martedì 22 novembre 2011

venerdì, 23 settembre 2011

Milano: CasaPound Italia, una targa per ricordare Luisa Ferida 

 

 

CasaPound Italia

 

Milano: CasaPound Italia, una targa per ricordare Luisa Ferida
31enne e incinta, l'attrice venne fucilata il 30 aprile del 1945

Milano, 23 settembre - Nella notte tra il 22 e il 23 settembre CasaPound Italia ha apposto in via Poliziano, a Milano, una targa per ricordare una grande artista italiana, l'attrice Luisa Ferida. ''Un atto dovuto - spiega in una nota Marco Arioli, coordinatore di Cpi Lombardia - dopo la decisione del consiglio di zona 8 di revocare la delibera, adottata sei mesi fa, che prevedeva l'esposizione di una lapide commemorativa nel luogo in cui l'attrice, trentunenne e incinta, venne fucilata dai partigiani il 30 aprile 1945''. 

'''Giustiziata a freddo dopo un processo sommario, Luisa Ferida è stata una delle attrici più note e apprezzate del cinema italiano tra gli anni '30 e '40, i cui meriti artistici sono universalmente riconosciuti. Ricordarla per Milano è un dovere. Per questo - aggiunge Arioli - di fronte a decisioni come quella del consiglio di zona 8 viene spontaneo chiedersi che futuro possiamo aspettarci da chi, tenendosi ben alla larga dalle urgenze del presente, cerca ossessivamente nella Storia, spesso trasfigurata, quando non falsificata, ragioni per ritornare a un clima del tutto estraneo al presente e distillare odio ideologico''.

  
CasaPound Italia 
 
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NO ISLAM
 
 
 
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ANSA) - BEIRUT, 23 SET - Decapitata, smembrata, e scorticata: cosi' le autorit...à siriane hanno riconsegnato alla famiglia il corpo di Zainab al Hosni, ragazza di 18 anni, prelevata dalla sua casa lo scorso luglio da uomini sospettati di essere membri dei servizi di sicurezza siriano. Secondo Amnesty International, la giovane, originaria di Homs, sarebbe stata arrestata per indurre il fratello Muhammad Dib al Hosni, 27, uno dei promotori delle proteste anti-regime nella terza città siriana, a consegnarsi alle autorità.
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E LE AUTORITA' INTERNAZIONALI TACCIONO? I PACIFINTI? TUTTI ZITTI?
VERGOGNA!



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giovedì, 22 settembre 2011

LAMPEDUSA, MUSETTI: LO STATO SI RIBELLI CON UNIONE EUROPEA

COMUNICATO STAMPA
Roma 21 Settembre
“La popolazione di Lampedusa non può continuare a vivere così, si è scaturita una guerra sociale tra poveri, lo Stato intervenga subito”.                                                                                                                                                                                                                                        Lo dichiara in una nota Gianni Musetti, Segretario Nazionale di Gioventù Italiana, movimento giovanile de La Destra di Storace.
“I lampedusani hanno il diritto di vivere una vita serena –spiega Musetti- l’isola è strapiena di immigrati e l’Unione Europea non ha mai espresso una sola parola, sono molti anni che la popolazione grida la propria rabbia senza ricevere ascolto da nessuno; ingiustificabile il comportamento degli immigrati che bruciano il centro d’accoglienza invece di essere riconoscenti al nostro paese che gli ha dato ospitalità e primo soccorso”. “Lo Stato si ribelli contro l’atteggiamento menefreghista dell’Unione Europea che ha contribuito a scatenare una guerra sociale tra poveri, anche grazie alle guerre e agli interessi cisalpini di Francia e di oltre manica”.
Addetto Stampa
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mercoledì, 21 settembre 2011

Lampedusa in rivolta: «Basta immigrati»Polizia carica tunisini, scontri e sassaiole  

La carica della polizia a Lampedusa (fermo immagine da Sky)  

Decine di feriti e tentativi di linciaggio. Giornalisti aggrediti. Il sindaco: siamo in guerra, Napolitano venga da noi 

ROMA - Ancora scontri a Lampedusa tra la polizia e i tunisini, ma anche guerriglia tra isolani e immigrati a colpi di sassate. È degenerata la protesta di alcune centinaia di tunisini che si stava svolgendo nei pressi del porto vecchio. Alcuni migranti si sono impossessati di tre bombole di gas all'interno del ristorante Delfino blu minacciando di farle esplodere. A questo punto le forze dell'ordine hanno caricato i manifestanti, assiepati nell'area di un distributore. Molti immigrati sono saltati giù da un muro di recinzione per sfuggire alla carica.

