domenica 20 novembre 2011

giovedì, 25 febbraio 2010

Padova. Imprenditore denuncia: «Banche
mi chiedevano il 40% di interessi»

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La sua azienda trevigiana è fallita e oggi sarà fatta la stima
della casa in cui abita col padre invalido: «Ma non mi arrendo»
di Giuseppe Pietrobelli
PADOVA (25 febbraio) - «Sono stato strozzato dalle banche, mi hanno applicato tassi che superano la soglia dell’usura e hanno improvvisamente chiuso i finanziamenti, costringendomi a rientrare in pochi giorni. Questa è una "estorsione contrattuale" che mi ha fatto fallire. Ma voglio giustizia».

Giuseppe Baratto è un piccolo imprenditore padovano di 36 anni, abita ad Albignasego, era titolare dell’impresa individuale BM con sede a Cornuda (Treviso). Il 12 novembre scorso ha assistito in Tribunale alla dichiarazione del proprio fallimento. Una settimana dopo, assistito dall’avvocato Carlo Canal di Monselice, aveva già presentato una prima denuncia contro una banca padovana nell’ipotesi di «usura aggravata in quanto commessa da istituto creditizio e in danno di imprenditore». Il fascicolo è sul tavolo del pm Paolo Luca. Quanto basta perchè Baratto chieda i benefici della legge antiracket. Dopo aver letto la drammatica vicenda dell’imprenditore vicentino che si è ucciso perchè non riusciva a pagare gli operai, ha deciso di uscire allo scoperto. E di raccontare la sua storia.

«Non mi hanno lasciato un soldo, tiro avanti perchè mio padre ogni tanto mi dà 20 euro... Ma domani (oggi per chi legge, ndr) il curatore verrà nella casa dove abitiamo per fare la stima. E mio padre è invalido all’80 per cento. Mi hanno distrutto, mi hanno tolto la dignità». Riprende fiato. «In questi casi togliersi di mezzo costa solo 10 centesimi, il prezzo di una pallottola. O ci si uccide, o si ammazza qualcuno. O si inizia a combattere. Ho scelto questa strada». Rivuole i suoi soldi, chiede giustizia, spera di ricominciare, magari con l’aiuto dello Stato alle vittime di strozzinaggio, anche se in doppio petto e dietro la legalità dei protocolli bancari.

«Nel maggio 2001 mi metto da solo, apro un’azienda che costruisce pezzi meccanici e macchine complesse. Arrivo a 19 dipendenti, un fatturato di 700 mila euro, con la prospettiva di raddoppiarlo». Gli servono soldi, per cominciare. Il meccanismo che si mette in moto non è facile da spiegare. Apparentemente il tasso per i finanziamenti è del 6 per cento, con contratto decennale. In realtà le procedure lo fanno lievitare a dismisura. «La consulenza di parte che ho allegato alla denuncia indica una percentuale di oltre il 40 per cento». La soglia d’usura bancaria è al 13 per cento. Il meccanismo si complica quando l’imprenditore presenta le fatture dei pagamenti delle aziende che verranno a 90 giorni. «Una parte minima finisce su un conto fittizio per il pagamento del prestito. La parte maggiore mi veniva anticipata. Avevo bisogno di liquidità per dipendenti e materie prime, ma ad un tasso del 12 per cento. Intanto sulle rate che non risultavano ancora onorate scattava un tasso analogo. Era un ricatto». Un meccanismo in cui il tasso di mora si moltiplicava per ogni rata e ingrassava la banca.

«Il mio consulente ha calcolato il "tasso effettivo globale", secondo la legge 108 del ’96 e i dettami della matematica finanziaria. Il tasso-soglia è stato superato di parecchie volte. Ma non c’è solo l’usura». Cos’altro ancora? «Gli affidamenti mi sono stati improvvisamente revocati. Non potevano farlo. O mi dovevano dare un congruo termine, non 5 giorni soltanto». Nella denuncia si fa riferimento all’"estorsione contrattuale" che per la Cassazione si verifica quando, «pur non essendo antigiuridico il male prospettato, si faccia uso di mezzi giuridici per scopi diversi da quelli per i quali sono stati apprestati dalla legge». Insomma, un «arbitrio» che non teneva conto della solidità aziendale.

