domenica 20 novembre 2011

martedì, 05 ottobre 2010

Sembra una vicenda da Medio Evo islamico, invece è successo a Novi piccolo centro a pochi chilometri da Modena. Padre e figlio “puniscono” a sprangate la figlia e sorella che rifiuta un matrimonio combinato, poi con un sasso, usato forse solo dal genitore, mettono a tacere la disperata difesa della madre: la giovane e’ grave, ma non in pericolo di vita, la mamma e’ morta sotto i colpi di una storia che ricorda quella di Hina Saleem, la pachistana di 21 anni che voleva vivere “in modo occidentale” e che per questo fu sgozzata il 10 agosto 2006 a Sarezzo (Brescia) nella casa dei genitori.
Gli apostoli della societa’ multi religiosa non potranno piu’ parlare di un caso isolato.
Una similitudine rovesciata. La’ mori’ la giovane Hina Saleem e la madre di fatto accetto’ le scelte del padre. Qua e’ la mamma di Nosheen Butt a pagare il prezzo piu’ alto per una ribellione ritenuta evidentemente oltraggiosa da “morire”.
E’ successo nel pomeriggio attorno alle 16.30 nel cortile di un edificio del centro abitato di Novi di Modena. In quella casa la famiglia e i cinque figli vivono da alcuni anni e all’interno del giardino si consuma il dramma.
Pare che in casa in quel momento ci siano anche due degli altri tre figli piu’ piccoli che la coppia ha generato, mentre la terza, la piu’ grandicella, sarebbe stata fuori. Sembra che a colpire la ragazza, con una spranga che l’ha ridotta in gravi condizioni, sia stato il fratello di 19 anni e che poi avrebbe impugnato una pietra con la quale colpire la moglie uccidendola. Alla scena hanno assistito alcuni vicini, che hanno chiamato i soccorsi.
Sono intervenuti gli operatori del 118 e i carabinieri, che sono riusciti a fermare padre e figlio e a portarli in caserma dove hanno scelto di non rispondere alle domande. A Novi un rifiuto di nozze combinate, a Sarezzo la voglia di vivere liberamente la relazione col proprio fidanzato italiano. In entrambi i casi, la logica del possesso fino alle piu’ estreme conseguenze ha reso spietati assassini due padri. E soggiogate fino alla morte le mogli, le figlie.
tratto da:http://www.storace.it/
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venerdì, 01 ottobre 2010

Agguato a Belpietro sulla porta di casa:
sparatoria con la scorta, caccia all'uomo

Belpietro nel suo ufficio a Libero (foto Milo Sciaky - Ansa)
Indagini a 360 gradi: violenza politica, furto o vendetta. Il direttore di Libero: mi ricorda gli albori degli anni di piombo
ROMA (1° ottobre) - Un uomo armato di una pistola è stato sorpreso nella tarda serata di ieri, intorno alle 22.45, dal capo della scorta di Maurizio Belpietro che aveva appena accompagnato il direttore di "Libero" all'uscio di casa, in un condominio nel centro di Milano, in via Monti di Pietà. Sorpreso sulle scale, l'uomo, alto circa un metro e 80, sui 40 anni, ha puntato l'arma verso l'agente, che è riuscito a ripararsi dietro una colonna del pianerottolo e ha sparato prima due colpi a scopo intimidatorio, poi un terzo. L'uomo, corpulento ma molto agile, è riuscito a fuggire scendendo all'impazzata tutti i piani delle scale e, pur inseguito dal poliziotto armato di pistola, è riuscito a fuggire anche grazie al fatto che il condomimio ha diverse uscite. Sul posto non sono state trovate tracce di sangue. Sulla vicenda indagano la digos e la squadra mobile della questura di Milano.

L'arma non ha sparato perché si è inceppata. La pistola dell'aggressore è una semiautomatica, tipo Beretta, simile a quella in dotazione alle forze dell'ordine, ha spiegato il questore di Milano, Vincenzo Indolfi, che ha incontrato la stampa con il capo della Digos, Bruno Megale. Secondo la testimonianza dello stesso caposcorta, l'arma, ha riferito il questore, «non ha sparato perché si è inceppata». Indolfi ha riferito che il caposcorta ha sentito distintamente il rumore del grilletto che scattava. Il poliziotto, che era tra il quarto e il quinto piano e stava scendendo a piedi la prima rampa di scale, si è riparato dietro un muro e ha sparato i primi due colpi in rapida successione contro l'aggressore. Una pallottola si è conficcata nel corrimano, la seconda nel battiscopa. Il caposcorta ha inseguito l'uomo e giunto al terzo piano ha esploso il terzo colpo di pistola che ha infranto una vetrata. Successivamente il poliziotto, mentre dava l'allarme con il cellulare, è risalito al quinto piano per assicurarsi dell' incolumità del direttore di Libero.

«Non so che dire, la sensazione è che quella persona stesse aspettando il mio ritorno a casa - dice Belpietro, sotto scorta da otto anni - E se il mio caposcorta avesse preso l'ascensore per scendere, e non le scale, non so come sarebbe andata. Il mio caposcorta mi aveva accompagnato all'uscio di casa come al solito. Ci siamo salutati, ma lui poi mi ha spiegato che, invece di prendere l'ascensore, ha preferito scendere le scale per fumarsi una sigaretta. Sulla rampa tra il quinto e il quarto piano, pochi gradini sotto il mio pianerottolo, si è imbattuto in questa persona che pare indossasse una camicia simile a quella usata dai militari della Guardia di finanza, ma su pantaloni di una tuta. Questo signore, senza pronunciare una parola, ha puntato l'arma sul poliziotto, ma il grilletto si è inceppato. Il mio caposcorta ha fatto fuoco e lo sconosciuto è scappato. Io ero già entrato in casa, ma non avevo ancora chiuso la porta. Appena ho sentito uno sparo, seguito da altri due ho subito capito che stava accadendo qualcosa di grave. Mi sono girato di scatto e ho visto il poliziotto prima ripararsi dietro a un angolo e poi partire all'inseguimento di quel malvivente. Certo che se avessero bussato alla mia porta, poco dopo che mi avevano accompagnato, avrei aperto e non so come sarebbe andata a finire. Non chiudo mai la porta a chiave ma solo con lo scatto della serratura. E se avesse suonato, vedendo la casacca della Guardia di Finanza dallo spioncino, avrei aperto senza nulla sospettare».