Decine le persone rimaste ferite. Medicati nel Poliambulatorio dell'isola due agenti di polizia e un militare della Guardia di Finanza, oltre a una decina di migranti che presentano diverse escoriazioni e contusioni. Per uno di loro, molto grave, il responsabile sanitario, Pietro Bartolo, ha chiesto il trasferimento urgente a Palermo in eliambulanza. Un immigrato avrebbe una gamba rotta.

Molti abitanti dell'isola hanno dato vita a una fitta sassaiola nei confronti degli immigrati, che hanno risposto lanciando a loro volta pietre e suppellettili. Circa 300 tunisini stavano manifestato per le strade di Lampedusa al grido di «Libertà, libertà».

Tentativi di linciaggio. Due giovani hanno avvicinato un tunisino e lo hanno picchiato. Immediatamente sono intervenuti i poliziotti e i finanzieri che hanno fatto da scudo all'immigrato. «Ve ne dovete andare, bastardi -gridano i lampedusani ai tunisini - avete rovinato un'isola. Non vi vogliamo più». I sei tunisini che avevano rubato le bombole di gas sono stati sorvegliati a vista preso il distributore di benzina, dopo un tentativo di linciaggio. Alcuni di loro hanno delle ferite al volto. La guardia di finanza li ha poi caricati su un furgone per portarli via, ma la tensione resta alta.

Aggressioni e minacce ai giornalisti. Davanti al distributore la gente ha inveito contro i cronisti. «Andatevene è meglio per voi», ha urlato con toni minacciosi un gruppo di una trentina di lampedusani. I cronisti sono stati accerchiati e costretti ad andar via. «Non vi vogliamo, sparite». Il cameraman della Rai, Marco Sacchi, è stato aggredito e la telecamera gettata a terra. Aggredita in precedenza una troupe di Sky. L'inviato Fulvio Viviano e l'operatore Davide Di Stefano, che stavano girando delle immagini nel porto dell'Isola, sono stati aggrediti da un gruppo di lampedusani. Ieri sera i due giornalisti erano stati assaliti da un immigrato tunisino.

Gran parte dei 900 tunisini fuggiti ieri dal centro d'accoglienza sono stati riaccompagnati all'interno della struttura. Si è così allentata, anche se solo di poco, la tensione tra i cittadini lampedusani che non nascondono la loro rabbia nei confronti dei migranti.

Il sindaco Rubeis: venga Napolitano da noi. «Abbiamo sull’isola 1500 deliquenti che ieri hanno dato fuoco al centro. Il ministro Maroni si muova perché noi acceteremo più nessun immigrato. Il presidente Napolitano venga a Lampedusa a darci la solidarietà se davvero l’Italia è unita. Siamo stanchi di questa linea morbida adottata dalle forze dell’ordine nei confronti degli immigrati tunisini. Non si capisce perchè negli stadi, quando ci sono disordini, poliziotti e carabinieri usano subito le maniere forti contro gli stessi connazionali. Invece, a Lampedusa, accade tutt’altro. Ci vuole anche qui il pugno forte e rinchiudere le centinaia di tunisini che bivaccano da ieri per le strade al campo sportivo».


Dino De Rubeis, scortato da tre agenti di polizia, si è barricato nel suo ufficio dopo che tre lampedusani hanno tentato di aggredirlo, contestandogli di avere tenuto una linea morbida sull'immigrazione. In un cassetto dell'ufficio, De Rubeis tiene una mazza da baseball. «Mi devo difendere, e sono pronto a usarla, scrivetelo pure. Siamo in presenza di uno scenario da guerra, lo Stato mandi subito elicotteri, navi per trasferire i tunisini che vagano per l'isola dopo avere incendiato ieri il centro di accoglienza». Davanti al municipio ci sono decine di persone, alcune contestano il sindaco, altre urlano contro gli immigrati.

