domenica 20 novembre 2011

sabato, 23 ottobre 2010

Tratto da Thule-blog Il vertice di Shanghai certifica che la guerra delle valute può portare a una “guerra di bolle”
L’economia mondiale è a rischio. Più di quanto si creda. Il vertice a Shanghai organizzato dalle Banca del Popolo ha segnato una svolta importante, al di là degli esiti operativi, un po’ deludenti, della riunione. Ha riconosciuto – lo ha fatto attraverso il direttore generale del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahn – che le attuali politiche economiche sono destabilizzanti.
Un suggello importante. Si parla tanto di “guerra delle valute”, ma in realtà si tratta di molto di più, di “guerra delle bolle”: dove e come si manifesterà la prossima, gonfiata da politiche monetarie ultraespansive? Il gioco sembra quello di scaricarla sui partner. Nei giorni scorsi il governatore giapponese Masaaki Shirakawa è stato molto esplicito: «Non si può negare che queste condizioni monetarie molto espansive possono facilmente contribuire alla nascita di un’altra bolla», ha detto, ripetendo un allarme già risuonato altre volte. Shirakawa è stato però più specifico: «L’attuale ripresa dei paesi avanzati è sostanzialmente sostenuta da una forte crescita dei paesi emergenti. Così, se questa forte crescita si rivelasse di natura simile a una bolla, le economie avanzate e quelle emergenti insieme ne saranno colpite in modo notevole».
Il governatore giapponese non ha avuto paura neanche di affrontare il tema dei mercati: le borse dei paesi avanzati, ha aggiunto, sono ancora al di sotto dei livelli precedenti la crisi della Lehman, ma quelle dei paesi emergenti sono ai record storici, a causa della liquidità generata dalle grandi banche centrali. «In un certo senso – ha concluso – si può dire che l’espansione monetaria delle economie avanzate sta avendo effetti di stimolo nei paesi emergenti, attraverso i flussi di capitale». Studi empirici del Fondo monetario internazionale avevano del resto mostrato quanto forte possa essere, in alcuni paesi emergenti e soprattutto sulle loro borse, questo impulso.
È un mondo diverso da quello che in genere immaginiamo, ma non completamente nuovo, questo in cui le autorità monetarie prendono decisioni in base ai problemi “di casa”, ma incidono poi – persino più che in patria – su altri paesi. Soprattutto in Cina che da questa situazione sta raccogliendo insieme vantaggi e svantaggi estremi: una crescita rapida, ma diseguale e dirompente, con prezzi sotto pressione, mercati in fibrillazione e il “felice problema” di gestire miliardi di dollari raccolti dalla banca centrale.
A Shanghai, il partito comunista cinese – che coincide con lo stato e lo anima– ha saputo prendere a livello globale l’iniziativa che è mancata a Washington, dove ormai anche le élites sono catturate da un populismo esasperato e preelettorale. (E sul piano geopolitico non è un bene, per gli Stati Uniti e i paesi che adottano il modello occidentale). Le soluzioni che il vertice ha ora in qualche modo “suggerito” e “autorizzato”, non sono però, e non potevano essere, all’altezza dei problemi.
La promessa di una maggiore flessibilità (sostanzialmente di un apprezzamento) dello yuan, che la Banca del popolo prepara da tempo, sarà mantenuta, perché coincide con gli interessi di lungo periodo del paese, che vuole alimentare la domanda interna e frenare le spinte inflattive; ma occorrerà tempo: bisogna innanzitutto ridimensionare il potere della lobby degli esportatori. Occorrerà poi fare attenzione agli effetti complessivi del rialzo del cambio e al Partito comunista piace essere “confucianamente” prudente.
I controlli di capitale suggeriti da Strauss-Kahn, in un mondo reso più pragmatico dalla crisi, non fanno più scandalo; ma oggi, con mercati finanziari enormi e tumultuosi, possono rivelarsi ininfluenti nella migliore delle ipotesi – come è capitato alle più recenti esperienze – e persino destabilizzanti nella peggiore.
Le misure macroprudenziali di cui si è poi ufficialmente discusso al vertice sono state persino necessarie, ma possono nascondere il desiderio da parte dei governi – e sicuramente di quello cinese, che già è intervenuto in questo senso – di controllare in modo diretto, e soprattutto discrezionale, anche le quotazioni sui mercati finanziari e immobiliari.
Dalle carestie del Settecento al divieto di esportare il grano deciso da Putin nel 2010, gli effetti sono stati sempre peggiori del male. Occorre cooperazione, dicono tutti. Ed è vero: meglio decisioni condivise che un gioco al massacro. Sarebbe sbagliato, però, aspettarsi troppo.
fonte www.ilsole24ore.com
Ormai è un dato di fatto, non esistono più dubbi in proposito: il mondo bipolare è una realtà (farlocca).
Pechino detta le regole in modo univoco, Pechino indirizza quello che deve essere prioritario e quello che deve non turbare i propri timonieri gialli.
Dominique Strauss-Kahn, patrono del FMI, così si prostra di fronte all’organizzazione che la banca del Popolo ritiene “armoniosa” per il nuovo equilibrio, non solo monetario, ed estremamente politico dei cinque continenti. Gli fa eco un altro nanetto in balia del drago cinese, il governatore della banca centrale giapponese Masaaki Shirakaw. Che scopre l’acqua calda, sostenendo praticamente che solo l’economia del fantastico potrà dare ossigeno alle ex prime donne della scena mondiale.
Per chi ha fatto la parte del pesce in barile a Shanghai, il legame tra sopravvivenza delle economie avanzate, ed ascesa di nazioni come Cina, India e Brasile, è un dato di fatto incontrovertibile, per certi versi auspicabile nel suo consolidamento, sicuramente sviluppatosi con la complicità di chi, in Occidente, aveva tanta voglia di lucrosi sviluppi economici a costo ridotto.
A Shanghai i gerontocrati cinesi, così confuciani, vorrebbero che si esaltasse solo la parte luminosa della luna, mentre del lato oscuro meglio non parlare. I sensibili mercati potrebbero innervosirsi, e allora sarebbero guai per gli armoniosi speculatori, che non possono certo permettersi scivoloni improvvisi, o destabilizzanti scoppi di “bolle” speculative, a meno che loro non ne inneschino dolosamente il processo d’esplosione.
Lo yuan sta incubando la sua ascesa ai danni del dollaro?
Probabile, visto che entro qualche anno il biglietto verde sarà carta straccia, mentre l’euro sarà la moneta forte di un non/Stato, privo di qualsiasi aggancio con la realtà dell’Europa che si prospetta all’orizzonte: declino e povertà.
Per quanto concerne gli Stati Uniti, il loro destino sarà quello d’essere il cavalier servente di chi oggi vorrebbe disegnare il XXI secolo a propria immagine e somiglianza.
Cosa resterà del mondo che conosciamo?
Molto presto ci accorgeremo che già non esiste più, sostituito da qualche cosa di tremendamente rischioso.
Occorre aprire gli occhi, e chiedersi se vale la pena seguire passivamente il corso degli eventi, o agire per la nostra sopravvivenza.
Gabriele Gruppo
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mercoledì, 20 ottobre 2010

