martedì 22 novembre 2011

lunedì, 12 settembre 2011

L'ISLANDA ESCE DAL FMI !

E' una data storica per l'Islanda. La nazione scandinava esce oggi ufficialmente dal Fondo Monetario Internazionale riappropiandosi della sua Sovranità Nazionale. Lo ha comunicato poche ore fa lo stesso premier islandese Johanna Siguroardottir.

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ISLANDA: IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE VA VIA
 
In tempi di presunti salvataggi nazionali portati avanti con ricette neoliberiste, di annullamenti di sovranità monetarie nazionali e di politiche di tagli violenti alle strutture amministrative ed economiche dei singoli stati, il piccolo stato scandinavo ha deciso di proseguire fermamente nella strada intrapresa oltre un anno fa, attraverso un imponente consenso dell’opinione pubblica nazionale, generalmente formata ed informata su temi così delicati e importanti.

Come riportano diversi servizi della tv pubblica islandese Ruv, l’FMI ha portato a termine la sua sesta revisione dell’economia nazionale islandese a Washington, ritenendo non necessario continuare il proprio lavoro sull’isola dell’Atlantico. L’FMI concluderà quindi le operazioni in Islanda, e la lascerà.

Il Primo Ministro islandese Johanna Siguroardottir ha annunciato la partenza dei funzionari in una conferenza stampa nella cittadina di Iono nei giorni scorsi, aggiungendo che la ricostruzione economica islandese è sulla retta via, con miglioramenti in corso e risultati ottenuti prima del previsto. Ha inoltre detto che la ricostruzione islandese dopo il collasso bancario del 2008 “è andata oltre ogni aspettativa”

Il Ministro delle Finanze Steingrimur J. Sigfusson ha preso parte alla conferenza sostenendo che la stabilità finanziaria islandese sarebbe nuovamente ristrutturata.

Il Ministro dell’Economia e del Commercio Arni Pall Arnason ha parlato in maniera più personale, dicendo che molte persone erano preoccupate della cooperazione tra FMI e Islanda, che il loro welfare state – altro elemento di vanto e di efficienza - sarebbe stato tagliato duramente e che sarebbero state prese misure drastiche, basate sui diktat classici utilizzati dal Fondo Monetario nei suoi interventi in Estremo Oriente e in Sudamerica. Army crede che la ragione per la quale tutto questo non si è verificato in Islanda è perché i prestiti forniti dall’FMI al governo Islandese hanno permesso a quest’ultimo di prendere più tempo per fissare budget e obiettivi.

L’arrivo del FMI in Islanda come è noto fu accolto in maniera estremamente fredda da gran parte della popolazione, convinta che il FMI avrebbe chiuso l’Islanda in uno stato di permanente debito, come ormai troppi paesi hanno già sperimentato in passato. La partenza dei funzionari del FMI viene quindi vista con ottimismo da gran parte dell’opinione pubblica.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l’Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di BCE, FMI o World Bank, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione, e un coinvolgimento dell’opinione pubblica nazionale tra le più alte d’Occidente. (asi)

 
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IL REFERENDUM CI PROTEGGERA

Francia, scoppio in sito nucleare: 1 morto
Il governo: nessuna fuga radioattiva
 

La centrale di Marcoule 

ROMA - Un'esplosione si è verificata in un forno della centrale nucleare di Marcoule, nella Linguadoca-Rossiglione, nel sud-est della Francia. Il rischio di fuga radioattiva è stato smentito intorno alle 14,30 dal governo francese. La centrale si trova nei pressi di Avignone e Nimes, sulla riva destra del Rodano e dista poco meno di 200 chilometri dal confine con l'Italia (Argentera è il comune più vicino, in provincia di Cuneo). In linea d'aria Marcoule dista 242 km da Ventimiglia, 257 da Torino, 342 da Genova.

Lo scoppio ha provocato un morto e quattro feriti.
Secondo il sito di Midi Libre, l'esplosione si sarebbe verificata intorno alle 11,45 nel centro di trattamento delle scorie nucleari Centraco, a Marcoule. Il sito parla di un morto «carbonizzato», e di quattro feriti, di cui uno «molto grave». Quest'ultimo è stato trasferito in elicottero all'ospedale di Montpellier. Le altre persone ferite in modo più leggero sono state invece ricoverate all'ospedale di Bagnols-sur-Ceze. Un imponente schieramento di pompieri e polizia è presente sul posto.

I vigili del fuoco hanno creato un perimetro di sicurezza a fronte di un rischio di perdite. Un portavoce della Commissione per l'Energia Atomica ha detto che l'incidente è avvenuto nel sito Centraco della società Socodei, controllata del gruppo Edf (il titolo Edf,quotato a Parigi, è arrivata a perdere il 6% dopo le prime notizie sullo scoppio), a Codolet. «In questo momento - ha affermato il funzionario - non vi è rilascio verso l'esterno».

«Non c'è fuga radioattiva», ha affermato il governo francese. L'esplosione nel sito per il trattamento di scorie «non ha causato fughe radioattive», ha detto all'agenzia France Presse un portavoce del ministero dell'Energia. «Non sono state ritenute necessarie evacuazioni o misure di isolamento degli addetti al sito - ha comunicato per parte sua il ministero dell'Interno francese - I feriti non sono stati contaminati e la persona deceduta è morta nell'esplosione».

L'incidente «non riguarda sicuramente la centrale nucleare - ha detto Emilio Santoro, dell'Enea -L'esplosione è avvenuta in un impianto per il ritrattamento del combustibile». Non è chiaro se si tratti di un forno per estrarre l'umidità dal combustibile oppure di un impianto nel quale vengono fusi o vetrificati i metalli a bassa attività. «La causa dell'incidente al momento non è nota - ha aggiunto Santoro - Probabilmente si è trattato di un effetto prodotto da una cattiva gestione o dall'anomalia all'interno di un forno».


La centrale di Marcoule è la prima entrata in funzione in Francia, nel 1955, e consta di tre reattori Ungg (versione francese del Magnox inglese), oltre a un prototipo del reattore autofertilizzante Phenix. La centrale fa parte del più ampio sito nucleare industriale gestito da Areva e dal Cea. A Marcoule furono costruiti i reattori nucleari a uso militare destinati alla costruzione della bomba atomica francese.

In Italia iI
Dipartimento della Protezione civile è in contatto con l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
) e con i Vigili del fuoco per monitorare e verificare gli eventuali rischi per l'Italia dopo l'esplosione che si è verificata a Marcoule. Per ora, fanno sapere al Dipartimento, le informazioni arrivate dalla Francia non parlano di dispersioni radioattive. I Vigili del fuoco hanno una rete di rilevamento della radioattività attiva sul territorio nazionale, pronta a segnalare anomalie.