Chiosa l’avvocato Canal: «Credo che il signor Baratto abbia diritto a riavere i suoi soldi. Purtroppo di casi analoghi ce ne sono tanti. Perchè le banche aggiungono al tasso d’interesse le spese, il massimo scoperto e quant’altro». E la soglia dell’usura è superata.
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lunedì, 22 febbraio 2010

VERGOGNA!!!
tagliano sulla nostra salute:Trasporto malati,ora si deve pagare
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Il trasporto in ambulanza (e idroambulanza) ora si paga. Fanno eccezione solo i "pazienti non trasportabili con altri mezzi", che devono però esibire il certificato del loro medico curante. Tutti gli altri pagano, con la possibilità di una tariffa agevolata di 30 euro sui mezzi convenzionati della Croce verde. É la "stretta" preannunciata a suo tempo dell’Ulss 12, in un settore come quello dei trasporti malati - quelli non urgenti - che a Venezia era sempre stato a carico del sistema nazionale. Una tradizione, legata probabilmente anche alla particolarità della città lagunare, che andava però a cozzare con una normativa regionale che ormai dal 1998 ha introdotto il contributo dei pazienti anche su questo tipo di servizio. Così, già a settembre, l’Ulss 12 ha deliberato in materia. E tutti i medici interessati (da quelli di base, agli ospedalieri) sono stati richiamati a limitare l’utilizzo delle ambulanze ai soli casi gravi, elencati in delibera: barellati, in carrozzina ortopedica, oncologici e neurologici, dializzati, tetraplegici, invalidi al 100%, in assistenza domiciliare integrata.
Una bella stretta, non c’è che dire, che presto sarà pubblicizzata anche con un comunicato da affiggere nei distretti e negli ambulatori. «Lo stiamo preparando in questi giorni» annuncia il direttore sanitario dell’Ulss 12, Salvatore Barra. Intanto, qualche malumore c’è già stato. Mentre la Croce verde segnala un calo delle richieste, davanti alla prospettiva di pagare. «Non credo che ci siano meno trasporti, ma i dati li avremo fra qualche tempo - precisa Barra -. Di certo, prima si faceva un cattivo uso di questo servizio. Con questa delibera ci siamo adeguati alla normativa regionale, dando anche la possibilità di una tariffa calmierata».
Questo sul fronte dei trasporti non urgenti. Poi c’è l’annosa questione del Suem che in laguna può contare solo su tre idroambulanze. Poche, a detta di molti. «Poche in alcuni momenti - ammette Barra -. E il problema è la mancanza di personale. Ma per questo stiamo lavorando con il Pronto soccorso per cercare di garantire una quarta idroambulanza nelle ore diurne».
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giovedì, 18 febbraio 2010

Non abbandoniamo le lingue patrie!
Siamo succubi del modello statunitense da ogni punto di vista: culturale, economico, commerciale, politico, militare, sociale e pure linguistico. Inutile dire che la stragrande maggioranza dei politici italiani si è sempre appiatta a questa condizione, soprattutto negli ultimi decenni, in cui siamo diventati una colonia. L’Unione europea persevera a spianare ogni ostacolo all’occupazione dell’inglese e abbandona le lingue patrie.Povera Italia, Povera Europa! Difendiamoci ed incominciamo ad usare correttamente la nostra lingua, senza inutili "inglesismi"!