20 Ottobre - commemorazione strage di Gorla 
LA STRAGE SENZA SENSO DI GORLA-

i nomi delle vittime:
Abbondanti Ernesta, di anni 7. Alquà Dolores, di anni 9. Andreoni Edvige, di anni 6. Andreoni Franco, di anni 6. Andena Vanda, di anni 7. Andena Giorgio, di anni 9. Angiolini Cesarina, di anni 10. Assandri Marisa, di anni 10. Avanzi Lucia, di anni 8. Baccini Luciana, di anni 10. Bacilieri Giancarlo, di anni 11. Baldo Bruno, di anni 7. Biluci Teresa, di anni 7. Biluci Concetta, di anni 9. Bandiera Valter, di anni 9. Beccari Vilma, di anni 10. Beccari Stefania, di anni 8. Belassi Ambrogio, di anni 8. Benzi Bice, di anni 6. Beretta Giuseppe, di anni 6. Bernaraggi Tullio, di anni 8. Bersanetti Loredana, di anni 6. Bertoleni Vincenzo, di anni 7. Bertolesi Piera, di anni 7. Bertoni Valter, di anni 9. Bianchet Chiara, di anni 10. Biffi Pierluigi, di anni 6. Bolzoni Gianfranca, di anni 6. Bombelli Giuseppe, di anni 9. Bonfiglio Celestina, di anni 8. Boracchi Vilma, di anni 6. Borgatti Elena, di anni 9. Brembati Giovanna Elisabetta, di anni 8. Bremmi Maria, di anni 11. Brioschi Paolo, di anni 9. Brioschi Gianni, di anni 6. Brivio Giovanna, di anni 12. Buratti Rosalba, di anni 7. Cacciatori Ernestina, di anni 6. Calabrese Loredana, di anni 6. Caletti Giancarla, di anni 6. Canda Rosangela, di anni 12. Caranzano Margherita, di anni 7. Carrera Renata Teresa, di anni 9. Carretta Luigi, di anni 8. Carretta Anna, di anni 7. Casati Giuliano, di anni 7. Caslini Adriano, di anni 10. Cassi Giordano, di anni 9. Cassutti Ida Santina, di anni 10. Castelli Lorenzo Omobono, di anni 6. Castellino Claudia, di anni 9. Castoldi Rolando, di anni 7. Cavagnoli Giuliana Maria, di anni 6. Cazzaniga Antonio, di anni 9. Celio Anna, di anni 7. Ceruti Giancarlo, di anni 7. Cinquetti Felice, di anni 10. Colombani Adriano, di anni 9. Colombani Rosanna, di anni 7. Colombo Annamria, di anni 7. Colombo maria, di anni 10. Compati Agostino, di anni 9. Concardi Giancarlo, di anni 7. Consiglio Riccardo, di anni 11. Contato Rosalia, di anni 6. Conti Mirella, di anni 10. Dalla Dea Marina, di anni 9. Dalla Dea Vittore Paolo, di anni 7. Dall'Ora Emilia, di anni 10. Danieli Gianna, di anni 10. De Conca Luisa, di anni 10. Didoni Fausta, di anni 10. Didoni Teresina, di anni 11. Doneda Giulia, di anni 6. Dordoni Giancarla, di anni 11. Falco Franco, di anni 6. Farina Gaetano, di anni 10. Farina mario, di anni 6. Farinella Giovanna, di anni 8. Ferrario Luigi, di anni 6. Ferrè Margherita, di anni 8. Ferri Natalina, di anni 8. Ferroni Pierino, di anni 7. Fontana oscar, di anni 8. Fossati Adele, di anni 6. Franchi Diario, di anni 7. Franzi Angelo, di anni 6. Frezzati Rosalia, di anni 6. Fronti Angelo, di anni 6. Fuzio Ezio, di anni 9. Gallina Clelia, di anni 12. Grulli Giovanni, di anni 9. Guelfi Pasquale, di anni 10. Gilardi Silvana, di anni 6. Giovannini Villiam, di anni 7. Giuliani Aldo, di anni 8. Goi Eleonora, di anni 11. Goretti Edoardo, di anni 6. Grandi Enrico, di anni 7. Lamberti Lamberto, di anni 9. Ladini Peppino, di anni 8. Libanori Giancarlo, di anni 6. Librizzi Maria, di anni 11. Maestroni Giuliano, di anni 6. Maestroni Luigi, di anni 12. Majo Giuliano, di anni 9. Majo Santino, di anni 7. Marosi Ruggero, di anni 8. Marzorati Roberto, di anni 8. Mascheroni Nella, di anni 9. Masiero Gianfranco, di anni 8. Massaro Antonio, di anni 9. Massazza natale, di anni 10. Meregalli Mirella, di anni 6. Meroni Adriano, di anni 9. Migliorini Maria, di anni 9. Minguzzi Graziano, di anni 10. Moccia Carmela, di anni 6. Modesti Giancarlo, di anni 6. Moioli Umberto, di anni 6. Monfrini Bruno, di anni 6. Moretti Licia, di anni 6. Mutti Giuseppina, di anni 10. Nasi Cesarino, di anni 8. Orlandi Graziella Maddalena, di anni 7. Paganini Giorgio, di anni 6. Paglioli Guido, di anni 9. Panizza Armida, di anni 6. Pannaccese Antonio, di anni 8. Pavan Gualtiero, di anni 6. Pavanelli Maria Luisa, di anni 10. Peduzzi Rosa Rachele, di anni 8. Petrozzi Sergio, di anni 7. Piazza mario Adolfo, di anni 6. Pierin Giuseppe, di anni 9. Pioltelli Anna, di anni 6. Pirotta Annunziata Ornella, di anni 6. Pirovano Adele, di anni 6. Ponti Abele, di anni 6. Porro Emilio, di anni 6. Pozzi Elisa, di anni 6. Putelli Anna, di anni 7. Putelli Pierina, di anni 7. Ravanelli Pierluigi, di anni 6. Redaelli franco, di anni 9. Rellandini Franco, di anni 8. Restelli Rosanna, di anni 6. Rho Pierangelo, di anni 6. Rizzoli Geraldo, di anni 6. Romandini maria Gabriella, di anni 6. Rumi Rinaldo, di anni 8. Rumi Gabriella, di anni 6. Ruscelli Marisa, di anni 6. Sala Maria, di anni 7. Saletti Giancarla, di anni 6. Scotti Luigina, di anni 10. Sironi Ambrogio, di anni 7. Sironi Luigi, di anni 7. Soncini Antonietta, di anni 9. Stocchiero Armando, di anni 9. Stocchiero Rinaldo, di anni 6. Stranieri Erminia, di anni 7. Tamiazzo Gianfranco, di anni 6. Tenca teresa, di anni 8. Termine Giannina, di anni 7. Troyer Giuseppe, di anni 12. Valli Antonio, di anni 10. Velati Giuliano, di anni 10. Velati Maria, di anni 7. Vierderio Ennio, di anni 6. Vergani Giovanni, di anni 12. Vicentini Alberto, di anni 10. Villa Lidia, di anni 6. Volpin Mina, di anni 7. Zamboni Andrea Lorenzo, di anni 9. Zanaboni Lidia, di anni 11. Zanellati Rosa Maria, di anni 6. Zeli Italo, di anni 7. Zucchetti Luigi, di anni 8.