La Regione Liguria ha allertato la Protezione Civile in caso di emergenza per fuga radioattiva - al momento esclusa - a seguito dell'esplosione nel sito nucleare di Marcoule, nel sud della Francia, vicino a Avignone e Nimes. Lo rende noto l'assessore regionale all'Ambiente, Renata Briano, che attraverso l'Arpal e le autorità nazionali sta avviando il monitoraggio in collaborazione con l'Agenzia Iaea-International atomic Energy agency.
 

http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=162748 
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venerdì, 09 settembre 2011

Uscire dall’euro
Piuttosto che lasciarsi prima svenare e poi vendere…

eussr

I rimedi ai problemi finanziari proposti dalle parti sociali e dai partiti sono meri palliativi, inutili, perché servono solo a tirare avanti di qualche settimana. La manovra governativa, anche la seconda, è iniqua e recessiva, sbilanciata sul lato delle entrate, e ha mobilitato resistenze insuperabili nel paese. Ora il governo, dopo che l’UE l’ha approvata, se la rimangia e ne fa un’altra, non migliore, ma semplicemente congegnata in modo da evitare che si coalizzi un’efficace resistenza, sia civile, che interna alla partitocrazia, la quale vuole conservare i suoi canali di spesa. La manovra alternativa del PD frutterebbe solo 1/10 dei 40 miliardi da recuperare (Tito Boeri su La Repubblica del 27 Agosto) e dimostra che l’opposizione non vale nulla, non ha capacità, non ha idee, non ha uomini. Il sistema partitico è oramai solo una zavorra senza capacità di soluzioni e senza valore di rappresentanza. Quindi senza legittimazione.

Sono decenni che in Italia si fanno sacrifici e manovre di risanamento e di adeguamento ai parametri europei, e siamo messi sempre peggio. Nessuno vuole ammetterlo, ma è palese che non funzionano. Il debito pubblico ha sempre continuato a crescere. Il motore del disastroso processo di indebitamento, su scala mondiale è il monopolio privato e irresponsabile della creazione e distruzione di moneta e credito, in mano a un pugno di banchieri, che controlla le banche centrali, BCE compresa, e ricatta i governi con minacce di declassamento e di non acquisto dei loro titoli del debito pubblico. Essenzialmente, li ricatta a trasferire al settore finanziario crescenti quote di reddito e risparmio dei cittadini e delle imprese.
Recenti dati mostrano che i paesi che hanno dichiarato di non potere o volere pagare il debito pubblico, dopo il default si sono ripresi bene.


Piuttosto che continuare con manovre depressive e socialmente laceranti, che non risolvono niente da decenni, sarebbe preferibile, per l’Italia, il seguente programma:
1-Uscire dall’Euro ritornando alla Lira;
2-Ripudiare il debito pubblico;
3-Nazionalizzare la Banca d’Italia e sottoporla a una commissione parlamentare;
4-Ripristinare i vincoli di portafoglio e di acquisto dei titoli di stato, come prima del divorzio della Banca d’Italia dal Tesoro;
5-Porre un vincolo costituzionale di pareggio di bilancio;
6-Nazionalizzare le banche commerciali che, avendo nel portafoglio molti titoli del debito pubblico, entreranno in crisi .
In tal modo, si eviterebbe tagli depressivi e socialmente laceranti, si risparmierebbe il 22% della spesa pubblica, si azzererebbe il debito pubblico, si potrebbe svalutare e così rilanciare le esportazioni, gli investimenti, l’occupazione; non si avrebbe più bisogno di emettere titoli del debito pubblico, salvo il caso di emergenze; anche in tal caso, li comprerebbe la Banca d’Italia.


Ma continuare con gli inasprimenti fiscali, con la tassazione di redditi presunti, con i tagli allo stato sociale, ai diritti dei lavoratori – continuare con l’indebolimento del paese e l’incremento dell’insicurezza e della paura – tutto questo è utile a portare il paese e la gente in condizioni ottimali  per il capitale internazionale che aspira a rilevare dall’esterno l’economia e le risorse, compresi i lavoratori, di un paese in ginocchio, pronto a lavorare per bassi salari, senza garanzie e tutele, livellato al basso. Un paese dove la gente e le imprese devono svendere i propri beni per debiti, anche fiscali. A questo pare che mirino le politiche e i ricatti della c.d. Europa – BCE, UE –, del FMI, delle società di rating. Ma non è l’Europa, bensì la maschera della comunità finanziaria sovrannazionale.
Il processo integrativo europeo dell’Europa allargata a 27 membri è finito. La Commissione conta sempre meno. Le decisioni si prendono tra cancellerie di paesi forti, esclusi gli altri. Soprattutto quelle per decidere le mosse della BCE, in modo che salvaguardi innanzitutto la Germania. Questa, assieme ai suoi satelliti e alla sua imitatrice, la Francia, l’ha oramai detto e ripetuto: non accetterà mai di emettere gli eurobond, cioè di mettere in comune il debito pubblico proprio con quello italiano e degli altri paesi eurodeboli. I paesi euroforti non accetteranno mai l’integrazione politica con l’Italia non solo per il suo debito pubblico, ma anche perché la classe politica e dirigente italiana è troppo marcia e incompetente: all’estero hanno visto tutti abbastanza, oramai, dalla mafia, alle storie dei rifiuti di Napoli, al bunga bunga, alla giustizia a livelli di Africa Nera. Forse negli anni ’90 pensavano che l’Italia avrebbe eliminato questa classe dirigente e corretto i propri difetti grazie alla pressione dell’Euro, ma ciò non è avvenuto. All’estero sanno che l’Italia non riesce a riformarsi, a intervenire sui propri vizi strutturali, e che sta declinando da 20 anni incessantemente. Sanno che inevitabilmente uscirà dall’Euro. Sanno che integrarsi politicamente con un paese come l’Italia sarebbe come impiantarsi una grave malattia.  Nessun paese o azienda efficiente ha interesse a integrarsi con un paese o un’azienda inefficiente. Ha per contro interesse a sfruttarlo/a assumendone il controllo dall’esterno.


La Germania (seguita da altri paesi forti) è un paese molto più efficiente, corretto e serio dell’Italia. La sua politica è quindi quella di tenere l’Italia sotto la BCE e gli organismi comunitari, che la Germania può dirigere, al fine di neutralizzarla come paese concorrente sui mercati internazionali, e di costringerla, prima che finisca per lasciare l’Euro, a pagare i propri debiti in Euro verso le banche tedesche anche al costo di dissanguarsi.
E questa linea politica si sta confermando e irrigidendo nel progredire della crisi. Giulio Tremonti, il 27 Agosto, parlando ai Ciellini di Rimini, ha non senza ragioni ammonito la Germania ad accettare l’eurobond e a non ostinarsi nella sua politica solipsistica, perché potrebbe finire a suo danno. Ma ostinarsi nelle politiche solipsistiche è ciò che la Germania sta facendo da quando è nata, dal 1871. Non ha mai cambiato linea, nonostante due guerre rovinosamente perse. Il sistema-paese Germania capisce i fatti, non ragioni, moniti e minacce.


Il governo italiano impone al paese sacrifici durissimi e recessivi in nome dell’integrazione europea. Ma l’integrazione europea è finita, per noi. L’Italia non sarà mai integrata. Quindi sarebbe tempo di rovesciare il tavolo, prima che il governo di centro-destra adesso, e un governo di centro-sinistra domani, facciano qualche altra manovra di salasso, per poi annunciare che, inopinatamente, le manovre non sono sufficienti, e che bisogna alzare l’uva, mettere l’imposta patrimoniale, tagliare le pensioni, marchionnizzare tutto il paese immediatamente e senza discutere per pagare gli interessi sui debiti – in ossequio alla curiosa inversione dei ruoli, oramai dilagata in tutto il mondo libero, in virtù della quale lavoratori, imprenditori e consumatori  producono la ricchezza che dà valore alla carta prodotta dal settore finanziario, però si ritrovano di esso eternamente debitori, anzi devono sottomettersi alle sue regole e alla sua morale.