Belpietro: l'agguato ricorda gli albori degli anni di piombo. «Sto bene, sono tranquillo. Io sono una persona tranquilla e serena, certo, da ieri un po' meno - ha detto poi in giornata Belpietro - Non cambio il mio lavoro. Non l'ho cambiato neanche stamattina. Ho fatto le cose che faccio sempre, il mio programma tv, la riunione di redazione e oggi pomeriggio scriverò per raccontare cosa è successo e cosa penso». Ha però ammesso che «ora c'è più preoccupazione. Io sono un semplice cronista che fa il suo lavoro, ma sono preoccupato per la mia famiglia». Per Belpietro l'agguato ricorda quelli degli anni '70. La vicenda che gli torna alla mente di più risale agli albori degli anni di piombo «prima dell'omicidio di Calabresi, quando un militante extraparlamentare di sinistra aspettò nell'androne di casa un esponente dell'Msi». L'attentatore in quel caso si ferì ma - ha sottolineato Belpietro - avrebbe potuto uccidere.

La procura di Milano ha aperto un fascicolo, a carico di ignoti, per tentato omicidio ai danni dell'agente della scorta che ieri sera ha sorpreso all'interno del palazzo dove abita il direttore di Libero Maurizio Belpietro, un uomo armato di pistola. L'uomo prima di fuggire ha puntato l'arma contro l'agente, il quale ha sparato alcuni colpi a scopo intimidatorio. Nell'inchiesta, coordinata dall'ex procuratore aggiunto Ferdinando Pomarici e dal Pm Grazia Pradella, è ipotizzato anche il reato di detenzione e porto abusivo di armi.

Rafforzata la scorta. La tutela, un'auto con due persone a bordo su cui fino a ieri viaggiava Belpietro, era stata assegnata al direttore di Libero nel 2003, a seguito di una serie di minacce che il giornalista aveva ricevuto. Da oggi, invece, Belpietro si muoverà con un'auto di scorta al seguito con a bordo due persone.

Le indagini della Digos si muovono a 360 gradi e gli investigatori non escludono alcuna pista, pur partendo da alcuni punti fermi, come la testimonianza del caposcorta di Belpietro (che ha riferito dell'arma automatica che avrebbe sparato se non si fosse inceppata, del travisamento dell'uomo con una camicia simile a quelle in dotazione alla guardia di finanza), e l'identikit ricostruito sulle sue indicazioni. Per ora le piste al vaglio della questura non escludono l'ampio vaglio della matrice «politica», dall'antagonismo eversivo all'area anarco-insurrezionalista, ma non scartano nemmeno la traccia della criminalità comune. Ossia, che l'uomo scappato in fretta e furia sia stato un rapinatore in attesa della vittima di turno nella tromba delle scale dell'elegante stabile, trovandosi nel posto sbagliato al momento sbagliato. A queste ipotesi si affianca anche il filone della vendetta, di qualcuno che magari per articoli scritti in passato, ce l'aveva con Belpietro.

Solidarietà, preoccupazione e condanna del gesto, ma anche polemiche. La solidarietà a Belpietro è bipartisan. Napolitano gli telefona per manifestargli la sua solidarietà. Da più parti si sottolinea come nel Paese si respiri ormai un crescente clima di odio, influenzato anche dall'inasprirsi dei toni della contesa politica. Il Pdl attacca l'Italia dei Valori citando il durissimo intervento di Di Pietro alla Camera nel giorno della fiducia al governo. L'Italia dei Valori rimanda al mittente le accuse, bollandole come «ignobili».

postato da: sebastia11 alle ore 21:47 | link | commenti
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mercoledì, 29 settembre 2010

NORMA COSSETTO - VIOLENTATA DA 17 AGUZZINI, TORTURATA E MASSACRATA E POI GETTATA IN UNA FOIBA DAI PARTIGIANI COMUNISTI !!
A LEI VENNE INTITOLATA LA BRIGATA NERA FEMMINILE DI TRIESTE.
NORMA COSSETTO,era una splendida ragazza di 24 anni di S. Domenico di Visinada, laureanda in lettere e filosofia presso l'Università di Padova.Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa Cossetto razziando ogni cosa.Prelevarono Norma che,dopo essere stata in due caserme,venne condotta nella scuola di Antignana, dove iniziò il suo vero martirio. Fissata ad un tavolo con alcune corde, venne violentata da diciassette aguzzini, ubriachi e esaltati, quindi gettata nuda nella Foiba poco distante dove venne poi recuperato il suo cadavere.Una signora di Antignana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio gemiti e lamenti, verso sera, appena buio, osò avvicinarsi alle imposte socchiuse. Vide la ragazza legata al tavolo e la udì, distintamente, invocare la mamma e chiedere da bere per pietà.
AGGHIACCIANTE RACCONTO DELLA SORELLA LUCIA:
« Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l'abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all'addome.... Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l'abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: "Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch'io"» »
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lunedì, 27 settembre 2010

MARCELLO VENEZIANI A NOME DI TUTTA UNA ... GENERAZIONE !!!
ANCHE SE TUTTI... NOI, NO !