Questi 184 bambini furono tutti assassinati dalle bombe anglo-americane, che il 20 ottobre 1944 colpirono la scuola elementare Francesco Crispi nel quartiere di Gorla, a Milano.
In quel giorno morirono, vittime dei bombardamenti degli "Alleati", 641 persone tra cui, oltre ai 184 alunni, 19 maestre della scuola e altri 18 bambini del quartiere.
36 Bombardieriamericani B24 ,partiti da Foggia ,il 20 Ott0bre 1944 probabilmente per l'errata trascrizione o interpretazione delle coordinate in codice, una volta raggiunto il punto iniziale sopra Milano (dovevano essere bombardate fabbri...che ed infrastrutture civili), virarono per 22° a destra inve...ce che a sinistra. Quando l'errore venne rilevato, era ormai troppo tardi per cambiare direzione ed impossibile effettuare un secondo volo di allineamento.
Il carico di bombe, ormai tutte innescate, impediva, per ragioni di sicurezza, l'atterraggio dei bombardieri alla base; il comandante, invece di liberarsi del carico sganciando le 342 bombe da 500 libbre durante il viaggio di ritorno sulla campagna cremonese o sull'Adriatico, decise CRIMINALMENTE di disfarsene immediatamente, facendole cadere sul centro abitato sottostante, nonostante questo ospitasse soltanto strutture civili, visibili e riconoscibili, date le favorevoli condizioni meteorologiche.
L'atto NON aveva alcuna giustificazione militare nè tattica, nè strategica.

Alle ore 11.29 gli abitati di Gorla e Precotto furono investiti da quasi 80 tonnellate di ordigni esplosivi.
La maggior parte delle bombe raggiunse il quartiere milanese di Gorla. I danni furono ingenti e numerose le vittime, nonostante buona parte della popolazione avesse raggiunto i rifugi antiaerei, avvertita dal primo allarme delle ore 11.14 e dal successivo delle 11.24.
Uno degli ordigni, centrò il vano scale della scuola elementare "Francesco Crispi", raggiungendo il rifugio sotterraneo dell'edificio e causando la morte di 184 bambini e dell'intero corpo docente.
Nella città di Milano, in quel funesto 20 ottobre, furono 614 le vittime estratte dalle macerie, oltre ad alcune centinaia di feriti e alle decine di scomparsi, presumibilmente polverizzati dalla vicinanza alle esplosioni.
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martedì, 19 ottobre 2010

