per essere cresciuta in una famiglia dove mi è stato insegnato ad essere me stessa con tante difficoltà, sono fortunata perchè ho militato per anni in un partito il MSI dove l'essere donna era l'esatta equazione dell'essere uomo, dove l'osmosi tra uomo-donna era una realtà, dove eravamo militanti con gli stessi oneri e gli stessi onori degli uomini.....anzi con la gratificazione di avere accanto uomini sempre pronti a farti sentire importante.
Ed oggi ancora piu' gratificata....visto che posso avere la soddisfazione di dire che ricopro il ruolo di dirigente nazionale solo grazie al mio intervento al congresso nazionale...queste le parole del Segretario Storace: dopo l'intervento di titti io le chiedo di entrare a far parte dell'esecutivo del partito e le dico che sono onorato di essere il Segretario del partito di titti monteleone.
Ecco questo è il mio essere donna, non mi và di piangermi addosso, le donne non lo meritano....riusciamo a fare 1000 cose contemporaneamente, la stanchezza non ci appartiene, ed allora...allora avanti senza vittimismo, nella consapevolezza che se vogliamo riusciamo ad essere determinate, nella voglia di continuare questa sfida .....basta sapere quello che si vuole.
Alle donne che oggi hanno letto quei brani decisamenti belli ma tristi tristi tristi io chiedo che la prossima volta si possa leggere anche qualche cosa di estremamente positivo.....potrei consigliare qualche poesia....questa volta di Destra.


potrei fargli conoscere qualcuna delle nostre donne.....monica, daniela, emma, alessandra,silvia, patrizia,antonella, e sicuramente comprenderebbero che non tutte le donne sono vittime...............ma che tante riescono ad emergere in famiglia, nel lavoro, in politica senza vedersi, senza umiliarsi consapevoli della loro forza! 

articolo di titti monteleone
postato da: sebastia11 alle ore 16:21 | link | commenti
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mercoledì, 09 febbraio 2011

10 febbraio,il giorno del ricordo

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  -  C L I C C A    P E R     E N T R A R E    N E L     S I T O   -
postato da: sebastia11 alle ore 15:08 | link | commenti
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PER NON DIMENTICARE:Paolo Di Nella
 

 
  
Anche attaccare manifesti sul verde pubblico può essere mortale, mortale per chi come Paolo di Nella è un attivista Nazional Popolare. Paolo di Nella muore dopo sette giorni di agonia , aggredito il 2 febbraio mentre in viale Libia a Roma (quartiere Africano), alle ore 22.45 con una ragazza attaccava dei manifesti per pubblicizzare l’esproprio di una villa che sarebbe stata utilizzata come centro sociale e culturale con ampi spazi di verde pubblico totalmente mancante nel quartiere. Fu colpito alle spalle sulla testa con delle spranghe di ferro o delle chiavi inglesi.

Le ragioni di quest'assassinio sono oscure. Ormai gli anni più duri erano passati, i rivoluzionari si stavano riciclando in politica, in insospettabili professionisti o si erano persi nell'oblio della droga. Ma anni di odio, di impunità, di compiacenza non potevano essere cancellati completamente.

Dopo la vile aggressione Paolo torna a casa, verso le ore 01.30 si sente male (forti dolori alla testa) e i genitori lo portano d’urgenza all’ospedale. Durante il tragitto PAOLO perde conoscenza, dopo l’intervento chirurgico entra in coma irreversibile.

I suoi camerati, durante i giorni di agonia si danno il cambio per stargli a fianco, giorno e notte presidiano il suo letto indignandosi sempre di più per le infamie che i giornali iniziavano a scrivere.. sordide e squallide storie. Il presidente della repubblica Pertini, si reca all’ospedale non riceve una buona accoglienza.

PAOLO, muore alle 20.45 di mercoledì nove Febbraio, con il cranio fratturato come Sergio.


LA GRANDEZZA NON E' MAI VANA.
LE VIRTU' CONQUISTATE NEL
DOLORE E NEL SACRIFICIO
SONO PIU' FORTI DELL'ODIO
E DELLA MORTE.
COME IL SOLE CHE SCATURISCE
DALLE NOTTI PROFONDE PRESTO
O TARDI RISPLENDERANNO!

PAOLO E' VIVO!


Camerata Paolo Di Nella:PRESENTE!!!!  Anche attaccare manifesti sul verde pubblico può essere mortale, mortale per chi come Paolo di Nella è un attivista Nazional Popolare. Paolo di Nella muore dopo sette giorni di agonia , aggredito il 2 febbraio mentre in viale Libia a Roma (quartiere Africano), alle ore 22.45 con una ragazza attaccava dei manifesti per pubblicizzare l’esproprio di una villa che sarebbe stata utilizzata come centro sociale e culturale con ampi spazi di verde pubblico totalmente mancante nel quartiere. Fu colpito alle spalle sulla testa con delle spranghe di ferro o delle chiavi inglesi.

Le ragioni di quest'assassinio sono oscure. Ormai gli anni più duri erano passati, i rivoluzionari si stavano riciclando in politica, in insospettabili professionisti o si erano persi nell'oblio della droga. Ma anni di odio, di impunità, di compiacenza non potevano essere cancellati completamente.