Ripudiare il debito pubblico, dunque, e uscire dall’Euro. Immediatamente, finché non siamo ancora dissanguati.
Alle lamentale di chi ha comperato titoli del debito pubblico italiani e farà l’indignato quando l’Italia non li pagherà, si replicherebbe che li ha comperati sapendo che erano a rischio, che per il rischio ha avuto un premio di maggior rendimento, e che in ogni caso poteva venderli nei mesi scorsi, vista l’aria che tirava; quindi se la prenda con se stesso;


A chi (banche, perlopiù) li ha ricevuti in garanzia in epoca non sospetta, per l’apertura di una linea di credito non speculativa, si offrirebbe una garanzia sostitutiva;

A Germania e soci, si replicherebbe che i benefici dall’Euro, e ancor prima dallo SME, e prima ancora dalla politica agricola comune, li hanno avuti proprio loro, e a spese e danno dell’Italia, soprattutto in fatto di competitività, di quote di mercato, di occupazione;
Alla BCE si replicherebbe che il suo comportamento è inaccettabile, in quanto non rende nota la quantità di denaro prodotta e la quantità di crediti erogati;
A Bruxelles si replicherebbe che il SEBC viola l’art. 1 e 11 Cost.  L’art. 11, perché questo autorizza limitazioni e non trasferimenti della sovranità; li autorizza per fini di tutela della pace e della giustizia, non finanziari, come fatto per la BCE; li autorizza in favore di altri paesi, non in favore di un organismo sovrannazionale, esente da controllo democratico, come è  la BCE; li autorizza a condizioni di parità, mentre la presenza nella BCE delle banche centrali di Regno Unito, Danimarca e Svezia, che non sono soggette a Euro e BCE ma partecipano ai suoi utili e alla sua sovranità monetaria anche sull’Italia, viola tale condizione. Inoltre viola la norma fondamentale, l’art. 1, sia in quanto toglie al popolo la sovranità monetaria ed economica, che è la principale componente della sovranità e del governo; sia  in quanto il fine della BCE non è la tutela del lavoro, ma del potere d’acquisto della moneta. L’art. 1 afferma per contro i due principi fondamentali: la sovranità appartiene al popolo, e l’Italia è fondata sul lavoro. Questi principi fondamentali sono limiti assoluti, o controlimiti, a quanto possono disporre trattati internazionali come quello di Maastricht che costituisce il sistema della BCE. Un trattato, quindi, illegittimo ed eversivo dell’ordine costituzionale, come tette le controparti dell’Italia dovevano sapere.
Ma che cosa si potrebbe spiegare a Washington e Londra? Potremmo dire loro che l’Italia ha oramai fatto quanto poteva fare, dall’interno dell’UE e dell’Euro, per ostacolare il costituirsi di una potenza europea concorrente degli USA, con una valuta concorrente al Dollaro. E che ora, per contrastare un’unificazione centro-europea sotto i Tedeschi, è indispensabile che riprenda una certa libertà di manovra.



Avv. Marco della Luna - http://marcodellaluna.info/sito/ 
 

 

 
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giovedì, 08 settembre 2011

ONORE A CHI NON HA TRADITO

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--- 8 settembre 1943 ---

Con queste parole è morta la nostra patria...

« Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza »



Questi gli infamanti commenti di alcuni dei protagonisti dell'epoca:
"... la resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte la nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia é la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI ...". (da "Diario di Guerra" del Generale Eisenhower, Comandante supremo delle Forze USA nello scacchiere europeo)

"Il fatto è che il Governo italiano decise di capitolare non perché si vide incapace di offrire ulteriore resistenza, ma PERCHE' ERA VENUTO, COME IN PASSATO, IL MOMENTO DI SALTARE DALLA PARTE DEL VINCITORE "( da "le armate alleate in Italia" del generale Alexander comandante in capo delle forze inglesi in Italia).

"...il VOLTAFACCIA ITALIANO dell'otto Settembre FU IL PIU' GRANDE TRADIMENTO DELLA STORIA..."("Da "Le memeorie del MARESCIALLO MONTGOMERY", comandante dell'8a armata britannica).

"...SOLO DOPO LA DEFEZIONE ITALIANA NOI ABBIAMO POTUTO RAGGIUNGERE LA VITTORIA..." (dal "Taccuino segreto di W. CHURCHILL", primo ministro inglese).

"Onore a chi non ha tradito."  

DALLA NOTA DEL CAMERATA FERRO
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mercoledì, 07 settembre 2011

Fuma eroina in piazza con un'amica:
ragazza di 15 anni rischia di morire
 

L'eroina fumata stava per costare la vita a una 15enne (archivio) 

 
 


di Marco Dori

VENEZIA - Ragazzina rischia la vita dopo aver fumato droga. È accaduto a Spinea l'ennesimo episodio di un'estate marchiata dal
connubio giovani e droga nel Veneziano: alla morte per overdose di Andrea Taormina e al dramma di un tossicodipendente di Marghera in coma ormai da due settimane, si aggiunge ora la vicenda di una minorenne di Spinea che ha rischiato l'overdose per aver fumato quasi sicuramente dell’eroina.

Tra le ipotesi al vaglio degli investigatori, quella che la ragazzina, di appena 15 anni, possa aver assunto dello stupefacente proveniente dalla stessa partita di "droga killer" smerciata a più riprese sulla piazza veneziana e nota come "thailandese". A metter su questa strada le forze dell'ordine il fatto che la giovane ha comprato la droga da un suo coetaneo, il quale - a sua volta - l'avrebbe acquistata a Mestre, in via Piave, da un pusher nordafricano.

A ben vedere, una storia già vista, che ricorda molto da vicino quanto accaduto ad Andrea Taormina, il giovane mestrino ucciso da una overdose di eroina. In quel caso, però, il ragazzo venne trovato già morto dagli amici, mentre per la minorenne di Spinea è stato fondamentale l'intervento del Suem e dei carabinieri, oltre al sangue freddo di un'amica, che aveva capito fin da subito la gravità della situazione.

Il fatto è accaduto venerdì notte al Villaggio Dei Fiori, popoloso quartiere di Spinea. Due amiche, una quindicenne e l'altra appena maggiorenne, si sono appartate in una piazzetta e hanno fumato droga appena acquistata da un loro coetaneo. La "roba" era però diversa dal solito: le ragazze si sono sentite svenire e una di loro, la più giovane, ha perso conoscenza. L'amica più grande, nonostante lo stordimento, riesce a chiamare il 118.

Sul posto sono giunti gli operatori del Suem e i carabinieri della stazione di Spinea. Subito si sono accorti che la situazione era grave, con la minorenne che non riusciva a riprendere conoscenza e pareva andata in overdose. La giovane è stata subito trasportata all'ospedale di Mirano, dove - dopo diverso tempo - alla fine è riuscita a tornare in sè.