A "DESTRA" E PROSEGUIRE
Il costante, ed oramai di moda, essere pro o contro Berlusconi, pregiudica spesso e distoglie l'obiettività nei confronti di qualsiasi altro progetto od obbiettivo politico. Se partiamo dal concetto che l’elettore italiano medio ha oramai assimilato il sistema bipolare, è necessario che in questo bipolarismo sia presente anche l’alternativa “destra”, oggi abbandonata dai finiani che non rappresentano, a dir loro, il pensiero di una destra moderna, ma quanto di più vicino alle strategie mastelliane, arrogandosi la presunzione, con l'arma del ricatto, di svolgere il ruolo di salvagente a gettoni del governo. Precisando che la “nostra” destra non si è mai riconosciuta nel magma finiano, oggi è giunto il momento di uscire allo scoperto, rivendicando le nostre istanze e tentando di imporsi.
Mentre si sgomita per un posto al sole, c’è chi da anni lavora per costruire qualcosa di più solido, anche senza  riconoscimenti, ma non senza prospettive future che non siano le mere questue o gli avanzi di qualche olezzoso politicante.
Oggi le prospettive sono più tangibili e non solo perchè possono strategicamente interessare al PdL, ma soprattutto perché è necessario più che mai colmare il vuoto “di destra” ancora vacante.
Mai come ora in Italia c'è bisogno di destra, della vera destra, che si batta per la salvaguardia dell'identità e per la giustizia sociale. Da qui occorre ragionare ed improntare l’azione politica, senza dimenticare le peculiarità che contraddistinguono una politica di destra. Non basta un programma, non basta uno statuto, occorrono uomini coraggiosi pronti a condurre chi li sostiene. Bisogna dare forza alle idee attraverso una incessante propaganda veicolata da chi riesce a trovare la giusta collocazione e visibilità mediatica.
Oramai non si parla più di partiti ma di uomini, con il loro seguito, con squadre preparate e attive. In questi anni, con mio stupore, ho visto più “camerati” calcolare le mosse dei “colleghi” piuttosto che guardare al vero obbiettivo, quando non gioire di fronte al fallimento di altri; senza chiedersi a chi giova questo masochismo. E così i programmi si impolverano e l’azione diventa sterile. Chiusa la parentesi prettamente partitica, la nuova società esige sempre più elasticità e duttilità, tanto che la costituzione dei circoli territoriali rappresenta l’espressione reale e concreta di una comunità, funzionale ad entrare nel dibattito politico locale.

Questa base va però sostenuta da un riferimento politico nazionale, facile da intercettare e assimilare da parte dell'opinione pubblica.
Da qui la nascita dei Circoli del Progetto Nazionale Fiamma Futura, con un’unica esigenza: quella di ricercare un interlocutore capace di interagire anche con l’attuale Governo.
La scelta di riconoscere in Francesco Storace queste doti non è stata difficile. Questo è il momento per portare le nostre battaglie e la nostra politica nelle sedi appropriate, rispolverando soprattutto quelle battaglie che qualcuno credeva di lasciare nel cassetto.
Battaglie forti e giuste, perché le nostre idee sono forti e giuste! Non chiediamo altro.
Consapevoli del fatto che il campo di battaglia si è trasferito dalla strada agli schermi televisivi ed ai quotidiani, bisogna far parlare di noi per le nostre proposte, come possibili risolutori, capaci di prescrivere ricette, soprattutto per mirate terapie volte a debellare il cancro usuraio che affossa la nostra economia e mortifica la nostra società. Pochi seguono la vita politica al di là degli scenari bipolari, ma molti guardano con interesse qualsiasi nuovo slancio che veda protagonista l’uomo di destra.
Senza presunzione alcuna, ci troviamo con la responsabilità storica di “esserci”, non dobbiamo delegare, ma essere protagonisti del nostro futuro.
So che qualcuno giocherà su queste scelte, ma la cosa non mi riguarda. "Tireremo diritto!" Accetteremo le critiche, purchè siano sensate e costruttive. Al resto non daremo alcuna attenzione. 
E' da Vicenza che si da inizio ad una stretta collaborazione con La Destra di Francesco Storace, animati da una Fiamma che, nel nostro cuore, non potrà mai essere spenta o liquidata da chicchessia, soprattutto in considerazione di un futuro più che mai prossimo a cui guardiamo sin d’ora, fiduciosi di nuove e promettenti prospettive.

Piero Puschiavo
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PESTAGGIO A MESTRE DA PARTE DEI CENTRI SOCIALI
La Federazione provinciale di Forza Nuova, in merito alla vile aggressione compiuta a Mestre, in piazzale Candiani il 16 ottobre scorso, da alcuni figuri gravitanti l'area dei centri sociali, ai danni di un ragazzo colpevole unicamente di avere idee politiche diverse, esprime sdegno e chiede con forza che le Autorità preposte all'ordine pubblico mettano in atto azioni di contenimento e contrasto per fermare questo stillicidio di episodi di violenza politica.La trama di connivenze e coperture ha portato alcuni soggetti a credere di aver raggiunto la più totale impunità in sfregio alle più semplici regole del vivere civile, rischiando di innescare nuove ed automatiche emulazioni e soprattutto, a questo punto, "legittime" reazioni. 

Federazione provinciale Forza Nuova Venezia

forzanuovavenezia@hotmail.it
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giovedì, 14 ottobre 2010

Polemiche a Chioggia per l’aula di Palazzo intitolara a “Giorgio Almirante”