«Alle associazioni umanitarie dico: non vi permettete di accusare di razzismo i lampedusani, hanno dato fin troppo. Siamo in guerra, la gente a questo punto ha deciso di farsi giustizia da sola», dice poi il sindaco.

Dopo alcune ore il sindaco ha chiesto «scusa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Adesso che gli animi si sono un po' placati, mi rendo conto d'aver usato parole inappropriate. Sono mortificato per le parole utilizzate, ma qui la situazione è davvero ingestibile e si perde il lume della ragione. Rinnovo però, con le dovute maniere, l'appello al presidente Napolitano che è bipartisan e il padre della nostra Italia. Valuti la possibilità di venire a Lampedusa signor presidente e venga in difesa di quelli che sono i diritti di questa popolazione, ancora orgogliosa di essere italiana».

Chiusa la scuola. Il dirigente della scuola di Lampedusa, dopo avere consultato il sindaco, ha chiuso il portone e chiesto agli insegnanti di vigilare sugli alunni e al personale di controllare gli accessi. Tra le gente c'è paura e timore che i migranti che vagano per l'isola possano aggredire bambini e ragazzi.

Nella notte erano iniziati i trasferimenti dopo l’incendio doloso che ieri pomeriggio ha distrutto il Centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola. Circa 200 tunisini sono stati imbarcati su due C130 dell’Aeronautica militare diretti alla base di Sigonella (Catania). Gli extracomunitari rimasti sull’isola, oltre un migliaio, hanno trascorso la notte all’addiaccio all’interno dello stadio comunale. Solo un centinaio, tra cui una ventina di donne, sono rimasti nel centro, che tuttavia è inagibile: le palazzine dove vengono ospitati gli immigrati sono state infatti divorate dalle fiamme.

I rimpatri sono stati la miccia degli incidenti di ieri. I tunisini chieodno di non tornare nel loro Paese mentre per l'Italia è valido l'accordo per i rimpatri. Ieri pomeriggio i nordafricani hanno dato alle fiamme il centro di accoglienza.

I danni sono ingenti, come ha confermato anche il responsabile della struttura, Cono Galipò, che non ha dubbi sulla
natura dolosa del rogo, visto che poco prima nelle camerate dove si sono sviluppate le fiamme era stato compiuto un sopralluogo. La tensione tra i tunisini era cresciuta negli ultimi giorni, dopo la conferma da parte del governo della linea dura circa il proseguimento dei rimpatri. L’inchiesta aperta dalla Procura di Agrigento contro ignoti dovrà adesso identificare gli autori dell’incendio e accertare eventuali responsabilità. Ieri il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, aveva lanciato un nuovo appello al premier Berlusconi e al ministro Maroni per trasferire immediatamente tutti gli immigrati ancora sull’isola.


Decine di lampedusani presidiano da questa mattina il Comune per protestare contro l’incendio appiccato ieri da un gruppo di immigrati tunisini al centro di accoglienza ma soprattutto perchè chiedono che i tunisini non girino liberamente per l’isola. Il Comune si trova proprio di fronte al campo sportivo dove i tunisini hanno trascorso la notte all’addiaccio per l’inagibilità di gran parte della struttura incendiata. «I miei concittadini - spiega il sindaco Bernardino De Rubeis - hanno ragione e mi chiedono che i tunisini spariscano dalla loro vista. È una situazione che non può continuare. Il Viminale deve intervenire al più presto».