" Io so chi c’è dietro le carte che accusano Fini. So chi le ispira, conosco bene il mandante. Non c’entra affatto con Palazzo Chigi, i servizi segreti, il governo di Santa Lucia.
È un ragazzo di quindici anni che si iscrisse alla Giovane Italia.
Sognava un’Italia migliore, amava la tradizione quanto la ribellione, detestava l’arroganza dei contestatori almeno quanto la viltà dei moderati, e si sedette dalla parte del torto, per gusto aspro di libertà. Portava in piazza la bandiera tricolore, si emozionava per storie antiche e comizi infiammati, pensava che solo i maledetti potessero dire la verità.
Quel ragazzo insieme ad altri coetanei fondò una sezione e ogni mese facevano la colletta per pagare tredicimila lire di affitto, più le spese di luce, acqua e attività. Si tassavano dalla loro paghetta ma era solo un acconto, erano disposti a dare la vita. Il ragazzo aveva vinto una ricca borsa di studio di ben 150mila lire all’anno e decise di spenderla tutta per comprare alla sezione un torchio e così esercitare la sua passione politica e anche di stampa. Passò giorni interi da militante, a scrivere, a stampare e diffondere volantini.
E con lui i suoi inseparabili camerati, Precco, Martimeo, il Canemorto, e altri. Scuola politica di pomeriggio, volantini di sera, manifesti di notte, rischi di botte e ogni tanto pellegrinaggi in cerca di purezza con tricolori e fazzoletti al collo. Erano migliaia i ragazzi come lui. Ce ne furono alcuni che persero la vita, una trentina mi pare, ma non vuol ricordare i loro nomi; lo infastidiva il richiamo ai loro nomi nei comizi per strappare l’applauso o, peggio, alle elezioni per strappare voti. Perciò non li cita. Sa solo che uno di quei ragazzi poteva essere lui. È lui, il ragazzo di quindici anni, il vero mandante e ispiratore delle accuse a Fini.
Non rivuole indietro i soldi che spese per il torchio, per mantenere la sezione, per comprare la colla. Furono ben spesi, ne va fiero.
Non rivuole nemmeno gli anni perduti che nessuno del resto può restituirgli, le passioni bruciate di quel tempo.
E nemmeno chiede che gli venga riconosciuto lo spreco di pensieri, energie, parole, opere e missioni che dedicò poi negli anni a quella «visione del mondo». Le idee furono buttate al vento ma è giusto così; è al vento che le idee si devono dare.
Quell’etichetta gli restò addosso per tutta la vita, e gli costò non poco, ma seppe anche costruirvi sopra qualcosa.
No, non chiede indietro giorni, giornali, libri, occasioni e tanto tanto altro ancora. Però quel che non sopporta è pensare che qualcuno, dopo aver buttato a mare le sue idee e i loro testimoni, dopo aver gettato nel cesso quelle bandiere e quei sacrifici, dopo aver dimenticato facce, vite, morti, storie, culture e pensieri, possa usare quel che resta di un patrimonio di fede e passione per i porci comodi suoi e del suo clan famigliare. Capisce tutto, cambiare idee, adeguarsi al proprio tempo, abiurare, rinnegare, perfino tradire. Non giustifica, ma capisce; non rispetta, ma accetta. È la politica, bellezza. E figuratevi se pensa che dovesse restare inchiodato alla fiamma su cui pure ha campato per tanto tempo.
Però quel che non gli va giù è vedere quelle paghette di ragazzi che alla politica dettero solo e non ebbero niente, quei soldi arrotolati di poveracci che li sottraevano alle loro famiglie e venivano a dirlo orgogliosi, quelle pietose collette tra gente umile e onesta, per tenere in vita sezioni, finire in quel modo. Gente che risparmiava sulla benzina della propria Seicento per dare due soldi al partito che col tempo finirono inghiottiti in una Ferrari.
Gente che ha lasciato alla Buona Causa il suo appartamento.
Gente che sperava di vedere un giorno trionfare l’Idea, come diceva con fede grottesca e verace. E invece, Montecarlo, i Caraibi, due, tre partiti sciolti nel nulla, gioventù dissolte nell’acido. È questo che il ragazzo non può perdonare.Da Berlusconi il ragazzo non si aspettava nulla di eroico, e neanche da Bossi o da Casini. E nemmeno da Fini, tutto sommato. Capiva i tempi, i linguaggi e le esigenze mutate, le necessità della politica, il futuro... Poteva perfino trescare e finanziare la politica con schifose tangenti; ma giocare sulla pelle dei sogni, giocare sulla pelle dei poveri e dei ragazzini che per abitare i loro sogni si erano tolti i due soldi che avevano, no, non è accettabile.
Attingere da quel salvadanaio di emarginate speranze è vergognoso; come vergognoso è lasciare col culo per terra tanta gente capace e fedele nei secoli, che ha dato l’anima al suo partito ed era ancora in attesa di uno spazio per loro, per favorire con appaltoni rapidi e milionari il suddetto clan famigliare.
Lui non crede che il senso della vita sia, come dice Bocchino in un’intervista, «Cibo, sesso e viaggi» (si è scordato dei soldi). Il vero ispiratore e mandante dell’operazione è lui, quel ragazzo di quindici anni.
Si chiama Marcello, ma potrebbe chiamarsi Pietrangelo o Marco. Non gl’interessa se Gianfrego debba dimettersi e andarsene all’estero, ai Caraibi o a Montecarlo, o continuare. Lo stufa questo interminabile grattaefini. È pronto a discutere le ragioni politiche, senza disprezzarle a priori.
Sentiremo oggi le sue spiegazioni (ma perché un videomessaggio, non è mica Bin Laden). Però Fini non ha diritto di rubare i sogni di un ragazzo, di un vecchio, di un combattente. Non ha diritto di andarsi a svendere la loro dignità, i loro sacrifici, le loro idee.
Non può sporcare quel motto di Pound che era il blasone di quei ragazzi; loro ci hanno rimesso davvero, lui ci ha guadagnato.
Quel ragazzo ora chiede a Fini solo un piccolo sforzo, adattare lo slogan alla situazione reale e dire:
se un uomo è disposto a svendere casa, o non vale niente la casa o non vale niente lui. E la casa valeva."

di Marcello Veneziani
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venerdì, 24 settembre 2010

Disoccupazione, un abisso senza fine
Filippo Ghira
In Italia i disoccupati continuano ad aumentare. Nel secondo trimestre del 2010, secondo il dato dell’Istat, l’aumento sui tre mesi precedenti è stato dello 0,1% passando dall’8,4% all’8,5%. Un aumento che sembra a prima vista minimo ma che in ogni caso è sintomo di un processo inarrestabile. Se il dato lo si paragona a quello di fine luglio del 2009, l’aumento è stato del 2,9%. Se poi si valuta il dato della disoccupazione giovanile, qui è veramente notte fonda, come al Sud dove si tocca il 40%.
Le persone in cerca di lavoro a fine luglio erano 2.136.000, con un aumento dell'1,1% sul primo trimestre (+24.000) e del 13,8% rispetto allo stesso periodo del 2009. Gli occupati erano 22.915.000, con un aumento dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Rispetto al periodo aprile-giugno 2009, la riduzione è stata pari allo 0,8% (con 195.000 occupati in meno), all’interno della quale si evidenzia una riduzione dei lavoratori italiani (-366.000) e una crescita degli stranieri (+171.000). Si evidenzia anche una forte riduzione del numero degli occupati a tempo nell'industria specie al Nord e un incremento dell'occupazione a orario ridotto.
Preoccupa in particolare il fatto che continui a crescere la disoccupazione tra i giovani e in misura più forte rispetto al totale italiano. Nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione tra i giovani ha toccato il 27,9% con un incremento del 4% sul 2009 ma in leggerissimo miglioramento rispetto ai primi tre mesi dell'anno. La situazione appare invece tragica nelle regioni del Sud dove il numero dei disoccupati sfiora il 40%, in miglioramento sul primo trimestrr ma con un aumento del 3,9% sul 2009.
Nel Nord la disoccupazione giovanile è arrivata al 20%, il che denota un miglioramento rispetto al 21,8% del primo trimestre. Non ha battuto ciglio il ministro del Lavoro, l’ex socialista Maurizio Sacconi, che pure preoccupato per il dato della disoccupazione giovanile, ha affermato che l’unica e fondamentale risposta resta quella di puntare sull’istruzione e sulla formazione,  affinché le competenze corrispondano a quelle richieste dal mercato del lavoro. Il Governo, a suo avviso, avrebbe agito bene, con il suo Piano triennale e con il programma per l'occupazione giovanile. Si deve insistere, ha insistito, sulla integrazione tra apprendimento e lavoro, sul rilancio dei contratti di apprendistato, sullo sviluppo delle politiche di collocamento e ricollocamento dei lavoratori anche grazie a un rinnovato patto con le Regioni.
Sul molto preoccupato le reazioni in campo sindacale, dove il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, che ha osservato che l'Istat ha evidenziato che dopo la prevalente espulsione di lavoro temporaneo adesso i più colpiti sono i lavoratori a tempo indeterminato. Ma anche che l'occupazione di lavoratori migranti rappresenta soprattutto una sanatoria del lavoro esistente e che l'occupazione a tempo parziale ha caratteristiche prevalenti di non volontarietà da parte delle persone.
Siamo di fronte ad un cambio profondo nelle modalità del lavoro, ha accusato Fammoni, eppure Sacconi non lascia trasparire alcuna preoccupazione o volontà di agire, continuando ad affermare unicamente che stiamo meglio della situazione europea. Le cose non stanno così. L'Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione in Europa, il record della disoccupazione giovanile, che rappresenta ormai una vera e propria emergenza sociale, e un livello altissimo di inattività e lavoro nero. E poi, c’è, un numero dei cosiddetti “sospesi dal lavoro” che porta il tasso di disoccupazione reale ben oltre la media europea. E le stesse politiche del governo, ha concluso il sindacalista, non fanno altro che deprimere lo sviluppo, aumentare i disoccupati, come nella pubblica amministrazione, cancellare i diritti e non dare certezza per le tutele.
si ringrazia per la segnalazione il sito:http://luniversale.splinder.com/