CHIOGGIA (VENEZIA) 13 OTT – Aula «Almirante». Così si chiamerà una sala di un palazzo di proprietà del Comune di Chioggia se verrà approvata una delibera della Giunta Pdl-Lega e in città è polemica. A proporre il nome del fondatore del Movimento sociale italiano, con un passato di ufficiale fascista, è stato l’assessore alla Cultura Nicola Boscolo Pecchie – riferiscono i giornali locali – che a Giorgio Almirante vorrebbe intitolare l’aula di Palazzo Grassi, utilizzato come sede staccata della facoltà di Biologia marina dell’Università di Padova.
L’assessore Boscolo Pecchie era già stato alla ribalta della cronaca per il tentativo, fallito, di apporre nel centro di Chioggia una targa commemorativa in ricordo di due gerarchi fascisti fucilati in piazza durante la Resistenza.
Anche questa volta l’Anpi, l’Associazione partigiani d’Italia, e l’opposizione di centrosinistra hanno reagito con durezza: «Non si può dimenticare – sottolinea l’ex sindaco del Pd Fortunato Guarnieri – il ruolo di Almirante nel fascismo, che non ha mai disconosciuto».
LA REPLICA DEL SINDACO: «L’intitolazione di un’aula a Giorgio Almirante è un’iniziativa legata ad una serie di intitolazioni per il 150/o della nascita dell’Italia». A precisarlo è il sindaco di Chioggia (Venezia) Romano Tiozzo, del Pdl, dopo le polemiche scoppiate sulla proposta di intitolare al fondatore del Movimento sociale italiano un’aula di Palazzo Grassi, stabile di proprietà del Comune. «Abbiamo avviato un’iniziativa per il 150/o dell’Italia – spiega Tiozzo all’ANSA – volta ad intitolare vie e luoghi a personaggi che fanno riferimento alla storia del Paese, come Togliatti, Margherita di Savoia, alle foibe e alla shoa. Ricordare Almirante rientra in quest’ambito che, basandosi sulla riconciliazione, vuole riconoscere anche gli errori per consegnare ai giovani un modo diverso di guardare il passato per affrontare in modo nuovo il futuro». «Ciò che preoccupa è che è più facile fare polemica sul nome di Almirante – conclude il sindaco – piuttosto che su altri segni di intolleranza che emergono da più parti e vanno contro l’unità d’Italia». (ANSA).

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mercoledì, 13 ottobre 2010

Crimini alleati dimenticati: Laguna di Venezia, 13 ottobre 1944

E’ il 13 ottobre del 1944, In laguna la giornata concede profumi primaverili, tra le calli, i chioggiotti vivono una insolita tranquillità. Ma a qualche miglio dal porto di Chioggia, il vaporetto “Giudecca”, che da Vigo collega Chioggia a Venezia, naviga con quasi duecento passeggeri, in gran parte di Chioggia, Sottomarina, e d’altri centri del litorale. Dopo quindici minuti di navigazione, vale a dire: “Le dodici e quarantacinque”, Il piroscafo è già oltre il pontile di Caroman e diventa bersaglio di tre cacciabombardieri dell’aviazione anglo-americana. Malgrado ciò, la nave a vapore riesce a giungere nei pressi dell’abitato di Pallestrina. I velivoli scemano l’altitudine e a volo radente, iniziano a mitragliare il piroscafo. Non solo, precipita la prima bomba che involontariamente centra la cabina di comando ed uccide il timoniere. La seconda bomba impatta contro la prua dell’imbarcazione Acnil. La terza esplode all’interno del locale macchine. Il piroscafo, s’inclina, mutandosi in una trappola mortale. Non basta: gli effetti delle esplosioni scaraventano schegge di bombe, e frammenti della motonave, fino a raggiungere l’abitato d’Ognissanti. Il battello “Giudecca” è avvolto da fiamme, urla di terrore e scene rosso sangue. L’orrore della guerra, avvinghia la nave posandola sul fondo della laguna. Una bomba punta in direzione di una piccola imbarcazione e dilania un’intera famiglia. Intanto i caccia-bombardieri continuano le operazioni di mitragliamento, e le scene di panico si spostano sull’abitato d’Ognissanti. Corpi straziati d’ogni età, urlano il proprio desiderio di non morire. In tanti pregano per la vita dei più piccoli, ma non basta, i 20 mm dei caccia sono senza pietà. Tra densi ed acri fumi, ad Ognissanti il terrore si trasforma in distruzione. Ma la storia insegna e tramanda le virtù del popolo lagunare, infatti i pescatori della vicina Pallestrina indifferenti a bombe d’aereo, incuranti dei mitragliamenti s’imbarcano per prestare immediato soccorso ai 150 naufraghi del “Giudecca”. Ma lo sguardo della morte anticipa la propria opera su 67 incolpevoli cittadini.
ELENCO DECEDUTI:
1) Frizzolo Antonio,
2) Renzini Argo
3) Premoli Arturo
4) Cemolin Ugo
5) Schiavon Giovanni
6) Franzoso Renato
7) Vianello Attilio
8) Gorin Maria
9) Gobbin Gino
10) Scarpa Elvira
11) Busetto Augusta
12) Scarpa Giuseppe
13) Boscolo Luigi
14) Doria Bruno
15) Rasi Virginio
16) Barbieri Emilio
17) Vianello don Natale
18) Massi Attilio
19) Grassi Regina
20) Ballarin Sergio
21) Bullo Carlo
22) Alverdi Augusto
23) De Bei Walter
24) Scarpa Domenico
25) Brozzolo Marco
26) Ceolin Elvira
27) Antonini Luigi
28) Sambo Augusta
29) Albertini Amalia
30) Scarpa Lea
31) Scarpa Vincenzo
32) Bullo Cesare
33) Chiereghin Domenica
34) Rocco Margherita
35) Brozzolo Aldo
36) Boscolo Lino
37) Chiereghin Fulvio
38) Liviero Armido
39) Voltolina Felice
40) Padoan Leonoro
41) Voltolina Elva
42) Oselladore Fortunato
43) Doria Domenico
44) Dalla Barba Umberto
45) Enzo Fernando
46) Frizziero Antonio
47) Ghirardon Angelo
48) Puggiotto Andrea
49) Bellemo Regina
50) Perini Nicola
51) Camuffo Elisa
52) Salvato Giancarla
53) Bonaldo Maria
54) Boscolo Angelo Beggio
55) Novello Agostino
56) Ballarin Rita
57) Spunton Roberto
58) Pregnolato Prima
59) Gardin Armando
60) Ravagnan Clodomiro
61) Doria Antonia
62) Boscolo Riccardina
63) Boscolo Antonio Mezzopan
64) Valeri Gisella
65) Longo Leandro
66) Barbieri Vasco
67) Cadavere sconosciuto.
Tratto da: L’affondamento del Giudecca – Errori-Orrori della guerra, di Sergio Ravagnan – consultabile presso La Biblioteca Civica di Chioggia C. Sabbadino
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martedì, 12 ottobre 2010