Boldrini: in fumo lavoro di tanti anni.
«Sono amareggiata e rattristata: il nostro lavoro di tanti anni è andato in fumo». Con queste parole Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Unhcr, l’alto commissariato Onu per i rifugiati, commenta al Messaggero in edicola la rivolta degli immigrati tunisini a Lampedusa che ha portato alla distruzione del centro d’accoglienza.«Una rivolta simile si poteva prevedere e infatti noi l’avevamo prevista, mettendo in guardia le autorità», ricorda Boldrini. Adesso, «occorre trovare nel più breve tempo possibile una soluzione alternativa, fino a che la struttura non sia riparata. Lampedusa ora è sguarnita di un centro di prima accoglienza e le cose si sono fatte più difficili e complicate di prima». 

http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=163770&sez=ITALIA

 

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martedì, 20 settembre 2011

 

Lampedusa, immigrati in rivolta: in fiamme il centro di accoglienza 



 

Lampedusa - Un incendio di vaste proporzioni è scoppiato all’interno del centro di accoglienza di Lampedusa. Dalla struttura di contrada Imbriacola si è alzata una colonna di fumo che il vento sta spingendo verso il centro abitato. Ad appiccare le fiamme sarebbero stati alcuni dei 1300 tunisini attualmente ospiti del centro che si oppongono al rimpatrio. Nei giorni scorsi Lampedusa, è stata al centro di rivolte e tafferugli da parte dei tunisini contrari al rientro in patria. Sul posto ci sono vigili del fuoco e forze dell’ordine.
Fuggiti 800 tunisini Un’alta colonna di fumo si è estesa su tutto il cielo dell’isola, e l’aeroporto è stato chiuso per sicurezza. Per domare le fiamme, sul luogo sono intervenute tutte le squadre di vigili del fuoco attive. Nel caos generale determinatosi a seguito dell’incendio, circa 800 tunisini sono riusciti a fuggire, raggiungendo il centro abitato distante un paio di chilometri. Per far fronte all’emergenza, e rintracciare gli extracomunitari, sono stati richiamati in servizio anche gli uomini delle forze dell’ordine che godevano del giorno di riposo. Quattrocento tunisini sono stati bloccati in prossimità del molo Favaloro, gli altri sono tutt’ora ricercati.
Una decina di intossicati Due capannoni su tre del centro accoglienza immigrati di Contrada Imbriacola a Lampedusa sono andati distrutti. Le fiamme hanno interessato anche altri containers esterni. L’incendio ora è sotto controllo, spiegano i vigili del fuoco, che stanno conducendo le operazioni di bonifica e controllando che non vi sia alcuna persona coinvolta. Almeno una decina di persone, tra migranti ed uomini delle forze dell’ordine, sono rimasti intossicati. Tra di loro anche un extracomunitario paraplegico, costretto su una sedia a rotelle. Il responsabile del poliambulatorio dell’isola, Pietro Bartolo, sta valutando l’eventuale trasferimento in eliambulanza per i casi più gravi, anche se nessuno versa in pericolo di vita.
Il sindaco: devono andare via subito "Siamo stanchi di questi tunisini delinquenti, vanno subito trasferiti entro le prossime 48 ore. Anche con le navi militari" ha dichiarato il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis che poi ha aggiunto: "i nostri concittadini rischiano in questi momenti di finire in ospedale per un’intossicazione da fumo. È da più di un mese che parlo di questo pericolo ma non sono stato ascoltato. Abbiamo mille tunisini che adesso hanno combinato un casino. Sto chiamando adesso il ministro Maroni, il premier Berlusconi e pure il presidente della repubblica Napolitano, vogliamo essere aiutati. È bastato un attimo per fare crollare quello che abbiamo costruito con fatica da febbraio a oggi. Ora si è superato ogni limite di tollerabilità. Se ne devono andare subito dalla nostra isola". 


http://www.ilgiornale.it/cronache/rivolta_centro_lampedusa_tunisini_danno_fuoco_cie/20-09-2011/articolo-id=546951-page=0-comments=1 


 
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Il regalo delle toghe alle coop rosse: vietata la vendita di “Falce e Carrello 
 