Mentre i soccorritori si prendevano cura della giovane, i carabinieri di Spinea hanno setacciato Villaggio dei Fiori per rintracciare il pusher che aveva venduto la droga alle due amiche. Grazie alle informazioni fornite da una delle ragazze, i carabinieri sono così risaliti a un altro giovanissimo, F.M., 19 anni, il quale ha subito ammesso di aver venduto la droga alle due amiche (e per questo è stato denunciato a piede libero) e di averla acquistata quello stesso venerdì pomeriggio in via Piave da un pusher nordafricano, presumibilmente marocchino


http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=162140&sez=NORDEST 




 
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Alla luce dei fatti politici (oserei dire vergognosi) che si sono succeduti in questo mese di Agosto ci sono sempre loro: I SIGNORI DELLA POLITICA DA SALOTTO.
 
È sconcertante se ci si ferma soltanto a riflettere sulle bagarre che centrodestra e centrosinistra hanno offerto all’immaginario collettivo e al mondo e non è solo una questione di ideologie o di manovre politiche, qui si vuole mettere in risalto la poca professionalità, deontologicamente parlando, di coloro che occupano i posti istituzionali e che dovrebbero essere un faro di rettitudine anziché cani sguinzagliati e pronti a sbranarsi l’un contro  l’altro e infangare ulteriormente la nostra Patria ormai svilita e ridotta all’osso.
 
Analizzando attentamente i fatti, il CIRCO DELLA POLITICA ha offerto in questo periodo le più svariate performances e al centro sempre loro, i protagonisti indiscussi: buffoni che hanno sostituito il goffo vestito clownesco con una giacca ed una cravatta, comici pietosi che hanno evoluto il proprio lessico dal grottesco volgare (alias Rag. Fantozzi) ad un incomprensibile lessico freudiano (inadatto ai giovani di oggi che vorrebbero prendere coscienza di come funziona la vita pubblica del Paese).
 
È proprio vera la frase che scolpì a suo tempo Rino Formica dove affermava che la POLITICA E’ SANGUE E MERDA, peccato però che per alcuni il sangue sia scomparso e che ad essere di MERDA è solo il nostro Paese (Ogni allusione è puramente Berlusconian…ehm...volevo dire casuale!!!!!!!!).
 
Ebbene si il nostro Paese, la nostra Patria sfruttata, derisa, calunniata, bestemmiata da Nord a Sud, da Destra a Sinistra e passando per il centro, un Paese che tra un paio di anni continuando di questo passo sarà come l’isola che non c’è di Peter Pan (o meglio alla penisola che non c’è) perché gli avvoltoi politici non ci avranno lasciato neanche le ossa.
 
Italia, culla della civiltà, scrigno della storia e detentrice della cultura più evoluta può essere paragonata ad un mercantile carico di bestiame (popolo) comandata dai terroristi politici, dai clown pronti a mandar tutto a puttane pur di salvarsi dignità e portafoglio. Peccato che ancora non hanno preso coscienza del fatto che la loro dignità ha la consistenza dell’acqua, mescolata con la terra.
 
Certe volte mi domando: “ che il circo Togni non abbia più tende da ospitare questi pagliacci?” Quando finirà questo circo deprimente e patetico che ha portato il nostro Paese non solo alla perdita dell’identità, ma che costantemente lo infanga?
 
Dal centrodestra le dichiarazioni del Premier che dal ’94, anno della sua discesa in campo proclamò la celebre frase “l’Italia è il paese che amo” che suonava falsa quanto uno slogan di Wanna Marchi fino ad oggi con “l’Italia è un paese di merda”.  Poi c’è il centrosinistra che tante volte ha cambiato nome da PCI A PDS passando per L’Ulivo, DS e ora PD ma che solo questa è l’unica cosa che gli riesce di cambiare tranne perdere il vecchio vizio di finanziarsi attraverso tangenti e che tra un paio di giorni i campioni dell’ipocrisia saranno in piazza ad impoverire l’Italia e a chiedere tagli agli sprechi pubblici, lotta all’evasione fiscale e moralità nella politica. Tutte bellissime iniziative di cui però hanno beneficato fino ad ora e intanto il nostro Paese continua a sprofondare nel più totale oceano di melma.
 
Cara Patria mia, se ne avrò la forza spero tanto di continuare a sperare che un giorno seduti nell’emiciclo ci saranno uomini come quelli che in passato tanto hanno versato sangue e sudore per Te, uomini che realmente credevano in quegli ideali politici e che sarebbero stati disposti a morire per spirito patriottico. Oggi invece non è più lo spirito patriottico, la sete di ideali che investe la classe politica perché questi signori si sono convertiti ad un altro credo quello del PUTTANESIMO.
 
Dunque noi cittadini italiani nella veste di popolo cosa possiamo fare? È giusto rimanere ancora a fare gli spettatori avendo la consapevolezza che già la melma in cui stiamo sprofondando ci è arrivata fino al collo? Cosa aspettiamo? Alziamoci, scuotiamoci da questo stato di indifferenza e di torpore, l’Italia è soprattutto la nostra Terra e abbiamo il sacrosanto dovere di difenderla, di liberarla dal puzzo del compromesso morale, dalle ingiustizie e dalle brutture.
 
Patria mia che continui ad essere insozzata e nonostante tutto sei benevola, fino a quanto sarai ancora così clemente con noi?
 
 
 
 
 
Il Coordinatore Provinciale dei Circoli di Palermo
 
Mirko CONTE 
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La Sinistra e la CGIL hanno creato la voragine del debito pubblico. Ora scioperano, ma contro chi?

Le solite lacrime di coccodrillo della Sinistra: in decenni di politica demagogica,  iniziative demenziali, pratiche di sottogoverno, di clientele, di malversazioni, di decisioni contrarie ai reali interessi dei lavoratori hanno distrutto il Paese, hanno minato il suo ordine sociale, l’hanno gettato in una voragine finanziaria per cui il debito degli italiani è arrivato a 31.500 € a testa ed adesso hanno pure la faccia tosta di parlare. E di proclamare uno sciopero generale! Con tutti i difetti che possiamo avere, tutti in Europa e nel mondo, come riportano anche le cronache di questi giorni, riconoscono all’Italia un grande pregio : quello di essere un Paese parsimonioso, virtuoso. A livello individuale, le famiglie italiane sono le meno indebitate d’Europa, il risparmio pro-capite è il più alto del continente, ed il 70% degli italiani possiede la casa in cui abita, nonostante i nostri stipendi siano mediamente i più bassi tra quelli dei Paesi che contano. Vuol dire che in generale sono tanti gli italiani che hanno la testa sulle spalle e capaci di fare sacrifici per badare al sodo.
Questa è ricchezza vera, che tutti dall’Olanda alla Germania, dalla Spagna alla Francia ci invidiano, non futili chiacchiere. E se è vero che ognuno ha il governo che si merita e che il Parlamento rispecchia la situazione culturale e sociale del Paese di cui è uno spaccato, questa oculatezza nel gestire i conti pubblici è stata per decenni una delle caratteristiche peculiari di tutti i governi italiani, del Regno prima, della Repubblica poi.