postato da: sebastia11 alle ore 17:44 | link | commenti (2)
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IL NOSTRO PROGRAMMA POLITICO PER IL 2010
FIAMMA FUTURA - PROGRAMMA POLITICO 2010
L’associazione “Fiamma Futura”, composta da militanti e dirigenti del Movimento Sociale Fiamma Tricolore (di seguito: FF), nel rispetto dei valori esposti dallo Statuto del Partito e soprattutto dei valori  supremi dell'Unità e Indipendenza della Patria, adotta il presente programma politico, destinato ad essere la guida per la propria azione politica a livello locale.

Il presente programma è semplicemente l'attualizzazione, nella presente situazione di tempo e di luogo, dell'articolo n. 1 dello Statuto del Partito:

II Movimento Sociale - Fiamma Tricolore è un’organizzazione politica, ispirata a una concezione spirituale della vita, che ha il fine di garantire la dignità e gli interessi del popolo italiano, nella ininterrotta continuità storica delle sue tradizioni di civiltà e nella sua prospettiva di una più vasta missione occidentale, europea, mediterranea. Il MSFT si propone la realizzazione dello Stato Nazionale del Lavoro, per il raggiungimento - mediante l'alternativa corporativa - dei più vasti traguardi di giustizia sociale/e di elevazione umana, nel rispetto della libertà per tutti e nell'armonia dell'ordine con la libertà.

FF, nel perseguire le proprie finalità, non respinge a priori la possibilità di accordi del Movimento Sociale Fiamma Tricolore con altre forze politiche, che accetta in nome di un approccio pragmatico e costruttivo all’azione politica; ma allo stesso tempo rivendica la propria specificità etica e politica, quale erede orgoglioso dei valori della Tradizione Nazionale.


IMMIGRAZIONE E ORDINE PUBBLICO


L’Italia non è terra d'immigrazione.

Esigenza prioritaria è la difesa dell’identità etnica, linguistica e culturale della Nazione e la contestuale promozione della crescita demografica del popolo italiano;

E’ necessario disporre il blocco di ogni ulteriore immigrazione extraeuropea e la sostituzione degli immigrati extra-europei presenti con i disoccupati italiani, mediante rimpatrio dei primi e fino alla piena occupazione dei secondi.

Lo Stato deve assicurare il contrasto più deciso all'immigrazione extracomunitaria provvedendo: al controllo delle frontiere marittime e al respingimento in mare dei natanti recanti a bordo immigrati clandestini; all’individuazione, al fermo e all’immediata espulsione degli immigrati clandestini già presenti sul territorio nazionale.

Inoltre, dovranno essere impediti gli assembramenti di immigrati con tutta probabilità clandestini, dediti all’accattonaggio e al parcheggio abusivo, in particolari aree urbane.

Gli Enti Locali devono assicurare il contrasto più deciso all’immigrazione extracomunitaria dispiegando la massima vigilanza nelle materie di propria competenza (igiene, annona, edilizia, ordine pubblico, etc.), soprattutto dove la presenza di immigrati extracomunitari può mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini e l’ordine pubblico e costituire, a seguito dell’inosservanza degli obblighi fiscali, contributivi e di sicurezza richiesti dalla legge, una concorrenza economica sleale alle imprese locali.

Diffusione omogenea sul territorio regionale delle presenza delle Forze di Polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Guardia Costiera) al fine della prevenzione e della repressione dei reati, della garanzia della sicurezza e dell'ordine pubblico anche nelle zone più interne e difficilmente raggiungibili. Sfavore per le “ronde” civiche, espressione lampante dell’abdicazione dello stato di diritto e certificazione dell’incapacità dello Stato di garantire la sicurezza dei cittadini, nonché inutile aggravio per le casse pubbliche. Sfavore per l’impiego delle Forze Armate in operazioni di polizia o in servizi pubblici diversi dal campo proprio d’impiego.

Ammodernamento e incremento delle strutture carcerarie nella Regione e adeguamento degli organici della Polizia Penitenziaria.


SOVRANITA’ MONETARIA E LOTTA ALLA SPECULAZIONE FINANZIARIA


Obiettivo politico è la costruzione di un’economia sociale di mercato fondata sulla sovranità monetaria dello Stato, sul protezionismo doganale nei confronti delle importazioni extra-europee e sulla lotta al lavoro precario.

L’azione speculativa del sistema bancario nel suo complesso rappresenta oggi il maggiore ostacolo al pieno sviluppo delle istituzioni pubbliche e delle attività private. Occorre nei tempi più brevi possibili rimuovere questo ostacolo allo sviluppo dell’economia nazionale e del benessere nazionale ed individuale.