Se dici la verità su Coop, la Procura di Milano ti condanna. Nessuno ormai ha più dubbi su quale sia l’orientamento politico delle toghe meneghine, ma la condanna a Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, reo di aver scritto e fatto pubblicare il libro “Falce e carrello”, ha il sapore di un vero e proprio regalo alle Coop.  Secondo il Tribunale, Caprotti attraverso quella pubblicazione avrebbe commesso “un’illecita concorrenza per denigrazione ai danni di Coop Italia”, proprio per questo la sentenza impone il pagamento di una multa di  300.000 euro e l’obbligo di ritirare tutte le pubblicazioni dal mercato. Con divieto di ristampa. Al di là del risarcimento, a conti fatti irrisorio a fronte della richiesta iniziale di 40 milioni, l’obbligo di ritiro dal mercato appare fuori luogo per un libro in cui sostanzialmente si documenta come le “coop rosse” si servano a loro vantaggio di legami con la politica locale per avvantaggiarsi rispetto ai concorrenti e creare un monopolio che permetta di mantenere alti i prezzi, a danno dei consumatori. Tutto dimostrato e ben argomentato. Persino lo stesso dispositivo della sentenza ammette che:
“decade l’accusa di diffamazione per la ricorrenza della scriminante dell’esercizio del diritto di critica mentre le domande avversarie sulla concorrenza sleale sono invece fondate”.
Probabilmente non è facile comprendere il giuridichese, ma se non c’è diffamazione come può essere contestata la concorrenza sleale? Come può macchiarsi di concorrenza sleale un libro che dice la verità?
Fatto sta che oltre a Caprotti e ad Esselunga, sono stati condannati anche l’economista Geminello Alvi che ha scritto la prefazione, il giornalista e coautore del libro Stefano Filippi e la casa editrice Marsilio. La Coop aveva chiesto addirittura di imporre l’affissione di copia della sentenza nelle casse dei 132 punti vendita Esselunga, ma il giudice Patrizio Gattari, bontà sua, l’ha ritenuto eccessivo.
La battaglia legale tra Coop ed Esselunga dura dal 2007, anno di uscita del libro. Il Tribunale civile di Milano aveva già dovuto deliberare sui contenziosi sollevati da Coop Adriatica,  Coop Liguria e Coop Estense. Per quanto riguarda Coop Estense, l’iter si è concluso ad aprile ed il verdetto finale scagiona Caprotti. Pure le accuse di Coop Liguria sono state rigettate ma Esselunga è stata condannata a pagare 50mila euro per aver “criticato i concorrenti”.
Il ricorso di Coop Italia a quanto pare è stato quello buono. Altra anomalia.

Le Coop attualmente sono una multinazionale con 56.000 dipendenti, 7 milioni di soci e un fatturato di 13 miliardi. Anche perché amministratori locali compiacenti, e di sinistra, spesso ostacolano l’apertura di store della concorrenza come Esselunga. Tutto questo è scritto su Falce e Carrello, che ha venduto più di 500.000 copie ma deve sparire dagli scaffali, in attesa di uno scontato ricorso in Appello.
Per ora dobbiamo sopportare l’ufficio stampa della Coop Italia che ha il coraggio di diffondere un comunicato che recita testualmente:

  «Un’aggressione violenta e lesiva che noi di Coop non ci saremmo mai sognati di fare nei confronti di un concorrente. Pur in un contesto di dura competizione imprenditoriale, il rispetto degli altri e la legalità dei comportamenti e degli atti è parte integrante dell’essere cooperativa»,
ma possiamo ancora fare qualcosa: boicottare tutte le Coop di Italia e diffondere più che possiamo “Falce e carrello”.
Chi ne è in possesso, lo faccia leggere ad amici, parenti, conoscenti.



http://www.questaelasinistraitaliana.org/2011/il-regalo-delle-toghe-alle-coop-rosse-vietata-la-vendita-di-falce-e-carrello/ 
http://www.questaelasinistraitaliana.org/2011/il-regalo-delle-toghe-alle-coop-rosse-vietata-la-vendita-di-falce-e-carrello/  
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lunedì, 19 settembre 2011

BRUNO (MIS CON RAUTI): RIFIUTI TOSSICI DAL NORD IN CAMPANIA TUTTI ASSOLTI. E’ UNA VERGOGNA!