AFGHANISTAN: L’ADDIO AI QUATTRO ALPINI NEL SILENZIO
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Roma, 12 ott. – L’arrivo dei quattro feretri degli alpini uccisi in Afghanistan alla basilica di Santa Maria degli Angeli nella Capitale è stato accolto dal silenzio della folla. Subito dopo l’esecuzione di ‘Signore delle cimè brano-preghiera caro agli alpini. Poco prima l’arrivo del capo dello Stato Giorgio Napolitano è stato accolto da un sommesso applauso.
Tanta gente comune ognuna con un proprio perchè per dare l’addio ai quattro soldati uccisi in Afghanistan, sabato scorso. Tanti gli esponenti del mondo delle istituzioni: tra loro, oltre al presidente della Repubblica, il presidente del Senato Renato Schifani e quello della Camera Gianfranco Fini.
In rappresentanza del governo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro degli Esteri Franco Frattini, il ministro della Difesa Ignazio La Russa e dell’Interno, Roberto Maroni. Inoltre sono presenti alla celebrazione, il capo della polizia Antonio Manganelli e quelli dei carabinieri Leonardo Gallitelli. Tra gli esponenti del mondo politico anche Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. (Dav/Gs/Adnkronos)

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venerdì, 08 ottobre 2010

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giovedì, 07 ottobre 2010

Sarah, lo zio confessa: «Mi respingeva
L'ho strangolata e poi l'ho violentata»

Sarah e lo zio
ROMA (7 ottobre) «L'ho strangolata con una cordicella mentre era di spalle e ho abusato di lei dopo che era già morta»: è la rivelazione agghiacciante che ha fatto agli investigatori Michele Misseri, l'uomo che ad Avetrana, in provincia di Taranto, ha ucciso sua nipote, la 15enne Sarah Scazzi, data per scomparsa dal 26 agosto. Misseri, accusato di sequestro di persona, omicidio volontario e occultamento di cadavere, ha raccontato di aver ucciso la nipote nel garage della propria casa e poi di aver abusato di lei. Prima di occultare il cadavere gettandolo in una specie di pozzo-cisterna in un terreno di sua proprietà, a circa 2 km dal paese, Misseri l'ha denudato e ha successivamente bruciato i vestiti.

Misseri temeva che Sarah raccontasse tutto. Michele Misseri ha detto di aver agito da solo dopo che Sarah aveva respinto le sue avances. Sembra che la quindicenne avesse raccontato il comportamento dell'uomo alla cugina Sabrina, figlia di Michele Misseri, con la quale il 25 agosto, proprio per questo motivo, avrebbe avuto un violento litigio. Una circostanza confermata da Claudio Scazzi, fratello di Sarah. Misseri il giorno dopo avrebbe avvicinato ancora Sarah nel garage della sua abitazione, in via Grazia Deledda, forse per costringerla a non rivelare le sue richieste. Durante l'incontro l'ha strangolata.

Il fratello di Sarah: mia sorella e Sabrina avevano litigato il 25 agosto. «Sarah si era lamentata con nostra cugina Sabrina, il giorno prima di scomparire, dell'atteggiamento dello zio Michele nei suoi confronti - dice il fratello di Sarah - Avevano litigato proprio su questo. Se l'avesse detto a noi e non alla cugina, non saremmo certo stati con le mani in mano». Invece agli occhi degli altri parenti, secondo Claudio, Sarah non aveva comportamenti particolari nei confronti dello zio: «Quando eravamo insieme non prendeva le distanze da zio Michele, non ha mai dato da pensare. E da parte dello zio mai un abbraccio strano, una frase strana. La vicenda è stata un fulmine a ciel sereno, perché lo zio ha sempre fatto una vita ineccepibile. A questo punto spero proprio che non abbia fatto nulla a Valentina, l'altra mia sorella».

«L'unica cosa che dovrebbe fare è suicidarsi. In qualunque modo, basta che la faccia finita - ha proseguito Claudio Scazzi - Se si suicida fa l'unica cosa giusta della sua vita, si mette a pari col disastro che ha combinato. Non deve più esistere».

«Mio padre deve pagare per quello che ha fatto - ha detto Sabrina Misseri, la cugina di Sarah, rispondendo al citofono di casa ai giornalisti che volevano parlare con lei - Non abbiamo nulla da dire, mio padre deve pagare per quello che ha fatto. Mio padre ha preso in giro tutta l'Italia. Non ho mai avuto sospetti su mio padre non ho mai avuto dubbi. Per 42 giorni ci ha preso in giro. Sentiva le cose che stavano succedendo che agitavano i miei amici, che agitavano me ma non ha mai detto niente - aggiunge in un'intervista al Tg5, raccontando di aver sentito il padre al telefono questa notte - Gli ho detto “non hai mai fatto niente di male in tanti anni, non hai mai avuto vizi, voglio capire perchè hai fatto una cosa del genere”. Mi ha detto: “Non lo so nemmeno io”». E a Concetta cosa volete dire? «A Concetta - replica Sabrina - non si può dire niente. Sarah non c'è più. Io voglio parlare con mio padre, voglio vedere guardandomi in faccia se ha il coraggio di dirmi tutto quello che ha fatto».