Lo Stato deve recuperare la piena sovranità politica, che non può prescindere in nessun caso da quella monetaria e bancaria. Lo Stato dovrà tornare a battere la propria moneta in nome e per conto dei propri cittadini. Il signoraggio, ovvero il profitto derivante dall’emissione di moneta, dovrà essere acquisito dallo Stato a titolo originario ed essere utilizzato per finanziare la spesa pubblica e per le esigenze collettive ed individuali dei cittadini.

Il mito della lotta di classe, coltivato da una certa sinistra politica e sindacale, è servito unicamente per alimentare una falsa contrapposizione. A datori di lavoro e lavoratori, assurdamente contrapposte, è stato impedito di comprendere chi veramente pratica la tosatura a monte della ricchezza prodotta dall’intero mercato. Per favorire l’unità d’intenti tra imprese e lavoratori e la tutela dei reciproci interessi, è auspicabile la socializzazione degli utili realizzati nelle attività produttive.

Le coalizioni governative di destra e di sinistra sono incapaci d’affrontare e risolvere le problematiche economiche e sociali causate dall’incertezza e dalla scarsa incisività sino ad ora dimostrata nell’impedire la sottrazione di ricchezza dall’intero mercato praticati dalle attività mafiose d’ogni tipo e dalla gestione privata della funzione bancaria e monetaria. Tramontata definitivamente la fittizia contrapposizione ideologica tra destra e sinistra, la popolazione avverte l’inutilità dell’azione politica intrapresa sia dalla destra che dalla sinistra e come segno di disaffezione si allontana dalla politica, diserta sempre più le elezioni e quando vi partecipa, vota quasi sistematicamente contro la formazione di governo in carica.

All’incremento medio della produttività nei diversi settori produttivi non corrisponde una maggior diffusione di ricchezza tra i cittadini, bensì un diminuito tenore di vita.

Poiché tradizionalmente le politiche economiche vengono perseguite attraverse le due leve della politica monetaria e della politica fiscale, è naturale che la concentrazione della sovranità monetaria in capo alla Banca Centrale Europea impedisce allo Stato di portare a buon fine qualsiasi azione di politica economica.


ORGANIZZAZIONE DELLO STATO


Creazione di un governo fondato sull’investitura popolare diretta del Presidente della Repubblica, capo dello Stato e titolare del potere esecutivo. Elezione diretta a turno unico del Presidente della Repubblica. Governo di nove ministri nominati e revocati dal Presidente della Repubblica, che  svolge funzioni di Primo Ministro. Assemblea nazionale monocamerale di 100 deputati, eletta con sistema proporzionale a collegio unico nazionale e turno unico. Ogni lista (o coalizione di liste) di candidati all'Assemblea Nazionale si collega ad un candidato presidente della Repubblica e la lista (o coalizione di liste) collegata al Presidente vincente, ottiene in ogni caso almeno 60 deputati su 100.

Abolizione delle Regioni e creazione di circa 60 grandi Province, ciascuna con popolazione intorno al milione di abitanti.  Elezione diretta a turno unico del Presidente della Provincia. Giunta Provinciale di quattro assessori nominati e revocati dal Presidente della Provincia, che  la presiede. Assemblea provinciale monocamerale di 20 deputati, eletta con sistema proporzionale a collegio unico provinciale e turno unico. Ogni lista (o coalizione di liste) di candidati all'Assemblea Provinciale si collega ad un candidato presidente della Provincia e la lista (o coalizione di liste) collegata al Presidente vincente, ottiene in ogni caso almeno 12 deputati su 20.

Le città principali della Nazione (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Catania, Bari) sono organizzate in Città Metropolitane, con popolazione da un milione a 500.000 abitanti e ordinamento analogo a quello delle Province.

Riordino degli attuali Comuni e creazione di grandi Comuni, ciascuno con popolazione da 200.000 a 50.000 abitanti.  Elezione diretta a turno unico del Sindaco. Giunta  Comunale di due assessori nominati e revocati dal Sindaco, che  la presiede. Consiglio Comunale monocamerale di 10 consiglieri, eletta con sistema proporzionale a collegio unico nazionale e turno unico. Ogni lista (o coalizione di liste) di candidati al Consiglio Comunale si collega ad un candidato Sindaco e la lista (o coalizione di liste) collegata al Sindaco vincente, ottiene in ogni caso almeno 6 consiglieri su 10.

Per evitare conflitti di competenza tra i diversi livelli di governo, netta separazione di funzioni tra Stato e Provincia. A tal fine, soppressione della competenza legislativa c.d. “concorrente”.. Riconduzione delle rispettive materie, in base al principio di sussidiarietà, alla competenza esclusiva della Regione (che deve tornare ad essere “tassativa”) o dello Stato (che deve tornare ad essere “residuale”).


POLITICA ESTERA E DI DIFESA


Scopo della politica estera italiana deve essere quello del recupero e della riaffermazione dell’unità, dell’indipendenza e della sovranità dello Stato.

Occorre superare l’ingerenza burocratica e normativa dell’attuale Unione Europea per riaffermare, in nome del principio di sussidiarietà, la sovranità degli Stati Nazionali che restano gli unici potenziali pilastri della costruzione europea, in virtù dell’attaccamento dei popoli europei alle loro identità nazionali e delle tradizioni politiche ed amministrative degli apparati statali.

Ma fatto salvo quanto sopra, proprio per consentire ai popoli europei di essere liberi e padroni in casa propria, è necessario procedere alla costruzione di un’Europa unita, indipendente e armata, fondata su Stati nazionali che in particolare costruiscano una politica estera e di difesa comune, al fine di sostituire l’antistorica NATO con una vera alleanza militare europea.

Questa Europa dovrà guardare con particolare favore alla Russia in nome della costruzione di uno spazio geopolitico continentale euro-asiatico o euro-siberiano capace di garantire ordine e stabilità da Lisbona a Vladivostok.

La presenza difensiva delle Forze Armate Italiane (Esercito Italiano, Marina Marina Militare Italiana, Aeronautica Militare Italiana) deve dispiegarsi su tutto il territorio nazionale, al fine di: sostituire le basi militari americane ancora presenti con basi militari nazionali; garantire la difesa e la sicurezza nazionali; assicurare un indotto tale da garantire occupazione e lavoro alle popolazioni residenti. Detta presenza militare – si ribadisce – dovrà riguardare unicamente  le Forze Armate Italiane e non quelle di alleanze militari inique e servili quali la NATO. Unica auspicata eccezione, come già ribadito, potrebbe darsi nel caso di costituzione di una forza militare europea, espressione di una ferma ed indipendente volontà di potenza continentale.