L’Italia è sempre stata la formichina in una Europa ricca di cicale. Nell’Italietta umbertina la lira faceva premio sull’oro, vale a dire che la nostra moneta era talmente solida e solvibile da poter essere scambiata direttamente con il prezioso metallo. Durante il Ventennio, mai una volta che si fosse sforato il bilancio annuale, nonostante un sistema fiscale molto meno vessatorio di quello attuale ed una spesa pubblica molto orientata al sociale ed agli investimenti produttivi. Ed anche i primi governi repubblicani erano impostati col rigore proprio di chi è stato povero ed ha conosciuto la fame. Tutti conoscerete l’aneddoto dell’invito a cena al Quirinale di Indro Montanelli da parte del Presidente Luigi Einaudi, nel 1950. Arrivati alla frutta, il Presidente prese l’unica mela a tavola e nell’atto di sbucciarla chiese al Montanelli: “Senta, ne vuole mezza?” Altro che costi della politica.
Era un’Italia ancora povera, quella, ma ricca di sentimento, di rispetto per il prossimo, di umanità, di solidale spirito costruttivo, di patriottismo. Tutti sulla stessa barca a remare tutti nella stessa direzione. Poi sono arrivati gli anni ’60, quelli del Boom col PIL che cresceva quasi a due cifre. Ora è noto come l’economia sia una bestia strana e molto complicata, con la quale è difficile trattare. Comunque ci sono dei parametri molto macro che alla fine danno chiare indicazioni sullo stato economico di un Paese. Si sa, perché è divenuto quasi un assioma, che per svilupparsi un Paese industrializzato deve far viaggiare il PIL almeno al 3% l’anno. Quando questo succede, è perché gli investimenti crescono, l’occupazione cresce, tutto l’indotto si espande: prime e seconde case, auto, elettronica di consumo, vacanze, risparmio, ecc.
In questa situazione i Buoni fruttiferi dello Stato sono uno strumento finanziario appetibile e, siccome sono affidabili, ci si deve accontentare di un basso rendimento. Le entrate dello Stato crescono grazie a più Irpef, più Irpeg, più IVA,  per cui anche la spesa pubblica può crescere. Ma qui viene il punto. Crescere si, ma come? E qua entrano in ballo con le loro responsabilità la Sinistra  ed il sistema sindacale italiano dominato per decenni dalla CGIL.
E’ vero che in economia ci sono parametri che sembrano incongruenti. Ad esempio, la tanto temuta inflazione, se tenuta sotto controllo è bene che stia più vicina al 2% che allo zero, perché significa che la gente spende, per lo più con finanziamenti, cioè acquista a rate, il che è un atteggiamento positivo, indice della fiducia dei consumatori, ed un ottimo viatico per sostenere la produzione ed i consumi. Insomma, è un segnale forte del benessere della gente.