Ceronetti e la lingua inglese: un promemoria
La funzione geopolitica della lingua ed il dominio culturale anglofono
Aldo Braccio
In un paio almeno di articoli apparsi sulla grande stampa ( “Resistenza all’inglese” sul Sole 24 Ore del 9 settembre 2007 e “Alzate senza paura le barriere linguistiche” sul Corriere della Sera del 14 gennaio 2010) lo scrittore Guido Ceronetti ha richiamato giustamente  l’attenzione sullo stato di inferiorità linguistica riconosciuto dagli italiani nei confronti dell’inglese. Riportiamo alcuni brani degli interventi in questione perché li sottoscriviamo – senza commenti superflui – trovandoli alquanto veritieri : “Bandiera bianca al vento, nessuna traccia di Termopili! La grande lingua definita da Leopardi ‘onnipotente’ (esagerava un po’, ma era amore) eccola presa a botte e pesci in faccia da franchising, joint venture, business, leasing, tour operator, jogging, privacy, marketing, full immersion, low cost, deregulation, talk show, reality show, imprinting, screening, scannering, star system, rockstar e poi metà delle cose sono hard e soft l’altra metà (…) L’Unione europea spiana ogni ostacolo all’occupazione dell’inglese e abbandona le lingue patrie”.
“Se i vostri figli si mostrano svogliati o poco svegli nell’apprendere l’inglese dei Tutti, favorite questa loro simpatica inclinazione. Incoraggiateli col mio esempio di antianglofono refrattario !”.
“La guerra all’inglese, all’anglofonia d’occupazione, all’americanofobia tecnologica, all’angloegemonia che implacabilmente va stritolando le lingue dell’Europa continentale e seppellendo in sabbie mobili senza ritorno la meno reattiva di tutte : questo italiano nostro di penuria, analfabetizzato, stupidamente arreso all’angloamericano, sparlacchiato male da giovani linguisticamente rammolliti, obbligato al servilismo bilinguistico da governi, come l’attuale, che deliberatamente lo vogliono subordinato (…) La diseducazione linguistica conduce dritto all’indifferenza a tutto : valori etici, culturali, religiosi del luogo dove ‘la casa dell’essere’, il linguaggio in cui lo spirito della lingua si incarna, patisce scala Richter al settimo, tanto che varrà meglio, per vivere in Italia, imparare inglese basico, pessimo ma apriporta dovunque”.
“Una lingua materna non è surrogabile da una sussidiaria, imposta con prepotenza. E’ in vista una diffusa confusione mentale. Alzate senza paura barriere linguistiche”.
Vale la pena ricordare che, rafforzato dal dissesto scolastico ed educativo nell’epoca delle “tre i” (le altre due sono impresa e internet), l’inglese domina sul piano culturale, commerciale e formativo; esso ha anche una funzione geopolitica e strategica importantissima, perché presenta come apparentemente irreversibile l’esistenza di un “mondo occidentale” unito da una parte e dall’altra dell’Atlantico dalla condivisione del basic english.
E la situazione non è molto differente sul piano giuridico internazionale, ove la contaminazione del linguaggio anglosassone è massiccia e dominante, soltanto con alcune resistenze del tedesco (negli ambienti internazionali sussistono concetti quali Tatbestand = tipicità, Schuld = colpa e Objektive Zurechnung = imputazione oggettiva) e del latino.
I contratti internazionali sono redatti quasi sempre in inglese, e gli istituti giuridici di matrice anglosassone ne sono ovviamente favoriti : termini e nozioni globalizzate come authority, class action, deregulation, computer crimes, mobbing e privacy – ma si potrebbe proseguire nell’elenco – hanno d’altra parte finito per affermarsi  pienamente anche sul piano nazionale.
tratto dahttp://luniversale.splinder.com/
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mercoledì, 17 febbraio 2010

BASTA CON GLI “INUTILI” SLOGAN

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La continua assenza di una politica seria sull’immigrazione ci pone di fronte ad una analisi che non può che sfociare in una aperta critica tesa a sottolineare l’assoluto fallimento delle politiche fin qui adottate dagli ultimi governi, di centrosinistra, così come di centrodestra. Tra le file di quella Lega che sbraita “padroni a casa nostra”, il ministro Maroni scarica il barile sui precedenti esecutivi, si ritaglia una nuova immagine da moderato, con toni pacati e concilianti, dimenticando forse che ora al Ministero degli Interni vi siede lui stesso e che in un recente manifesto propagandistico della Lega Nord si prefigurava per i padani lo spettro della riserva indiana…

Le percentuali elettorali, certo, danno ora la Lega col vento in poppa, ma non per questo dobbiamo rassegnarci alla continua invasione terzomondista, visto che, Lega o non Lega, nel solo ultimo anno gli ingressi sono raddoppiati!

Abile propaganda e comunicazione vincente, ma quanto a risoluzione dei problemi etnico-socio-economici sul fronte immigratorio il bilancio appare decisamente in deficit.

All’interno del PdL invece Gasparri lancia la “tolleranza zero”, mentre i suoi colleghi di “partito” stanno preparando la nuova sanatoria sulle badanti.

La Bossi-Fini, s’è rivelata null’altro che una gigantesca sanatoria, che ha posto solo alcuni inutili paletti formali, puntualmente elusi.