Sull’argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario del Movimento Idea Sociale con Rauti Raffaele Bruno ha dichiarato:
“Linchiesta “Cassiopea” della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere si è conclusa con un nulla di fatto. Gli imputati sono stati tutti scagionati. E’ molto triste e vegognoso dovere apprendere che i veleni tossici e nocivi scaricati dagli imprenditori senza scrupoli del nord Italia nelle terre del casertano e del napoletano, con la compiacenza interessata dei criminali locali, rimarranno lì senza che giustizia sia fatta. I killer dell’ambiente l’hanno fatta ancora una volta franca e qui si continua amorire ancora di tumori e malattie collegate alla patogenesi ambientale. Una vera vergogna per tutto il Paese!” 
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sabato, 17 settembre 2011

 

Nessuna Luce Mio Duce!  


di Giuseppe Minnella
 
“NESSUNA LUCE MIO DUCE” – Questa la frase comparsa su un pannello pubblicitario 6x3 a Napoli nei giorni scorsi ad opera dei due “artisti” napoletani Sebastiano Deva e Walter Picardi. Obiettivo di codesti novelli difensori della libertà di pensiero (la loro soltanto ovviamente) quello di far chiudere la Cripta Mussolini a Predappio.
Fa tanto male sapere a tali signori che la tomba del Duce è, dopo quella di Padre Pio, la tomba più visitata al mondo segno questo di un vivo ricordo nel popolo italiano della figura di Benito Mussolini. Per questo motivo va, secondo loro, chiusa: dove non arriva l’arroganza di queste persone?
Per tali signori, ci perdoni chi signore lo è veramente, la visita alla tomba di Mussolini rappresenta “uno spregio alla costituzione italiana”. Esilarante! Avete capito bene: altro che finanziaria, disoccupati e famiglie che non arrivano alla fine del mese: il problema italiano è la tomba del Duce!
Gente al limite della realtà nelle cui parole persiste un immenso odio per un uomo morto ormai settanta anni fa: “La Cripta di Predappio che raccoglie la salma di Mussolini ne è il cuore nero e deve essere eliminata. Chiusa definitivamente al pubblico.” Allucinante!
Forse i sedicenti artisti sono stati inspirati dalla sorte della tomba di Rudolph Hess le cui ceneri sono state riesumate qualche mese fa e disperse in mare e la tomba distrutta oppure la proposta è stata partorita probabilmente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti che spero e credo non abbia seguito: in caso contrario saremo in tantissimi a difendere la tomba del Duce dovesse questa essere l’ultima battaglia a difesa di una storia e di quella verità che in Italia è stata barbaramente violentata dall’ignoranza, arroganza e stupidità di gente come Deva e Picardi. 
Dunque, NESSUNA LUCE MIO DUCE per questo paese di vigliacchi, di ladri e arraffoni, di truffatori e gente affamatrice del popolo; di mantenuti dallo Stato come i due signori di cui sopra che abusano del titolo di artista per fare sfoggio di tali brutturie definite “opere d’arte” da esporre in quella Biennale lanciata dal Fascismo e che ancora oggi vive con i soldi pubblici.
Già appunto soldi pubblici: ecco a cosa servono! Basterebbero questi sprechi per violare la legge, altro che visitare una tomba! Deva e Picardi: una sola parola: vergognatevi e tornate al vostro anonimato. L’ora di notorietà, grazie al Duce,  è già finita. 

http://giuseppeminnella.blogspot.com/2011/09/nessuna-luce-mio-duce.html 

 

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venerdì, 16 settembre 2011

Islanda, quando la rivoluzione non è colorata

Non dimentichiamoci e non lasciamoci assorbire dal mutismo imposto dal sistema. Il silenzio assoluto dei media nazionali ed internazionali è il chiaro segno della assoluta importanza del fatto islandese. La strada è segnata. Alea iacta est! Verso l'autodeterminazione dei Popoli d'Europa!
 
E. Baldi



“Islanda fuori dal Fmi. Viva l’Islanda”. Titolava così la prima pagina di ieri di Rinascita. Mentre sugli altri organi di stampa nazionali, radio e tv, un silenzio assordante, rotto a tratti dalle notiziole di gossip della politica politicante, ci informava sul nuovo fidanzato della Pellegrini oppure su quante volte Vasco Rossi posta un video delirante su Facebook. Silenzio stampa (ma anche audio e video), su un fatto che, a ben vedere, ha tutta l’aria di essere il prodromo di una rivoluzione.