Un altro parametro che sembra incongruente è quello relativo all’indebitamento pubblico, largamente misurato con il rapporto Debito/PIL. Uno Stato in cui questo rapporto fosse vicino allo zero, sarebbe uno stato che non spende abbastanza per i propri cittadini, ovvero uno stato povero nei servizi e senza spese produttive  per incentivare, sostenere ed ammodernare la produzione industriale. Viceversa, all’estremo opposto, quando il rapporto raggiunge valori disumani come quello attuale in Italia, al 120%, allora c’è il rischio della bancarotta, perché le entrate dell’Erario son in gran parte divorate dagli interessi che lo Stato deve corrispondere sui titoli emessi, lasciando poco spazio alle spese correnti e per lo sviluppo sociale. S’innesca così una spirale perversa, per cui per quanto si “tagli”, e qui tutti strillano ovunque si metta mano, e si cerchi di aumentare le entrate, altre urla pure su questo versante comunque si faccia, il debito non diminuisce perché il PIL è basso a causa della non-crescita, quando non della recessione, ed in questa situazione la prima cosa che fa la gente è quella più disastrosa di tutte: smette di consumare. E allora diminuisce la produzione industriale, cresce la disoccupazione, diminuiscono le entrate fiscali dello Stato, con il debito e gli interessi che devono comunque essere onorati, per cui lo Stato non ha altro  mezzo che stampare carta per pagare la carta emessa in precedenza, cioè BOT e CCT pluriennali. Ma siccome gli investitori non sono fessi, perché se lo fossero la loro carriera di investitori sarebbe di brevissima durata, ecco che per comprare questa nuova “carta” richiedono ed impongono interessi sempre crescenti, non si accontentano più dell’1,5% ma pretendono il 4, il 5, il 6%. Quando vi dicono che  aumenta lo “spread con il Bund” è questa cosa qua. Ed allora giù altre mazzate al debito che va fuori controllo, e non se ne esce più, vedi la Grecia che qualsiasi cifra le presti la BCE il giorno dopo sta a secco, come se si volesse innaffiare il Sahara, ma per quante secchiate d’acqua ci si buttino sempre asciutto rimane. Un valore equilibrato tra debito e PIL si aggira attorno al 50-60%, ovvero la situazione è sostenibile e favorevole quando l’indebitamento sta sopra il 40% e sotto il 60 % della ricchezza prodotta annualmente, cioè il PIL. Sopra al 60% si arriva al disastro odierno, andare sotto al 40% significherebbe uno Stato non impegnato sul fronte dei servizi, per quantità e qualità. Ed allora vediamo un po’ come è andata in Italia, come si è giunti a questa situazione da bancarotta, e se quelli che adesso se la prendono con i “ricchi” ed il “sistema capitalista” che affosserebbe i diritti e le aspirazioni dei lavoratori possono avere voce in capitolo. Non faccio commenti, do solo cifre ufficiali che potete riscontrare dappertutto. Ancora nel 1970, governo Rumor, l’indebitamento stava al 40%. Poi, sull’onda delle battaglie demagogiche avviate dai “proletari” nel 1968 con l’Autunno Caldo, la formazione di bande armate contigue al PCI ed ai comunisti di Unità Proletaria, che arriveranno alla formazione di bande di compagni che prima “non esistevano”, erano solo un’invenzione di Aldo Moro; poi di fronte all’evidenza si esistono, ma non erano terroristi, ma “compagni che sbagliavano”, dicevo che sotto la spinta di vere e proprie sommosse con guerriglia armata, sostenute ed incoraggiate dall’URSS, i vari governi hanno cominciato ad allargare il giro delle spese improduttive e clientelari, solo per far “star buoni i compagni”.
In questo clima, il “peso”, che qualcuno chiamava forse più propriamente il “ricatto”, del PSI di Craxi è andato vieppiù aumentando e, per accontentare i socialisti, si è dato luogo ad una vera e propria travolgente valanga dei conti pubblici per una presunta spesa sociale, fatta invece di sprechi, di ladrocini, di clientele, di privilegi che ha sgretolato ogni residua resistenza dei centristi, terrorizzati dalla possibilità di “perdere le elezioni”. E per non perdere le elezioni, alla fine sono diventati più realisti del re, hanno innescato la corsa a chi spendeva di più ed hanno fatto pure peggio di quanto avrebbero potuto fare quelli che gridavano “è ora, è ora, il potere a chi lavora”. Si, ma chi lavorava che  il mito era il posto fisso, meglio se pubblico, ed il massimo del compiacimento dei “dipendenti fissi” era di vantarsi di rapinare lo stipendio con l’assenteismo, il menefreghismo ed il rintanarsi nei più oscuri meandri degli uffici, salvo poi in sede di rinnovo del contratto accampare diritti “imprescindibili” non si sa a fronte di quali meriti. Erano ancora tempi di vacche grasse, ma i sindacati, condizionati dall’arroganza e dal dispotismo della CGIL, invece di tutelare i veri interessi dei lavoratori, hanno agito in modo da tutelare solo i propri di interessi, auto-concedendosi privilegi inconcepibili, e difendendo le richieste irragionevoli, demagogiche, pretestuose ed autolesionistiche di quelli che lavoravano, sempre fregandosene di quelli che invece un lavoro non ce l’avevano. Ai quali, con il loro modo di fare, rendevano sempre meno probabile che ne trovassero uno. Invece di indirizzare le risorse verso impieghi produttivi, per creare nuovi posti di lavoro per precari e disoccupati, opportunità a favore delle future generazioni, incentivando e motivando gli imprenditori ad investire sempre di più e meglio inseguendo l’innovazione tecnologica per essere sempre più competitivi in Italia e all’estero, con la perversa regia della CGIL hanno bruciato il tesoro di cui disponevano, per pagare straordinari mai fatti, malattie immaginarie che coprivano debosciatezza ed assenteismo, spesso per coltivare interessi privati e personali. Così, molti impiegati dei Ministeri passavano il tempo a fare la schedina per poi scappare a casa a gestire la propria tabaccheria, il negozietto di elettronica, il botteghino del lotto. Gli insegnanti di sinistra  si davano malati od inoltravano ricorsi artificiosi sull’assegnazione delle cattedre, vantandosi poi nei circoli culturali “impegnati” o nelle assemblee sindacali di settore di aver “attuato iniziative per creare spazio per le supplenze” dei non in ruolo, ma in realtà celando dietro a questi la loro voglia di non impegnarsi nell’insegnamento, mirando solo allo stipendio mensile. Con la vergogna che gli stanziamenti dello Stato per la scuola sono sempre stati assorbiti solo dai loro stipendi e dalle spese correnti. Senza dire di quelli che con la colpevole copertura sindacale se ne andavano “in malattia” a fare le acque od i fanghi termali a spese dell’INPS. E dove li mettiamo i rimborsi spese, che loro chiamavano ripianamento delle perdite di gestione, di aziende gonfiate dal clientelismo, contrabbandato per “reperimento delle necessarie risorse umane” come l’Alitalia e  le FFSS, che avevano esattamente il doppio dei dipendenti loro necessari, o della Sanità o degli Enti Locali abituati e trattati da bambini cui si danno i soldi per il gelato, poi per il quaderno, poi per la penna, poi per lo zaino, poi per il cinema e così via, anziché responsabilizzarli dicendo loro: “Ecco, questa è la paghetta, fattela bastare”. Hanno abituato gli italiani a ritenere i servizi pubblici “dovuti a prescindere”, senza un coinvolgimento culturale e pecuniario che valesse a far percepire loro il costo per l’erogazione dei servizi stessi, tutti gestiti con deficit paurosi e in modo completamente svincolato da logiche e valori di mercato. Hanno dipinto gli imprenditori, specie quelli medio-piccoli, come sanguisughe, dei poco di buono, degli approfittatori, aizzando ed alimentando un bieco odio di classe. Col risultato di spaventare l’imprenditoria, e non solo quella di casa nostra, ma soprattutto potenziali investitori  internazionali: americani, inglesi, giapponesi, tedeschi, francesi, che visto l’andazzo da queste parti, hanno volto lo sguardo altrove. Salvo poi porre in atto scioperi ad oltranza come quelli a sostegno delle richieste delle grandi aziende del Nord che invocavano l’intervento dello Stato quando le cose non filavano per il verso giusto, minacciando di licenziare migliaia di fannulloni, – e magari lo avessero fatto- anziché eventualmente tutelare da nefaste conseguenze  l’indotto, per lo più costituito da costellazioni di piccole fabbriche, dove la gente lavorava duro, ma di cui la CGIL s’è n’è sempre fregata. Non si tutelavano i diritti dei lavoratori, bensì i privilegi di molti delinquenti incalliti, mascherati da dipendenti ed intrufolati nei posti di produzione, negli uffici pubblici, negli enti inutili. A cominciare da molti sindacalisti che si son sempre nascosti dietro il loro mandato per andarsene in pensione senza aver mai alzato un