Misseri in cella d'isolamento. Misseri è stato portato nel carcere di Taranto ed è tenuto in cella d'isolamento, in una sezione distante dalla zona in cui si trovano gli altri detenuti, dove resterà senza avere alcun tipo di contatto almeno sino all'interrogatorio di garanzia.

Ieri Misseri aveva negato per tre ore ogni addebito fornendo alibi che non hanno retto, poi, incalzato dai carabinieri, ha confessato l'omicidio, ripetendo la confessione anche davanti al magistrato. L'interrogatorio è stato secretato.

Sarah è stata strangolata da Misseri il giorno della scomparsa, il 26 agosto scorso, perché aveva rifiutato le sue avance. Poi lo zio l'ha trasportata in un suo podere, alla periferia di Avetrana, e gettata in un pozzo, dove all'1.45 di stanotte è stato ritrovato il corpo. Sarah, in quel fatidico pomeriggio di fine agosto aveva appuntamento con la figlia di Michele Misseri - Sabrina, sua cugina - per andare al mare. Lo zio, crollato dopo un lungo interrogatorio nel comando provinciale carabinieri di Taranto, ha confessato l'omicidio e ha rivelato dove aveva nascosto il cadavere. In nottata ha accompagnato gli investigatori in quel pezzetto di campagna dove da 42 giorni, in un pozzo artesiano colmo d'acqua, giaceva il cadavere della nipotina.

«Misseri ci ha portati nel luogo in cui aveva nascosto il cadavere - ha detto il procuratore di Taranto, Franco Sebastio - Una sorta di covo interrato all'interno del suolo con un foro d'ingresso di poche decine di centimetri coperti da rami, foglie e pietre, quindi era praticamente impossibile accertarne l'esistenza, probabilmente neanche passandoci sopra. abbiamo dovuto scoperchiare il buco per accertare la presenza del cadavere».

Il cadavere di Sarah è stato trovato nudo e in posizione fetale. Le operazioni di recupero da parte dei vigili del fuoco e del Nucleo Sommozzatori dei carabinieri, durate tutta la notte, sono state particolarmente complesse, ed è stato recuperato solo nella tarda mattinata. il pozzo, infatti, non è profondo, ma presenta strettoie; inoltre il cadavere era stato coperto con pietre. La cavità nella quale è stato gettato il corpo di Sarah è un inghiottitoio che porta ad un pozzetto di raccolta di acqua piovana. L'apertura sul piano di calpestio era un buco di un diametro di poche decine di centimetri: per consentire l'accesso per il recupero del cadavere è stato necessario lo sbancamento di terreno tutt'attorno, terreno in gran parte roccioso. Più facile era stato per lo zio, invece, introdurre il cadavere data l'esilità del corpo di Sarah.

Si farà esame del Dna: il cadavere irriconoscibile, si stava disfacendo. Il corpo di Sarah è stato portato nell'obitorio dell'ospedale Santissima Annunziata di Taranto. L'autopsia sarà effettuata dal professor Luigi Strada e verrà effettuato anche l'esame del Dna. «Il corpo della ragazza - ha detto il procuratore di Taranto, Franco Sebastio - è stato trovato in pessime condizioni, in uno stato che non lo rende riconoscibile». Dopo oltre 40 giorni in acqua, il corpo si stava disfacendo: è in stato colliquativo, con la pelle sfaldata.

L'accelerazione alle indagini, culminate nella deposizione-fiume resa ieri dall'uomo, è scattata a partire dal 29 settembre, quando Misseri annunciò di aver ritrovato il telefonino di Sarah dopo aver bruciato delle erbacce in campagna. Una versione che suscitò sorpresa per la coincidenza che fosse stato proprio un parente stretto a ritrovare il telefonino di Sarah, e che spinse gli investigatori a privilegiare la pista dei familiari per poter venire a capo della vicenda. «La notizia che non volevamo arrivasse, è arrivata - ha detto uno dei legali della famiglia Scazzi, Walter Biscotti - Il ritrovamento del telefonino ha dato velocità all'attività investigativa. E' stato un chiaro tentativo confessorio da parte di Michele Misseri».

Forse in famiglia si sospettava qualcosa. Misseri è l'unico indagato per l'uccisione di Sarah, ma la procura vuole comunque verificare se abbia avuto complici. In particolare il procuratore Sebastio vuole capire se Sabrina e sua madre sospettassero qualcosa. Il tutto parte da un'intercettazione ambientale in cui Sabrina, mentre ha un litigio con la mamma, dice: "Se l'è portata lui". Una frase - si rileva - che potrebbe non indicare che Sabrina conoscesse come erano andate le cose, ma solo che potesse aver intuito qualcosa. Sospetto che ha anche la mamma di Sarah, Concetta Serrano Spagnolo, che si è lasciata andare ad uno sfogo: «Secondo me - avrebbe detto - mia sorella sapeva qualcosa».

I compagni dell'istituto alberghiero frequentato da Sarah stamani hanno disertato le lezioni e sono andati sotto casa della famiglia Scazzi dove, con scritte su cartelloni, hanno voluto esprimere la loro vicinanza alla mamma della ragazza. Poi si sono spostati sotto casa del presunto assassino e hanno urlato: «Ci fai schifo. Vogliamo l'ergastolo».