I numeri però parlano chiaro:

- scuole primarie sempre più composte da altissime percentuali di extracomunitari, mentre i nostri scolari subiscono l’eccessivo rallentamento dei protocolli di insegnamento;

- carceri dove ben oltre il 70% di detenuti è di origine extracomunitaria, ma la magistratura è troppo assorbita nella guerra all’esecutivo;

- attività abusive degli extracomunitari in costante aumento, ma il Fisco e la Guardia di Finanza bersagliano la piccola e media impresa;

- attività criminali, dalla prostituzione allo spaccio di droga, dilagano ovunque sempre più sotto la multiculturale “gestione” straniera, ma il problema rimane “la piaga del razzismo”, i buuu a Balotelli e gli “stronzi” di Fini, mentre per i più “estremisti” c’è la destrorsa Santanché, che si preoccupa del burqa e delle foto sui documenti di identità, ignorando che gli autori delle violenze, anche di via Padova a Milano, agiscono a viso scoperto e non sempre sono “irregolari”.

Intolleranti al caos della società mondialista e all’ipocrisia di chi usa il problema immigrazione solo per far cassa alle elezioni, Fiamma Tricolore vuole il blocco immediato dei flussi immigratori, l’espulsione dei clandestini e di chi è sprovvisto di regolare contratto di lavoro.

L’Italia ha già dato: troppo!

Piero Puschiavo
Segreteria Nazionale

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lunedì, 15 febbraio 2010

INFAMI
Venezia. Imbrattato il monumento ai martiri giuliano-dalmati a Marghera
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VENEZIA (12 febbraio) - Insulti e stelle a cinque punte sono stati tracciati sul monumento ai martiri giuliano-dalmati in piazzale Martiri delle Foibe (ex Tommaseo) a Marghera. L'atto vandalico è stato denunciato e condannato dall'Udc di Marghera, ricordando che solo due giorni fa «le istituzioni e i cittadini hanno celebrato la giornata del ricordo per non dimenticare la bruttissima pagina di storia del nostro paese in cui tantissimi italiani hanno perso la vita e molti altri sono stati costretti a lasciare la loro casa e le loro terre per fuggire alle atrocità».

Indagini sono in corsoda parte della Digos della Questura di Venezia.
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venerdì, 12 febbraio 2010

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Italia, 8 febbraio 2010 — «Con usura – scriveva Ezra Pound in quel suo noto e meraviglioso Canto dedicato al cancro del capitalismo – nessuno avrà casa di buona pietra / il pane tuo è arido come carta. / Peggio della peste è usura».
Ora, qualcuno penserà che l’usura sia un fenomeno marginale, per quanto grave, praticato da malviventi perseguiti, quando sono perseguiti, dalla legge. Episodi molesti, vero,  ma che, pur tuttavia, oltre ad essere illegali, non arrivano ad incidere nel profondo della maggioranza degli italiani.
Non è così.
Avete un conto bancario senza fido? E, in quanto titolari di un tale conto, il direttore della vostra filiale  vi avrà anche gentilmente concesso quella opzione che si chiama: “scoperto”, è vero? Ma sì: quel gruzzoletto al quale, in caso di emergenza, potete attingere. Una comodità, non è vero? Senza neanche bisogno di industriarvi per avere un prestito, ci sono automaticamente quei mille, duemila euro a disposizione.
Sì, ma sapete quanto vi costa un prelievo da quella riserva? Dati rilevati da varie Associazioni di consumatori fanno sapere che, oggi, uno sconfino di mille euro al mese, costa anche più di 200 euro al mese. Come dire: tasso di interesse pari al 20%. Lo applica per esempio, Banca Popolare dell’Emilia Romagna. Mentre la Banca Marche vi applica uno sconto del quasi 50%: “solo” 109 euro al mese. L’eccelso lo raggiunge la Cassa di Risparmio di Ravenna.  Che applica agli sconfini in assenza di fido chiede addirittura  fino a 30,54 euro a chi sfora di mille euro per un solo giorno; e 63,77 euro per una settimana. Intesa Sanpaolo e Unicredit, che per le loro commissioni settimanali chiedono appena 70 euro nella prima e 71 nella seconda settimana, sono dei benefattori al confronto.
Avete capito? Altro che strozzini e cravattari di strada. Questi nobili consorzi che si chiamano banche, l’usura la praticano sistematicamente e tutti i giorni su milioni di italiani.
E lo stato? Come al solito: nulla può. Se per i conti affidati, infatti, è stato posto un tetto alle spese sostitutive (ivi compresi gli scoperti), nulla è previsto per i conti senza fido. Far west senza regole e senza frontiere, quindi. E per gli indiani della riserva, cioè noi, al massimo c’è da aspettarsi l’arrivo del generale Custer a darci il colpo di grazia.
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martedì, 09 febbraio 2010