Silenzio, d’altronde, che dura da almeno tre anni; da quando nel 2008 la forte crisi economica portò l’Islanda al crack finanziario. Prima di tali eventi l’economia dell’Isola dei vulcani era, seppure minima, ben sviluppata (un pil stimato sui 10 miliardi di dollari nel 2005). Dopo un anno di tribolazioni per l’economia, nel 2009, tramite un referendum, il popolo islandese ha (per il 93 %) deciso di non pagare più il debito pubblico alle banche. Si è innescata così una sorta di “rivoluzione silenziosa” che però ha costretto il governo di centrodestra guidato da Geir Hilmar Haarde ad accettare le dimissioni nonché la stesura di una nuova Costituzione. Ma ciò che più di tutte è passata in sordina è stata soprattutto la nazionalizzazione della maggior parte degli istituti di credito e l’arresto dei banchieri responsabili di aver portato la nazione alla bancarotta.


L’Islanda per la notevole presenza di centrali idroelettriche ma soprattutto geotermiche, che forniscono al Paese oltre il 70 % dell’energia necessaria agli abitanti, vive una sorta di autarchia energetica (il 99,9 % di quella elettrica è generata da fonti rinnovabili). Inoltre, il Parlamento islandese già nel 1998 ha deciso di eliminare tutti i combustibili fossili dall’Isola e di utilizzare soltanto mezzi di trasporto alimentati ad idrogeno. La spesa energetica non è da sottovalutare, soprattutto in vista delle restrizioni economiche a cui dovrà andare incontro il popolo islandese per risollevarsi dalla stangata inferta dal monetarismo usuraio internazionale.


Niente salvataggi in extremis quindi (come quello al quale è stata costretta la Grecia) da parte di Bce, Fmi o Banca Mondiale, nessuna cessione della propria sovranità nazionale, niente svendite al migliore offerente… soltanto una volontà popolare di riappropriazione dei diritti, e soprattutto una partecipazione referendaria tra le più alte d’Occidente. Un popolo unito quello islandese, orgoglio del premier Johanna Siguroardottir che ha annunciato in una conferenza stampa che “la ricostruzione economica islandese, dopo il collasso bancario del 2008 è già partita”. Il “miracolo” islandese (a differenza di quello berlusconiano) si è così potuto realizzare grazie alla serietà politica ma soprattutto alla partecipazione del popolo che unanime ha voluto e ottenuto l’indipendenza economica dagli usurai di Washington. Un passo importante di autodeterminazione quindi, quello islandese; un sasso nello stagno, un’idea che avrebbe potuto provocare un’onda d’urto così forte da ridestare dal torpore i popoli europei (in primis l’Italia) ma che purtroppo, complici i media, ha prodotto il... solito silenzio.


Lo stesso passo che fece l’Argentina della Presidenta Kirchner che scioltasi dai legacci usurai del Fmi, oggi è tornata a volare a tassi dell’8% annuo.




da: http://www.rinascita.eu/index.php

http://luniversale.splinder.com/post/25554327/islanda-quando-la-rivoluzione-non-e-colorata 



 
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giovedì, 15 settembre 2011

Genova. Spezzano gambe a pensionato
per rubargli la collanina
 



GENOVA - Hanno spezzato a calci le gambe a un pensionato di 68 anni per rapinarlo della collanina. Il fatto è avvenuto nei giorni scorsi nell'androne di un palazzo di piazza Portello, nel centro di Genova.

La vittima resterà oltre 40 giorni in ospedale, secondo quanto indicato dai medici dell'ospedale Galliera, e potrebbe riportare danni permanenti. I due aggressori sono stati rintracciati e arrestati dalla Squadra mobile di Genova che li ha identificati attraverso i filmati di telecamere installate nella zona: si tratta di due marocchini di 22 anni, già noti alle forze dell'ordine, accusati di rapina e lesioni gravi.



 http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=163024&sez=ITALIA# 
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