La scomparsa di Sara ha fatto il pieno di audience in tv anche nella serata più triste, quella conclusasi con il ritrovamento del suo cadavere, ha vissuto momenti di intensa drammaticità per la partecipazione di sua madre, Concetta Serrano Spagnolo, alla diretta del programma di Rai3 "Chi l'ha visto?", in onda proprio da casa di zio Michele, assente con la moglie perché trattenuto dai carabinieri. Quando le voci che i carabinieri avevano cominciato le ricerche del corpo si sono fatte insistenti, la conduttrice, Federica Sciarelli, ha chiesto alla donna se preferisse allontanarsi. Concetta ha risposto: «E' meglio», e accompagnata da uno dei suoi avvocati ha lasciato l'abitazione per raggiungere casa sua, dove qualche ora dopo le è stata comunicata la tragica notizia.
postato da: sebastia11 alle ore 17:38 | link | commenti (2)
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martedì, 05 ottobre 2010

PER NON DIMENTICARE,NANNI DE ANGELIS 5/101980-5/10/210
Il 5 Ottobre del 1980 Nanni De Angelis si "suicida" in carcere, dopo che degli agenti lo colpiscono alla testa con le pistole ed in seguito lo ammanettano ad un lampione e continuano a picchiarlo con ferocia dandogli dei calci. Ma questo non bastava, in seguito all'arrivo in Questura lo ammanettano a una sedia e continuano a sbattergli la testa al muro, solo successivamente lo portano in ospedale, ma nonostante il referto medico indichi come sia necessario un suo ricovero, un magistrato lo fa riportare in cella, dove in isolamento secondo le fonti ufficiali viene trovato impiccato. Sono passati ventisette anni dalla morte di Nanni De Angelis. Anni in cui molte cose sono cambiate, in cui molte storie sono state scritte e molte strade sono state percorse. La storia di Nanni è fatta di scelte difficili, compiute in un periodo in cui decidere di fare politica significava mettere in gioco tutto, essere pronti a qualunque sacrificio. Insieme ad altri camerati aveva dato vita, alla fine degli anni ’70, a Terza Posizione, un’organizzazione extraparlamentare, una comunità di ragazzi che hanno vissuto, per dirla con le loro parole, “un periodo di militanza pura dettata dal sentimento più autentico e forgiata nella dignità”. Una storia fatta di gruppi di studio tenuti in umide cantine a lume di candela, di volantini, di giornali scritti e diffusi con impegno, di manifestazioni per il diritto alla casa, di lotte studentesche. Una storia di ragazzi che hanno voluto farsi a loro modo esempio, parlando di rivoluzione come costruzione di “uomini che hanno in sé il centro dell’attività e riescono ad esprimere, direttamente e continuamente nella realtà, quelle idee viventi e vivificanti che li contraddistinguono (…) ”. La storia di questi ragazzi, tra cui Nanni, finisce nel 1980, dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto, che tutti si affrettarono a definire senza ombra di dubbio “fascista”. Per dar immediatamente corpo e consistenza alla “pista nera”, si procedette ad una serie indiscriminata di arresti nell’ambiente dell’estrema destra, ed in particolare appunto tra i ragazzi di TP, usati come capri espiatori dalla magistratura e dal sistema politico di allora (note le pesanti affermazioni dell’allora ministro dell’interno Cossiga). Il 23 settembre 1980, con un notevolissimo dispiegamento di uomini e di mezzi, si procedette ad un blitz contro i ragazzi di Terza Posizione. Tra loro, quasi tutti giovanissimi, una ragazza al quarto mese di gravidanza, che partorirà in carcere. Alla retata riescono a sfuggire Nanni e un suo camerata che però, colpiti comunque da mandato di cattura, vengono arrestati il 4 ottobre da agenti della DIGOS in via Sistina. Un testimone ha in seguito scritto una tremenda lettera alla madre di Nanni, in cui descrive i particolari dell’arresto: con assurda ferocia i poliziotti hanno picchiato i due ragazzi e li hanno gettati a terra colpendoli in testa con i tacchi delle scarpe e i calci delle pistole. Nella lettera si dice addirittura che quello che è successo a Nanni è il minimo che potesse accadergli dopo un simile trattamento. Terribile è anche quanto si legge nel verbale dell’interrogatorio di Luigi, il ragazzo arrestato con Nanni: “Nanni De Angelis. Di costui mi rimarrà sempre impresso il modo in cui venne trattato in Questura ed ancora vedo lo squarcio che aveva in testa. Ho ancora il ricordo degli agenti che lo malmenavano mentre era in tali condizioni e sento le sue testate contro la parete della stanza della DIGOS contigua rispetto a quella ove mi trovavo io”. Nonostante le sue gravi condizioni Nanni, invece di essere immediatamente ricoverato nel reparto medico del carcere di Rebibbia, venne tradotto nella cella n.23 del reparto isolamento, in cui sarà dopo poche ore rinvenuto morto, impiccato ad una sbarra della finestra. Non è mai stato chiarito se Nanni si sia suicidato o se si sia trattato di un tentativo di far passare per suicidio una morte avvenuta per altre ragioni. Ma come è scritto in una canzone dedicata a Nanni da Massimo Morsello, “(…) cosa importa se la morte te l’ha data un’altra mano o te la sei data tu (…) ”. Questo per dire che la morte di Nanni, che allora aveva 19 anni, è stata in ogni caso l’espressione di un’ansia di libertà, di una volontà di vivere per sempre oltre le sbarre, sia quelle materiali della cella in cui era rinchiuso, sia quelle ideali di un sistema che voleva far tacere con la violenza coloro che si ribellavano ad esso. Per usare ancora una volta le parole di Massimino, “ (…) cosa importa se non dormi, se non mangi e non respiri, per me vivo resterai”. La storia di Nanni, come quella degli altri ragazzi che, come lui, hanno dato la vita, è scritta sui muri della nostra città, nelle nostre canzoni, e soprattutto deve essere scritta nella nostra militanza quotidiana. Spetta a noi oggi, nel nostro tempo, con i nostri piccoli sacrifici, far vivere quella volontà di libertà che animava Nanni e coloro che hanno dato la vita come lui.
CAMERATA NANNI DE ANGELIS PRESENTE!!!!!!!
postato da: sebastia11 alle ore 14:26 | link | commenti
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