Dopo la vile aggressione Paolo torna a casa, verso le ore 01.30 si sente male (forti dolori alla testa) e i genitori lo portano d’urgenza all’ospedale. Durante il tragitto PAOLO perde conoscenza, dopo l’intervento chirurgico entra in coma irreversibile.

I suoi camerati, durante i giorni di agonia si danno il cambio per stargli a fianco, giorno e notte presidiano il suo letto indignandosi sempre di più per le infamie che i giornali iniziavano a scrivere.. sordide e squallide storie. Il presidente della repubblica Pertini, si reca all’ospedale non riceve una buona accoglienza.

PAOLO, muore alle 20.45 di mercoledì nove Febbraio, con il cranio fratturato come Sergio.


LA GRANDEZZA NON E' MAI VANA.
LE VIRTU' CONQUISTATE NEL
DOLORE E NEL SACRIFICIO
SONO PIU' FORTI DELL'ODIO
E DELLA MORTE.
COME IL SOLE CHE SCATURISCE
DALLE NOTTI PROFONDE PRESTO
O TARDI RISPLENDERANNO!

PAOLO E' VIVO!


Camerata Paolo Di Nella:PRESENTE!!!!  Anche attaccare manifesti sul verde pubblico può essere mortale, mortale per chi come Paolo di Nella è un attivista Nazional Popolare. Paolo di Nella muore dopo sette giorni di agonia , aggredito il 2 febbraio mentre in viale Libia a Roma (quartiere Africano), alle ore 22.45 con una ragazza attaccava dei manifesti per pubblicizzare l’esproprio di una villa che sarebbe stata utilizzata come centro sociale e culturale con ampi spazi di verde pubblico totalmente mancante nel quartiere. Fu colpito alle spalle sulla testa con delle spranghe di ferro o delle chiavi inglesi.

Le ragioni di quest'assassinio sono oscure. Ormai gli anni più duri erano passati, i rivoluzionari si stavano riciclando in politica, in insospettabili professionisti o si erano persi nell'oblio della droga. Ma anni di odio, di impunità, di compiacenza non potevano essere cancellati completamente.

Dopo la vile aggressione Paolo torna a casa, verso le ore 01.30 si sente male (forti dolori alla testa) e i genitori lo portano d’urgenza all’ospedale. Durante il tragitto PAOLO perde conoscenza, dopo l’intervento chirurgico entra in coma irreversibile.

I suoi camerati, durante i giorni di agonia si danno il cambio per stargli a fianco, giorno e notte presidiano il suo letto indignandosi sempre di più per le infamie che i giornali iniziavano a scrivere.. sordide e squallide storie. Il presidente della repubblica Pertini, si reca all’ospedale non riceve una buona accoglienza.

PAOLO, muore alle 20.45 di mercoledì nove Febbraio, con il cranio fratturato come Sergio.


LA GRANDEZZA NON E' MAI VANA.
LE VIRTU' CONQUISTATE NEL
DOLORE E NEL SACRIFICIO
SONO PIU' FORTI DELL'ODIO
E DELLA MORTE.
COME IL SOLE CHE SCATURISCE
DALLE NOTTI PROFONDE PRESTO
O TARDI RISPLENDERANNO!

PAOLO E' VIVO!


Camerata Paolo Di Nella:PRESENTE!!!!   
Anche attaccare manifesti sul verde pubblico può essere mortale, mortale per chi come Paolo di Nella è un attivista Nazional Popolare. Paolo di Nella muore dopo sette giorni di agonia , aggredito il 2 febbraio mentre in viale Libia a Roma (quartiere Africano), alle ore 22.45 con una ragazza attaccava dei manifesti per pubblicizzare l’esproprio di una villa che sarebbe stata utilizzata come centro sociale e culturale con ampi spazi di verde pubblico totalmente mancante nel quartiere. Fu colpito alle spalle sulla testa con delle spranghe di ferro o delle chiavi inglesi.

Le ragioni di quest'assassinio sono oscure. Ormai gli anni più duri erano passati, i rivoluzionari si stavano riciclando in politica, in insospettabili professionisti o si erano persi nell'oblio della droga. Ma anni di odio, di impunità, di compiacenza non potevano essere cancellati completamente.

Dopo la vile aggressione Paolo torna a casa, verso le ore 01.30 si sente male (forti dolori alla testa) e i genitori lo portano d’urgenza all’ospedale. Durante il tragitto PAOLO perde conoscenza, dopo l’intervento chirurgico entra in coma irreversibile.

I suoi camerati, durante i giorni di agonia si danno il cambio per stargli a fianco, giorno e notte presidiano il suo letto indignandosi sempre di più per le infamie che i giornali iniziavano a scrivere.. sordide e squallide storie. Il presidente della repubblica Pertini, si reca all’ospedale non riceve una buona accoglienza.

PAOLO, muore alle 20.45 di mercoledì nove Febbraio, con il cranio fratturato come Sergio.




LA GRANDEZZA NON E' MAI VANA.
LE VIRTU' CONQUISTATE NEL
DOLORE E NEL SACRIFICIO
SONO PIU' FORTI DELL'ODIO
E DELLA MORTE.
COME IL SOLE CHE SCATURISCE
DALLE NOTTI PROFONDE PRESTO
O TARDI RISPLENDERANNO!

PAOLO E' VIVO!


Camerata Paolo Di Nella:PRESENTE!!!
 
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