IDENTITA’ NAZIONALE, SCUOLA E CULTURA


Difesa e promozione della lingua, dell’identità e della civiltà italiane, come trasmesse alle attuali generazioni dalle plurimillenarie vicende storiche della Nazione (dal popolamento indoeuropeo del continente e delle isole alla Civiltà Romana; dal  Medioevo ghibellino al Rinascimento; dal Risorgimento al Fascismo).

Difesa delle tradizioni, della cultura e delle specificità delle popolazioni locali.

Educazione nazionale ispirata ai principi di: meritocrazia, disciplina, partecipazione; approfondimento della storia, della cultura e delle arti italiane ed europee; valorizzazione della scienza e della tecnologia; formazione dell’Uomo, del Cittadino, del Patriota.

Opposizione alla chiusura delle scuole elementari e medie nei centri minori. Adeguamento dell’edilizia scolastica da parte di Comuni e Province, con particolare riguardo alla sicurezza degli edifici.

Difesa e promozione dell’Università sarda mediante il potenziamento della ricerca soprattutto scientifica e tecnologica e il ruolo attivo degli Atenei sardi nell’arginare la c.d. “fuga dei cervelli” all’estero.

Potenziamento degli impianti sportivi nel territorio regionale e promozione della pratica sportiva a livello scolastico, giovanile e dopolavoristico.

Incremento dei fondi destinati alla ricerca archeologica, finalizzato all’apertura di nuovi cantieri di scavo ed alla conclusione delle tante campagne già avviate ed interrotte più volte a causa della cronica inadeguatezza delle risorse. Conclusione di tutte le campagne di restauro già avviate.

Restituzione dei reperti da parte dei musei maggiori a quelli dei piccoli centri di provenienza, finalizzata allo sviluppo diffuso del turismo archeologico anche nelle zone interne e periferiche.


AGRICOLTURA, ALLEVAMENTO E PESCA


Difesa del prodotto agro-alimentare italiano mediante l’istituzione del marchio, garantito dallo Stato attraverso le Camere di Commercio, “prodotto in Italia da maestranze italiane”.

Difesa delle imprese agricole italiane dalla concorrenza sleale delle importazioni provenienti da paesi che non garantiscono il medesimo livello di tutela sociale e in materia di sicurezza dei lavoratori, previsto dalla legislazione italiana, mediante l’adozione di barriere doganali protezionistiche.

Abolizione delle quote di produzione agro-alimentare (es. quote latte), piena libertà di produzione e sviluppo per le aziende italiane e condono delle sanzioni irrogate in passato.

Potenziamento del comparto ittico.

Riduzione del carico fiscale delle imprese agricole e forte ampliamento della casistica di spese deducibili e detraibili in sede di dichiarazione dei redditi, anche al fine di combattere l’evasione fiscale e garantire un’effettiva equità contributiva.

Affidamento – previa modifica della legislazione nazionale e rinegoziazione degli accordi comunitari in materia - degli appalti delle pubbliche amministrazioni per forniture agro-alimentari unicamente a imprese agricole italiane con sede di produzione in Italia, al fine di difendere il prodotto e il lavoro italiani e creare ulteriori occasioni di lavoro.

Pianificazione statale di una politica di distribuzione dei prodotti agro-alimentari da realizzarsi tramite le associazioni di categoria dei produttori con creazione di punti di vendita indipendenti dalla grande distribuzione, con incremento degli utili per i produttori agro-alimentari a discapito degli intermediari della distribuzione.

Costituzione di mercati cosiddetti “diretti” nei quali i consumatori possono acquistare, in determinati giorni, direttamente dai produttori, con una drastica riduzione della filiera e, conseguentemente, dei costi.

Incentivazione delle fiere agro-alimentari locali e nazionali, al fine di assicurare un mercato e un’occasione di conoscenza e di scambio ai piccoli produttori.

Incentivazione della cooperazione tra categorie di produttori agro-alimentare, al fine di consentire loro di essere concorrenziali con le grandi aziende del settore.

Controllo sull’uso dei pesticidi, garanzia delle condizioni biologiche di produzione e inasprimento delle sanzioni penali nei confronti di chi adultera i prodotti agro-alimentari, con certificazione e tracciabilità del rispetto dei criteri di produzione biologica anche per i prodotti non finiti utilizzati per il prodotto finale.

Abolizione del divieto comunitario di vendita o scambio tra agricoltori delle sementi non registrate, con aggiornamento delle liste esistenti mediante iscrizione libera e gratuita delle varietà locali.

A tutela della salute del consumatore e dell’equilibrio ambientale, divieto di utilizzazione e diffusione su tutto il territorio nazionale degli organismi geneticamente modificati.


AMBIENTE, RISORSE IDRICHE ED ENERGIA


Istituzione del gestore unico delle risorse idriche a livello territoriale, con tariffa unica ma con più pregnanti poteri di controllo della gestione da parte dei Comuni.

Riconduzione delle funzioni, delle competenze e delle risorse degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti alle Province.

Istituzione di impianti di termovalorizzazione per la trasformazione dei rifiuti in energia in ogni Provincia.

Impiego di tecnologie per la produzione di energia da carbone e riavvio di un programma nucleare, per avere disponibilità energetica a basso prezzo per le imprese.

Incremento della raccolta differenziata dei rifiuti.

Misure di protezione idrogeologica del territorio. Riforestazione del territorio e ripristino dei corsi d'acqua.

Avviamento di una importante campagna di ripopolamento delle specie autoctone di selvaggina. Incentivi per la creazione di aziende agrofaunistiche ed agrovenatorie.

Incremento delle misure di protezione contro l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo.

Mantenimento - con alcuni correttivi - della legge salva-coste per evitare speculazioni edilizie.

Introduzione di più severe norme edilizie a tutela del decoro estetico dell'abitato. Imposizione ai comuni di norme uniformi di decoro urbano ed architettonico.


ATTIVITA’ PRODUTTIVE


Difesa del prodotto italiano, in particolare artigianale, mediante l’istituzione del marchio, garantito dallo Stato attraverso le Camere di Commercio, “prodotto in Italia da maestranze italiane”.

Affidamento – previa rinegoziazione degli accordi comunitari in materia - degli appalti delle pubbliche amministrazioni per lavori, forniture e servizi unicamente a imprese italiane con sede di produzione in Italia, al fine di difendere il prodotto e il lavoro italiani e creare ulteriori occasioni di lavoro.