dito sul lavoro. E così, l’indebitamento che tra il 1960 ed il 1970 si era mantenuto ad un ottimale 40%, comincia a crescere raggiungendo il limite di guardia del 60 % nel 1975. Per qualche tempo si riesce a tenerlo sotto controllo. Ancora nel 1982, un anno in cui il Paese era euforico per la conquista del terzo titolo mondiale di calcio in Spagna,  si manteneva attorno a quella soglia. Ma poi arriva il 1983, Governo di Sinistra, quello del socialista Craxi che avrebbe dovuto portare la classe operaia in paradiso. In effetti qualcosa in paradiso ce lo portò: il debito pubblico. Nel primo anno di legislatura l’indebitamento aumenta del 10 % in una botta sola! Poi a seguire le performance sono + 6%, +4%, e + 6%, per cui a fine 1986 Craxi porta all’86% del PIL  un indebitamento che solo tre anni prima stava al 60%. Che bravo! I governi successivi tentano di porre un freno, ma ormai la tempesta scatenata dagli enormi interessi da pagare sul pregresso accumulato trascina la spesa pubblica in una  voragine senza fondo. Lo champagne viene stappato a fiumi nel 1991, anno in cui “finalmente” si può festeggiare il superamento di quota 100%. Chi c’era al Governo? Tutti, tranne quelli di Destra, che alcuni benpensanti consideravano appestati, altri fuorilegge. Premier Andreotti, che ormai aveva ogni attenzione per il PCI per non contrariarlo: con lui c’erano il PSI, il PSDI, il PRI ed il PLI. Lo chiamavano Pentapartito, ma è un falso storico, perché in effetti era un esa-partito che contava sull’appoggio, per decenza formalmente solo dall’esterno, del PCI. Nel 1992, fortunatamente il settimo Governo Andreotti -ammazza, meglio di Rambo e Rocky!- va al mare dopo solo 2 mesi dal suo insediamento, per cui c’è spazio per il più intelligente ed illuminato di tutti, un altro socialista, il Dr. Sottile della politica: Giù li ano (per carità, senza apostrofo tra li ed ano) Amato il quale entra di prepotenza nel libro del Guinness dei primati, dove primati va inteso come record, non famiglia degli esseri viventi dai quali secondo Darwin è disceso l’uomo. Infatti, il talentuoso Mickey Mouse della politica italiana, nato a Torino da siciliani, ma cresciuto in Toscana (ma dai, è uno scherzo?) è riuscito nella titanica impresa di far crescere l’indebitamento di un  ulteriore 10% in un sol colpo, portandolo  al 110% del PIL, il tutto non in un anno come il Primo Craxi, ma in sei mesi! L’anno dopo l’ineffabile e didattico Premier si ripete e raggiunge quota 120 % tra la stupefatta ed incondizionata ammirazione del Paese e del mondo intero che si interroga invidioso: “Ma come fa? Beata l’Italia che ce l’ha”.
Era la stagione di Mani Pulite, il Pastore Molisano ringhiava ed addentava a destra ed a sinistra, anzi no, a sinistra no, però insomma addentava qui e là. Fu allora che il nostro Giù liano, sopravvalutando certe sue tracce di mascolinità, decise che anche lui  “le aveva” e cercò di sottrarre le indagini “fai da te” di Mani Pulite all’incombenza di un giustizialista fallito e sanguinario per affidarle alle professionali capacità delle preposte Forze dell’Ordine. L’allora Presidente della Repubblica, Oscarda Bagno, Luigino per gli amici, che da Ministro dell’Interno intascava 100 milioni al mese per tutelare “la sicurezza degli Italiani”, rifiutò di firmare il relativo decreto, per cui Topolino si infuriò, ed indignato rivolse ad una Camera allibita e preoccupata, a microfoni RAI ben aperti, il suo storico discorso di addio, annunciando : “Questa politica italiana non mi merita. Lascio qui e manterrò la mia promessa: non mi vedrete mai più impegnato in politica. La chiudo qui. Ciao, mamma!” Era il 1993. Infatti, nel 1994 Amato (ma da chi? Boh) viene nominato, Governo D’Alema, Presidente dell’Antitrust per tre anni, sino alla sua nomina a Ministro per le Riforme Istituzionali dal 1998 al 1999, prima di dar vita al governo Amato Bis tra il 2000 ed il 2001. E’ stato di parola; questa è la credibilità di quelli della Sinistra che hanno potere di vita o di morte sulla vostra esistenza. E parlano ancora! Nel 1993, il super coerente Amato lascia il campo ad un professionista della finanza, che di politica ne capisce poco o niente, ma i conti li sa fare visto che ha governato la Banca d’Italia :Carlo Azeglio Ciampi. Intervenendo anche con misure strutturali, cioè non solo con delle una tantum per far cassa, pone un freno al disavanzo che smette di crescere attestandosi al livello record del 121%.  Ma la sterzata positiva arriva nel 1994 col Primo Berlusconi il quale, da buon imprenditore, dopo essersi messo le mani nei capelli, si siede al tavolo con carta e matita e con perizia e santa pazienza cerca di rimettere a posto i conti. Con misure incisive e non recessive il suo Governo, poi proseguito in modalità tecnica da Dini, dà un‘impostazione che sana il sanabile e per qualche anno l’indebitamento tende progressivamente a ridursi con  effetti positivi di cui beneficiano pure i successivi governi Prodi e D’Alema, scendendo al 109%. Meno 12 %, non male. Pare che ci si sia finalmente avviati sul cammino virtuoso del risanamento. L’impressione sembra trovare positiva conferma nel fatto che neanche il secondo Governo Amato, ricicciato dal nulla, riesce ad invertire la tendenza e si scende al 107,5 %. Si arriva al 2001, al secondo governo Berlusconi, il quale, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, porta l’indebitamento al 105%. Pare un sogno, si possono cominciare a fare dei programmi di sviluppo. Ma la Magistratura incombe, è in agguato, non è d’accordo: se va tutto bene, a quello quando lo cacciamo? E noi che ci siamo impegnati con la Sinistra e la CGIL che figura ci facciamo? Ecco allora che nel 1996 rimettono in sella quello che è riuscito pure a fare consulenze, pagate, a sé stesso, a Roma di uno così dicono che “se ‘a canta e se ‘a sona”, che mediando democraticamente tra ex democristiani spennacchiati e vetero-comunisti impegnati “rilancia” la spesa sociale senza che nessuno ne avverta il beneficio, anzi. Ed ecco due +2,5% consecutivi, seguiti da un altro Craxiano o Amatiano 6% et voilà les jeux sont faits e l’indebitamento torna al 116%. Quando è entrato in carica, l’attuale Governo si è ritrovato non solo un debito di 11 punti superiore a quello che aveva lasciato, ma col carico di una crisi recessiva internazionale che non ha pari dopo quella funesta del 1929. Adesso che fare? Non crescendo il PIL, l’unica manovra possibile è quella sui tagli, per quanto impopolare possa essere, per far si che  il rapporto Debito/PIL non cresca ulteriormente. Una ulteriore difficoltà sta nel fatto che mentre la manovra deve essere efficace e rapida nei suoi effetti, non deve essere recessiva perché se nella frazione diminuisce il PIL allora si mette male. Ma tanto male. Poi ci vuole che Sarkozy, tra un bombardamento e l’altro, trovi il tempo con la Merkel e Tremonti, o chi per lui, per dare vita agli Eurobond, come del resto chiesto dalla BCE che in materia è sovrana e non assoggettata alla politica. E’ comprensibile che per francesi e tedeschi sia dura da mandar giù questa, ma o si fa così, o altrimenti lasciamo perdere con questa sceneggiata teatrale che è l’Europa attuale. Allora, caro Nichi, adesso l’hai capito perché le tue domande sono infantili e stupidine? Che significa urlare in TV, nella vostra TV di Stato che noi vi paghiamo e dalla quale insultate la Destra ed il Governo, per chiedere chi ha fatto i debiti? Li avete fatti voi di Sinistra; i Craxi, gli Amato ed i Prodi li hanno fatti. In tre hanno accumulato in 6 anni il 57 % dell’indebitamento complessivo. Senza quei tre staremmo oggi al 62%, ci pensate? Al 62%! Per rendervi conto, tenete presente che per mantenere l’indebitamento invariato al 119 % adesso dobbiamo fare una manovra da 45 miliardi €, mentre se Craxi e soci non fossero mai esistiti avremmo 800 miliardi € in meno sul groppone, quasi l’equivalente di venti volte il valore di questa manovra i cui effetti in tanti temiamo. E li hanno fatti i sindacati sotto l’egida della CGIL questi debiti, con la connivenza di pavidi governi centristi o la copertura di becere compagini sinistrorse per passare stipendi, tredicesime e ferie a quelli che non lavoravano, alle sanguisughe che speculavano sul lavoro dei propri colleghi. Con scioperi di mesi per rinnovare contratti a condizioni capestro. E’ colpa della politica cgiellina del “tutto e subito”, del voler bruciare ogni risorsa per farsi la macchina nuova, senza pensare alle future generazioni. Allora, smetti di soffiare saliva dai tuoi radi incisivi e studiati la storia. Hai minacciato di andartene, ma sei peggio di Amato. Almeno lui ha fatto finta di averlo fatto per alcuni mesi, ma tu manco quello. Allora, te ne vai o no?