10-O2-2010;FOIBE IL GIORNO DEL RICORDO
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veritá nascosta sulle foibe
questo sito osservera per tutto il giorno del ricordo una giornata di lutto e silenzio in onore dei martiri delle foibe e dell esodo  delle popolazioni italiane dei confini orientali
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IL MARTIRIO DI NORMA COSSETO
NORMA COSSETTO: quelli che non dimenticano il dramma delle foibe
Norma Cossetto rappresenta per tutta l'Italia il simbolo del dramma dlle Foibe. Una ragazza appartenente ai territori istriani come tante altre ragazze, colpevole per i suoi aguzzini solo di essere italiana. Nacque nel 1920 in Istria a Visinada. Il padre, Giuseppe Cossetto aderì al fascismo per il suo programma d'italianità. Fu segretario politico e podestà di Visinada, commissario governativo delle casse rurali dell'Istria. La ragazza era molto studiosa, socievole e generosa e tutto lasciava intravedere una brillante carriera. Il 26 settembre 1943 i partigiani irruppero in casa Cosseto trovandovi la sola Norma. La ragazza venne arrestata e rinchiusa nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano. Qualcuno che la conosceva la fece scappare, ma inutilmente. Subito riacciuffata venne condotta prima a Parenzo nella ex caserma della Guardia di Finanza e poi nella scuola di Antignana. In questo luogo Norma subì il martirio: legata nuda ad un tavolo fu violentata a turno da 17 aguzzini. Dopo che ebbero finito, le pugnalarono i seni, le conficcarono un paletto nella vagina e con i polsi legati con il filo di ferro, ancora agonizzante, venne gettata nella foiba di Villa Surani. Purtroppo la sua storia, così come quella di tanti altri nostri connazionali vittime delle foibe, è rimasta nascosta per interi decenni per evitare lo smascheramento delle barbarie dei partigiani jugoslavi di quelle zone istriane. Tutto questo perchè la sinistra italiana ha sempre volutamente nascondere uno dei più brutti capitoli della seconda guerra mondiale.
Ecco perchè questo gruppo ha come intento quello di riabilitare, nel nome di Norma Cossetto, la memoria di quanti furono vittime delle foibe.
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lunedì, 08 febbraio 2010

PER NON DIMENTICARE
PAOLO DI NELLA;9-02-1983;9-02-,2010
IN MEMORIA DI PAOLO DI NELLA
2 febbraio 1983. E' ormai sera quando Paolo Di Nella sta affiggendo dei manifesti nel quartiere africano, a Piazza Gondar insieme ad un'amica. I manifesti riguardano una delle battaglie a cui Paolo si dedica da tempo: la trasformazione di Villa Chigi in un centro d'agg...regazione per il quartiere. Mentre è intento nell'affissione è aggredito alle spalle e viene colpito alla testa con un corpo contundente, davanti allo sguardo attonito e impotente della ragazza che è con lui. Paolo si rialza dolorante e si sciacqua ad una fontanella. Poi si fa accompagnare a casa ma qui si sente male. Viene trasportato in ospedale, da dove non uscirà più. Dopo una settimana di agonia Paolo muore a 20 anni il 9 febbraio 1983. I suoi assassini sono ancora in libertà. Onore a Paolo Di Nella Camerata Paolo Di Nella: PRESENTE!
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sabato, 06 febbraio 2010