Drastica riduzione degli adempimenti e delle norme che disciplinano l’attività delle imprese,  con passaggio dell’amministrazione pubblica da un ruolo autorizzativo a un ruolo prevalentemente normativo e di controllo.

Difesa delle piccole e medie imprese italiane dalla concorrenza sleale delle importazioni provenienti da paesi che non garantiscono il medesimo livello di tutela sociale e in materia di sicurezza dei lavoratori, previsto dalla legislazione italiana, mediante l’adozione di barriere doganali protezionistiche.

Le imprese che chiudono i propri stabilimenti in Italia spostare la produzione all’estero non devono poter rivendere i suoi prodotti in Italia.

Affidamento – previa rinegoziazione degli accordi comunitari in materia - degli appalti delle pubbliche amministrazioni per lavori, forniture e servizi unicamente a imprese italiane con sede di produzione in Italia, al fine di difendere il prodotto e il lavoro italiani e creare ulteriori occasioni di lavoro.

Riduzione del carico fiscale delle imprese, con abolizione dell’Irap e forte ampliamento della casistica di spese deducibili e detraibili in sede di dichiarazione dei redditi, anche al fine di combattere l’evasione fiscale e garantire un’effettiva equità contributiva.

Distribuzione dei prodotti artigiani con creazione di punti di vendita gestiti dalle associazioni di commercianti e artigiani, indipendenti dalla grande distribuzione, con incremento degli utili per i produttori artigiani a discapito dei grandi intermediari della distribuzione.

Incentivazione delle fiere artigiane locali, al fine di assicurare un mercato e un’occasione di conoscenza e di scambio ai piccoli produttori, nonché promozione delle notti bianche per favorire gli acquisti.

Flessibilità degli orari di apertura per i commercianti  fino alle 22 durante i fine settimana; liberalizzazione dei saldi, senza autorizzazione da parte del comune, durante tutto l’anno.

Tutela dei piccoli commercianti contro i grandi centri commerciali e blocco delle licenze per questi ultimi.

Incremento del sistema portuale turistico e delle scuole veliche; abolizione delle imposte sul turismo nautico introdotte di recente. Potenziamento delle strutture di servizio al mondo della vela e incentivi per l’apertura di centri velici e l’organizzazione di regate. Incentivi per lo sviluppo della cantieristica da diporto.


LAVORO, SICUREZZA SOCIALE E SANITA’


Preferenza nazionale ai lavoratori italiani nelle assunzioni in tutti posti di lavoro e, in caso di licenziamenti collettivi o mobilità, nel mantenimento del posto di lavoro, nonché blocco dell’immigrazione.

Limitazione dell’utilizzabilità delle tipologie flessibili di lavoro subordinato (tempo determinato, somministrazione di lavoro, etc.) ai soli casi di stagionalità o temporaneità del lavoro, ovvero come modalità iniziale di inserimento del lavoratore nell’impresa, ferma restando la prospettiva di stabilizzazione con contratto di lavoro a tempo indeterminato in caso di buon esito dell’inserimento.

Rilancio del contratto di apprendistato e della formazione professionale, indispensabile alle piccole e medie imprese e alla salvaguardia degli antichi mestieri artigiani; incremento degli investimenti pubblici nella ricerca scientifica e tecnologica finalizzata alle imprese e creazione di occasioni di collaborazione tra imprese, università ed enti pubblici in questo ambito.

Riduzione del carico fiscale del lavoro dipendente e forte ampliamento della casistica di spese deducibili e detraibili in sede di dichiarazione dei redditi, anche al fine di combattere l’evasione fiscale e garantire un’effettiva equità contributiva.

Abolizione della cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, e della c.d. mobilità, da sostituirsi con un’indennità di disoccupazione di maggiore durata e consistenza economica rispetto a quella attuale e/o con incentivi alle imprese a non licenziare.

Istituzione di un’indennità di maternità spettante a tutte le donne che decidono di non lavorare per seguire i figli fino all’età di accesso alla scuola materna (3 anni).

Tutela dei livelli elementari di assistenza e mantenimento dei presidi medici esistenti sul territorio regionale. Opposizione alla chiusura delle strutture ospedaliere nei centri delle grandi città.

Priorità ai cittadini italiani nella tutela sanitaria e assistenziale.

Sostegno al credito per l'acquisto della prima casa mediante l'introduzione del mutuo sociale, ovvero concessione di mutui senza interesse per l'acquisto della prima casa a cittadini italiani. Realizzazione degli immobili ad uso abitativo da parte della Regione mediante lavori in economia con copertura del solo costo di costruzione.


TRASPORTI E LAVORI PUBBLICI


Impulso al completamento della rete viaria nazionale soprattutto per quanto concerne le zone interne e più difficilmente raggiungibili e alle zone più densamente popolate e congestionate dal traffico.

Piena assicurazione della “continuità territoriale” con le Isole e con le parti più disagiate del territorio nazionale, dovendosi assicurare i collegamenti (sia aerei che marittimi), in particolare con le Isole, non più mediante concessioni monopolistiche a una sola impresa ma mediante la massima concorrenza nel settore, sotto il controllo dello Stato.

Potenziamento degli aeroporti nazionali, con apertura di quelli principali ad un adeguato numero di voli intercontinentali diretti.

Potenziamento delle linee ferroviarie in tutta la Nazione. Potenziamento del trasporto di merci in treno.

Potenziamento del trasporto automobilistico collettivo.

Potenziamento del sistema portuale nazionale e assicurazione di collegamenti regolari da ciascuno dei principali porti per i principali scali del Mediterraneo.
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giovedì, 23 settembre 2010

23 SETTEMBRE - ANNIVESARIO DELLA NASCITA DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA (R.S.I)
67 ANNI FA (IL 23 SETTEMBRE 1943), NASCEVA LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA.
Il 23 settembre Mussolini rientra in Italia e, alla Rocca delle Caminate, sua residenza personale, costituisce il Governo della nuova Repubblica.Il giorno 23 stesso alle ore 14 si ha, nella sede dell’ambasciata germanica a Roma, la prima breve riunione del governo, presieduta da Pavolini.Il nuovo stato si chiamerà Repubblica Sociale Italiana (tale denominazione verrà deliberata dal Consiglio dei Ministri il 24 novembre 1943).Essa avrà Mussolini come Capo dello Stato e del governo e Ministro degli Esteri, con Graziani Ministro della Difesa Nazionale, Buffarini Guidi Ministro dell’Interno, Ferdinando Mezzasoma Ministro della Cultura Popolare e tutti gli altri.
Il 28 settembre 1943 inizia il funzionamento del nuovo Stato.
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martedì, 21 settembre 2010

DUE COMUNICATI DI FIAMMA FUTURA PADOVA
di Donato Ignelzi

Ichino ..chi è costui?