Di: Caelsius

http://www.questaelasinistraitaliana.org/2011/la-sinistra-e-la-cgil-hanno-creato-la-voragine-del-debito-pubblico-ora-scioperano-ma-contro-chi/ 
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martedì, 06 settembre 2011

Tentato stupro, Alassio in rivolta  


 

  
Savona - Il ragazzo entra nel bar. Ha gli occhi neri, la pelle scura e la sua colpa, oggi, è solo quella. Si trova di fronte due braci ardenti e un cartello “Da oggi vietato l’ingresso ai marocchini”. Le braci ardenti sono gli occhi della barista. Una donna minuta ma con una rabbia in corpo che potrebbe scaraventare il bancone in testa all’avventore. Invece si limita a guardarlo fisso e a dirgli: «Caffè per te non ce n’è». Alassio, 4 settembre 2011. La signora Maria, barista del “No Problem” di via Leonardo Da Vinci, ha deciso che nel suo bar i marocchini non metteranno più piede. Ha ancora negli occhi la scena di sua figlia che entra nel bar con la schiena e il braccio feriti da un taglio profondo. Sua figlia che ha poco più di vent’anni e pochi minuti prima ha incontrato in una strada buia Ghalfi El Mustapha, trent’anni, ambulante e avvezzo a spaccare le bottiglie dopo averle svuotate. È lui che l’ha avvicinata con frasi oscene e per tutta risposta, al rifiuto della ragazza, ha sferrato un colpo mirando al suo collo con un coccio di bottiglia.
Le urla della ragazza hanno attirato gli abitanti e i turisti degli hotel che danno sulla via. Ghalfi, resosi conto di quello che stava accadendo, è scappato. I carabinieri lo trovano poco lontano, sull’Aurelia, a piedi. Prima che lo facciano gli alassini con i bastoni. Ha scampato il loro odio, ma ne ha scatenato un altro più profondo che sta tutto in un caffè negato.
http://www.ilsecoloxix.it/p/savona/2011/09/05/AOGZ2k1-tentato_rivolta_alassio.shtml 
 
 
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lunedì, 05 settembre 2011

    

La Cia imbarazza Obama su Gheddafi  

 
Ha fatto piazza pulita di Bin Laden, ma anche dei migliori alleati mediorientali. A dieci anni dall’11 settembre l’America fa i conti con il paradosso Barack Obama. Il paradosso di un presidente capace di condannare il paese al destino auguratogli dai peggiori nemici. Il destino di una grande potenza senza più amici, senza più credibilità, senza più autorità. Un gigante dai piedi d’argilla condannato ad affondare nelle sabbie mobili mediorientali. Un gigante costretto in caso di ripresa della minaccia fondamentalista a contare esclusivamente sulle proprie forze. Un gigante dimezzato che rischia di abbassare la testa davanti alla provocazioni iraniane, abbandonare la partita irachena, rinunciare alla sfida afghana.
La comprova arriva da Tripoli. I documenti dei vecchi servizi di sicurezza dimostrano gli stretti legami tra la Cia e Tripoli nella lotta ad Al Qaida. I dossier targati Cia raccontano la cattura a Bangkok nel 2004 di Abdel Hakim Belhaj, un veterano dell’Afghanistan capo di quel Gruppo Combattente considerato la cellula libica di Al Qaida. Oggi, dopo un passaggio a Guantanamo e la galera in Libia, Belhaj è il nuovo capo del consiglio militare di Tripoli. Si è conquistato gradi e verginità espugnando con l’appoggio della Nato il bunker del raìs. Nessuno, tanto meno lui, garantisce la sua conversione. Ma con Barack Obama il mondo gira così. Dieci anni dopo l’11 settembre l’America arruola gli ex luogotenenti di Bin Laden, condanna come reietti dell’umanità chi l’aiutava a combattere il terrorismo. È andata così con Muammar Gheddafi in Libia, con Hosni Mubarak in Egitto, con Ben Ali in Tunisia.
Ma non solo. Dietro questa prima linea di amici sacrificati emerge la terra bruciata di un Medio Oriente abbandonato al proprio destino. Il Libano, strappato ai siriani nel 2005, è stato regalato a Hezbollah senza che Washington muovesse un dito. In Irak, dopo il ritiro dello scorso anno, le milizie sunnite, convinte a suo tempo a rompere i ponti con Al Qaida, si ritrovano senza paga e alla mercè dei gruppi filoiraniani. La risposta è il rigurgito di attentati suicidi che lo scorso 15 agosto ha riportato il Paese all’epoca del terrore e delle stragi. Nello Yemen non va meglio.
Il Paese da cui partì l’attentatore che nel Natale 2009 tentò di far esplodere un aereo in atterraggio a Detroit è nel caos della guerra tribale. Nel nome della primavera araba Obama ha abbandonato al proprio destino il presidente Alì Abdullah Saleh. Al pari di Gheddafi, Mubarak e Ben Alì era la rappresentazione vivente di corruzione e despotismo. Nei dieci difficili anni seguiti all’11 Settembre lui e i suoi omologhi si erano però dimostrati leali all’America e dell’Occidente, avevano offerto un contributo decisivo, seppur interessato, alla guerra al terrorismo. Abbandonandoli a se stessi, condannando i loro Paesi al caos e all’anarchia, Obama non offre un contributo alla causa della democrazia, ma a quei nemici sempre pronti a ricordare che dell’Occidente non ci si deve fidare.
Il tradimento, l’abbandono dei vecchi alleati è percepito dalle piazze islamiche come la miglior conferma di questa teoria. Così chi in Afghanistan spera di dividere i talebani convincendoli a trattare con l’Occidente deve far i conti con il tradimento di un Obama a pronto a scaricare chi credeva in Washington. Chi in Medio Oriente parla a nome dell’Occidente deve far i conti con una Casa Bianca pronta a consegnare ai giudici Mubarak e Gheddafi, ma indifferente alla spietata repressione siriana. Una repressione che ha fatto più di 30mila morti. Una repressione guidata da Bashar Assad, ovvero dal più stretto alleato dell’Iran, dal miglior amico del peggior nemico dell’America. Ma della Siria e delle sue stragi Obama non si cura. Con lui alla Casa Bianca tremano gli alleati e gioiscono i nemici.


http://www.ilgiornale.it/esteri/la_cia_imbarazza_obama_gheddafi/04-09-2011/articolo-id=543599-page=0-comments=1&hl=it&strip=1 
 
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sabato, 03 settembre 2011

I MINISTERI PATACCA LEGHISTI DI MONZA RESTANO CHIUSI 

 



Non sono ancora operative le sedi dei quattro ministeri del nord la cui apertura era attesa per il 1° settembre.
Anche se sulla data, pare, c’è stato qualche malinteso.
Il capo di gabinetto del ministro Calderoli, Maurizio Bosatra, poco prima delle 10.30 è arrivato per aprire la porta a vetri degli uffici: «Non abbiamo mai detto che gli uffici sarebbero stati aperti il 1°
settembre, ma i primi di settembre».
Davanti alla sede dei quattro ministeri (Economia, Semplificazione, Riforme e Turismo) dalle 9 sono arrivati gruppi di giornalisti, televisioni, fotografi e qualche curioso.
Nell’ex reggia è stata annunciata l’apertura di quattro sedi ministeriali decentrate: Economia di Giulio Tremonti, Turismo di Michela Vittoria Brambilla, Riforme per il federalismo di Umberto Bossi e Semplificazione normativa.
Obiettivo: dare avvio al decentramento per favorire il rilancio del tessuto socio economico del Nord.
Gli uffici, inaugurati a luglio alla presenza del leader della Lega Nord Umberto Bossi, si trovano nell’ala della Villa Reale definita «la Cavallerizza».
Una delegazione di commercianti padovani dell’Ascom, in previsione dell’apertura dei ministeri (che non c’è stata), ha programmato per oggi una manifestazione di protesta contro la manovra finanziaria del governo.
Chissà se sarà presente quanche esponente della “Lega di lotta”: certamente non si farannno vedere quelli della “Lega di governo”.
La farsa padagna continua, fino a esurimento di coloro che amano farsi prendere per il culo.


 http://www.destradipopolo.net/?p=5059 


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