IL TRENO DELLA VERGOGNA:A Bologna il treno degli esuli fu preso a sassate
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Era una fredda domenica, quella dei 16 febbraio dei '47, quando da Pola s'imbarcò con i sacchi, le pentole, le ultime lenzuola e un piccolo tricolore il quarto convoglio marittimo di esuli. Qualcuno aveva voluto portare con sé le ossa dei morti. Tutti avevano gli occhi rivolti alla città che sempre più rimpiccioliva. "Era come voler trattenere dentro l'incomparabile visione della nostra cittadina. Nessuno poteva immaginare quello che ci attendeva in madrepatria". 
A ricordarlo è uno di quei profughi, Lino Vivoda, allora quindicenne, che s'era imbarcato con i genitori sul piroscafo "Toscana". Una delle tante storie di addio a una terra amata e cancellata per sempre vissuta da chi, a guerra finita, scelse l'esilio per continuare a sentirsi italiano. "Ad Ancona l'impatto fu tremendo. C'era un cordone dell'esercito a proteggerci e tanta gente che scendeva dalla parte alta della città. Noi, dal ponte della nave, agitavamo le mani in segno di saluto, con le bandiere al collo, anche perché faceva freddo, nevicava. E loro rispondevano col pugno chiuso". Possibile che nessuno la pensasse diversamente. che non sentisse fratelli quei "veneti di la de mar"? Uno episodio, toccante ci fu. "Da quella folla vennero fuori in tre, due con la fisarmonica, e cominciarono a cantare vecchie canzoni istriane. Erano esuli pure loro, accettati per aver combattuto a fianco dei partigiani. Una scena commovente che un po' ci rincuorò. Anche chi ci insultava per un po' smise. 
Da lì partimmo con un lungo treno di vagoni merci la sera di lunedì 17 febbraio, sdraiati sulla paglia, attraverso l'Italia semisepolta dalla neve. Dopo innumerevoli soste in stazioncine secondarie arrivammo a Bologna. Era martedì, poco dopo mezzogiorno. La Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa Italiana avevano preparato un pasto caldo, atteso soprattutto dai bambini e dai più anziani". Ma dai microfoni "rossi" una voce gridò: "Se i profughi si fermano, lo sciopero bloccherà la stazione". Poco prima il convoglio, che i ferrovieri chiamavano il "treno dei fascisti", era stato preso a sassate da un gruppo di giovanissimi che sventolavano le bandiere con la falce e il martello. Ci fu perfino chi, per eccesso di zelo, versò sui binari il latte destinato ai bambini già in grave stato di disidratazione. 
Il treno scomparve nella nebbia con il suo carico di delusione e di fame: la meta finale sarebbe stata una caserma di La Spezia. I pasti della Poa nel frattempo vennero trasportati a Parma con automezzi dell'esercito e distribuiti dalle crocerossine. "Vi giungemmo a tarda sera, la gente potè rifocillarsi dopo 24 ore di viaggio. C'erano tanti poveri tra noi, ma per i comunisti i poveri non avevano neanche il diritto di essere poveri". A inquadrare la drammatica vicenda del "treno della vergogna" in un contesto storico più ampio è Guido Rumici, goriziano, ricercatore di Storia ed economia regionale, autore di "Infoibati", "Fratelli d'Istria" e "Istria cinquant'anni dopo il grande esodo" per i tipi di Mursia. "Si trattò di un episodio nel quale la solidarietà nazionale venne meno per l'ignoranza dei veri motivi che avevano causato l'esodo di un intero popolo. Partirono tutte le classi sociali, dagli operai ai contadini, dai commercianti agli artigiani, dagli impiegati ai dirigenti. Un'intera popolazione lasciò le proprie case e i propri paesi, indipendentemente dal ceto e dalla colorazione politica dei singoli, per questo dico che è del tutto sbagliata e fuori luogo l'accusa indiscriminata fatta agli esuli di essere fuggiti dall'Istria e da Fiume perché troppo coinvolti con il fascismo. Pola era, comunque, una città operaia, la cui popolazione, compattamente italiana, vide la presenza di tremila partigiani impegnati contro i tedeschi. La maggioranza di loro prese parte all'esodo".
C'era chi istigava all'odio anche dalle colonne dei giornali. "Tommaso Giglio che allora scriveva per l'edizione milanese dell'Unità e che poi diresse l'Espresso, in quei giorni firmò tre articoli . In uno titolò "Chissà dove finirà il treno dei fascisti?"". Bruno Saggini, fiumano, residente a Bologna, unica città italiana in cui, fino a pochi anni fa, non esisteva una sola via dedicata all'Istria e alla tragedia dell'esodo, sottolinea la forte valenza ideologica di episodi come quello dei treno. "Gli attivisti di sinistra non capivano che gli italiani abbandonavano in massa le loro terre d'Istria, Fiume e Dalmazia per sfuggire alla snazionalizzante dittatura slavocomunista.
articolo di Gian Aldo Traversi
tratto da "Dossier" suppl.del Quotidiano Nazionale
settembre 2004 "Il tricolore a Trieste"
postato da: sebastia11 alle ore 08:11 | link | commenti
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