Ultimamente tale intellettuale, ex consulente di Prodi, specializzato nelle tematiche del mondo del lavoro, rilascia delle dichiarazioni farneticanti.

Tale professionista della politica, visto che entra ed esce dal parlamento con le casacche di PCI e PD, dovrebbe tutelare gli interessi e i diritti di chi rappresenta, ossia nell'immaginario comune di chi vota sinistra, l'operaio da 900 euro al mese. Ma non è così.

Le ultime sue uscite sono da rappresentante della lobby dei capitalisti, di chi prospetta la vittoria del mercato senza regole, del mondo diviso tra ultra ricchi e schiavi di costoro.

Ad esempio la sua ultima considerazione sulla vicenda di Pomigliano è esemplare : Ichino dice che i lavoratori non possono sottrarsi alle condizioni di Marchionne perché l'alternativa si chiama Camorra . Come a dire o mangi dalla finestra o salti dalla finestra...e questo sarebbe un rappresentante della sinistra riformista (!)..andiamo bene.

L'ultima sua farneticazione in ordine di tempo è stata una dichiarazione resa a Radio24 : i contratti collettivi nazionali di lavoro sono troppo rigidi per cui tengono lontane le multinazionali dal fare investimenti in Italia (?)... Non riesco a capire chi Ichino voglia prendere in giro, se i lavoratori o lui stesso . Di esempi di multinazionali che in Italia sono venute per depredare il mercato ( es. Nestlè vs Acqua Vera ) o la tecnologia ( Siemens vs Nuova Magrini) ne abbiamo fin troppe . Come abbiamo fin troppi filosofi che giocano con le vite e il lavoro degli altri.

Ma chi continua a votare sinistra, lo avrà capito?

Fiamma Futura Padova





Scuola alla Marchionne

La Gelmini ha imparato presto la lezione di Marchionne : razionalizzare la spesa, tagliare le cattedre ( i posti di lavoro), aumentare la produttività. Ineccepibile strategia, da amministratore di una catena di montaggio. Ma la scuola non è una fabbrica. La scuola è la fucina del futuro di una nazione perché forma ed educa i nostri figli e rappresenta pertanto l'impegno più grande che lo Stato ha nei loro confronti.

Ancora una volta a subire la scure della riforma Gelmini sono le famiglie italiane che vedono i loro figli inseriti anche in classi di 25 alunni, ( applicazione dell'economia di scala ), in edifici scolastici ormai fatiscenti, con insegnanti 60enni ormai privi dell'energia giovanile che contano i giorni per l'agognata pensione.

E i giovani che sognavano di fare il maestro o il professore? Quello sarà il futuro di pochi e resterà un sogno per i molti a cui non resterà che ringraziare quella classe politica che ha sfruttato e snaturato la scuola italiana nata nel 22 dalla lungimiranza di Gentile, per pagare i loro debiti elettorali come le immissione in ruolo di schiere di insegnanti senza cattedra o l'approvazione delle baby pensioni con 15anni di anzianità.

La responsabilità di questo sistema è di tutti i ministri che hanno occupato quella poltrona, sia di chi a sinistra ha allargato i cordoni della borsa, pensando che poi pagherà qualcun altro, sia l'attuale governo liberista che applica i metodi angloamericani : tagliare le spese, tagliare lo stato sociale.

Oggi i costi e gli sprechi da tagliare, ben più corposi, sono altri : quanto ci costano in termini di denaro pubblico e soprattutto in termini di vite umane, le missioni di pace in Afghanistan e in Iraq? Troppo.

Il debito dell'Italia del dopo 25 aprile verso la plutocrazia angloamericana è ancora dovuto.

Fiamma Futura Padova
postato da: sebastia11 alle ore 14:51 | link | commenti
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venerdì, 17 settembre 2010

Afghanistan: morto uno degli italiani feriti

SEBA 3
HERAT - E' morto uno dei due operatori delle forze speciali italiane rimasti feriti oggi da colpi di arma da fuoco durante un'operazione per la cattura di alcune persone che avevano piazzato poco prima un ordigno lungo una strada. Si tratta del tenente Alessandro Romani del nono Reggimento d'assalto Col Moschin.
Alessandro Romani, celibe, era nato a Roma il 18 luglio del 1974. Alle spalle aveva numerose missioni internazionali.
Tutto è cominciato stamani, quando un aereo senza pilota Predator italiano, mentre sorvegliava dall'alto l'area ad est di Farah, ha avvistato lungo la strada che conduce a Delaram alcune persone intente a posizionare un ordigno sotto il manto stradale. Sempre il Predator ha 'seguito' gli attentatori e segnalato il luogo dove questi si erano rifugiati.
Subito è scattata l'operazione finalizzata alla loro cattura alla quale ha preso parte la task force 45, vale a dire gli uomini delle forze speciali italiane. A bordo di un elicottero Ch 47, scortato da due Mangusta, i commandos si sono portati sul posto ma proprio in questa fase - non è chiara se quando l'elicottero è atterrato, oppure era ancora in volo - due militari sono stati raggiunti da colpi di armi da fuoco leggera, presumibilmente Kalashnikov. Immediatamente soccorsi i due, un ufficiale e un militare di truppa, sono stati ricoverati all'ospedale militare da campo di Farah.
Il ferimento di due militari è avvenuto, secondo quanto si è appreso, a terra, mentre era in corso l'attacco alla casa nella quale si erano rifugiati gli insorti. Erano 4, in particolare, i terroristi avvistati dal Predator mentre stavano piazzando un ordigno esplosivo.
postato da: sebastia11 alle ore 18:11 | link | commenti
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17 settembre2009- 17 settembre 2010 PER NON DIMENTICARE MAI!!
eroi di una guerra sbagliata
ROBERTO VALENTE: Classe 1972, sergente maggiore in forza al 187° reggimento. GIANDOMENICO PISTONAMI: Classe 1983, primo caporal maggiore in forza al 186° reggimento. ANTONIO FORTUNATO: Classe 1974, tenente in forza al 186° reggimento. MATTEO MUREDDU: il primo caporal maggiore classe 1983, in forza al 186° reggimento. DAVIDE RICCHIUTO: Nato a Glarus (Svizzera), classe 1983, primo caporal maggiore in forza al 186° reggimento. MASSIMILIANO RANDINO: Classe 1977, primo caporal maggiore, 183° reggimento paracadutisti Nembo di Pistoia.
postato da: sebastia11 alle ore 17:48 | link | commenti
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